Capua (città antica): differenze tra le versioni

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Capua
L'antico anfiteatro Capuano
Nome originale (LA) Capŭa
(GRC) Καπύη
Cronologia
Fondazione V secolo a.C.
Fine IX secolo
Causa distruzione e saccheggio da parte dei Saraceni
Localizzazione
Stato attuale Bandiera dell'Italia Italia
Località Santa Maria Capua Vetere
Coordinate 41°05′N 14°15′E / 41.083333°N 14.25°E41.083333; 14.25
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Capua
Capua

Capua (in osco , in latino Capŭa, in greco Καπύη), oggi indicata con Capua antica o Capua arcaica per evitare ambiguità, è stata una città sorta nel IX secolo a.C. sul luogo dell'attuale comune campano di Santa Maria Capua Vetere.

La città era considerata una delle più grandi città dell'Italia antica, dopo Roma. Fondata, secondo Strabone, dagli Etruschi nel primo quarto del V secolo a.C.,[1] si trovava sulla via Appia[2] ed era la più importante città della zona[3].

Con una storia di oltre ventotto secoli è stata città osca, etrusca, sannita e romana, divenendo, nel periodo di massimo splendore, una delle città più grandi del mondo.

Dopo la distruzione e il saccheggio da parte dei Saraceni nel IX secolo, la popolazione si è trasferita a Casilinum fondando la Capua moderna.

Fondazione ed epoca etrusco-osca

Menelao uccide Paride, kylix attica a figure rosse, Museo del Louvre, 490-460 a.C.

Mentre i reperti archeologici testimoniano popolazioni stanziate sul territorio della Capua antica già a partire dal IX secolo a.C., l'anno preciso della sua fondazione e il nome del suo fondatore sono stati nel corso dei secoli materia di discussione e ancora oggi la questione non vede d'accordo tutti gli storici.

Tra gli autori più antichi, Catone nelle Origines vuole Capua fondata 260 anni prima della sua conquista da parte dei romani mentre Velleio Patercolo la vuole fondata nell'800 a.C.. Secondo l'Eneide di Virgilio, invece, la città sarebbe stata fondata da un troiano fuggito con Enea in Italia, di nome Capi, dopo la guerra coi Rutuli di Turno.

Per giustificare tale differenza tra le date, alcuni storici, come Karl Julius Beloch[4] prima e Hermann Peter[5] e Martin Schanz[6] dopo, suggeriscono che Catone non si riferisse alla presa di Capua durante la seconda guerra punica ma invece all'occupazione del 338 a.C. in seguito alla ribellione dei Latini o a quella del 314 a.C. durante la seconda guerra sannitica.[7] Di conseguenza sia il Beloch che Jacques Heurgon hanno suggerito date intermedie alle due fornite (600 a.C. il primo, 525 a.C. il secondo).

Una spiegazione più verosimile e comunemente accettata comunque è che Catone si riferisse non alla fondazione di Capua ex nihilo, ma ad una sua rifondazione, cioè ad una ristrutturazione tale da cambiarla radicalmente.[8] Una tale spiegazione rende valido quanto riportato da Catone e non contrasta con la data fornita da Velleio Patercolo, che risulta inoltre avvalorata dalle testimonianze archeologiche.

Quindi Capua esisteva già da secoli e subì, nel corso del V secolo a.C. circa, una profonda ristrutturazione che le diede un nuovo assetto urbano sotto l'impulso della presenza dominante etrusca. Nel corso del V sec. a.C. le popolazioni di lingua osca delle zone interne della Campania, spinte dalle prospettive economiche positive offerte dalla città, vi trovano posto come manodopera servile, in un primo tempo sottoposta all'elemento etrusco dominante, che nel 438 a.C. concesse loro il diritto di cittadinanza (a quest'anno Diodoro Siculo fa risalire la costituzione del popolo dei Campani).[9]

Con il declino etrusco però (alla fine del IV secolo a.C.), le tribù osche raggiunsero una posizione di predominio, prendendo Capua nel 425 e successivamente Nola e la colonia greca di Posidonia. Capua si pose così in quest'epoca a capo di una lega campana.[10]

Conquista romana

Oncia (216-211 a.C.)
Busto di Diana, arco e faretra sopra la spalla sinistra. Cinghiale a destra; in alto punto (indicazione di valore). In esergo (KAPU), in alfabeto osco.
Æ, 7,09 g

Nel IV secolo a.C., quando era probabilmente la più grande città d'Italia, divenne oggetto delle mire dei Sanniti che la posero sotto assedio, e contestualmente venne coinvolta nel processo di espansione di Roma: Capua infatti inviò un'ambasceria ai romani chiedendone la protezione[11], ma il Senato romano, che aveva in precedenza stipulato un trattato di non belligeranza con i Sanniti, fu costretto a respingere tale proposta[12].

