Stalag II-A

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Stalag II A, presso Neubrandenburg è stato un campo di lavoro e concentramento per prigionieri di guerra durante la Seconda guerra mondiale. Questo campo, fu uno dei lager subordinati al campo dì concentramento femminile di Ravensbrück, e costituì la sua sezione punitiva, dove furono trasportate le detenute considerate indisciplinate o con un rendimento poco proficuo.

Stalag II A
StatoGermania, Terzo Reich
CittàNeubrandenburg
Coordinate53°31′30.72″N 13°17′32.64″E / 53.5252°N 13.2924°E53.5252; 13.2924
Informazioni generali
TipoStammlager (campo dì concentramento)
Costruzione1939-1945
Informazioni militari
Azioni di guerraSeconda guerra mondiale
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Storia del campo[modifica | modifica wikitesto]

Stalag II A venne istituito nel settembre 1939 come campo attendato per prigionieri di guerra polacchi, questi, in un primo tempo furono impiegati nei i lavori di ampliamento del campo o sfuttati come lavoratori nelle fattorie locali. A partire dal giugno del 1941, con l’inizio della guerra contro l’Unione Sovietica, iniziarono a giungere nel campo di concentramento migliaia di prigionieri di guerra sovietici; di questi, in 6.000 vennero uccisi o morirono nel campo per via delle condizioni disumane e il trattamento riservatogli dai carcerieri, in alcuni casi impiccandosi nell'ambulatorio medico o nelle baracche. Alcune testimonianze riportano che un soldato tedesco vedendo un prigioniero di guerra sovietico di guerra sovietico, probabilmente malato di dissenteria, seduto da troppo tempo sul sedile del wc della lattina del campo, prese la baionetta del fucile e gliela infilzò nei polpacci. Tra i prigionieri di guerra polacchi e sovietici erano presenti anche svariati ebrei, i quali furono trasferiti nei lager di Sachsenhausen e Oranienburg entro la fine del 1941. Lo Stalag II A era composto da 48 edifici, principalmente baracche modulari in legno, ma anche da caserme in muratura. Due strutture, poste nel lato sud del campo, erano adibite a cucine, una baracca era adibita ad ambulatorio medico, una a bottega, e per gli ufficiali internati, alloggiati in un secondo campo (Oflag II E), esistevano un teatro ed una mensa. Le latrine di cui dispone il campo dì concentramento erano 4 e disposte rispettivamente 2 al culmine del lato est, e 2 al culmine del lato ovest. Le latrine erano costruite in muratura (i mattoni furono a loro volta intonacati di bianco) e disposte su due piani; quello inferiore era adibito a recipiente dei liquami, mentre il piano superiore presentava i sedili dei gabinetti. Dal settembre del 1943, quando ormai lo Stalag ospitava prigionieri di guerra di almeno sette nazionalità diverse iniziarono ad arrivare a Neubrandenburg i primi trasporti di militari italiani rastrellati nelle caserme italiane in seguito all’Armistizio dell’8 settembre 1943. Secondo il censimento ufficiale dei prigionieri del 1° ottobre 1943 5.490 italiani sono internati nel campo dì concentramento; più di un anno dopo, nel censimento del 1° dicembre 1944, invece, ne sono presenti tra i 527 e i 528. Nello Stalag II A di Neubrandenburg gli uomini della Wehrmacht applicavano l'odio razziale costringendo i prigionieri senegalesi e marocchini, deportati al campo con i soldati francesi, a svuotare il recipiente delle latrine. Addirittura, all'arrivo di prigionieri coloniali francesi allo Stalag II A, molti cittadini si recarono in visita al campo come se questo fosse stato uno zoo. Lo Stalag II A venne liberato il 28 aprile 1945 da un'armata corazzata di un reparto bielorusso dell'Armata Rossa; i prigionieri festeggiarono esultando e sfilando per il campo con le proprie bandiere. Nell'estate e nell'autunno del 1945 il campo e le vicine abitazioni furono adibite ad alloggio per i reduci dalla prigionia e sfollati .

