Piero Fassino

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Template:Membro delle istituzioni italiane Pietro Franco "Piero" Fassino (Avigliana, 7 ottobre 1949) è un politico italiano.

Dal 16 novembre 2001 al 14 ottobre 2007 è stato segretario nazionale dei Democratici di Sinistra. È sposato dal 1993 con Anna Maria Serafini, deputata del suo stesso partito dal 1996 al 2001, e senatrice dal 2006.

Biografia

Appartiene ad una famiglia di tradizione socialista, il nonno materno fu uno dei fondatori del Partito Socialista Italiano, quello paterno venne ucciso dai fascisti, mentre il padre, Eugenio Fassino, è stato comandante della 31-ma brigata Garibaldi nel corso della resistenza.[1]

Fassino ha studiato all'Istituto Sociale, la Scuola dei padri Gesuiti di Torino. Si è laureato in Scienze politiche presso l'Università di Torino nel 1998.[2]

Nel luglio del 2003 è uscito il suo libro Per passione edito da Rizzoli. Quest'opera è principalmente un diario dove si ritrovano la sua vita e gli intrecci storico-politici degli ultimi trent'anni.

La carriera dalla FGCI al PDS

Si iscrisse alla Federazione giovanile comunista torinese dal 1968, diventandone segretario tre anni dopo. Nel 1975 fu eletto consigliere comunale del capoluogo piemontese (seggio che manterrà per dieci anni), mentre dal 1985 al 1990 fu consigliere provinciale.

All'interno del partito Fassino ricoprì la carica di segretario della federazione torinese dal 1983 al 1987. E, sempre dal 1983, fu eletto nella Direzione nazionale del PCI.

Dal 1987 al 1991 è membro della Segreteria nazionale del PCI, prima come coordinatore della Segreteria e poi come responsabile dell'organizzazione, dove ha vissuto la delicata fase di trasformazione del PCI in Partito Democratico della Sinistra (PDS, cui aderì fin dal momento della sua fondazione).

Dal 1991 al 1996 è segretario internazionale del neonato partito.

L'impegno da deputato e membro del Governo

Dal 1994 è eletto parlamentare alla Camera dei Deputati. Rieletto nel 1996, fu sottosegretario agli esteri durante il governo Prodi I ed assunse nell'ottobre del 1998 la carica di Ministro del commercio estero nel governo D'Alema. Lascerà questo incarico nell'aprile del 2000 per assumere quello di Ministro di grazia e giustizia nell'esecutivo presieduto da Giuliano Amato, in carica dal 25 aprile 2000 al 13 maggio 2001.

Indicato dal suo partito quale vice del candidato premier per l'Ulivo Francesco Rutelli, è rieletto deputato alle elezioni politiche del 13 maggio 2001.

Al termine delle elezioni politiche del 2006, riceve un nuovo mandato parlamentare alla Camera: non entra a far parte del Governo Prodi II perché, di comune accordo con il partito, decide di occuparsi in prima persona dei DS e della costruzione del futuro Partito Democratico.

Nel 2007 si è ricandidato alla segreteria del partito con la mozione «Per il partito democratico» in vista del congresso che si è tenuto tra il 19 e il 21 aprile. Alla sua mozione si sono contrapposte quelle presentate dal ministro Mussi e da Gavino Angius. Il congresso si è concluso con la vittoria della mozione Fassino che ha ottenuto il 75,64% dei consensi.

Posizioni politiche

Nel 2003 si è schierato contro la legge 40 sulla procreazione assistita,[3] votata dalla maggioranza di centrodestra e da parte del centrosinistra. In seguito ha sostenuto il referendum abrogativo di parte di quella legge che si è tenuto nel giugno 2005.[4]

Nel dicembre 2006, mentre l'Italia si interrogava sul caso di Piergiorgio Welby, Fassino si è schierato apertamente contro la possibilità dell'eutanasia, differenziando tuttavia la sua posizione nei confronti dell'accanimento terapeutico.

Nella stessa occasione si è dichiarato contrario alla possibilità di adozione di minori da parte di coppie omosessuali.[5]

Ha suscitato polemiche la sua posizione secondo cui, a un'eventuale conferenza di pace sull'Afghanistan, sarebbe opportuno invitare anche i Talebani, in quanto «la pace si fa con il nemico».[6]

Dal 23 maggio 2007 è uno dei 45 membri del Comitato nazionale per il Partito Democratico che riunisce i leader delle componenti del futuro PD.

Procedimenti giudiziari

Ogni controllo di legalità ha sempre escluso responsabilità penali a carico del leader della Quercia, uscito poi rafforzato nella sua pozizione morale. Nel 2003, viene accusato da Igor Marini di aver ricevuto tangenti nell'ambito dell'affare Telekom Serbia insieme a Romano Prodi, Lamberto Dini e altri. Secondo Marini, Fassino era soprannominato cicogna. L'inchiesta della procura della Repubblica di Torino, rilevate false le prove ai danni di Fassino, ha portato in carcere Marini e ha escluso la presenza di tangenti a favore dei politici accusati. A seguito di questa vicenda, Fassino affermò:

«Il burattinaio di Igor Marini è a palazzo Chigi e dovrà rispondere anche lui.»

A causa di questa frase fu querelato da Silvio Berlusconi per calunnia con la richiesta di risarcimento per 15 milioni di euro. Fassino rinunciò all'immunità parlamentare per affrontare il procedimento per calunnia, da cui fu prosciolto il 30 gennaio 2004, e sfidò l'allora presidente del consiglio, Berlusconi, a fare lo stesso e ad affrontare i suoi processi.[7]

Il 2 gennaio 2006 il quotidiano Il Giornale ha pubblicato stralci di una telefonata (pervenuti in seguito a una violazione del segreto d'ufficio, pratica comune a tutte queste pubblicazioni) fra Fassino e Giovanni Consorte, manager della Unipol e all'epoca coinvolto nello scandalo di Bancopoli. Fassino chiedeva a Consorte: "Abbiamo una banca?". Tale pubblicazione ha dato luogo ad un largo seguito di polemiche. Il partito dei Ds si è diviso tra chi gridava al complotto e tra chi chiedeva chiarezza, mentre il centrodestra ha rimarcato la fine della superiorità morale del partito della Quercia, colpevole di aver dato «copertura politica» alla scalata di Unipol nei confronti della Banca Nazionale del Lavoro, intanto un'indagine della magistratura ha escluso il segretario dei DS da responsabilità penali riguardo la vicenda. La Quercia ha così resistito ad ogni attentato alla sua moralità.

Note

Altri progetti

Collegamenti esterni

Predecessore Segretario del PDS/DS Successore
Walter Veltroni 2001 - 2007 I DS nel 2007 confluiscono nel Partito Democratico
Predecessore Ministro della Giustizia della Repubblica Italiana Successore
Oliviero Diliberto 2000 - 2001 Roberto Castelli

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