Giovan Francesco Capoferri

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«...Dando varj colori a' legni con acque e tinte bollite e con olii penetrativi, per avere di legname i chiari e gli scuri variati diversamente, come nell'arte della pittura»

Giovan Francesco Capoferri, o Giovanni Francesco Capodiferro[1] (Lovere, 1487Bergamo, 1534), è stato un intarsiatore italiano.

Ritratto di Capoferri e Lotto raffigurati in una tarsia

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlio di Giovannino e nipote di Giovanni entrambi falegnami, per proseguire nell'attività della famiglia originaria di Riva di Solto ma attiva a Lovere, ereditò il nome dei suoi nonni, quello paterno e Francesco da quello materno originario di Verona. Apprese i primi insegnamenti nell'officina di famiglia e poi da un artigiano del luogo[2] venendo mandato a scuola presso il convento domenicano di Santo Stefano in Bergamo, a prendere lezioni da fra Damiano Zambelli[3], durante l'esecuzione del coro intarsiato della chiesa dei Padri Predicatori, di Bergamo. La chiesa fu distrutta nel 1561 per la costruzione delle mura venete, il coro ricollocato nel 1647 nella chiesa di San Bartolomeo[4].

Nei piccolo museo posto nell'istituto Luogo Pio Colleoni vi è una tarsia realizzata dal Capoferri su disegno del Lotto, questa è probabilmente la prima collaborazione tra i due artisti, raffigura la Creazione di Adamo, la datazione è da considerarsi precedente ad altre collaborazioni, in quanto di questa non vi è documentazione contrattuale che obbligasse il committente a riconsegnare il disegno originario, ma ne esiste il pagamento.[5] Considerata la presenza di don Dazio Colleoni, tra gli amministratori della Fondazione Pio Colleoni e della Fondazione MIA giustificherebbe la presenza della tarsia nel museo.[6]

Nel 1522, per poter ottenere l'incarico della realizzazione delle tarsie del coro della basilica di Santa Maria Maggiore da parte dei rettori della consorzio della Misericordia Maggiore di Bergamo: “uno bello et laudabile choro, presbiterio, banchi et ornamenti” propose un suo lavoro: un quadretto intarsiato raffigurante l'Annunciazione, eseguito a quattro mani con il pittore Lorenzo Lotto, a cui era tanto piaciuto quell'intarsio che ne aveva rifinito i particolari. Il 23 ottobre del medesimo anno, gli venne affidato l'incarico dei lavori, su progetto architettonico di Bernardo Zenale, l'incarico di assistente falegname a Giovanni Belli di Ponteranica, e i disegni successivamente assegnati al Lotto.

arca di noè
Arca di Noè

Il quadretto dell'Annunciazione, venne poi inserito nel bancale del celebrante[nota 1], lasciando però fra Damiano umiliato di questa scelta, serve considerare che i tre artisti si conoscevano molto bene, avendo lavorato nel monastero di Santo Stefano nel medesimo periodo, gli intarsiatori per i pannelli del coro, contemporaneamente il Lotto dipingeva la Pala Martinengo. Questa incomprensione porterà il Lotto a tornare a Venezia dopo un lungo periodo a Bergamo, e da quella città mandare i disegni per poter realizzare le tarsie, mentre fra Damiano nel 1526 venne invitato a Bologna dove eseguì le tarsie della Basilica di San Domenico.

L'unione dei due artisti, il Lotto e il Capoferri, porterà le opere eseguite con intarsi lignei, a una evoluzione[nota 2], in una epoca dove la staticità degli elementi d'intarsio con la raffigurazione di opere geometriche era ormai stanca, proprio il lavoro dell'Annunciazione con il suo avvicinarsi all'arte pittorica iniziò una nuova visione dell'intarsio stesso.[7]

Giuditta e Oloferne
Giuditta e Oloferne

Per l'esecuzione di questa opera, il Capoferri il cui primo documento è del 13 novembre 1522, si recò, o venne invitato a recarsi, data la sua giovanissima età, a visitare parecchie città del nord Italia, in particolare a Milano nella bottega di Bernardo Zenale,[8] prendendo visione di lavori a intarsio, si recò spesse volte a Venezia per acquistare i legni adatti alla realizzazione delle tarsie, e nominò suo fidato intagliatore Angelo Ferri di Romanengo.[9]

In particolare il Capoferri si recò a Verona, città natale del nonno Giovanni, a visitare il convento di santa Maria in Organo per incontrare Fra Giovanni da Verona e comprendere i segreti dei suoi lavori, pare che proprio da lui il Capoferri apprese quei segreti che resero le tarsie colorate, come se fossero un quadro, imparò come colorare il legname attraverso la bollitura o la macerazione in erbe, scrisse infatti il Vasari[10].

