Chiesa di San Michele (Alghero)

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Chiesa di San Michele arcangelo
La facciata e la cupola della chiesa
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneSardegna
LocalitàAlghero
Coordinate40°33′26.07″N 8°18′51.58″E / 40.557243°N 8.314328°E40.557243; 8.314328
Religionecattolica di rito romano
TitolareMichele Arcangelo
Diocesi Alghero-Bosa
Stile architettonicobarocco
Inizio costruzione1612
Completamento1675

La chiesa ex gesuitica di San Michele è un importante luogo di culto cattolico della città di Alghero, che rappresenta uno degli esempi più significativi in Sardegna dello stile barocco. È dedicata al santo patrono della città, ed è situata nel centro storico, in via Carlo Alberto, di fronte a piazza Ginnasio.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le prime notizie, anche se indirette, di un edificio di culto dedicato a San Michele risalgono al 19 febbraio 1364, in una pergamena redatta dal notaio Pere Fuyà riportante un sopralluogo delle fortificazioni cittadine, in cui è riportata anche una torre di S. Michele[1]. La prima attestazione certa. invece, risale al 1585[1].

Venne ricostruita nelle forme attuali tra il 1661 e il 1675, su progetto dell'architetto Domenico Spotorno, originario di Savona (autore della cattedrale di Ales e della ricostruzione di quella di Cagliari).

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La cupola, uno dei simboli della città di Alghero.
L'altare maggiore.
L'altare laterale sinistro del transetto.

Facciata[modifica | modifica wikitesto]

La facciata dell'edificio, piuttosto semplice, presenta uno zoccolo di conci squadrati di trachite. Sopra il portale ligneo risaltano, racchiuse in una cornice di trachite, due simulacri marmorei che rappresentano l'Annunciazione e, poco più in alto, un altorilievo che simboleggia lo Spirito Santo.

Interno[modifica | modifica wikitesto]

L'interno della chiesa è a navata unica coperta con volta a botte e suddivisa da archi trasversali che poggiano su colonne corinzie. Ai lati sono presenti sei profonde cappelle (tre per lato). L'arcangelo Michele, santo titolare, è raffigurato sulla pala dell'altare maggiore e in una grande statua lignea che lo ritrae mentre sconfigge Satana, posto incatenato sotto i suoi piedi. Un'altra raffigurazione, che si trovava nell'edicola centrale dell'altare maggiore, è oggi ospitata nel Museo diocesano di arte sacra.

L'altare laterale destro del transetto.

Nella cappella dedicata alla Madonna Valverde è presente un grande dipinto risalente al 1652 e sotto di esso una nicchia col simulacro della Vergine di Valverde: il santuario di Nostra Signora di Valverde, si trova a pochi chilometri dalla città.

Nel braccio sinistro del transetto si trova la cappella dedicata a sant'Ignazio di Loyola, raffigurato mentre viene rapito in estasi nel dipinto, con dettagli molto curati e giochi di luce. L'altare monumentale della cappella venne realizzato nel 1678

Nel braccio destro del transetto è presente la cappella dedicata a san Francesco Saverio. Il dipinto rappresenta il santo in cammino, mentre con le mani apre la veste sul petto: il alto la scritta "Satis, Domine, Satis" ("Basta, Signore, basta"). Su una parete è una tela con Visione di santa Teresa d'Avila, con in alto due gruppi di santi gesuiti, e, a mo' di aureola attorno alla testa della santa, la scritta "Li vidi con bandiere bianche in mano". Sulla parete sinistra della stessa cappella una lapide marmorea policroma ricorda Girolamo Ferret, benefattore della chiesa e del collegio, con l'iscrizione: Y tu hermano mira por ti,/ i vive como hombre que has de morir. Que yo fui como tu eres, y tu seras como yo soy (1612).

Una delle cappelle a sinistra è dedicata alla Madonna Immacolata: coperta da volta a botte, presenta riquadri con scene della vita della Madonna e decorazioni a stucco.

Sull'altare maggiore è presente un crocifisso settecentesco di autore spagnolo. Sopra la porta di ingresso è presente una cantoria in legno policromo: al centro il monogramma IHS.

Cupola[modifica | modifica wikitesto]

La cupola della chiesa è divenuta uno dei simboli di Alghero. Ha una pianta ottagonale impostata su un alto tamburo retto da pennacchi, ed è dotata di lanterna.

Intorno al 1950 la cupola venne rivestita esternamente da mattonelle policrome realizzate su disegno di Antonio Simon Mossa e Filippo Figari.

La chiesa e la cupola sono state restaurate nel 2007.

Pianta della chiesa.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) A Companion to Sardinian History, 500–1500, BRILL, 7 agosto 2017, ISBN 978-90-04-34124-1. URL consultato il 18 novembre 2020.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Salvatore Naitza, Architettura dal tardo '600 al Classicismo purista, Collana "Storia dell'arte in Sardegna". Ilisso, Nuoro, 1992. ISBN 88-85098-20-7
  • Aldo Sari, Il Collegio e la chiesa di San Michele di Alghero. Storia e architettura, in “Nuova Comunità”, Anno VI, n. 6, 1987, pp. 21-29.
  • Aldo Sari, Storia della Compagnia di Gesù ad Alghero. Il Collegio e la sua chiesa, in AA. VV., Sant Miquel. Des de la presència jesuítica a l’Alguer a la restauraciò de la iglésia per un projecte de recuperaciò urbana (San Michele. Dalla presenza dei gesuiti al restauro della chiesa per un progetto di recupero urbano), Alghero 1995, pp. 20-41 + pp.60-67 di ill.
  • Aldo Sari, Per una storia dell’architettura in Sardegna in età barocca. La chiesa e il collegio della Compagnia di Gesù ad Alghero, in “Sacer. Note su antichità e storia di Sardegna. Bollettino della Associazione Storica Sassarese”, Anno XIII, n. 13, 2006, pp. 111-122.
  • Antonio Serra, Il quadro di Nostra Signora di Valverde a S. Michele. Un inedito di Giuseppe Deris, in «L'Alguer», n. 38, 1995.
  • Antonio Serra, Art del '600 i del '700 a L'Alguer. Les obres restaurades de Sant Miquel i del Carme, in «L'Alguer», n. 65 (1999).
  • Antonio Serra, Museo Diocesano d'Arte Sacra di Alghero. Catalogo, Alghero 2000.
  • Antonio Serra, Aggiunte alla statuaria lignea ispano-napoletana del Seicento ad Alghero, in «L'Alguer», n. 135 (2011).
  • Luciano Deriu, Alghero: la città antica. Sassari, 2000.
  • Tatiana Kirova, Le architetture religiose del Barocco in Sardegna. Cagliari, 2002.
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