Caciocavallo di Castelfranco

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Caciocavallo di Castelfranco
Origini
Altri nomiCaciocavallo di Castelfranco in Miscano
Luogo d'origineBandiera dell'Italia Italia
RegioneCampania
Diffusionenazionale
Zona di produzioneCastelfranco in Miscano
Dettagli
Categoriaformaggio
RiconoscimentoP.A.T.
ProvvedimentoDiciassettesima revisione dell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (Supplemento Ordinario n. 176 del 29 luglio 2017)
Ingredienti principalilatte vaccino, caglio, sale

Il caciocavallo di Castelfranco è un formaggio prodotto con latte vaccino e riconosciuto quale PAT (prodotto agroalimentare tradizionale) dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali[1][2].

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Tipico del territorio di Castelfranco in Miscano e di altri villaggi ubicati nel comprensorio agro-pastorale della valle del Miscano, territorio di passaggio nell'Appennino campano del tratturo Pescasseroli-Candela, direttrice millenaria di pascolo e allevamento, oltre che di transumanza delle greggi[3]. Il nome caciocavallo, ben diffuso nell'appennino meridionale, deriva dalla tradizione di appendere le forme sferiche, a coppie, a cavallo di una pertica di legno per la stagionatura; Castelfranco è il centro principale di produzione[4].

Il comune di Castelfranco in Miscano organizza, insieme ad associazioni locali, una sagra del Caciocavallo nel periodo di settembre. Una delle aziende produttrici ha vinto, nel 2021, gli Italian Cheese Awards come Miglior formaggio a pasta filata stagionata[5][6].

Produzione e descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il caciocavallo di Castelfranco è ottenuto oggi da latte di mucche di razza Bruna, ove una volta il bestiame era principalmente di razza Podolica o Marchigiana, più adatte a lavorare i campi[3], tenute in stalla o al pascolo a seconda della stagione e comunque alimentate con foraggi di produzione locale. La tecnica casearia conserva immutate le antiche modalità produttive: in particolare il latte ottenuto dalla mungitura viene immesso in barili in legno in modo da favorire lo sviluppo della flora batterica atta alla formazione dei necessari fermenti lattici[4][7]. Notevole anche l'effetto del siero-innesto, una sorta di contaminazione del siero acido sul prodotto fresco determinata dal costante riutilizzo dei medesimi contenitori in legno e metallo che non vengono sottoposti a lavaggio tra una lavorazione e l'altra[8].

L'immagine mostra un pezzo di caciocavallo di Castelfranco appoggiato su un tagliere. Si notano colori e caratteristiche della buccia e interne
Vista al taglio

Il latte (crudo o pastorizzato) viene quindi mescolato con caglio di agnello e successivamente riscaldato fino a ottenere la temperatura di coagulazione. Dopo che la pasta ha raggiunto la giusta consistenza si provvede a rompere la cagliata con l'ausilio di spini di legno. Da quel momento ha inizio la fase di maturazione della pasta che si realizza per mezzo della scotta bollente ottenuta quale sottoprodotto della ricotta già lavorata in precedenza. In seguito le forme vengono modellate manualmente e sottoposte a salatura tramite salamoia. L'ultima fase, quella della stagionatura, si protrae per mesi (minimo 3) e avviene a "cavallo" di pertiche di legno disposte in orizzontale; di qui il nome del prodotto finale che assume così una forma pressoché sferica con testina, mentre assai variabili sono le dimensioni e il peso, comunque notevoli (da 1 a 3 kg)[4][7].

La crosta è comunque sottile e liscia, dapprima di color paglierino e poi più scura; la consistenza è mediamente dura ma filata, con occhiatura non molto marcata mentre il colore è assai chiaro (talvolta avorio)[4].

Cucina[modifica | modifica wikitesto]

Caciocavallo di Castelfranco
Valori nutrizionali per 100 g
Energia439 kcal (1 840 kJ)
Proteine37 g
Carboidrati
Totali1,6 g
Zuccheri0,06 g
Fibre< 1 g
Grassi
Totali31 g
Saturi20,5 g
Minerali
Sodio2,5g

L'aroma è decisamente intenso, come il sapore, che è dolce o piccante in funzione della lunghezza della stagionatura[4][7]. Vi si riconoscono sapori di tipo lattico cotto (burro fuso), fruttato (ananas) e vegetale (fieno), mentre per i prodotti che superano i sette mesi di stagionatura si aggiungono quelli di tipo animale (brodo di carne) e tostato (frutta secca)[4].

Oltre ad essere consumato in purezza o accompagnato al pane come formaggio da tavola, può essere abbinato a frutta secca o miele di castagno ed agrumi; può essere cucinato alla piastra o "impiccato"[3] al di sopra di un braciere e, una volta sciolto, spalmato su pane abbrustolito[4][7].

Gli abbinamenti enologici sono con vini rossi strutturati (Aglianico, diffuso nella stessa provincia, Trebbiano d'Abruzzo e Montepulciano d'Abruzzo) o birre (kölsch, altbier, stout e sua variante imperial stout)[4][7].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Caciocavallo di Castelfranco, su Regione Campania, Assessorato all'Agricoltura. URL consultato il 5 Febbraio 2018.
  2. ^ Aggiornamento dell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali ai sensi dell'articolo 12, comma 1, della legge 12 dicembre 2016, n.238, su politicheagricole.it. URL consultato il 27 febbraio 2018.
  3. ^ a b c Scheda Tecnica ONAF.
  4. ^ a b c d e f g h ONAF.
  5. ^ Il caciocavallo di Castelfranco al top: l’Agriturismo Caseria trionfa all’Italian Cheese Awards, in NTR24.tv, Benevento, MP WEB Srl, 14 novembre 2021. URL consultato il 5 luglio 2023 (archiviato il 14 novembre 2021).
  6. ^ Marco Vassallo, Italian Cheese Awards, ecco quali sono i migliori formaggi italiani, in COOK - Corriere della Sera, Milano, RCS MediaGroup, 18 novembre 2021. URL consultato il 5 luglio 2023 (archiviato il 5 luglio 2023).
  7. ^ a b c d e Caciocavallo di Castelfranco (Campania): PAT vaccino, a pasta dura, su Formaggio. URL consultato il 5 Febbraio 2018.
  8. ^ Il Caciocavallo di Castelfranco in Miscano, su Comune di Castelfranco in Miscano. URL consultato il 5 Febbraio 2018.

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