Capoferri eseguì e riprodusse con scrupolosa fedeltà i disegni del Lotto sia per le tessere delle tarsie, che per i relativi coperti, e in una di questa l'ebanista immortalò il suo volto e quello del pittore. Morì a soli 47 anni di ritorno da uno dei suoi viaggi a Venezia. Proseguirono i suoi lavori i figli Antonio e Giovanni Donato detto Zinino e il fratellastro Giovan Pietro Capoferri.[11]

Le tarsie opera del Capoferri, con i colori originali dei suoi legni, non sono più oggi visibili, gli intarsi si sono scuriti e ombrati, questo grande lavoro di unire intarsio e pittura ebbe presto fine in quanto ritenuta una tecnica troppo complessa e laboriosa.[12]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Tra le tarsie a cui ha dedicato la sua intera vita ricordiamo le più testimonianti il rinascimento della tarsia libera dagli schemi pionieristica del tempo:[13]

Santa Maria Maggiore a Bergamo, tarsie del coro dei laici
  • La sommersione del Faraone(1529-30),
  • Giuditta e Oloferne (1527-30),
  • la morte di Abele (1524)
  • l'Arca di Noè (1525),
  • l'ebrezza di Noè (1524),
  • Giona (1528-30)

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni
  1. ^ Giuseppe Beretti riporta che Fra Damanio non dovette prendere la cosa molto bene, e, come si apprende da una lettera di Lotto, non risparmiò sgradevolezze al giovane che lo aveva umiliato.
  2. ^ il trasformare i lavori di intarsio in rappresentazioni quasi pittoriche porta a chiamare l'insieme di questa opera La Cappella Sistina dei "Legni tinti"
Fonti
  1. ^ Alfred A. Strnad, Giovan Francesco Capoferri, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 12 aprile 2016.
  2. ^ Francesca Cortesi Bosco, Il coro intarsiato di Lotto e Capoferri, Credito Bergamasco, 1987, p. 18, ISBN 88-366-0212-6.
  3. ^ Capoferri, Gianfrancesco, su bgpedia.it, Bgpedia. URL consultato il 24 marzo 2021 (archiviato dall'url originale il 12 aprile 2016).
  4. ^ Chiesa di San Bartolomeo, su comune.bergamo.it, Comune di Bergamo. URL consultato il 13 aprile 2016.
  5. ^ Emanuela Daffra, Paolo Plebani, Un Lotto riscoperto, su officinalibraria.com, Officina Libraria. URL consultato il 12 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 16 gennaio 2017).
  6. ^ Intorno a Lorenzo Lotto, su lacarrara.it, Accademia Carrara. URL consultato l'8 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 9 gennaio 2017).
  7. ^ La bella storia delle tarsie del Lotto, su bergamopost.it, 6 dicembre 2016. URL consultato il 12 gennaio 2017.
  8. ^ Giuditta e le sue ancelle, su lombardiabeniculturali.it, Lombardia beni culturali. URL consultato il 12 aprile 2016.
    «si recò più volte a Milano dal pittore e architetto trevigliese Bernardo Zenale per sottoporgli il modello del coro»
  9. ^ Il comune, su comune.romanengo.cr.it. URL consultato il 12 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 28 aprile 2016).
  10. ^ Francesca Cortesi Bosco, Il coro intarsiato di Lotto e Capoferri, edizioni Amilcare Pizzi, 1987, ISBN 88-366-0212-6.
  11. ^ Francesco Maria Tassi, Vite de'pittori,scultori e architetti bergamaschi, su books.google.it. URL consultato il 12 aprile 2016.
  12. ^ Giuseppe Beretti, Francesco Capoferri, su laboratorioberetti.eu, laboratorio Bettetti. URL consultato il 12 aprile 2016 (archiviato dall'url originale l'11 maggio 2018).
  13. ^ Giuseppe Baretti, Gianfranco Capoferri, su laboratorioberetti.eu, Lavoratorio Giuseppe Baretti. URL consultato il 12 aprile 2016 (archiviato dall'url originale l'11 maggio 2018).
    «iclo che Capoferri realizza traducendo in legno i cartoni perduti del Lotto sono i capolavori della tarsia rinascimentale libera dagli schemi prospettico architettonici impressionarono gli storici dell’arte dal tempo dei pionieri»

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mauro Zanchi, Lorenzo Lotto e l'immaginario alchemico, Clusone, Ferrari Editrice, 1997, ISBN 88-86475-78-0.
  • Andreina Franco Loiri Locatelli, la Basilica di Santa Maria Maggiore, n. 12-13, La Rivista di Bergamo, Giugno 1998.
  • Mauro Zanchi, La Bibbia secondo Lorenzo Lotto. Il coro ligneo della Basilica di Bergamo intarsiato da Capoferri, Bergamo, 2003.
  • Francesca Cortesi Bosco, Il coro intarsiato di Lotto e Capoferri, edizioni Amilcare Pizzi, 1987, ISBN 88-366-0212-6.
  • Pietro Pesanti, La basilica di S. Maria Maggiore in Bergamo, Stamperia editrice commerciale, 1936.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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