Esarcato d'Italia

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Esarcato di Ravenna
Informazioni generali
Nome ufficialeExharcatus Italiae
Nome completoEsarcato d'Italia
CapoluogoRavenna
Suddiviso in(580-584) eparchie:
Annonaria, Calabria, Campania, Emilia, Urbicaria

(584-697) Esarcato e distretti:
Pentapoli, Roma, Liguria, Venezia, Istria, Napoli

(dal 697) Esarcato e ducati: di Roma, di Venezia, di Calabria, di Lucania, di Napoli.
Amministrazione
Esarchielenco
Evoluzione storica
Inizio568
Fine751
Preceduto da Succeduto da
Prefettura d'Italia Ducato di Venezia
Ducato di Roma
Ducato di Napoli
Ducato di Calabria
Cartografia

L'Esarcato d'Italia, anche conosciuto come Esarcato di Ravenna, è stato una circoscrizione amministrativa dell'Impero bizantino comprendente, tra il VI e l'VIII secolo, i territori bizantini d'Italia. La sede era Ravenna e il termine Esarcato passò poi a descrivere in particolare il territorio attorno alla capitale, cioè il ravennate.

Storia

L'Italia giustinianea, eretta nel 567 a esarcato.
L'esarcato dopo l'invasione dei Longobardi nel 568.
I territori bizantini agli inizi del VII secolo, dopo le conquiste del sovrano longobardo Agilulfo.
L'esarcato alla metà del VII secolo, dopo le conquiste del longobardo Rotari.
I possedimenti italici all'alba dell'VIII secolo.
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I territori bizantini in Italia dopo la caduta dell'esarcato, nel 751, ad opera di Astolfo.

Ravenna da capitale dell'Occidente alla riconquista bizantina

Ravenna diventò la capitale dell'Impero Romano d'Occidente nel 404 dopo che Onorio abbandonò Milano. Ravenna fu scelta perché molto meno esposta rispetto a Milano alle invasioni barbariche, godeva di una migliore difendibilità strategica data la sua condizione di città marittima e si avvantaggiava dell'incontrastato dominio romano sul mare.

Qui il 4 settembre 476 Odoacre, re degli Eruli depose Romolo Augusto, ultimo imperatore romano d'Occidente. Le insegne imperiali furono inviate a Zenone, imperatore d'Oriente, che nominò Odoacre patricius, riconoscendo e autorizzando il suo dominio sull'Italia. Pertanto la città divenne la capitale degli Eruli ed in seguito, degli Ostrogoti di Teodorico, quando questi furono inviati da Zenone in Italia nel 493.

Gli Ostrogoti fondarono un regno, formalmente dipendente da Bisanzio, che durò per un cinquantennio, sino all'intervento bizantino voluto da Giustiniano, che, dopo aver sottomesso il regno vandalo in Africa, Sardegna e Corsica e aver riconquistato la Sicilia, diede inizio alla lunga e sanguinosa guerra greco-gotica, conclusasi con la spedizione risolutiva di Narsete del 552-553.

Il 13 agosto 554, con la promulgazione a Costantinopoli da parte di Giustiniano di una pragmatica sanctio (pro petitione Vigilii) (Prammatica sanzione sulle richieste di papa Vigilio), l'Italia rientrava, sebbene non ancora del tutto pacificata, nel dominio romano.

Narsete rimase ancora in Italia con poteri straordinari e riorganizzò anche l'apparato difensivo, amministrativo e fiscale. A difesa della penisola furono stanziati quattro comandi militari, uno a Forum Iulii, uno a Trento, uno sull'isola Cumana ed infine uno presso le Alpi Cozie. L'Italia fu organizzata in Prefettura e suddivisa in province.

Istituzione dell'Esarcato d'Italia e invasione Longobarda

Nel 567 la Prefettura fu sostituita dall’Esarcato d'Italia con sede a Ravenna. Il supremo magistrato, l'esarca, di nomina imperiale e quasi sempre un orientale, a volte un eunuco di corte, deteneva sia il potere civile che quello militare ed esercitava la propria autorità tramite tribuni e magistri militum. Le autorità civili non scomparvero, ma furono in posizione subordinata rispetto all'esarca.

Intanto anche Africa, Sardegna e Corsica costituivano un proprio Esarcato.

