Basilica di Sant'Apollinare Nuovo

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Coordinate: 44°25′00″N 12°12′16″E / 44.416667°N 12.204444°E44.416667; 12.204444

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L'interno

La basilica di Sant'Apollinare Nuovo si trova nella città romagnola di Ravenna, fatta erigere per volere di Teodorico nel 505 d.C. per il culto ariano della sua gente, successivamente consacrata a quello cattolico (VI secolo).

Storia

Vicino al palazzo venne edificata la chiesa di Sant'Apollinare Nuovo (inizio del VI secolo), usata probabilmente come chiesa palatina dedicata al Salvatore.

Con la conquista della città da parte dei bizantini (540) iniziò un programma di restaurazione dell'ortodossia cattolica che comportò la cancellazione o la trasformazione dei precedenti edifici legati ai goti e all'arianesimo. Emblematica fu la situazione di Sant'Apollinare Nuovo, dove era presente nella fascia sopra gli archi che dividono le navate un ciclo di mosaici con temi legati alla religione ariana, che fu, su iniziativa del vescovo Agnello, cancellata e ridecorata. Si salvarono solo gli ordini più alti della decorazione (con le Storie di Cristo e con i santi e profeti), mentre nella fascia più bassa, quella più grande e più vicina all'osservatore, si procedette a una vera e propria ridecorazione che salvò solo le ultime scene con le vedute del Porto di Classe e del Palatium di Teodorico, sebbene epurate di tutti i ritratti, che probabilmente appartenevano a Teodorico stesso ed alla sua corte. In quell'occasione venne anche reintitolata a san Martino di Tours, santo famoso per la lotta all'eresia, e solo in seguito la denominazione è stata assegnata al primo vescovo di Ravenna sant'Apollinare.

Planimetria

Si tratta di un edificio a tre navate, privo di quadriportico e preceduto dal solo nartece, che, in area ravennate, viene più propriamente chiamato àrdica (dall'adattamento bizantino nàrtheka del termine greco classico nàrthex, nartece).

Esternamente si presenta con una facciata a capanna, realizzata in laterizio. Nella parte superiore si trova, esattamente al centro, una grande e larga bifora in marmo, sormontata da altre due piccolissime aperture, l'una a fianco dell'altra. Il nartece presenta un tetto spiovente, che dalla facciata scende verso le colonne portanti. Queste sono in marmo bianco e creano un notevole contrasto con la scurezza dell'edificio vero e proprio. Nella parte anteriore sinistra rispetto alla Basilica, si innalza verso il cielo un campanile dalla pianta circolare, anch'esso in mattoni.

La navata centrale, larga il doppio di quelle laterali, termina con un'abside semicircolare, ed è delimitata da dodici coppie di colonne poste una di fronte all'altra che sorreggono archi a tutto sesto.

Mosaici

Cristo divide le pecore dai capretti, Sant'Apollinare Nuovo
Palazzo di Teodorico

Come tutte le chiese di Ravenna dei periodi imperiale (fino al 476), ostrogotico (fino al 540) e giustinianeo (dal 540 in poi), anche Sant'Apollinare Nuovo è decorata con meravigliosi e coloratissimi mosaici. Tuttavia essi non risalgono alla stessa epoca: alcuni sono teodoriciani, altri risalgono alla ridecorazione voluta dal vescovo Agnello, quando l'edificio venne riconsacrato al culto cristiano cattolico.

Le pareti della navata centrale sono divise in tre fasce ben distinte dalle decorazioni musive.

La fascia più alta è decorata da una serie di riquadri intervallati dal motivo allegorico di un padiglione con due colombe. I riquadri presentano scene della vita di Cristo e sono particolarmente curati nei dettagli, anche se in antico si trovavano ancora più in alto (per via della subsidenza) e quindi la loro lettura era tutto sommato ardua. Alcune scene permettono di evidenziare alcune evoluzioni dell'arte del mosaico nell'epoca di Teodorico. La scena del Cristo che divide le pecore dai capretti ricorda quella del Buon Pastore del Mausoleo di Galla Placidia, ma le differenze sono notevoli (è passato poco meno di un secolo): le figure non sono più disposte in uno spazio in profondità, ma appaiono schiacciate l'una sull'altra, con molte semplificazioni (alcuni animali non hanno nemmeno le zampe). La rigida frontalità e la perdita del senso del volume nel Cristo e negli angeli imprime un innegabile senso ieratico. Nella scena dell'Ultima cena Cristo e gli apostoli sono raffigurati similmente alle raffigurazioni romane paleocristiane, e le proporzioni gerarchiche (Cristo più grande delle altre figure) rientrano nel filone dell'arte tardoantica "provinciale" e "plebea".

