Strage di Mamasapano

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Strage di Mamasapano
Una mappa della regione di Maguindanao
Tipomassacro
Data25 gennaio 2015
04:15 circa – 16:00 circa
LuogoMamasapano, Maguindanao
StatoBandiera delle Filippine Filippine
Coordinate6°55′29.6″N 124°31′12″E / 6.92489°N 124.52°E6.92489; 124.52
ObiettivoForze speciali filippine
ResponsabiliGruppi islamisti del MILF e BIFF
MotivazioneUccisione di Zulkifli Abdhir
Conflitti tra governo e MILF
Conflitti tra governo e BIFF
Religiosa
Conseguenze
Morti67

La strage di Mamasapano venne commessa il 25 gennaio 2015 nella città filippina di Mamasapano, in seguito a uno scontro tra le forze speciali della Polizia Nazionale Filippina (Special Action Force o SAF) e i gruppi terroristici islamisti del MILF e BIFF. Anche diversi membri del Jemaah Islamiyah furono sospettati di aver partecipato alla battaglia contro le forze dell'ordine.

Il territorio di Mamasapano era da tempo noto per essere uno dei numerosi covi di diversi gruppi ribelli attivi a Mindanao.

Nel gennaio 2015 le forze speciali diedero inizio a un'operazione con l'obiettivo di catturare Abdul Basit Usman e Zulkifli Abdhir, meglio noto con lo pseudonimo di Marwan. Quest'ultimo era un terrorista malese esperto di esplosivi e bombe, rifugiatosi nella città filippina di Mamasapano per via di una taglia di 5 000 dollari imposta su di lui da parte del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.[1] Marwan, incluso nella lista dei criminali più ricercati dall'FBI e stabilitosi nelle Filippine nel 2003, fu ucciso in un attacco a sorpresa da parte di membri del SAF il 25 gennaio. Pochi istanti dopo l'uccisione di Marwan si verificò uno scontro della durata di quasi dodici ore tra le forze speciali e alcuni gruppi terroristici islamisti, sospettati di aver offerto protezione e riparo al criminale malese, che culminò con la morte di 67 persone, 44 delle quali agenti della polizia filippina.[1][2][3][4] Secondo il comandante delle forze speciali Getulio Napeñas, l'incidente provocò 250 caduti fra poliziotti e membri dei gruppi islamisti, sebbene ciò non sia mai stato confermato; nonostante le affermazioni di Napeñas, dopo lo scontro non fu ritrovata una tale quantità di corpi e non vi fu alcuna prova a supporto delle sue parole,[5][6] come confermato anche dal MILF e dal governo locale di Mamasapano.[7][8][9] L'altro obiettivo della missione, Abdul Basit Usman, riuscì a fuggire dal luogo dello scontro.

L'incidente è considerato l'evento che ha causato la più grande perdita di forze dell'ordine nella storia filippina.[10] La strage di Mamasapano destò impressione e sdegno a livello nazionale e internazionale per via dell'elevato numero di poliziotti rimasti uccisi. L'operazione iniziale fu chiamata Oplan Exodus, chiamata erroneamente Oplan Wolverine dai media locali. Il nome si riferisce a tre dei precedenti nove tentativi di catturare Marwan, Oplan Wolverine 1, 2 e 3, lanciate rispettivamente dal PNP-SAF nel dicembre 2012, marzo e maggio 2014.[11][12] Nel 2014 era stato siglato un accordo di pace tra il governo filippino e il MILF, dopo decenni di guerra tra i due fronti. In seguito all'attentato di Mamasapano furono rivolte pesanti critiche al Presidente delle Filippine Benigno Aquino III e alla sua gestione dell'incidente,[13] nonché alla proposta di approvare la legge fondamentale sul Bangsamoro (Bangsamoro Basic Law o BBL). Il Capo di Stato delle Filippine fu inoltre discreditato per aver posto Alan Purisima, allora direttore della Polizia Nazionale Filippina sospeso per via di accuse di corruzione, al comando della missione fatale.[14] Conseguentemente alla strage, il Congresso filippino bloccò temporaneamente il BBL, ostacolando parzialmente i processi di pace tra il governo e il MILF, fortemente sostenuti dall'amministrazione di Aquino.

Per via dell'importanza attribuita dagli Stati Uniti alla cattura di Marwan, diverse teorie ipotizzarono un coinvolgimento americano nell'operazione. Il governo di Benigno Aquino III, tuttavia, negò qualsiasi forma di partecipazione da parte di Washington.

