Pontefice (storia romana)

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Il pontefice era un sacerdote della Religione romana.

L'istituzione del collegio dei pontefici, inizialmente e fino al 300 a.C. in numero di cinque, è fatta risalire dalla tradizione romana al re Numa Pompilio,[1] successore di Romolo.

Per quanto concerne la nomina dei pontefici veniva usato il sistema della cooptatio fino al 104 a.C., quando la legge Domizia introdusse l'elezione popolare.

Augusto come Pontefice Massimo. Statua esposta al Palazzo Massimo alle Terme, Roma
Denario con rappresentato Gaio Giulio Cesare Pontefice Massimo
Adriano come Pontefice Massimo. Statua esposta ai Musei Capitolini, Roma

Origine del termine[modifica | modifica wikitesto]

Il termine Pontifex, dal latino pontis facĕre, doveva indicare colui che curava la costruzione del ponte sul Tevere ("costruttore di ponti"),[2] poi translato per indicare colui che fungeva da ponte cioè fra l'immanente e il trascendente. [senza fonte]

«Sacerdotes universi a sacris dicti. Pontufices, ut Scaevola Quintus pontufex maximus dicebat, a posse et facere, ut potentifices. Ego a ponte arbitror: nam ab his Sublicius est factus primum ut restitutus saepe, cum ideo sacra et uls et cis Tiberim non mediocri ritu fiant.»

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Esistono paralleli in altri popoli: equivalente era nell'antica Grecia la figura del ghephyrotés,[3] o ghephyropoiós (dal verbo greco γεφυρόω, ghephyróō, «costruire un ponte»).[4] La similarità tra i due sacerdozi fa pensare che la carica sacerdotale sia molto antica, di origine indo-europea. C'è chi ha fatto notare che in epoca antica, in Tessaglia, le immagini degli Dei da venerare venivano poste sopra il ponte sul fiume Peneus; da qui discenderebbe il nome dei sacerdoti preposti al culto.

In ambiente latino arcaico rimane il collegamento tra i pontefici ed i ponti: il primo ponte di Roma, il Sublicius, era infatti restaurato a cura del collegio pontificale. Il "ponte" è comunque un concetto simbolico dalla valenza mistico-spirituale. Anche in epoca cristiana il ponte era il mezzo con il quale si poteva attraversare il fiume, cioè la separazione fra la vita e la morte. La zona ad oriente del corso d'acqua era riservata ai vivi e la zona ad occidente ai morti.

L'accostamento con la tradizione greca potrebbe essere un ulteriore indizio a sostegno dei miti relativi alla fondazione di Roma, che insistono sui contatti avuti tra le popolazioni latine ed alcuni profughi provenienti dalla antica Grecia.

Dalla nascita della Repubblica (509 a.C.) e fino al 300 a.C., solo i patrizi poterono far parte di questo collegio, la cui carica era a vita; da questa data, quando fu emanata la Lex Ogulnia, dopo un'aspra lotta politica che vide contrapposti i plebei, guidati da Publio Decio Mure, ai patrizi, guidati da Appio Claudio Cieco, vi ebbero accesso anche i plebei, a cui furono riservati 4 pontefici del collegio sacerdotale, portato da 5 a 9 membri.[5]

Molte delle pronunce pontificali sono state tramandate oralmente per molto tempo, fino ad essere inserite, in una sorta di giurisprudenza, nella legge delle XII tavole nel 451-450 a.C..

Funzioni e poteri[modifica | modifica wikitesto]

Funzioni religiose[modifica | modifica wikitesto]

Il pontefice era, nella Roma arcaica, una sorta di esperto di tutto il complesso delle cose sacre, più che un sacerdote (come poi sarà in epoca successiva), il cui compito principale era quello di indicare e suggerire, alle autorità e anche ai privati, il modo più opportuno per adempiere agli obblighi religiosi affinché fosse salvaguardata la pax deorum.