Appena nel 568, però, l'Italia venne invasa dai Longobardi di re Alboino, i quali, entrati attraverso le Alpi Giulie, conquistarono, dapprima Forum Iulii, costringendo il presidio militare bizantino, in numero esiguo rispetto agli invasori, a ripiegare prima su Grado, poi in successione, passando per la Via Postumia, su Treviso, Vicenza e Verona. Nel settembre 569 i Longobardi arrivano a Milano. Bisanzio, già impegnata su altri fronti, non ebbe la forza di reagire all'invasione. Così negli anni settanta del secolo i Longobardi posero la loro capitale a Pavia e dilagarono anche nel centro e nel sud, così che due terzi della penisola erano in mano longobarda e solo la restante frazione era in mano imperiale. Bisanzio tuttavia non rinunciò passivamente all'invasione ed una controffensiva si ebbe nel 576 con il generale Baduario che però fallì miseramente.

Nel 580, Tiberio II divise in cinque province o eparchie l'esarcato:

Dalla riforma mauriziana alla costituzione dei Ducati

I confini dell'Esarcato d'Italia non furono mai definiti dato l'incessante stato di guerra tra bizantini e Longobardi. Per arginare l'invasione longobarda l'imperatore Maurizio prese nuovi provvedimenti nell'Esarcato d'Italia e nel 584 ne riformò l'organizzazione ripartendone i territori in sette distretti, strettamente controllati e governati dall'esarca di Ravenna:

Il vero e proprio Esarcato di Ravenna nacque dunque con la riforma mauriziana: il primo esarca di cui si hanno notizie (da una lettera di Papa Pelagio II), seppur frammentarie, fu Decio. Di più si sa dei successori. La popolazione locale fu tenuta a concorrere alla difesa del territorio, che andava ad affiancare i soldati di professione. Veniva così a a formarsi un'efficiente macchina difensiva dei territori rimasti, principalmente situati sulle coste, dove maggiori potevano farsi sentire il potere imperiale e la flotta bizantina.

Intanto, in materia religiosa, si consumava proprio in quegli anni una profonda crisi dovuta al cosiddetto Scisma dei tre capitoli. Il contrasto era causato dalla condanna, in occasione del Quinto concilio ecumenico, nel 551 da parte dell'Imperatore Giustiniano I, degli scritti di tre teologi orientali, ritenuti dai monofisiti in odor di eresia, poiché accusati di essere vicini al nestorianesimo. Roma si era adeguata al volere imperiale, ma gli arcivescovi di Milano ed Aquileia si erano rifiutati di obbedire e si erano dichiarati scismatici. Milano era ritornata, poco dopo, sui suoi passi, ma Aquileia restò ferma nei suoi propositi, proclamandosi Patriarcato e i Longobardi ne approfittarono politicamente spalleggiando politicamente il patriarca aquileiense. Nel 587 la questione esplose quando il Patriarca di Aquileia venne fatto arrestare a Grado, dove aveva la propria sede, insieme ad alcuni vescovi istriani, per ordine dell'esarca Smaragdo, e poi imprigionato a Ravenna per circa un anno, dove fu costretto a rinnegare lo scisma. Una volta liberato e rientrato a Grado, egli tornò però a sposare le tesi scismatiche, fomentando le contestazioni dei vescovi dipendenti del Patriarcato di Aquileia per l'atteggiamento di Smaragdo e l'esarca venne richiamato a Costantinopoli.

Al suo posto si insediò Giuliano che, molto probabilmente, non durò a lungo in carica.

Dopo Giuliano, la carica di esarca venne assunta da Romano, con il quale si ripresero le operazioni belliche contro i Longobardi. Nel 590 venne stretta un'alleanza con i Franchi di Childeberto II, con lo scopo di annientare i Longobardi. Il re franco inviò in Italia un esercito, di cui una parte si diresse verso Verona. Intanto già i Bizantini, guidati dall'esarca, attaccavano i Longobardi. Dopo gli iniziali successi, però, proprio quando i Longobardi erano sul punto di cedere, all'improvviso i Franchi fecero volta in patria, per poi non tornare più sul campo di guerra. I Bizantini non furono più in grado di condurre la guerra, così per Bisanzio sfumò l'ultima occasione per scacciare i Longobardi e ricostituire l'unità della penisola. L'esarcato recuperò un po' di terreno, ma dopo questa campagna le condizioni socio-economiche nella penisola erano ulteriormente deteriorate.