Attraverso un test del DNA, l'FBI identificò il corpo dell'uomo ucciso dalle truppe del SAF, affermando che si trattava effettivamente del terrorista malese ricercato da tempo.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il contesto[modifica | modifica wikitesto]

Gli scontri tra il governo filippino e il Fronte di Liberazione Nazionale Moro (Moro National Libération Front o MNLF), guidato da Nur Misuari, nacquero alla fine degli anni sessanta durante la presidenza di Ferdinand Marcos in seguito a una presunta strage da parte dell'esercito filippino nei confronti di musulmani di etnia moro, il massacro di Jabidah. L'obiettivo del MNLF era la secessione dalle Filippine e la creazione di uno Stato islamico comprendente le Isole Sulu, Mindanao e Palawan. I conflitti tra governo e MNLF proseguirono anche durante gli anni settanta sino all'intervento del Capo di Stato libico Muʿammar Gheddafi, il quale fece da mediatore e permise di raggiungere un armistizio attraverso l'Accordo di Tripoli del 1976. Quest'ultimo imponeva al gruppo islamista di cessare le armi, in cambio del riconoscimento da parte del governo di Marcos di una regione semi-autonoma all'interno di Mindanao.[15] Tale accordo, tuttavia, fu rispettato solo formalmente.

Il Trattato di Tripoli generò scontento in alcuni uomini del MNLF.[16] Uno di essi, Hashim Salamat, guidò un gruppo di 57 ufficiali e lo chiamò con il nome "La Nuova Leadership", portando alla loro espulsione nel dicembre 1977 dal MNLF su ordine di Misuari. Dopo l'allontanamento, Salamat e i suoi uomini si recarono prima a Il Cairo, Egitto, e poi a Lahore, Pakistan, nel 1980, dove furono impegnati in attività diplomatiche. Questo gruppo riemerse formalmente nel 1984 con il nome di Fronte di Liberazione Islamico Moro (Moro Islamic Liberation Front o MILF).[15] In seguito alla sua creazione, il MILF ottenne grande supporto da parte di Gheddafi.[17][18][19]

Guerriglieri islamisti nella regione di Mamasapano nel 1999.

Nonostante l'intervento di Gheddafi, i conflitti tra governo e MNLF non cessarono completamente. Nel gennaio 1987 l'amministrazione di Corazon Aquino offrì al gruppo la gestione di una territorio semi-autonomo noto come Regione Autonoma nel Mindanao Musulmano o ARMM,[16] e l'offerta fu accettata dal MNLF. Tuttavia, il MILF rifiutò la proposta di Aquino e continuò con le sue attività di insurrezione contro il governo filippino. Nel luglio 1997 fu raggiunto un armistizio fra il governo di Fidel V. Ramos e il MILF, ma fu tuttavia annullato nel 2000 dall'esercito filippino durante la presidenza di Joseph Estrada. Estrada si rivelò un grande oppositore del MILF e dichiarò guerra totale contro il gruppo islamista. In risposta, quest'ultimo dichiarò un jihād offensivo nei confronti del governo filippino. Nel corso dell'amministrazione di Gloria Macapagal-Arroyo, il governo stabilì un nuovo armistizio con il MILF e intraprese nuove trattative di pace.

Le trattative iniziate da Gloria Arroyo furono continuate durante il governo di Benigno Aquino III, figlio di Corazon Aquino. Aquino si rivelò sin da subito contrario alla guerra con il MILF e sostenne con veemenza i processi di pace con il gruppo. Di conseguenza nel 2014 fu raggiunto un accordo di pace con il governo filippino e il MILF cessò le proprie operazioni di insurrezione, che si protraevano da decenni. Inoltre, Aquino richiese con insistenza l'approvazione della legge fondamentale sul Bangsamoro (Bangsamoro Basic Law o BBL) da lui ideata, la quale non considerava più il MILF come una minaccia alla sicurezza nazionale, ma come un alleato e si proponeva di affidare ai musulmani di etnia moro una regione autonoma che potesse sostituire la già esistente Regione Autonoma nel Mindanao Musulmano. La proposta ottenne consenso anche da parte del MNLF.[20]

Le operazioni precedenti all'Oplan Exodus[modifica | modifica wikitesto]

Zulkifli Abdhir, meglio noto con il nome di Marwan, in una foto del 2000.

Sin dall'elezione a Presidente di Benigno Aquino III avvenuta nel 2010, la Polizia Nazionale Filippina ha organizzato un totale di dieci operazioni, incluso l'Oplan Exodus implementato il 25 gennaio 2015, tutte aventi lo scopo di catturare l'esperto di bombe malese Zulkifli Abdhir, meglio noto con lo pseudonimo di Marwan. L'Oplan Exodus, ultima delle dieci operazioni, fu l'unica azione terminata con successo e risultò nella morte di Marwan in seguito a un conflitto nella sua residenza segreta locata nella cittadina di Mamasapano.

