Suore missionarie di San Carlo Borromeo

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Le Suore Missionarie di San Carlo Borromeo sono un istituto religioso femminile di diritto pontificio: le suore di questa congregazione, chiamate anche Scalabriniane per i Migranti, pospongono al loro nome la sigla M.S.C.S.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Assunta Marchetti, cofondatrice della congregazione

Nel 1895 il missionario scalabriniano Giuseppe Marchetti aprì a San Paolo del Brasile l'orfanotrofio "Cristoforo Colombo" per i figli degli emigrati italiani e ne affidò la direzione a una comunità diretta da sua sorella Assunta: il 25 ottobre 1895, nel palazzo vescovile di Piacenza, le prime quattro postulanti reclutate da Marchetti emisero la loro professione dei voti nelle mani di Giovanni Battista Scalabrini (1839-1905), dando formalmente inizio alla congregazione.[2]

L'istituto divenne di diritto pontificio con il decretum recognitionis emesso, su mandato della Santa Sede, da Benedetto Aloisi Masella, nunzio apostolico in Brasile, il 19 maggio 1934; le sue costituzioni vennero approvate da papa Pio XII il 7 agosto 1948.[2]

Attività e diffusione[modifica | modifica wikitesto]

Le Scalabriniane si dedicano alla catechesi, all'istruzione, all'assistenza ai malati, agli anziani e agli orfani degli emigrati italiani.[2]

Sono presenti in Europa (Albania, Belgio, Francia, Germania, Italia, Polonia, Portogallo, Spagna, Svizzera), nelle Americhe (Argentina, Bolivia, Brasile, Canada, Colombia, Repubblica Dominicana, Ecuador, Honduras, Messico, Paraguay, Stati Uniti d'America), in Africa (Angola, Repubblica del Congo, Mozambico, Sudafrica) e in Asia (Filippine, India):[3] la sede generalizia è a Roma.[1]

Al 31 dicembre 2005, la congregazione contava 769 religiose in 160 case.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Ann. Pont. 2007, p. 1723.
  2. ^ a b c DIP, vol. V (1978), coll. 1615-1617, voce a cura di T. Ferrario.
  3. ^ Presenza delle suore Scalabriniane nel mondo, su scalabriniane.org. URL consultato il 19-7-2009 (archiviato dall'url originale il 12 ottobre 2009).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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