Più o meno contemporaneamente, papa Gregorio I chiese più volte aiuto militare a Romano contro i Longobardi spoletini, che soventemente attaccavano e saccheggiavano il territorio romani. L'esarca, però, poiché aveva una strategia differente, rifiutava regolarmente di portare aiuto a Roma. Gregorio, allora, vista la latitanza del potere imperiale, cercò di negoziare la pace con i Longobardi, in modo da alleviare le sofferenze alla popolazione romana: iniziava così l'attività politica e temporale della chiesa di Roma. Quando infine i Longobardi presero Perugia, interrompendo la via di comunicazione tra il Lazio e Ravenna, il cosiddetto Corridoio, l'esarca si mosse, arrivò via mare a Roma e da qui riconquistò la città umbra ed alcune piazzeforti del Corridoio, facendo quindi ritorno a Ravenna.

Dopo Romano, divenne esarca Callinico, il quale si mostrò molto più malleabile del predecessore. Con lui, grazie alla mediazione di papa Gregorio, si arrivò nel 598 ad un trattato di pace, seppur "armata", di durata biennale, con il re longobardo Agilulfo. Poco dopo però, l'esarca approfittò della ribellione dei duchi longobardi del Friuli e di Trento, catturando la figlia del re insieme ad altri familiari. I Longobardi reagirono prontamente e conquistarono Mantova, Cremona, Padova e Monselice. Dalla città patavina, rasa al suolo, ci fu uno spostamenti di popolazione in direzione della laguna veneta.

Nel 603 Smaragdo ritornò al governo di Ravenna e appoggiò nuovamente il Papa nella lotta contro gli scismatici. Nel 606 attraverso il suo intervento fu eletto a Grado un nuovo Patriarca, favorevole a Roma: questo evento provocò un ulteriore frattura nella Chiesa, con l'elezione ad Aquileia di un altro patriarca che sposava ancora le tesi scismatiche, spalleggiato dai Longobardi. Benché lo scisma fosse ricomposto verso la fine del Secolo VII, infatti, la separazione tra i due patriarcati delle Venezie sarebbe stata destinata a durare per più di mille anni.

Nel frattempo a Bisanzio Eraclio I, deposto Foca, divenne Imperatore Romano. Questi avviò una serie di riforme che cambiarono in modo notevole la fisionomia dello Stato romano-orientale, tanto che nel 629 la stessa titolatura imperiale mutò da Imperator Caesar Augustus - Aυτοκράτωρ Kαîσαρ Aΰγουστος (Imperatore Cesare Augusto) a Bασιλεύς (Re). A Ravenna, nel regno di Eraclio, divennero esarchi, in successione, Giovanni Lemigino, Eleuterio e Isacio. Eleuterio, vista la difficile situazione in Oriente, dato che Eraclio era impegnato in guerra con i Persiani, cercò di approfittare della situazione per farsi Imperatore d'occidente. Prima chiese all'arcivescovo di Ravenna di farsi incoronare, ma quest'ultimo gli suggerì di andare a farsi incoronare a Roma, poiché era la sede più naturale per un simile evento. Eleuterio partì quindi alla volta di Roma, ma fu assassinato da un soldato lealista.

Sotto il successore Isacio si ebbe un nuovo inasprimento delle tensioni con la Chiesa romana: Eraclio, in quegli anni, aveva infatti promulgato l'Ekthesis, cioè un editto con cui l'imperatore interveniva nelle dispute cristologiche sancendo la duplice natura umana e divina del Cristo, ma l'unicità della sua volontà, il Monotelismo. Il provvedimento aveva incontrato gravi resistenze in Occidente ed Eleuterio reagì in materia brutale. Nel 640, sfruttando il malcontento dei soldati per i forti ritardi della paga, il chartularius Maurizio istigò i militari a fare rappresaglia contro il Pontefice, accusato di aver sottratto il compenso dovuto, e quindi, dopo tre giorni di assedio, fu sequestrato il tesoro della Chiesa romana. Poco dopo arrivò anche Isacio da Ravenna, il quale bandì alcuni ecclesiastici, fece l'inventario del tesoro sequestrato e lo inviò ed in parte a Costantinopoli. Intanto riprendeva l'offensiva dei Longobardi che, guidati dal re Rotari, presero Oderzo, Altino e la Liguria, tentando di attaccare la stessa Ravenna. Isacio morì in battaglia nel 643 nei pressi del fiume Panaro.