Operazione (Oplan) Luogo Data di implementazione Risultato
Pitas Parang, Sulu dicembre 2010 Eseguita, obiettivo non raggiunto
Smartbomb Butig, Lanao del Sur luglio 2012 Eseguita, obiettivo non raggiunto
Wolverine Mamasapano, Maguindanao dicembre 2012 Missione abortita
Cyclops Marawi aprile 2013 Eseguita, obiettivo non raggiunto
Cyclops 2 Marawi giugno 2013 Missione abortita
Wolverine 2 Mamasapano, Maguindanao marzo 2014 Missione abortita
Wolverine 3 Mamasapano, Maguindanao maggio 2014 Missione abortita
Terminator Mamasapano, Maguindanao novembre 2014 Missione abortita
Terminator 2 Mamasapano, Maguindanao dicembre 2014 Missione abortita
Exodus Mamasapano, Maguindanao gennaio 2015 Obiettivo primario raggiunto - uccisione di Marwan

Lo scontro di Mamasapano[modifica | modifica wikitesto]

Diversi agenti delle forze speciali testimoniarono su ciò che accadde nel corso dello scontro con i ribelli:

(TL)

«Sa time na yun puro lahat sigaw ng kasama ko ang naririnig ko. Umiiyak na, nagsisigaw na ng tulong. [...] Akala ko tatlo na lang kami sa harap [ng formation] na buhay sa area na yun kasi yung nasa likod hindi na sila nagsasalita. Lalo na nung mamatay na 'yung nasa tabi ko. Sabi ko sa isang kasama ko, 'Kunin mo 'yung baril niya ibigay mo sa akin.' Pinilit ko na kahit ang sakit sakit ng katawan ko. Nakakatakot din yun kasi hindi mo alam kung tatama o hindi.»

(IT)

«In quel momento udivo solamente le urla dei miei colleghi. Piangevano, imploravano aiuto. [...] Pensavo fossimo rimasti solamente in tre sopravvissuti davanti in quell'area perché quelli dietro non parlavano più. Soprattutto quando furono uccisi anche quelli di fianco a me. Dissi a un mio compagno, "Prendi le sue armi e dalle a me." Mi sforzai anche se mi faceva molto male tutto il corpo. Anche quello faceva paura perché non sai se li centrerai o meno.»

(EN)

«We finally said goodbye to each other because aside from God’s help, we have lost hope that any help will come. [...] From 8 a.m. up to 4 p.m., the fighting never stopped. We were more than two kilometers away from the next group, facing an enemy of not less than 1,000 only 10 to 15 meters away from us.»

(IT)

«Ci salutammo finalmente l'un l'altro poiché a parte l'aiuto di Dio, avevamo perso le speranze di ricevere alcun aiuto [...] Dalle 08:00 alle 16:00, il combattimento non cessò mai. Eravamo a più di due chilometri di distanza dal prossimo gruppo, combattendo contro non meno di 1.000 nemici che erano solamente dai 10 ai 15 metri distanti da noi.»

Morti ufficiali
Special Action Force 44
Bangsamoro Islamic Freedom Fighters 5
Moro Islamic Liberation Front 18
Totale 67

Poco prima dell'alba del 25 gennaio 2015, tre plotoni delle forze speciali filippine (Special Action Force o SAF) entrarono nel quartiere di Tukanalipao, Mamasapano, noto covo delle guerriglie islamiste, con l'obiettivo di catturare due terroristi fra i più ricercati dagli Stati Uniti e affiliati al gruppo Jemaah Islamiyah: Zulkifli Abdhir (noto anche come Marwan) e Abdul Basit Usman. Le truppe del SAF circondarono una capanna dove si pensava fosse nascosto Marwan. Un uomo che si credeva fosse Marwan, il quale si trovava all'interno della capanna, scambiò colpi d'arma da fuoco con le truppe e in seguito a una breve battaglia fu ucciso per via di una ferita da proiettile al torace. Il SAF pensò inizialmente di prelevare il suo corpo per poterlo in seguito identificare, ma i colpi di arma da fuoco allarmarono truppe dei Combattenti per la Libertà del Bangsamoro Islamico (Bangsamoro Islamic Freedom Fighters o BIFF) e del MILF presenti nella vicinanze che si recarono immediatamente nel luogo dell'uccisione. Questi due gruppi erano sospettati di aver collaborato con il terrorista e di avergli offerto riparo e protezione, nascondendolo dalle forze dell'ordine filippine. Conseguentemente, il SAF non ebbe tempo di ritirare il corpo dell'uomo: gli tagliarono l'indice della mano per le impronte digitali e gli scattarono una foto, per poi lasciare il corpo dove era riposto. Verso le 04:15 circa (UTC/GMT +8) le forze speciali incominciarono a scontrarsi con i gruppi islamisti nemici nei pressi della capanna in cui era avvenuta l'uccisione dell'uomo.[23] Alle 06:18 un breve SMS fu inviato dal comandante delle forze speciali impegnate in battaglia al direttore del SAF Getulio Napeñas, informandolo che erano stati attaccati di sorpresa.[24] La battaglia tra SAF e i ribelli armati si svolse principalmente tra i campi di mais nei pressi del nascondiglio di Marwan e Basit Usman.[25] Nonostante le richieste di soccorso da parte delle truppe impegnate nella battaglia, i rinforzi da parte dell'esercito filippino arrivarono solamente diverse ore dopo. Nel corso dei combattimenti con i ribelli islamisti, molti agenti impegnati nella battaglia finirono le proprie munizioni e terminarono per essere lentamente sopraffatti dal gran numero di forze nemiche.[26] Lo scontro durò sino alle 16:00 circa e provocò la morte di 67 persone, tra cui 44 membri del SAF, 18 uomini del MILF e 5 del BIFF. All'arrivo dell'esercito filippino, diverso tempo dopo che la battaglia era terminata, furono ritrovati i cadaveri degli agenti delle forze speciali deprivati delle loro armi e altri oggetti, alcuni di essi con ferite che indicavano un'uccisione da posizione ravvicinata.

