Te voglio bene assaje
Te voglio bene assaje | |
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Artista | |
Autore/i | ignoto, attribuita a Raffaele Sacco |
Genere | Musica lirica Musica leggera Canzone napoletana |
Data | 1839 |
Te voglio bene assaje è una canzone in lingua napoletana composta nell'Ottocento e già cantata dalle massaie napoletane intorno al 1839.
Secondo molti critici musicali rappresenta l'atto di nascita della canzone d'autore moderna o comunque il passaggio dalla musica popolare alla canzone d'autore,[1][2] visto che è stato il primo brano musicale a partecipare alla festa di Piedigrotta nell'ambito della gara canora.
Il componimento scritto fu piuttosto lungo e la sua forza penetrativa nella massa di ascoltatori gli venne conferita dal ritornello accattivante e orecchiabile che concludeva ogni strofa:
«Nzomma, son'io lo fauzo? |
Storia[modifica | modifica wikitesto]
Sulla origine della canzone vi sono innumerevoli versioni. Secondo la più accreditata, il poeta Raffaele Sacco, di professione ottico e frequentatore dei salotti partenopei, scrisse la canzone dedicandola ad un'avvenente signora, con la quale avrebbe avuto una relazione. Secondo tale interpretazione, i versi farebbero riferimento ad una polemica scherzosa sulla presunta doppiezza del poeta e sul mancato matrimonio della donzella.[1][3] Altri autori ritengono invece che il ritornello della canzone facesse parte della solida tradizione orale della musica napoletana, e che come tale venisse cantato negli ambienti popolari molto prima della sua inclusione nella composizione.[1]
Per quanto riguarda la musica, una certa tradizione la assegna a Gaetano Donizetti[4], anche se nel 1839 costui era impegnato in altre opere e dall'anno precedente si trovava a Parigi.[3] È certo, infatti, che dopo aver soggiornato a lungo a Napoli, mettendo in particolare in scena al Teatro di San Carlo la prima della Lucia di Lammermoor, aveva lasciato la città nell'ottobre del 1838 in seguito alla morte della moglie e della figlia. Tali dati portano alcuni storici della musica, tra cui De Mura e De Rubertis, a ritenere che la musica sia stata probabilmente composta dal maestro Filippo Campanella, compagno e amico del Sacco.[1][3]
Per quanto l'origine della canzone sia tuttora oggetto di discussione, è certo che essa ebbe immediatamente un enorme successo, dato che in pochi mesi furono vendute ben 180.000 copielle, ossia gli spartiti e le parole stampati e distribuiti su foglio.[1][3] Inoltre per molte edizioni della Festa di Piedigrotta questa canzone fu intonata quasi ad inno ufficiale della musica napoletana. La risonanza della canzone fu tale che il giornalista Raffaele Tommasi, il 6 agosto 1840 sul settimanale letterario "Omnibus" scrisse: "Sfido chiunque dei miei lettori a dare un passo, o a ficcarsi in un luogo dove il suo orecchio non sia ferito all'acuto suono di una canzone, che da non molto da noi introdottasi, trovasi sulle bocche di tutti, ed è venuta in sì gran fama da destar l'invidia dei più valenti compositori". Il successo fu di dimensioni tali da suscitare anche commenti stizziti per l'ossessionante ubiquità della melodia, cantata in tutta la città. In una sua poesia del 1840, il barone Zezza scrisse:
...Da cinche mise, cànchero,
matina, juorno e ssera,
fanno sta tiritera...
tutte li maramè
Che siente addò te vuote?
Che siente addò tu vaje?
"Te voglio bene assaje
e tu nun pienze a mme!"...
E un anonimo poeta scrisse salacemente: "Addio mia bella Napoli, fuggo da te lontano. Perché sì strano, tu mi dirai, perché? Perché mi reca nausea quella canzone omai, Ti voglio bene assai e tu non pensi a me!"[5]
Il motivo della canzone fu ampiamente utilizzato dal compositore norvegese Johan Svendsen per il suo "Norsk Kunstnerkarneval for orkester" ("Carnevale degli Artisti Norvegesi Op.14") del 1874.
Con l'orchestra di Pippo Barzizza il 25 agosto 1956, è Rino Loddo a lanciarla in Italia, nel corso della trasmissione radiofonica della Rai Sorella Radio, che fu irradiata in diretta nazionale.
Testo[modifica | modifica wikitesto]
(NAP)
«'Nzomma songh'io lo fauzo? Pecché quanno me vide Ricordate lu juorno La notte tutte dormeno Guardame 'nfaccia e vvide Quanno so' fatto cennere |
(IT)
«Insomma sarei io il falso? Perché quando mi vedi Ricordati quel giorno Di notte tutti dormono Guardami in faccia e vedi Quando sarò diventato cenere |
Interpretazioni[modifica | modifica wikitesto]
Tra gli interpreti del brani vi sono:
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ a b c d e Pasquale Scialò, La Canzone Napoletana, Roma, Newton, 1998, pp. 10-12.
- ^ Paolo Ruggieri, Canzoni Italiane, Fabbri, 1994, Vol.1, pag.4-6
- ^ a b c d TE VOGLIO BENE ASSAJE, su scudit.net. URL consultato il 16 luglio 2018.
- ^ Scritto da Valeria D'Esposito, La canzone napoletana classica tra storia e tradizione, su Visit Campania, 22 ottobre 2017. URL consultato l'8 ottobre 2022.
- ^ Raffaele Sacco
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Vittorio Paliotti (2007) Storia della canzone napoletana. Editore Newton Compton.
- Marcello Sorce Keller (1984): "Io te voglio bene assaje: a Famous Neapolitan Song Traditionally Attributed to Gaetano Donizetti", The Music Review, XLV, Nr. 3–4, S. 251–264. Poi ripubblicato in italiano come: "Io te voglio bene assaje: una famosa canzone napoletana tradizionalmente attribuita a Gaetano Donizetti", in: La Nuova Rivista Musicale Italiana, 1985, Nr. 4, S. 642–653.
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- (EN) Te voglio bene assaje, su MusicBrainz, MetaBrainz Foundation.