Morti Eraclio e i suoi immediati successori e diventato imperatore Costante II, questi emanò in materia religiosa il Typos, con il quale aboliva l'editto eracliano, ma allo stesso tempo vietava le discussioni cristologiche. La Chiesa romana si oppose e papa Martino I condannò il Monotelismo ed i due editti imperiali. Costante inviò allora due esarchi con l'incarico di arrestare il papa: dapprima Olimpio, il quale resse l'esarcato per un paio di anni, fallendo la propria missione e morendo in combattimento contro gli arabi in Sicilia, in seguito Teodoro Calliopa, il quale marciò su Roma e riuscì ad arrestare il Papa e portarlo a Costantinopoli nel 654. Martino, dopo essere stato incarcerato ad aver subito pesanti umiliazioni, venne accusato di alto tradimento dal Senato e fu condannato a morte. La condanna fu però sospesa da Costante II e la pena di morte commutata in esilio perpetuo a Cherson.

Nel 663 lo stesso Costante sbarcò con un esercito a Taranto per muovere guerra contro i longobardi di Benevento, dove pose assedio. Intervenne il re longobardo Grimoaldo e Costante ripiegò verso Napoli, tuttavia uno scontro tra bizantini e longobardi avvenne a Forino, dove i primi uscirono sconfitti. Da Napoli, l'imperatore si diresse quindi verso Roma, dove fu accolto dal nuovo Papa e dai romani - era la prima volta dalla caduta dell'Impero d'Occidente che un Imperatore Romano rimetteva piede nell'antica capitale -, fermandovisi una dozzina di giorni prima di tornare a Napoli ed infine muovere verso Siracusa, dove pose la sua residenza, con lo scopo di controllare meglio i movimenti degli arabi.

Sotto il successore Costantino IV l'Impero bizantino si trovò in una lotta mortale contro gli Arabi e i Bulgari. Venne sottoscritto nel 680 un trattato di pace con il regno longobardo. Nel frattempo a Costantinopoli con il Sesto Concilio Ecumenico venne condannato il monotelismo, si voleva pertanto ristabilire un buon rapporto, dato che le ricche province orientali venivano date per perse, con la chiesa occidentale.

Verso la fine del secolo, nel sud, ci fu una nuova offensiva dei duchi beneventani che li portarono a conquistare gran parte del Bruzio e dell'Apulia ed i lembi di territorio furono aggregati al Thema di Sicilia: ormai i territori dell'Esarcato si erano ridotti a poca cosa, comprendeva solo Ravenna, Roma, la Venezia.

Con Giustiniano II i rapporti con il Pontefice romano tornarono a deteriorarsi a seguito delle decisioni adottate dal Concilio Trullano in antitesi con il culto occidentale, riguardanti il matrimonio del clero ed il digiuno del sabato. Dopo l'opposizione di papa Sergio I, l'imperatore inviò il protospatario Zaccaria per catturarlo e portarlo a Costantinopoli, similmente a quanto successo a Martino I alcuni decenni prima. Alla notizia, gli eserciti italiani si opposero e lo stesso Zaccaria finì per chiedere protezione al Pontefice. L'esarca sembra che non avesse preso parte a quest'operazione, molto probabilmente perché la carica era al momento vacante.

Deposto Giustiniano, nel 696, durante l'impero di Leonzio, si diede un'ulteriore carattere militare all'organizzazione dell'esarcato, sostituendo ai distretti una serie di governatorati militari, i ducati: di Roma, di Venezia, della Calabria, della Lucania, di Napoli.
Si sa qualcosa a riguardo di Teofilatto, che arrivò a Ravenna nel 701, contro cui si rivolsero gli eserciti italiani. In difesa dell'esarca si schierò Papa Giovanni VI. Nel frattempo in Campania ebbe luogo un'offensiva da parte dei longobardi del duca beneventano Romualdo.

Nel 709 Giustiniano II, ripreso il potere (e divenuto noto come Rinotmeto, naso mozzo, per la mutilazione subita durante la precedente deposizione), si inserì nella disputa tra le chiese romana e ravennate dovuta alla volontà della seconda di sottrarsi al predominio della prima, alleandosi con il pontefice romano e ordinando una feroce repressione nei confronti dell'Arcivescovo di Ravenna, con lo scopo di mantenere l'appoggio papale e vendicarsi del ruolo dell'arcivescovo avuto all'epoca di Zaccaria e di Teofilatto. L'Imperatore ordinò a Teodoro, stratego della Sicilia di raggiungere Ravenna con la flotta, appoggiata anche da navi venetiche e illiriche, per compiere la spedizione punitiva. Costui, una volta approdato, invitò numerosi aristocratici locali in un banchetto in senso di amicizia, ma questi furono arrestati e portati a Costantinopoli, dove vennero tutti uccisi meno l'Arcivescovo. Poco tempo dopo, a Ravenna tra il 710 e il 711, la popolazione insorse e l'esarca Giovanni Rizocopo fu trucidato, ma, nonostante il grave episodio, non ebbe luogo nessuna repressione perché frattanto l'imperatore Giustiniano era stato definitivamente deposto ed i successori si mostrarono più concilianti.