Gli ambasciatori della città campana, mossi dalla disperazione, decisero allora di consegnare l'intera città, i suoi abitanti, i campi, gli averi e ogni loro cosa, nelle mani di Roma (deditio), in modo da costringerla ad impegnarsi moralmente nella sua difesa dall'aggressore sannita. In questo modo la città diventava romana ed obbligava Roma ad accettare di intervenire in sua difesa[13], dando inizio alla prima guerra sannita[14]. Sconfitta nel conflitto iniziato nel 343 a.C., nel 338 a.C. decide di allearsi con Roma ottenendo il rango di civitas sine suffragio.

Venere di Capua, marmo bianco, Museo archeologico nazionale di Napoli, fine del IV sec. a.C.III sec. a.C.

Nel corso del III sec. a.C. la città faceva capo alla tribù Falerna, rimanendo fedele a Roma, alla quale dal 312 a.C. fu messa in collegamento diretto tramite la via Appia. A lungo riluttante al dominio romano, poté tuttavia conservare le proprie istituzioni, la propria lingua e i propri costumi ma sempre sotto la soggezione capitolina, cosicché in seguito alla sconfitta di Canne la fazione popolare inclinò verso Annibale offrendo rifugio e rifornimenti alle sue truppe nel 213-211 a.C.

Seconda guerra punica

Durante la seconda guerra punica, divenne uno degli avamposti privilegiati di Annibale: l'esercito cartaginese occupò la città e la fece diventare centro militare e politico da cui lanciare "scorrerie" nell'Italia meridionale, alla ricerca anche di alleati contro Roma (nella speranza di una successiva conquista della capitale). Durante quest'epoca (dal 216 al 211 a.C.) Capua batté autonomamente moneta, dando luogo a una propria particolare monetazione.

Capua, assieme a città come Atella, Calatia ed altre, passò così dalla parte dei Cartaginesi.[15] Durante la presenza di Annibale, furono coniate una serie di monete di bronzo. Annibale ed il suo esercito vi passarono l'inverno e il condottiero ne approfittò per portare avanti la parte politica della sua azione: furono i cosiddetti ozi di Capua che, secondo molti storici, indebolirono i soldati e sarebbero stati una delle cause della futura sconfitta cartaginese, in quanto avrebbero impedito di marciare subito direttamente su Roma. Classe dirigente e popolazione capuana appoggiarono la campagna di Annibale, poiché Capua era città troppo fiera per sottostare a Roma; la storia però volle che a vincere fossero i Romani.

Nel 212 e nel 211 a.C. Capua subì due lunghi assedi da parte dei Romani, dopodiché Annibale fu costretto, nel tentativo di alleggerire la pressione romana, a spingersi con il proprio esercito fino a sotto le mura di Roma, nella zona di porta Collina, senza però riuscire ad espugnarla[16].

Dopo la partenza di Annibale, nel 211 a.C., la città fu definitivamente conquistata dai Romani e molti senatori Campani, inclusi quelli capuani, si tolsero la vita con il veleno piuttosto che cadere prigionieri nelle mani del nemico. Ultimo meddix tuticus fu Seppio Lesio.[17] Altri, nonostante il parere contrario del Senato romano, furono fatti uccidere da Gneo Fulvio a Cales e a Teanum[18].

Mitreo di Capua, Tauroctonia, II secolo.

La città venne umiliata da Roma, che la ridusse a semplice prefettura privandola delle cariche magistratuali, del proprio senato e in definitiva dell'autonomia, divenendo un grosso deposito merci, da cui la definizione affibbiatale di "granaio di Roma". Il suo territorio fu espropriato e divenne parte dell'ager publicus, venendo venduto a cittadini romani. Di lì a poco tuttavia i terreni vennero recuperati dai maggiorenti capuani.

I tentativi di ridistribuzione dell'ager

Già nel 173 a.C. gran parte della terra era tornata ai privati e per far fronte a questo il Senato inviò il console Lucio Postumio Albino per ridefinire i confini pubblici, e otto anni dopo il pretore Publio Cornelio Lentulo comprò i terreni privati, dividendo quelli pubblici in poderi. Nel 130 a.C. infine una specifica commissione formata dai tresviri agris dandis iudicandis adsignandis Caio Gracco, Appio Claudio e Licinio Crasso provvide all'identificazione e alla determinazione del territorio in centurie. Caio Gracco tentò senza successo anche di restituire i diritti civili alla città.[9]