Il 4 febbraio 2015, l'FBI confermò che il DNA prelevato dal dito dell'uomo corrispondeva a quello del fratello di Marwan detenuto in una prigione degli Stati Uniti, dimostrando che si trattava effettivamente del terrorista malese.

Un portavoce del MILF accusò gli squadroni del SAF di aver incominciato la battaglia, dichiarando che il loro fu solamente un gesto di auto-difesa, e invitò inoltre il governo filippino a proseguire le trattative di pace con il gruppo islamista.[27]

Abu Misri Mama, portavoce del BIFF, affermò che il rapporto tra il suo gruppo e quello del commando del MILF guidato dall'Ustadz Zacaria Guma era positivo. Riguardo al rapporto tra BIFF e MILF, Mama si espresse semplicemente con le seguenti parole: «Siamo tutti una famiglia.»[28] Disse inoltre che non era presente alcuna distinzione tra i membri dei due gruppi e che tutti i componenti erano fra di loro legati da rapporti di amicizia oppure parentela.[28] Si teorizzò che l'unità controllata da Guma si fosse scontrata con le forze del MILF in alcune circostanze, per risolvere dispute come rivalità interne tra clan. Inoltre, sempre secondo queste teorie, Guma non era in buoni rapporti con gli altri membri del MILF, i quali considerava come munafiq oppure "ipocriti".[29]

Secondo un ufficiale dei servizi segreti militari, che rilasciò la sua testimonianza in anonimato, il capo del BIFF Ameril Umbra Kato ordinò l'uccisione dei membri delle forze speciali al suo gruppo e ai componenti del MILF che collaborarono con loro. L'ufficiale affermò inoltre di aver sentito Kato ordinare: «Non lasciate nessuno vivo e prendete tutte loro armi, munizioni e oggetti personali.» Tale teoria fu confermata dalla testimonianza di un colonnello dell'esercito filippino, il quale rilasciò anch'egli la sua testimonianza in anonimato. Secondo quest'ultimo, gli agenti sopravvissuti allo scontro trovati ancora vivi nel campo di battaglia dai ribelli furono uccisi da alcuni membri del BIFF.[30]

Un agente sopravvissuto alla strage affermò che i ribelli prelevarono le uniformi e gli strumenti di visione notturna dai corpi dei poliziotti, nonché le loro armi, queste ultime utilizzate per uccidere le forze dell'ordine accasciate a terra sopravvissute allo scontro.[25]

Alcune teorie accusarono un gruppo privato guidato da Bahnarin Ampatuan di aver partecipato alle uccisioni dei membri delle forze speciali. Bahnarin Ampatuan, fratello del Sindaco di Mamasapano Benzar Ampatuan, fu implicato anche nel massacro di Maguindanao. I due fratelli Ampatuan furono candidati opposti nelle elezioni del 2010. Ciononostante, Benzar Ampatuan espresse i propri dubbi riguardo alla presunta partecipazione di suo fratello, ritenendo che quest'ultimo non avrebbe collaborato con gruppi come il BIFF o persone come Abdul Basit Usman, poiché in passato essi avevano tentato di assassinare il loro nonno.[31]

Vittime[modifica | modifica wikitesto]

Special Action Force[modifica | modifica wikitesto]

I ritratti dei 44 ufficiali di polizia che morirono nello scontro.

Lo scontro, durato un totale di quasi dodici ore, causò la morte di 44 membri della Special Action Force o SAF. I membri del SAF uccisi nel corso dello scontro divennero in seguito noti come i "44 caduti" (Fallen 44). L'incidente vide il più alto numero di perdite di forze dell'ordine filippino in una singola operazione.

