Chiesa di Santo Stefano (Bergamo)

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Chiesa di Santo Stefano
Pala Martinengo
Lorenzo Lotto nella chiesa di San Bartolomeo di Bergamo
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLombardia
LocalitàBergamo
Coordinate45°42′04.75″N 9°39′38.72″E / 45.70132°N 9.660755°E45.70132; 9.660755
Religionecattolica di rito romano
Diocesi Bergamo
Inizio costruzioneXIII secolo
CompletamentoXVI secolo

La chiesa di Santo Stefano o di Santo Stefano al Fortino era un edificio religioso che si trovava a sud della porta San Giacomo in Bergamo, città Alta, sul monte detto: "Santo Stefano" e faceva parte del grande complesso conventuale dei frati domenicani[1]. Gli edifici che formavano il complesso vennero distrutti nel 1561 per l'edificazione delle mura venete, con un grave danno artistico, in quanto la chiesa era una delle più importanti della città orobica.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Sandro Angelini - Prato di sant'Alessandro. Vista di Bergamo, con la città alta sullo sfondo, con la chiesa di Santo Stefano in primo piano
Tarsia raffigurante la chiesa di Santo Stefano con annesso cimitero

L'ordine dei domenicani arrivò a Bergamo nel 1226. Furono un gruppo di frati inviati direttamente da san Domenico di Guzmán a fondare una comunità e grazie al vescovo Giovanni Tornielli nel luglio 1226 ottennero l'uso di una piccola chiesa intitolata a Santo Stefano[nota 1] posta a sud della porta San Giacomo. La tradizione vuole che san Domenico e san Francesco d'Assisi si fossero incontrati nella città orobica tra il 1218 e il 1220. I due santi furono ospitati uno nella chiesa di Santa Maria Maddalena e l'altro in quella di San Vigilio, ottenendo poi tutti e due l'autorizzazione vescovile di edificare due chiese, questa per i domenicani e quella di dedicata al santo d'Assisi.[2]

I frati, nella figura del priore Meliorato, ottennero il permesso, dal vescovo Giovanni Tornielli a costruire una nuova chiesa dedicata ai santi Stefano e Domenico, nel modello proprio dei frati predicatori. La posa delle prima pietra fu benedetta dal beato Guala di Brescia l'11 agosto 1244, e entro il 1260 i frati avevano acquistato anche altri terreni per poter edificare anche il convento, nel medesmimo anno in cui il frate domenicano Erbordo che da anni era presente nel convento, salì al soglio vescovile.[3] La chiesa era divisa in due parti, una per i fedeli e una per il clero, e sorretta da due terrapieni, contenuti in una doppia muratura di sostegno.[4][5]

Lo studio di fra Venturino Alce negli archivi e nelle raffigurazioni, ha permesso di farne una descrizione molto particolareggiata. La chiesa era orientata a est come tutte le chiese del medioevo, ed era a tre navate. Al suo esterno vi era un grande spiazzo occupato nella parte a oriente dal cimitero, che era alberato cemeterium magnum extra ecclesiam novam. La parte sinistra della chiesa aveva le absidi delle cappelle e la torre campanaria. Sulla facciata destra vi era la presenza di una porta d'accesso ai fedeli.

Il convento fu assalito dai ghibellini Suardi nel 1226 e il 1296. Nel 1267 i domenicani ricevettero l'incarico di inquisitori, e sempre presso lo stesso si tenevano le assemblee della Fondazione MIA.[6] Nel 1316 il cardinale Guglielmo Longhi fece dedicare una cappella a papa Celestino V del quale era stato cappellano e successivamente cardinale, essendo presente poi alla sua elezione a pontefice. La cappella fu dotata di un beneficio di 50 fiorini: pro ornamentis, picturis et canzellis nonché 200 per pro paramentis.[7]

Il ritrovamento di un documento del 1438 da informazioni sui lavori eseguiti sulla facciata dall'architetto Bertolasio di Venturino Moroni di Albino[8]. La facciata doveva essere fornita di un frontalino che superava di due braccia (1,06 metri) la facciata stessa, dove cinque pinnacoli supra a sero parte ipsius ecclesie nova […] teneaur facere […] quinque capitellos pulcros supra ipsum murum nunc fiendum […] videlicet in sumitate ipsius muras[9].

Nel 1550 la chiesa fu considerata uno dei centri culturali e con una bibliografia tra le maggiori d'Europa dall'umanista Leandro Alberti.[10]

La chiesa e il convento furono circondati da cinquecento soldati all'ordine del generale Sforza Pallavicini e distrutti l'11 novembre 1561 con lo scoppio alcune mine, malgrado i frati si fossero fortemente opposti alla sua distruzione.[11]

«[…] l'11 novembre 1561: Per l'occasione della nuova fabbrica della città; essendo stato minato il famoso convento di S. Stefano, alle due di notte scoppiò la mina, et cadè il nobil Monastero fra le proprie rovine sepolto»

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa originariamente, aveva cinque altari, che dopo il rifacimento del XV secolo che la ampliò senza modificarne l'assetto precedente, divennero otto. Due altari erano posti nelle due cappelle laterali a quello maggiore così come era la chiesa agostiniana. Il nuovo edificio fu consacrato l'11 ottobre 1489[12].
La chiesa conteneva le spoglie del beato Pinamonte da Brembate[13]. Il convento e la chiesa erano di grandi dimensioni, ospitavano anche la casa dell'inquisizione con relativo tribunale[14], proprio negli anni in cui ospitò il tribunale dell'Inquisizione, venne più volte danneggiato e dato alle fiamme, tanto da richiederne la protezione di uomini armati; a nord c'era il cimitero, e due chiostri[15].