La ripresa

Nonostante tutto Capua visse un periodo di ripresa e poi di floridezza, diventando un'importante città manifatturiera nel campo dei beni di lusso (profumi, bronzi, ceramiche, unguenti); i suoi mercanti spaziavano in tutto il mediterraneo e si insediarono nell'importante centro di Delo. La situazione economica favorevole si rispecchiava anche nell'espansione urbanistica, con la costruzione di un teatro su terrapieno, di un collegium mercatorum, di porticati e del più antico anfiteatro (precedente a quello imperiale), oltre al tempio di Giove Tifatino individuato nel 1996.[9] La città, così come l'intera Campania, fu tra le prime ad essere interessate da un forte processo di ellenizzazione già nel II secolo a.C., tanto che Cicerone dirà che presentava l'aspetto di un moderno centro ellenistico.[19]

L'Arco di Adriano di Capua, oggi nel comune di Santa Maria C.V.

Sopravvisse a una prima rivolta servile del 104 e alla guerra sociale dell'89 a.C., sostanzialmente indenne. Caio Mario e Lucio Cornelio Cinna operarono la deduzione di una colonia e nell'83 a.C. durante la guerra civile Silla vi sostò presso il santuario di Diana Tifatina, in attesa dello scontro con Gaio Norbano. Il suo anfiteatro, sede della prima scuola di gladiatori, fu il punto di partenza della rivolta guidata da Spartaco nel 73 a.C. Nel 59 a.C. fu ribattezzata Colonia Iulia Felix, quando Cesare ne distribuì l'agro a 20.000 coloni. Nel I secolo a.C. Cicerone durante la sua orazione De lege agraria (Contra Rullum), la definì altera Roma, ovvero "la seconda Roma", e arrivò a paragonarla a Cartagine e Corinto.[20] Infatti anche sotto il dominio romano, la città aveva una notevole importanza e fama anche al di fuori dell'Italia. Ausonio la elencò ottava fra le prime dieci città dell'Impero.[21][22]

Età imperiale

L'indicazione della Capuae di età imperiale nella Tabula Peutingeriana.

Durante l'intera età imperiale Capua dovette perdere di centralità, e ciò sembra essere testimoniato dal silenzio delle fonti, anche se Augusto e poi Nerone vi operano la deduzione di nuove colonie. Con la guerra civile del 68-69, Vespasiano la punì per aver parteggiato a favore di Vitellio, espropriandola del territorio delle Leboriae, dopodiché conobbe un momento di nuovo splendore a principio del II sec. d.C. quando Adriano la abbellì, dotandola di nuove statue, colonne e ornamenti di marmo a completamento dell'anfiteatro, che per dimensioni continuò a rimanere secondo solo al Colosseo, nonché di un arco trionfale.

Dal tardo-impero all'alto medioevo

Resa da Costantino sede del Consularis Campaniae, nel 390 vi si svolse un sinodo presieduto da Ambrogio, vescovo di Milano. La presenza cristiana fu molto precoce (la tradizione vuole che il cristianesimo vi giunse con l'apostolo Pietro), tanto che divenne importante sede vescovile già nei primi secoli. I vescovi capuani parteciparono ai primissimi concili per dirimere controversie religiose, tra cui si segnala quello di Arles (314) convocato da Costantino, cui prese parte il titolare Proterio.

Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente Capua fu devastata in parte, come altri centri dell'Italia, dalle invasioni visigote e vandaliche. Andò incontro a una tenue ripresa sotto la presenza ostrogota, durante il cui dominio il consolare Lampadio fece restaurare l'anfiteatro.[23] Con la guerra greco-gotica viene riconquistata dai romani orientali dopo il 553, per poi divenire infine una contea del Ducato di Benevento sotto la presenza longobarda.

La distruzione della città e la Nuova Capua

Lo stesso argomento in dettaglio: Casilinum, Principato di Capua e Capua.

Nell'841, nel corso di una lotta di successione nel ducato beneventano, Radelchi I assoldò una banda di saraceni nord-africani, comandata dal berbero Kalfun (divenuto poi primo emiro di Bari), contro Landolfo I il Vecchio, saccheggiando e distruggendo la città e costringendo la popolazione alla fuga.[24]

Dopo la distruzione, la popolazione (che da allora costituisce la prolungazione storica della Civitas Capuana) fuoriusciva dalla città in rovina e si rifugiava dapprima a Sicopoli, per poi collocarsi, dopo pochi anni (nell'856), su un'ansa del fiume Volturno, sul luogo dove aveva sede il porto fluviale romano di Casilinum.[24][25] Veniva così costituita la "Nuova Capua" corrispondente oggi al comune della provincia di Caserta, denominato appunto Capua.

La rinascita della Capua Vecchia

Lo stesso argomento in dettaglio: Santa Maria Maggiore (Capua) e Santa Maria Capua Vetere.