Una responsabilità di tanto rilievo conferiva al Pontefice un'altissima autorità ed un immenso prestigio all'interno della comunità. Poiché nella fase primitiva l'organizzazione giuridica era permeata di ispirazione religiosa, al punto da creare una quasi totale mescolanza tra i due ambiti, i pontefici avevano il pieno controllo del culto pubblico e privato e di conseguenza, tramite questo, anche il controllo dell'intera vita pubblica. Il pontefice era quindi anche l'unico interprete dell'ordinamento giuridico in quanto depositario della sapienza giuridica ed in particolare dei formulari del diritto.[senza fonte]

Funzioni giurisprudenziali e giuridiche[modifica | modifica wikitesto]

Non era solo un ermeneuta, ma fungeva da mediatore tra l'ordinamento giuridico esistente e la società. Le delibere dei pontefici non avevano valore di generalità e astrattezza, ma si pronunciavano sul punto di diritto del caso concreto, alla fattispecie contingente (interpretatio pontificum) essendo fonte di giurisprudenza. Con tali attribuzioni il pontefice di fatto, se non di diritto, rappresentava una figura limitativa del potere e dell'autorità del re (che inizialmente era un re-sacerdote), il quale doveva riconoscergli il ruolo preminente di depositario della sapienza giuridica. Anche le prime leggi scritte furono verosimilmente ideate, a partire dal V secolo a. C., come argine contro il potere pontificale.

Tra i compiti del pontefice vi era inoltre quello di regolare il Calendario e di scrivere gli Annales Pontificum che rappresentavano il catalogo ufficiale di tutti gli avvenimenti dell'anno, redatti in ordine cronologico; venivano compilati su Tabulae dealbatae e venivano posti davanti alla casa del pontefice massimo. In un secondo tempo, gli Annali vennero raccolti in 80 libri, detti Annales Maximi.[senza fonte]

Presidenza del collegio sacerdotale[modifica | modifica wikitesto]

Tra essi era inoltre eletto il pontifex maximus, presidente e rappresentante del collegio, che ancora verso la fine della repubblica rivestiva il quinto posto da un punto di vista formale nella seguente gerarchia:

Antoniniano in biglione di Volusiano, coniato nel 253 dalla zecca di Roma. Al dritto il profilo dell'imperatore rivolto a destra, indossante corazza e paludamentum, e col capo cinto dalla corona radiata, attributo della divinità solare, il cui culto di origine orientale, fortunatissimo presso i soldati, si integrò dal II secolo nel tradizionale Pantheon olimpico. La legenda reca IMP(eratori) CAE(sari) C(aio) VIB(io) VOLVSIANO AVG(usto). Al rovescio l'imperatore, stante e rivolto a sinistra, indossa una lunga toga, ed è velato capite. Egli è ritratto cioè come Pontifex Maximus, ed effettua un sacrificio davanti un altare, avente una patera rituale nella destra e uno scettro nella sinistra. La legenda reca P(ontifici) M(aximo) TR(ibunicia) P(otestate) III CO(n)S(uli) II.

Col tempo il potere del pontefice massimo divenne tale da subordinare, di fatto, quello del rex sacrorum e da consentirgli giurisdizione sui Flamini e sulle Vestali.[7] Tutto il collegio (come gli altri sacerdoti) aveva diritto alla toga praetexta, ai littori ed alla sella curulis.

Elenco pontefici[modifica | modifica wikitesto]

Questi sono nomi noti di pontefici in ordine cronologico:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, II, 73,1.
  2. ^ Pontefice su Treccani
  3. ^ Gephyrotes, su grecoantico.com.
  4. ^ (EL) Gephyróō, su lsj.gr.
  5. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, X, 6-9.
  6. ^ Vesta, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  7. ^ Collegi sacerdotali, nucleo della religione romana, su capitolivm.it.
  8. ^ a b c d Tito Livio, Ab Urbe condita libri, X, 9.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Zosimo, Historia Nea, IV.
  • Tina Squadrilli, Vicende e monumenti di Roma, Roma, Staderini Editore, 1961.
  • Giuseppe Grosso, Lezioni di storia del diritto romano, Torino, Giappichelli Ed., 1965.
  • Renato Del Ponte, La religione dei Romani, Milano, Rusconi, 1982, ISBN 88-18-88029-2.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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