La fascia mediana ha riquadri tra le finestre che incorniciano solide figure di Santi e Profeti dalle vesti ombreggiate e morbidamente panneggiate. Essi, nonostante l'indefinito fondo oro, si dispongono su un piano prospettico.

La fascia inferiore, la più grande, è anche quella maggiormente manomessa. Sulla parete di destra (guardando verso l'altare), è raffigurato il famoso Palazzo di Teodorico, riconoscibile dalla scritta latina PALATIUM (Palazzo) nella parte bassa del timpano. Gli edifici interni rappresentati sono mostrati in prospettiva ribaltata. Ciò significa che quello che si vede corrisponde a tre lati del peristilio, schiacciati su un unico piano. Tra una colonna e l'altra sono tesi dei drappeggi bianchi e decorati in oro, che coprono le ombre di antiche figure umane rimaste dopo che una parte del mosaico fu condannata alla distruzione: per una sorta di damnatio memoriae tutte le figure umane (quasi certamente Teodorico stesso e membri della sua corte) vennero cancellate e si notano ancora le ampie parti di colore leggermente diverso (a riprova di una ricostruzione avvenuta in un momento diverso) e le incontrovertibili tracce sulle colonne bianche, dove spuntano qua e là delle mani.

Le colonne che sorreggono gli archi del palazzo sono candide e slanciate (nella realtà dovevano essere in marmo) e terminanti con capitelli in tipico stile corinzio. Sopra gli archi, che riportano motivi di angeli che tendono festoni floreali, si trova una lunga teoria di archetti bassi protetti da parapetti, e sormontati dal tetto in tegole. Questo doveva probabilmente essere un lungo terrazzo coperto.

Al di là del Palazzo si notano alcuni edifici basilicali o a pianta centrale che hanno la funzione di rappresentare, sinteticamente e simbolicamente, la città di Ravenna.

Il Porto di Classe

Sulla parete di fronte è raffigurato invece il Porto di Classe, che in quel tempo era il più grande di tutto l'Adriatico, nonché una delle principali sedi della flotta imperiale romana. Sulla sinistra, i tasselli del mosaico compongono la figura di tre imbarcazioni allineate verticalmente, che sostano sull'acqua azzurra e calma del porto, in un'insolita prospettiva "a volo d'uccello", che ne risalta l'ampiezza. Da ambedue le parti esse sono protette da una coppia di alte torri in pietra. Continuando verso destra, si possono osservare le alte e possenti mura merlate cittadine, all'interno delle quali si intravedono vari edifici notevolmente stilizzati: un anfiteatro, un portico, una basilica, una costruzione civile a pianta centrale coperta da un tetto conico. Sopra la porta d'ingresso alla città, sull'estrema destra, si leggono le parole latine: CIVI CLASSIS (Città di Classe).

Le contrapposte processioni di Santi Martiri e Sante Vergini, sempre nel registro inferiore, furono eseguite nel periodo di dominazione bizantina (quando Ravenna era un Esarcato dipendente da Costantinopoli) ed evidenziano alcuni dei caratteri dell'arte propria dell'Impero d'Oriente quali: la ripetitività dei gesti, la preziosità degli abiti, la mancanza di volume (con il conseguente appiattimento o bidimensionalità delle figure). E ancora: l'assoluta frontalità, la fissità degli sguardi, la quasi monocromia degli sfondi (un abbacinante oro), l'impiego degli elementi vegetali a scopo puramente riempitivo e ornamentale, la mancanza di un piano d'appoggio per le figure che, pertanto, appaiono sospese come fluttuanti nello spazio.

L'abside venne distrutta da un terremoto e poi ricostruita, e per questo motivo è completamente priva di mosaici (che quasi sicuramente dovevano essere simili a quelli dell' omonima chiesa a Classe).

Altre immagini

Bibliografia

  • Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

  • Banca dati CIDM Il sito del Centro Internazionale di Documentazione sul Mosaico di Ravenna