Dopo l'abbandono della popolazione del IX secolo, sul vecchio territorio di Capua non rimasero che degli insediamenti indipendenti.

Solo verso la fine del XVIII secolo questi si fusero insieme nel borgo di Santa Maria Maggiore, frazione di Capua, che divenne nel 1861 comune autonomo e poco dopo cambiando nome divenne l'odierna Santa Maria Capua Vetere.

Personaggi

Note

  1. ^ Strabone, Geografia, V (Italia), 4.3.
  2. ^ Strabone, Geografia, VI (Italia), 3.7.
  3. ^ Strabone, Geografia, V (Italia), 4.10.
  4. ^ Beloch 1890, pag.3
  5. ^ Peter 1897, vol. I pag.391
  6. ^ Schanz 1913, pag.258
  7. ^ Perna 2002, pagg.139-142
  8. ^ Bellelli 2006, pagg.119-122
  9. ^ a b c Valeria Sampaolo, L'Italia preromana. I siti etruschi: Capua, Enciclopedia Italiana - Il Mondo dell'Archeologia (2004), Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani
  10. ^ M. Pani, E. Todisco, Società e istituzioni di Roma antica, Carocci, Bari 2005, 3ª ed., p. 9.
  11. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 29.
  12. ^ Tito Livio, ibidem, VII, 30.
  13. ^ Tito Livio, ib., VII, 31.
  14. ^ Tito Livio, ib., VII, 32.
  15. ^ Polibio, VII, 1, 1-2.
  16. ^ Livio, ib., XXVI, 10, 1.
  17. ^ Livio, XXVI, 6.13-17.
  18. ^ Livio, ib., XXVI, 13-15.
  19. ^ Cic., De lege agraria, II, 95
  20. ^ Cicerone, De lege agraria (Contra Rullum): ( disponibile online, su la.wikisource.org. URL consultato il 30 gennaio 2009.)

    «[…] Tunc illud vexillum Campanae coloniae vehementer huic imperio timendum Capuam a xviris inferetur, tunc contra hanc Romam, communem patriam omnium nostrum, illa altera Roma quaeretur.
    [87] In id oppidum homines nefarie rem publicam vestram transferre conantur, quo in oppido maiores nostri nullam omnino rem publicam esse voluerunt, qui tris solum urbis in terris omnibus, Carthaginem, Corinthum, Capuam, statuerunt posse imperi gravitatem ac nomen sustinere. […]»

  21. ^ Ausonio, Ordo nobilium urbium, 8, 16-18:

    «Illa potens opibusque valens, Roma altera quondam
    comere quae paribus potuit fastigia conis
    octavum reiecta locum vix paene tuetur.»

  22. ^ Quilici 2004, pag.65.
  23. ^ CIL X, 3860
  24. ^ a b Clementina Carfora, Capua, Enciclopedia Italiana - Federiciana (2005), Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani
  25. ^ A. de Franciscis, Capua, Enciclopedia Italiana - Enciclopedia dell'Arte Antica (1959), Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani

Bibliografia

Fonti antiche
Fonti storiografiche moderne
  • Vincenzo Bellelli, La tomba "principesca" dei Quattordici Ponti nel contesto di Capua arcaica, «L'ERMA» di BRETSCHNEIDER, 2006, ISBN 978-88-8265-363-7.
  • Karl Julius Beloch, Campanien: Geschichte und Topographie des Antiken Neapel und seiner Umgebung, Breslavia, 1890.
  • Werner Johannowsky, Capua antica, fotografie di Marialba Russo, Napoli, Banco di Napoli, 1989.
  • Werner Johannowsky, Materiali di età arcaica della Campania. Capua, Suessa Aurunca, Cales, Calatia, Napoli, 1983.
  • Jacques Heurgon, Recherches sur l'histoire, la religion et la civilization de Capoue préromaine, Paris, 1942.
  • Raffaele Perna, Amelia Conte; L. Piacente, Poeti latini di Puglia: Livio Andronico, Orazio e altri scritti, Edipuglia srl, 2002, ISBN 978-88-7228-338-7.
  • Hermann Peter, Die geschichtliche Literatur über die römische Kaiserzeit bis Theodosius I und ihre Quellen, Lipsia, 1897.
  • Lorenzo Quilici, Comuni di Brezza, Capua, San Prisco, «L'ERMA» di BRETSCHNEIDER, 2004, ISBN 978-88-8265-315-6.
  • Martin Schanz, Geschichte der Römischen Literatur, Monaco, 1913.
  • Angela Palmentieri, Su una chiave d'arco figurata dell'anfiteatro campano, 'Napoli Nobilissima. Rivista di arti, filologia, e storia, LXVII, 2010, pp. 60–65

Voci correlate

Collegamenti esterni