Argos Hippium

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Argos Hippium (Arpi)
Arpi (Foggia)
CiviltàCiviltà apula
Utilizzocittà
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
ComuneFoggia
Mappa di localizzazione
Map
Coordinate: 41°33′10.92″N 15°36′40.6″E / 41.553032°N 15.611277°E41.553032; 15.611277

Arpi (anche chiamata Argyrippa, Argos Hippium, derivante dal greco Ἀργύριπποι, Ἄργος Ἵππιον) era una città della antica Apulia, di cui restano scarse vestigia, anche se «nel sottosuolo sono presenti innumerevoli resti archeologici che se riportati alla luce potrebbero suscitare un nuovo impulso turistico per il territorio» (Marina Mazzei)[1]. Situata a circa 8 km a nord-est di Foggia la sua importanza e grandezza era dimostrata ancora al tempo di Strabone «dall'ampiezza delle sue mura (ben 18 chilometri)», per cui la città appariva, come a Canosa, una delle maggiori degli Italioti.

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome di Arpi risulta composto da Argos in memoria della patria lontana e con l'aggiunta di Hippium per qualificare l'eccellenza del luogo adatto per l'allevamento dei cavalli, tale nome divenne poi Argirippa ed infine Arpi dal greco "arpe" che vuol dire falce. Il nome Arpi, inoltre, potrebbe anche derivare da "arpane", come venivano chiamati gli armenti dei buoi allevati nella zona. Tale versione potrebbe essere la più probabile in quanto Arpi, presumibilmente ha avuto per stemmi il delfino, il cavallo, il cinghiale e il bue.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Posta, come poi Foggia, nel cuore del Tavoliere delle Puglie, Arpi vi ebbe preponderante importanza.

La seconda guerra punica[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di Arpi.

Dopo la schiacciante vittoria a Canne (216 a.C.),[2] Annibale raggiunse i primi importanti risultati politico-strategici. Alcuni centri cominciarono a abbandonare i Romani,[3] come Campani, Atellani, Calatini, parte dell'Apulia, i Sanniti (ad esclusione dei Pentri), tutti i Bruzi, i Lucani, gli Uzentini e quasi tutto il litorale greco, i Tarentini, quelli di Metaponto, di Crotone, di Locri[4] e tutti i Galli cisalpini,[5] e poi Compsa, insieme agli Irpini.[6] Non si arrese invece Neapolis, rimasta fedele a Roma.[7]

Negli anni successivi Annibale si recò più volte in Apulia. Nel 215 a.C., dopo essere stato sconfitto a Nola,[8] pose gli accampamenti invernali proprio nei pressi di Argos Hippium.[9] Il console Quinto Fabio Massimo Verrucoso ordinò allora al console più giovane, Tiberio Sempronio Gracco, di condurre le sue legioni da Cuma a Lucera in Apulia, ed inviò il pretore Marco Valerio Levino a Brundisium con l'esercito che aveva con sé in precedenza a Lucera, incaricandolo di difendere le coste dell'agro salentino e sorvegliare i movimenti di Filippo V di Macedonia in vista di una possibile guerra con la Macedonia.[10]

L'anno seguente (214 a.C.), Annibale partì da Argos Hippium per tornare in Campania, seguito da Tiberio Gracco, che mosse la sua armata da Luceria a Beneventum; intanto al figlio di Fabio Massimo, il pretore Quinto Fabio, venne ordinato di partire per l'Apulia e sostituirvi Gracco.[11] Annibale dopo aver passato l'inverno ad Arpi ritornò sul monte Tifata nel territorio di Capua.[12]

Nel 194 a.C. Roma fece aspra vendetta sulle antiche città che le furono infedeli. Tra queste, vi fu Arpi alla quale fu tolta la libertà, furono abbattute le mura, furono negati l'approdo marittimo a Siponto, le monete proprie e ogni altro diritto: divenne quindi un'umile colonia romana.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Marina Mazzei, archeologa e funzionario (PDF), su bibliotecaprovinciale.foggia.it.
  2. ^ Polibio, III, 116, 9.
  3. ^ EutropioBreviarium ab Urbe condita, III, 11.
  4. ^ Livio, XXIV, 1-3.
  5. ^ Livio, XXII, 61.11-12.
  6. ^ Livio, XXIII, 1.1-3.
  7. ^ Livio, XXIII, 1.5-10.
  8. ^ Livio, XXIII, 44-45.
  9. ^ Livio, XXIII, 46.8; XXIV, 3.16-17.
  10. ^ Livio, XXIII, 48.3; XXIV, 3.16-17.
  11. ^ Livio, XXIV, 12.5-8.
  12. ^ Livio, XXIV, 12.1-3.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti antiche
Fonti storiografiche moderne
Controllo di autoritàVIAF (EN316412564 · GND (DE4207052-1