La battaglia fra il SAF e le guerriglie divenne un trending topic su Twitter, così come l'hashtag #Fallen44, divenuto una tendenza mondiale per commemorare la morte dei membri delle forze speciali.[32]

United States Air Force[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la testimonianza di un contadino del luogo, tra le caduti ci fu anche un soldato statunitense.[33] Tuttavia, l'ambasciata statunitense negò qualsiasi forma di partecipazione del loro paese nello scontro tra le forze speciali filippine e le guerriglie.[34]

Moro Islamic Liberation Front[modifica | modifica wikitesto]

Il portavoce del MILF Mohagher Iqbal disse che 18 membri del gruppo furono uccisi nel corso dello scontro di Mamasapano, mentre 14 combattenti rimasero feriti.[35]

Obiettivi[modifica | modifica wikitesto]

Le due agenzie che cooperarono durante lo scontro, la Polizia Nazionale Filippina e la Federal Bureau of Investigation, confermarono il 4 febbraio 2015 che l'uomo ucciso nella capanna dalle truppe del SAF era effettivamente il terrorista malese Zulkifli Abdhir, noto anche come Marwan. Ciò fu confermato dai risultati positivi del test del DNA.[36][37][38][39][40][41][42][43]

Civili[modifica | modifica wikitesto]

Un gruppo Moro, chiamato Suara Bangsamoro, affermò in seguito all'evento che almeno 7 civili erano rimasti uccisi e altri 3 erano rimasti feriti per via dello scontro.

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

L'incidente causò lo spostamento interno di diverse centinaia di famiglie, timorose di possibili scontri continui.[44]

Il presidente della Commissione del Senato per il Governo Locale, Ferdinand Marcos Jr., annunciò l'interruzione temporanea di qualsiasi udienza relativa al coinvolgimento di norme di sicurezza e della Legge fondamentale sul Bangsamoro (Bangsamoro Basic Law o BBL). Il Senatore Alan Peter Cayetano annunciò che la sua coalizione avrebbe ritirato il proprio appoggio alla Legge fondamentale sul Bangsamoro, mettendo a repentaglio i processi di pace con il MILF.[44] Nonostante la sospensione delle udienze sul BBL da parte della Camera dei Rappresentanti,[45] il suo portavoce Feliciano Belmonte (membro del Partito Liberale di Benigno Aquino III) dichiarò che la camera bassa avrebbe comunque mantenuto il proprio supporto alla legge, anche se ammise che i suoi sostenitori sarebbero diminuiti per via della strage di Mamasapano. Belmonte affermò inoltre che la legge sarebbe stata approvata in tempo,[46] e che a differenza dei senatori Alan Peter Cayetano e JV Ejercito, i quali avevano pubblicamente ritirato il proprio supporto al BBL, nessun deputato aveva ancora fatto lo stesso.

Un video delle uccisioni di presunti membri del PNP-SAF fu caricato su YouTube e rimosso dopo breve tempo. Diverse persone che furono in grado di scaricare il video prima della sua rimozione caricarono il filmato su dei DVD, i quali furono successivamente venduti per le strade della capitale Manila.[47] Il video fu inoltre caricato sul servizio di rete sociale Facebook e ampiamente diffuso.[48]

Accuse contro il governo filippino[modifica | modifica wikitesto]

Il senatore Bongbong Marcos criticò fermamente il governo filippino, in particolare il presidente Benigno Aquino III, riguardo alla strage di Mamasapano.

La strage di Mamasapano destò impressione e profondo sdegno a livello nazionale e internazionale per via dell'elevato numero di poliziotti rimasti uccisi.[49] La gestione della crisi da parte dell'amministrazione di Benigno Aquino III fu pesantemente criticata da un vasto numero di opinionisti e osservatori nazionali.[50]

Critiche, incluse quelle provenienti dai sopravvissuti e dai parenti delle vittime, vedevano inoltre accusato il comportamento assunto dal Presidente filippino sia durante sia dopo l'incidente. In seguito alla strage, infatti, Aquino rifiutò fermamente di scusarsi dichiarando di non avere alcuna responsabilità riguardo l'accadimento e attribuendo invece la colpa al comandante delle forze speciali Getulio Napeñas.[51] Aquino disse di non essere stato a conoscenza dell'Oplan Exodus, ma in seguito ciò fu screditato dalla testimonianza di Napeñas,[52] il quale affermò che Aquino stesso sapeva della missione e che seguiva i suoi progressi da Zamboanga.

Nel mese di febbraio 2015, diversi gruppi di protestanti organizzarono una serie di manifestazioni contro il governo filippino per la gestione dell'incidente ritenuta inadeguata.

Il Senato organizzò una propria investigazione sull'incidente. Dei 24 senatori, 20 di essi firmarono un rapporto che vedeva Benigno Aquino III responsabile per la morte dei membri delle forze speciali.[53]

Il comportamento negligente da parte del governo filippino fu criticato in particolare dal senatore Ferdinand "Bongbong" Marcos Jr., il quale accusò Benigno Aquino III di essere a conoscenza di ogni singolo dettaglio sull'Operation Exodus e definì il presidente filippino come la "chiave" per ottenere la verità sull'accaduto.[54]