Vi era la cappella con il patronato della famiglia Suardi, dove c'era il monumento funebre di Alberico Suardi che era stato podestà a Parma (1266) e a Verona (1268), realizzato nel 1309 dai maestri campionesi[16], che venne posto nel castello Secco-Suardo di Lurano[17][18].

Venne realizzata nel 1509, il polittico della Madonna della Rosa da Ambrogio da Fossano che venne poi posta nella chiesa di San Bartolomeo. La pala venne venduta nel 1892 all'Accademia Carrara che ne conserva cinque scomparti, probabilmente la parte centrale era composta da una statua raffigurante santo Stefano [19][20].

Nell'abside di questa chiesa venne posta la Pala Martinengo opera di Lorenzo Lotto commissionata dal capitano Alessandro Martinengo Colleoni, nipote di Bartolomeo Colleoni, che ottiene lo iuspatronato e il diritto di sepoltura. Sempre su sua commissione le 31 tarsie opera di Fra Damiano da Bergamo e dal giovane intarsiatore Giovan Francesco Capoferri, disegnate da Nicolino Cabrini, a cui vennero assegnati i primi disegni degli stalli per il coro della chiesa di santa Maria Maggiore[21]. Tra i pannelli in quello di Ordalia eucaristica è possibile vedere sullo sfondo la chiesa di Santo Stefano con il campanile e il cimitero, unica immagine rimasta a testimonianza dell'aspetto del tempio sacro. La chiesa e i locali del complesso claustrale erano completamente affrescati, rimane la commissione per il Previtali di un dipinto a fresco raffigurante l''Annunciazione di Maria.

Il Martinengo Colleoni venne sepolto nella chiesa con la moglie Bianca, venendo poi traslato nel santuario della Basella di Urgnano, alla distruzione della chiesa[22].

Nel convento si conservava una grande biblioteca, tra le maggiori presenti in Europa. Il catalogo del fondo librario già presente nel 1536 ne indica la ricchezza dei testi e la loro pubblica utilità.[23]

La necessità, da parte dell'amministrazione cittadina, di costruire mura di rinforzo a quelle medioevali già esistenti a protezione della porta di San Giacomo che era il tratto più debole della parte alta della città, portò l'11 novembre 1561 i frati domenicani ad abbandonare il complesso claustrale e le sue chiese[24][25].

I frati si dispersero in tutto il nord Italia, solo in otto si stanziarono nella chiesa di San Bernardino in borgo San Leonardo. Solo il 14 agosto 1572, trovarono la collocazione presso il complesso di San Bartolomeo e Stefano sul Sentierone[26] dove si conservano alcune delle sue opere.

Opere rimaste[modifica | modifica wikitesto]

Alcune delle opere di maggior rilievo furono salvate e dislocate, anche se la demolizione della chiesa fu una grave perdita per l'arte orobica.

Lo stesso argomento in dettaglio: Pala Martinengo.
Lo stesso argomento in dettaglio: Polittico di Santo Stefano.
Andrea Previtali particolare di san Domenico di Guzman con il modellino di una chiesa quattrocentesta
Lo stesso argomento in dettaglio: Madonna della Rosa (Ardigino de Bustis).
Lo stesso argomento in dettaglio: Martirio di san Pietro da Verona (Moretto).

Sul luogo dove si trovava la chiesa e il convento, ora sono visibili due lapidi quasi illeggibili nascoste dalla vegetazione.

Personalità[modifica | modifica wikitesto]

Il convento era tra i più importanti della città, vi avevano preso l'abito dei domenicani personaggi di rilievo, tra questi:

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni
  1. ^ Il sito dei frati dell'Ordine dei predicatori riporta che il convento bergamasco è il secondo per antichità in Italia
Fonti
  1. ^ La Rivista di Bergamo, p. 59.
  2. ^ Mascheretti, p.21.
  3. ^ Erbordo, su catholic-hierarchy.org, Catholic hierarchy. URL consultato l'11 aprile 2024..
  4. ^ Alce, p 20.
  5. ^ Giuseppe Ronchetti, Memorie istoriche della città e chiesa di Bergamo, p. 147..
  6. ^ Maria Teresa Brolis, La fondazione MIA dalla fondazione ai giorni nostri, Bolis edizioni, 2013, pp. 16-17.
  7. ^ Macheretti, p. 29.
  8. ^ Il Bertolasio Moroni era presente nella fabbrica di Santa Maria Maggiore Moroni, Bertolasio, su lombardiabeniculturali.it, Lombardia Beni Culturali. URL consultato il 9 agosto 2018.
  9. ^ Gianmario Petrò, 1474-Astino un progetto incompiuto, Atti dell'Ateo di Scienze, Lettere ed Arti, 2009.
  10. ^ Lorenzo Mascheretti, Rinascimento domenicano. Il convento dei santi Stefanoe Domenico in Bergamo tra il XV e il XVI secolo, 2020, ISBN 9791280020031.
  11. ^ Una piattaforma fuori dalle mura, su Bergamonew. URL consultato il 22 gennaio 2024.
  12. ^ Rodeschini Galati Maria Cristina, Andrea Previtali. La «Madonna Baglioni» e «Madonna con il Bambino leggente tra san Domenico e santa Marta di Betania», Lubrina Editore, 2011, p. 31, ISBN 978-88-7766-425-9.
  13. ^ Le mura di Bergamo, su books.google.it. URL consultato il 13 aprile 2016.
    «fu distrutto anche il convento domenicano contenente le spoglie di Pinamonte da Brembate»
  14. ^ Bergamo scomparsaːl'arrivo dell'inquisizione, su bergamosera.com, Bergamosera. URL consultato il 7 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 15 aprile 2018).
  15. ^ Storia di un antico monastero, su bergamopost.it. URL consultato il 13 aprile 2016.
  16. ^ Bruno Cassinelli, Luigi Paganoni e Graziella Colmuto Zanella, Duomo di Bergamo, Bolis, 1991, ISBN 88-7827-021-0.
  17. ^ La Rivista di Bergamo, p. 65.
  18. ^ Alessandro Terzi, Rilievo - Uomo a cavallo - Lurano - Villa Secco Suardi Sarcofago di Alberico Suardi, Lombardia Beni Culturali.
  19. ^ Compianto di Cristo con le tre Marie (Polittico di san Bartolomeo), su lacarrara.it, Accademia Carrara. URL consultato il 2 aprile 2018.
  20. ^ Antonia Abbatista Finocchiaro, La pittura bergamasca nella prima decina del cinquecento, La Rivista di Bergamo, 2001.
  21. ^ Andreina Franco Loiri Locatelli, La Rivista di Bergamo, 1998, pp. 106-107.
  22. ^ La Rivista di Bergamo, p. 66.
  23. ^ p 27-92 A. Frattini, Gli incunaboli miniati della Angelo Mai appartenenti ai Conventi di S. Agostino e di S. Stefano, Bergomun, 1987..
  24. ^ Convento e chiesa dei santi Bartolomeo e Stefano, su domenicanibg.it, Frati dell'ordine dei Predicatori di Bergamo. URL consultato il 12 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 17 aprile 2016).
  25. ^ Bergamo alta SS Stefano e Domenico e convento padri Domenicani (PDF), su territorio.comune.bergamo.it, Le chiese distrutte per la costruzione delle mura. URL consultato il 13 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 23 aprile 2016).
  26. ^ La Rivista di Bergamo, p. 58.
  27. ^ Palazzo Martinengo Bonomi, su academia.edu, Academia. URL consultato il 3 giugno 2018.
    «nel 1517 Alessandro Bartolomeo Colleoni, il proprietario del palazzo, aveva commissionato sempre al Lotto la grande Pala Martinengo una volta in Santo Stefano al Fortino e oggi in San Bartolomeo.28»
  28. ^ M.A.Michiel, Notizie d'opere di disegno, 1525 circa.
    «[...]in S.Domenego dei Frati Osservanti [...] li tre quadri al fresco sopra el Parco furno de tre maestri:la Nunciazion de mezzo de man de Andrea Privitali, Bergamasco, discepolo de Zuan Bellin; el Martirio de S-Caterina a man manca de man de Lorenzo Lotto, l'altro...»

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Clemente Zilioni, Annali della Chiesa e convento di Santo Stefano e Bertolomeo, 1975.
  • Filmato audio Luciano Imperadori, Carlo Magno : la leggendaria spedizione da Bergamo in Valle Camonica e Trentino, OCLC 799573341.
  • Padre Venturino Alce O.P-, Fra Damiano intarsiatore e l'ordine domenico a Bergamo, Ferrari grafiche, 1995.
  • Andreina Franco Loiri Locatelli, La Rivista di Bergamo, 1998, p. 65.
  • Rodeschini Galati Maria Cristina, Andrea Previtali. La «Madonna Baglioni» e «Madonna col bambino leggente tra san Domenico e santa Marta di Betania», Lubrina Editore, 2011, ISBN 978-88-7766-425-9.
  • Enrico De Pascale, Andrea Previtali-Madonna col Bambino leggente tra san Domenico e santa Marta di Betania, Lubrina editore, 2011.
  • Lorenzo Mascheretti, Rinascimento domenicano, Bergamo, Archivio Bergamasco Centro Studi e ricerche, 2020, ISBN 979 12 80020 03 1.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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