Centro di prima accoglienza

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Centri di accoglienza)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

I centri di prima accoglienza (sigla CPA) sono strutture adibite in Italia ad ospitare minorenni in stato di arresto, fermo o accompagnamento, fino all'udienza di convalida dell'arresto o del fermo o di convalida di espulsione dello straniero, che deve celebrarsi entro 96 ore dal fermo. In base all'art.9 del DPR del 22 settembre 1988[1], tali centri devono garantire la custodia dei minorenni senza configurarsi come strutture penitenziarie.

I CPA: strutture e compiti[modifica | modifica wikitesto]

Il CPA è una struttura che dipende dal Centro di Giustizia Minorile dove i corpi di polizia, su disposizione della Procura della Repubblica Minorile, accompagnano i minori che verranno ospitati fino all'udienza davanti al Gip (giudice per le indagini preliminari).

Scopi principali dei Centri di Prima Accoglienza sono:

  • fornire i primi elementi di conoscenza dei minori all'autorità giudiziaria procedente;
  • svolgere attività di sostegno e chiarificazione nel confronto dei minori;
  • collaborare con gli altri servizi minorili;
  • instaurare contatti immediati con le famiglie.

Scopi principali dei Centri di Prima Accoglienza nei confronti dei minori sono:

  • indurre il minore alla riflessione sul reato commesso;
  • spingere il minore a relazionarsi in maniera adeguata con gli altri;
  • sollecitare il minore ad assumersi le proprie responsabilità rispetto alle proprie azioni;
  • assistenza in sede di convalida e giudizio.

Il lavoro dei CPA mira ad una mediazione giudiziaria con le varie autorità al fine di fornire i primi elementi di conoscenza del minore relativamente al proprio contesto familiare, personale e sociale.

Nel caso in cui ci si trovi davanti a casi in cui siano coinvolti minori stranieri, dei quali spesso è difficile l'identificazione, in base all'art. 349 del CPP, la polizia giudiziaria provvede all'identificazione attraverso rilievi antropometrici (ad esempio, una radiografia del polso per accertare l'età) e rilievi segnaletici di carattere descrittivo, fotografico e dattiloscopico. Tutti questi dati contribuiscono all'elaborazione di un modulo denominato "cartellino segnaletico", unico documento relativo alla personalità del minore straniero.

Il CPA nell'iter processuale del minore[modifica | modifica wikitesto]

Il minore macchiatosi di reato ha il suo primo contatto nell'ambito del sistema giudiziario coi servizi non specializzati della Polizia giudiziaria, amministrativa o di sicurezza tra i quali il servizio "radio mobile" dei Carabinieri e l'"Ufficio Prevenzione Generale" della Polizia. Il primo impatto del minore con la giustizia è stato oggetto di attenzione già nel 1975 da parte dell'ONU prevedendo all'art.10 comma 3 che i contatti tra le Forze dell'Ordine e il minore colpevole di reato devono avvenire nel rispetto del suo stato giuridico, evitando di nuocergli e tenendo sempre conto delle circostanze del caso. Infatti il contatto iniziale è fondamentale perché influenza l'atteggiamento del minore verso la società e lo Stato. Il successo di ogni intervento dipende molto da questi primi approcci, per cui si raccomanda benevolenza e fermezza. Oggi l'art.20 D.Lgs. 272/1989 prevede che l'operatore di polizia deve:

  • evitare l'uso di strumenti di coercizione fisica salvo in caso di necessità per ragioni di sicurezza;
  • trattenere i minorenni in locali separati da quelli che ospitano i maggiorenni già arrestati o fermati;
  • adottare cautele al fine di proteggere il minore dalla curiosità del pubblico limitandone disagi, sofferenze materiali e psicologiche.

CPA attivi in Italia[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Decreto del Presidente della Repubblica del 22 settembre 1988 n. 448

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]