Nel giugno 2015, cinque mesi dopo la strage di Mamasapano, diversi familiari delle vittime criticarono nuovamente l'andamento delle investigazioni del governo, ritenuto da essi inconcludente e favorevole al MILF.[55] Uno di essi espresse il proprio rimorso con le seguenti parole: «Sembra che (alle autorità del governo) non importi più nulla. Si sono dimenticati di ciò che è successo ai 44 caduti.»[55] I parenti delle vittime criticarono anche l'insistenza del presidente Benigno Aquino III nel richiedere la rapida approvazione della legge fondamentale sul Bangsamoro, nonostante l'implicazione dei membri del MILF nella strage.[55]

La "versione alternativa"[modifica | modifica wikitesto]

Con l'approvazione del Bangsamoro Basic Law ancora incerta e in fase di stallo, nel mese di settembre il presidente Benigno Aquino III mise in dubbio l'uccisione di Marwan da parte dei membri del SAF,[56] annunciando la possibile divulgazione di una "versione alternativa", secondo la quale il terrorista malese sarebbe stato freddato da un suo stesso collaboratore.[57] Immediatamente dopo queste affermazioni, il gruppo del MILF, attraverso il loro portavoce Mohagher Iqbal, dichiarò che a uccidere Marwan era stato un loro membro, e non i poliziotti delle forze speciali.[56] Tali teorie furono criticate dall'ex senatore Panfilo Lacson e dall'ex comandante del SAF Getulio Napeñas, i quali le definirono come "distorsione della verità".[56][58] In particolare, Napeñas difese l'operato dei suoi uomini con queste parole:

«Vogliono farci credere che non siano stati i membri dell'MILF a uccidere i 44 (poliziotti). La verità riguardo Mamasapano è solamente una. E questa è che Marwan è stato ucciso dalle truppe della Special Action Force. Abbiamo nelle nostre mani prove credibili ed evidenti, riprese dai nostri onorabili uomini nella scena del crimine.[56]»

Il senatore Ferdinand Marcos Jr. affermò invece che "la versione alternativa di Aquino era semplicemente una scusa per nascondere gli errori commessi dalla sua amministrazione".[59] Circa una settimana dopo, a seguito della diffusione di fotografie che parevano testimoniare l'uccisione di Marwan da parte delle truppe del SAF, Aquino ritirò le sue parole, discreditando le teorie di una "verità alternativa".[60]

Commemorazioni[modifica | modifica wikitesto]

Il presidente delle Filippine Benigno Aquino III decretò il 30 gennaio 2015 come giornata di lutto nazionale per commemorare la morte degli agenti del PNP-SAF.[61] Fu inoltre effettuata l'esposizione a mezz'asta della bandiera nazionale nel parco di Rizal.

Ad Angeles fu eretta una statua per commemorare i 44 membri delle forze speciali.

Il 5 marzo 2015, a 40 giorni esatti dalla strage di Mamasapano, fu svolta una messa al Santuario di Santa Teresa nella città di Pasay. Ad attendere ci furono diversi membri della Polizia Nazionale Filippina e dell'esercito, il capo delle Forze Armate Gregorio Pio Catapang e civili.[62]

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

La storia di due dei 44 membri delle forze speciali uccisi nella strage di Mamasapano fu narrata in due episodi speciali della serie antologica Maalaala Mo Kaya. Il primo episodio trattò la vita dell'agente Gary Erana, interpretato da Coco Martin, mentre il secondo narrò la storia dell'agente Rennie Tayrus, interpretato da Ejay Falcon.