Condizioni di vita nel campo e rapporto tra le diverse nazionalità[modifica | modifica wikitesto]

I prigionieri venivano scaricati alla stazione ferroviaria di Neubrandenburg; qui i soldati venivano raggruppati in colonne e costretti a marciare per 4 chilometri verso il lager. i detenuti dovettero marciare per il centro della cittadina medievale in direzione del campo dì concentramento II A; secondo le testimonianze di alcuni uomini tedeschi nel dopoguerra, giovani durante il periodo di attività del campo dì concentramento, i ragazzi tedeschi erano affascinati nel vedere marciare i soldati prigionieri per la strada; talvolta, i bottoni, i lacci o i berretti lasciatiti in dietro dai soldati venivano raccolti dai ragazzini stessi. Durante la marcia i prigionieri erano strettamente sorvegliati, chi perdeva il passo veniva percosso dai carcerieri con il calcio del fucile. Attraverso la “Bergstrasse", ossia la strada di montagna, i prigionieri giungevano a Neubrandenburg - Funfeichen, dove era ubicato il campo dì concentramento. Entrati nel campo, ogni prigioniero veniva registrato, su due tessere venivano riportati i suoi dati personali, una sua fotografia e l'impronta digitale. Successivamente i detenuti erano nel centro di disinfestazione, dove dopo essere stati spogliati, a gruppi di 40 o 50 venivano docciati, disinfestati e rasati. Inoltre, ogni detenuto riceveva una piastrina con il proprio numero di matricola e la divisa del campo marchiata con una croce rossa sul retro casacca. Tuttavia, molti soldati, furono costretti a mantenere la loro divisa militare, spesso quella estiva; questo rendeva i prigionieri più vulnerabili in inverno e portava la maggior parte di questi alla morte per assideramento o malattia. La giornata nello Stalag II A aveva inizio alle 6.00 del mattino, gli internati venivano svegliati dall'ufficiale che si occupava di sorvegliare la baracca e dare l'ordine d'appello a chi vi si trovasse all'interno. Alle 7.00 i prigionieri erano sottoposti alla lunga ed estenuante adunata e conta sotto qualsiasi tipo di intemperia. Dopo l'appello, i comandi di prigionieri venivano condotti da un capo sul posto di lavoro. I detenuti erano divisi in più commandi di lavoro, principalmente all’esterno del lager, dalle polveriere alla campagna. Pietro Lissoni, deportato nello Stalag II A e costretto al lavoro schiavo in una fattoria poco distante dal campo, ricordava di come lui ed i suoi compagni, a volte, riuscissero a rovistare nei bidoni della spazzatura del fattore per trovare qualcosa da mangiare. Al ritorno in baracca dopo il lavoro forzato i prigionieri ricevevano una zuppa composta da acqua sporca con pelle di patata.

"In Germania avevamo sempre fame, se mangiavi le bucce di patata era la cosa più buona che c'era nel campo!" [1] Le parole dell’I.M.I Pietro Lissoni sul pasto dei prigionieri del lager di Neubrandenburg.

Alle ore 19:30 i detenuti del campo dì concentramento II A venivano costretti all'appello serale e alle ore 20:00 la baracca veniva chiusa ed i prigionieri sprangati al suo interno, era presente un solo secchio per i bisogni corporali dei prigionieri. Le baracche potevano ospitare fino a 250 prigionieri che vivevano in camerate di legno con letti a castello a tre piani. Al centro della camerata si trovavano dei lavabi, una piccola "cucina”, e come già visto, una latrina comune notturna composta dal bugliolo in legno o latta. Durante il giorno, invece, i prigionieri erano costretti ad usufruire delle latrine esterne. Nel campo di concentramento di Neubrandenburg i prigionieri delle diverse nazionalità erano divisi dalle altre da un reticolato di filo spinato. Gli internati italiani e russi erano confinati nella zona sud, dove il trattamento era peggiore, mentre le altre nazionalità si trovavano nella zona nord, ed erano sottoposti a un trattamento meno rigido; francesi e americani ricevevano periodicamente pacchi dalla Croce Rossa e nonostante fosse proibito riuscirono a barattare fra loro orologi e catenine d'oro in cambio di pane. Il campo italiano confinava con quello russo, tutti i giorni da quest'ultimo gli internati italiani vedevano trasportare fuori dalle baracche i cadaveri scheletrici che venivano accatastati su un carretto e trasportati da un soldato tedesco al cimitero dei prigionieri di guerra. Nello Stalag II A in media morivano giornalmente per grave denutrizione e tifo almeno 50 prigionieri di guerra sovietici. Italiani e russi, benché con grande difficoltà, riuscirono a comunicare e a scambiarsi dei generi alimentari, come pacchetti di burro.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Lorenzo Roncaglia, "L'ALTRA RESISTENZA" I.M.I. storie a lungo dimenticate; https://www.einsteinvimercate.edu.it/blog/click/laltra-resistenza-i-m-i-storie-a-lungo-dimenticate/.

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