Il nuovo esarca, Eutichio, affrontò con successo la rivolta scoppiata a Forlì, Forlimpopoli, Cervia ed altrove, guidata da un certo Giorgio.

Questi continui episodi di rivolta dimostrano come a partire dalla seconda metà del VII secolo, le tendenze autonomistiche delle aristocrazie locali ed il sempre maggior ruolo politico temporale della Chiesa di Roma avessero portato ad un progressivo indebolimento dell'autorità imperiale in Italia.

La rivolta iconoclasta e la caduta dell'Esarcato

Nel 726 l'Imperatore Leone III proibì il culto delle immagini sacre, ma questo provvedimento trovò una dura opposizione in Italia e, già in fermento per l'aumento delle tasse, gli eserciti della Venezia, della Pentapoli e dell'Esarcato si ribellarono ed elessero loro capi. Inoltre questi erano sul punto anche di nominare un antimperatore, ma papa Gregorio II, messosi a capo degli insorti, riuscì in parte a frenarli, poiché contava ancora sull'Impero d'Oriente per difendersi dai longobardi, ma non evitò che l'esarca Paolo venisse assassinato dai rivoltosi. Una flotta fu inviata dalla Sicilia doveva vendicare Paolo, ma venne distrutta dalle milizie ravennati.

Nel 728 diventò, per la seconda volta esarca, dato che già in precedenza aveva ricoperto la carica, Eutichio. Nel 730 l'Iconoclastia divenne dottrina religiosa e gli adoratori delle immagini cominciarono pertanto ad essere perseguitati. Il nuovo pontefice, Gregorio III, condannò la dottrina, con la conseguenza che Leone confiscò molte proprietà in Calabria e Sicilia. Intanto, approfittando delle dispute religiose tra Impero e Chiesa di Roma, la pressione dei Longobardi sui territori dell'esarcato aumentò notevolmente. Nel 73 la stessa Ravenna venne conquistata per la prima volta da Ildeprando, nipote di Liutprando, e da Peredeo, duca di Vicenza. Eutichio riparò nella laguna veneta ed aiutato dalla flotta del duca Orso, riuscì a rientrare a Ravenna: Ildeprando venne catturato e Peredeo ucciso. Nel 743 Liutprando si impossessò di Cesena ed Eutichio, sentendosi direttamente minacciato, chiese aiuto a Papa Zaccaria. Pochi anni dopo, tuttavia, nel751 l'Esarcato venne conquistato in via definitiva dal re longobardo Astolfo.

Dopo la caduta di Ravenna, i domini bizantini in Italia, si sgretolarono. Solo la Puglia, la Lucania e la Calabria restarono ancorate in mano imperiale per ancora tre secoli, gli altri territori, come Venezia, Napoli e Gaeta, si sganciarono, poco a poco, dalla dominazione di Costantinopoli mentre la Sicilia fu conquistata dagli Arabi. Il Papato, viste le difficoltà dell'Impero d'Oriente, per arginare i longobardi, trovò un nuovo alleato: il regno franco. Nell'876 i Bizantini, sconfitti definitivamente i Saraceni, ristabilirono il proprio dominio su Bari, sede dell'ultimo Esarca di Ravenna. Costituito come Thema di Longobardia, questo territorio fu governato per mezzo di un funzionario a cui venne attribuito inizialmente il titolo di strategos o patrizio, dal 970-976 lo strategos fu posto alle dipendenze di un Catapano (o Catepano, traducibile come "sovrintendente", dal termine greco katapános è derivato poi quello di "capitano") a cui rispondevano anche gli strateghi di Calabria e di Lucania: l'insieme dei territori controllati da questo funzionario divenne dunque noto come Catepanato d'Italia.

Cronotassi degli esarchi di Ravenna

Nell'ordine vengono riportati gli anni del mandato, il nome dell'esarca.

Voci correlate

Bibliografia