Un episodio della serie Wish Ko Lang narrò invece la storia dell'agente John Lloyd Sumbilla, interpretato da Alden Richards. Le storie degli agenti Ephraim Meija e Nicky DC Nacino, impersonati rispettivamente da Dennis Trillo e Rocco Nacino, furono narrate in due distinte puntate della serie Magpakailanman.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Filippine, scontri con islamici del Milf: uccisi oltre 30 agenti delle forze speciali, Il Messaggero, 25 gennaio 2015. URL consultato il 17 giugno 2015.
  2. ^ Filippine: scontri con islamici,uccisi 49 poliziotti, ANSA, 26 gennaio 2015. URL consultato il 17 giugno 2015.
  3. ^ Filippine, 49 agenti morti in scontri tra polizia e ribelli musulmani, Rai News, 26 gennaio 2015. URL consultato il 24 giugno 2015.
  4. ^ Filippine, Fronte Moro fa strage di agenti di sicurezza, Notizie nazionali, 1º febbraio 2015. URL consultato il 17 giugno 2015.
  5. ^ (EN) Amita Legaspi, 250 MILF, BIFF dead in Mamasapano clash —Napeñas, GMA News, 9 febbraio 2015. URL consultato il 9 febbraio 2015.
  6. ^ (EN) Mamasapano Mayor Disputes Napenas Claim On Milf Casualties, su awedding.org. URL consultato l'8 marzo 2015 (archiviato dall'url originale il 25 febbraio 2015).
  7. ^ (EN) MILF exec counters Napeñas’ claim of 250 rebels killed in Mamasapano clash, su GMA News Online. URL consultato l'8 marzo 2015.
  8. ^ (EN) MILF, BIFF debunk Napeñas claim SAF men killed 250 rebels, su newsinfo.inquirer.net. URL consultato l'8 marzo 2015.
  9. ^ (EN) Mamasapano mayor disputes Napenas' claim on MILF casualties, su InterAksyon.com. URL consultato l'8 marzo 2015 (archiviato dall'url originale il 10 febbraio 2015).
  10. ^ (EN) FVR says PNP-SAF massacre is a result of "poor direction" of commander-in-chief, su Kicker Daily News. URL consultato l'8 marzo 2015 (archiviato dall'url originale il 10 marzo 2015).
  11. ^ (EN) Christina Mendez, 10 operations hatched by PNP vs Marwan, The Philippine Star, 10 febbraio 2015. URL consultato il 10 febbraio 2015.
  12. ^ (EN) Suspended Purisima updated PNoy on Oplan Exodus, su ABS-CBNNews.com, 9 febbraio 2015. URL consultato il 9 febbraio 2015.
  13. ^ (EN) Legaspi, Amita, PNoy ultimately responsible for Mamasapano massacre —Senate panel, su gmanetwork.com, GMA News, 17 marzo 2015. URL consultato il 18 giugno 2015.
  14. ^ (EN) Mendez, Christina, ‘Purisima was in control’, The Philippine Star, 31 gennaio 2015. URL consultato il 25 giugno 2015.
  15. ^ a b Zachary Abuza, Militant Islam in Southeast Asia: crucible of terror, Lynne Rienner Publishers, 2003, pp. 39, 115 (note 3), ISBN 978-1-58826-237-0.
  16. ^ a b The Long Struggle to Silence the Guns of Rebellion: A Review of the Long and Winding Trail to the Elusive Peace Agreements by The CenSEI Report
  17. ^ Geoffrey Leslie Simons, Libya: the struggle for survival, 1993, p. 281.
  18. ^ A Rogue Returns - Libya quietly makes a comeback, su aijac.org.au, AIJAC, febbraio 2003 (archiviato dall'url originale il 1º marzo 2003).
  19. ^ Qaddafi, terrorism, and the origins of the U.S. attack on Libya (1990). Brian Lee Davis
  20. ^ (EN) BBL is ‘best chance for peace,’ says MNLF, Inquirer, 15 maggio 2015. URL consultato il 18 giugno 2015.
  21. ^ (ENTL) Medina, Andrei, SAF survivor recalls moments of despair, courage during Mamasapano clash, GMA News, 17 febbraio 2015. URL consultato il 25 giugno 2015.
  22. ^ (EN) Lacorte, Germelina, SAF survivors say ‘only God came to help’, Inquirer, 6 febbraio 2015. URL consultato il 25 giugno 2015.
  23. ^ (EN) TIMELINE: Mamasapano clash, Rappler, 23 febbraio 2015. URL consultato il 18 giugno 2015.
  24. ^ (EN) Text message sent by Napeñas to AFP 6th Infantry Division commander at 6:18am, su ABS-CBN News Channel Twitter, 9 febbraio 2015. URL consultato il 10 febbraio 2015.
  25. ^ a b (ENTL) Brutality marked killing of cops in Mamasapano clash—survivor, GMA News, 26 gennaio 2015. URL consultato il 25 giugno 2015.
  26. ^ (EN) Fonbuena, Carmela, Inside Mamasapano: When the bullets ran out, Rappler, 9 febbraio 2015. URL consultato il 25 giugno 2015.
  27. ^ MILF official on Maguindanao clash: It was self-defense, su GMA, 26 gennaio 2015. URL consultato il 28 gennaio 2015.
  28. ^ a b (EN) Maulana, Nash, BIFF on MILF unit: ‘We’re all family’, Inquirer, 30 gennaio 2015. URL consultato il 20 giugno 2015.
  29. ^ BIFF on MILF unit: ‘We’re all family’, Philippine Daily Inquirer, 30 gennaio 2015. URL consultato il 30 gennaio 2015.
  30. ^ Florante Solmerin, BIFF’s Kato gave order to ‘kill all’, Manila Standard Today, 30 gennaio 2015. URL consultato il 30 gennaio 2015 (archiviato dall'url originale il 30 gennaio 2015).
