Sindrome di Morquio

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Sindrome di Morquio
Malattia rara
Cod. esenz. SSNRCG140
Specialitàendocrinologia
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-9-CM277.5
OMIM253000 e 253010
MeSHD009085
MedlinePlus001206
eMedicine947254
Sinonimi
Mucopolisaccaridosi IV
Eponimi
Luís Morquio

La sindrome di Morquio (mucopolisaccaridosi IVA) è una malattia genetica a trasmissione autosomica recessiva, caratterizzata da displasia sistemica delle ossa, dovuta alla carenza di un enzima responsabile della degradazione dei glicosaminoglicani. Questa malattia è una mucopolisaccaridosi e fa parte dell'eterogeneo gruppo delle malattie da accumulo lisosomiale.

Deve il suo nome al medico uruguaiano Luis Morquio.

Eziopatogenesi[modifica | modifica wikitesto]

La malattia è dovuta alla carenza, geneticamente determinata, dell'enzima N-acetilgalattosamina-6-solfato solfatasi (GALNS), necessario per la degradazione del cheratan solfato (KS) e della condroitina 6-solfato (C6S), due componenti della cartilagine. Nei soggetti affetti queste sostanze si accumulano nei lisosomi determinando un'alterazione nello sviluppo osseo. Si tratta di una malattia rara: in uno studio condotto in Australia è stata calcolata un'incidenza (numero di nuovi casi affetti per anno) di uno su 640000 nati vivi.[1]

Sintomatologia[modifica | modifica wikitesto]

La malattia si manifesta a 2-4 anni circa, con un ritardo sostanziale di sviluppo psicofisico. Questi disturbi si intensificano in età scolare, quando il bambino presenta statura molto bassa (anche da adulto non supera i 120-140 cm di altezza), intelligenza nella norma, proporzioni disarmoniche del corpo, malformazioni scheletriche (cifosi), facies lunare, epatosplenomegalia e patologie congenite dell'occhio, quali opacità corneali, cataratta, congiuntivite cronica ed altre, sino alla cecità nei casi più severi. Tipica anche l'abnorme quantità di massa muscolare flaccida, specie su busto e arti superiori. Non infrequenti i disturbi della deambulazione sino all'impossibilità di camminare, il deficit uditivo fino alla sordità e la vulnerabilità alle infezioni virali. Spesso questa malattia rende più suscettibili ad alcuni tipi di neoplasie.

Diagnosi e prevenzione[modifica | modifica wikitesto]

La malattia può essere già riconosciuta quando l'individuo deve ancora nascere. Non vi sono particolari cautele che le future mamme devono adottare per evitare la malattia, ma è meglio che le donne fumatrici riducano la loro attività, specie durante il quinto e sesto mese.

Terapia[modifica | modifica wikitesto]

Al momento attuale, la terapia della sindrome è prevalentemente sintomatica e palliativa. In molti centri è utilizzato il trapianto di midollo osseo, sulla cui utilità, però, non vi è un consenso generale.[2] Un nuovo farmaco per la terapia della sindrome, l'elosulfase alfa, è stato approvato a febbraio 2014 dalla Food and Drug Administration, l'agenzia statunitense per i farmaci.[3][4] Lo stesso farmaco è stato successivamente approvato anche dall'agenzia europea del farmaco (Agenzia europea per i medicinali, EMA).[5]

Prognosi[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante molti individui si sentano relativamente bene durante il decorso patologico, la prognosi è purtroppo infausta: la morte può sopraggiungere subito, provocando un decesso fetale ed un conseguente aborto. Negli altri casi, i pazienti difficilmente superano i 30-40 anni di età e decedono in età molto giovane, mediamente a 25 anni circa.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Nelson J, Crowhurst J, Carey B, Greed L. Incidence of the mucopolysaccharidoses in Western Australia. Am J Med Genet A. 2003 Dec 15;123A(3):310-3. Review. PubMed PMID 14608657.
  2. ^ Bouzidi H, Khedhiri S, Laradi S, Ferchichi S, Daudon M, Miled A.[Mucopolysaccharidosis IVA (Morquio A syndrome): clinical, biological and therapeutic aspects]. Ann Biol Clin (Paris). 2007 Jan-Feb;65(1):5-11. Review. French. PubMed PMID 17264033.
  3. ^ Sito Agenzia Italiana del Farmaco, su agenziafarmaco.gov.it. URL consultato il 15 gennaio 2015.
  4. ^ Sito FDA, su fda.gov. URL consultato il 15 gennaio 2015.
  5. ^ Comunicato ufficiale dell'EMA (PDF), su ema.europa.eu. URL consultato il 15 gennaio 2015.

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