  31. ^ (ENTL) Ampatuan involved in Mamasapano massacre, Politiko, 3 febbraio 2015. URL consultato il 3 febbraio 2015.
  32. ^ (EN) Tricia Aquino, Filipinos pay tribute to #Fallen 44, Manila Bulletin. URL consultato il 30 gennaio 2015 (archiviato dall'url originale il 31 gennaio 2015).
  33. ^ Exclusive: FBI says it had no priorknowledge of deadly Philippine raid targeting militants, Reuters, 31 gennaio 2015. URL consultato il 1º febbraio 2015.
  34. ^ US Embassy on Mamasapano: "we just assisted in evacuation of dead and wounded", su MindaNews. URL consultato il 29 gennaio 2015.
  35. ^ RG Cruz, MILF names their dead in Mamasapano clash, in ABS-CBN, Quezon City, 31 gennaio 2015. URL consultato il 31 gennaio 2015.
  36. ^ 'High likelihood' Malaysian militant killed in Philippine raid, su Mail Online.
  37. ^ Floyd Whaley, Scores of Philippine Police Officers Killed in Firefight With Rebels, The New York Times, 26 gennaio 2015. URL consultato il 9 febbraio 2015.
  38. ^ Trefor Moss, Philippine Commandos Killed in Raid Over Suspected Terrorist, su WSJ, 26 gennaio 2015.
  39. ^ Philippines Fighting Kills 43 Commandoes - Al Jazeera America, su aljazeera.com.
  40. ^ 'High likelihood' suspected Bali bomber among dead in Philippines clashes, official says, su ABC News.
  41. ^ Wisma Putra awaits report on claim Malaysian killed in Philippine battle, su The Rakyat Post. URL consultato il 25 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 26 giugno 2015).
  42. ^ PressTV-Bali bombings mastermind ‘likely dead’, su presstv.ir.
  43. ^ Is Marwan dead or not? Reports vary, su manilastandardtoday.com (archiviato dall'url originale il 31 gennaio 2015).
  44. ^ a b Iqbal justifies attack; toll soars to 49, su Philstar, 27 gennaio 2015. URL consultato il 27 gennaio 2015.
  45. ^ RG Cruz, House suspends Bangsamoro hearing, in ABS-CBNnews.com, 28 gennaio 2015. URL consultato il 29 gennaio 2015.
  46. ^ Marc Jayson Cayabyab, Belmonte: House supports Bangsamoro bill but trust ‘eroded’, in INQUIRER.net, 28 gennaio 2015. URL consultato il 29 gennaio 2015.
  47. ^ Mamasapano carnage vids being sold in DVD format, su ABS-CBN News. URL consultato il 14 febbraio 2015.
  48. ^ (TL) Nag-upload sa Facebook ng viral video ng Mamasapano clash, natukoy sa Davao, GMA News, 18 febbraio 2015. URL consultato il 25 giugno 2015.
  49. ^ (EN) Quismorio, Ellson, ‘MILF must help ease public anger over Mamasapano’, Manila Bulletin, 20 marzo 2015. URL consultato il 25 giugno 2015.
  50. ^ (EN) Arcangel, Xianne, LP exec: Stop blaming PNoy for Mamasapano clash, GMA News, 29 gennaio 2015. URL consultato il 20 giugno 2015.
  51. ^ (EN) Legaspi, Amita, PNoy skirting liability by refusing to apologize over Mamasapano –Miriam, su gmanetwork.com, GMA News, 25 marzo 2015. URL consultato il 20 giugno 2015.
  52. ^ (EN) Aquino knew of Mamasapano mission; Purisima called the shots – SAF chief, Inquirer, 28 gennaio 2015. URL consultato il 20 giugno 2015.
  53. ^ (EN) 20 senators sign report holding Aquino responsible for Mamasapano, Inquirer, 18 marzo 2015. URL consultato il 24 giugno 2015.
  54. ^ (EN) Hegina, Aries Joseph, Marcos: Aquino knows everything about Mamasapano incident, Inquirer, 16 febbraio 2015. URL consultato il 25 giugno 2015.
  55. ^ a b c (EN) Macas, Trisha, Five months after Mamasapano clash, SAF 44 kin still crying for justice, GMA News, 16 giugno 2015. URL consultato il 25 giugno 2015.
  56. ^ a b c d (EN) Lacson, Napeñas hit Aquino’s Mamasapano ‘alternative truth’, Philippine Daily Inquirer, 14 settembre 2015. URL consultato il 18 settembre 2015.
  57. ^ (EN) ‘Marwan killed by aide’, Philippine Daily Inquirer, 13 settembre 2015. URL consultato il 18 settembre 2015.
  58. ^ (EN) Napeñas: MILF wants to discredit truth, The Philippine Star, 15 settembre 2015. URL consultato il 18 settembre 2015.
  59. ^ (EN) Jefferson Antiporda, Sen. Marcos dismayed over Mamasapano “alternative version”, The Manila Times, 14 settembre. URL consultato il 18 settembre 2015.
  60. ^ (EN) P-Noy: No doubt SAF killed Marwan, The Philippine Star, 18 settembre 2015. URL consultato il 18 settembre 2015.
  61. ^ (EN) Touching photos on Nat’l Day of Mourning for SAF 44, Inquirer, 31 gennaio 2015. URL consultato il 25 giugno 2015.
  62. ^ (EN) Locsin, Joel, Mass held for SAF 44 in Pasay 40 days after Mamasapano clash, GMA News, 5 marzo 2015. URL consultato il 25 giugno 2015.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàJ9U (ENHE987012408529605171