Tarsie del coro di Santa Maria Maggiore di Bergamo

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Tarsie del coro di Santa Maria Maggiore
AutoriGiovan Francesco Capoferri su disegno di Lorenzo Lotto e altri
Data1522-1533
Tecnicatarsia lignea
UbicazioneChiesa di Santa Maria Maggiore, Bergamo
L'arca di Noè

Le tarsie del coro di Santa Maria Maggiore sono un importante complesso di intarsi lignei, realizzati tra il 1524 e il 1532 da Giovan Francesco Capoferri e altri su disegno prevalentemente di Lorenzo Lotto, ma anche altri artisti; si trovano nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Bergamo.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa di santa Maria Maggiore agli inizi del XVI secolo, si presentava ancora in stile gotico, priva degli stucchi e delle colonne marmoree che la arricchirono nel XVII secolo. La grande navata era illuminata solo dalle bifore e trifore che si affacciavano dal matroneo superiore[1]. L'abside era illuminato da tre finestre di misura inferiore alle cinque poste nei secoli successivi, ed era affrescata dal dipinto di Pecino da Nova con gli episodi della vita di Maria e da Michele da Ronco, mentre la fascia superiore vi era la grande immagine del Diluvio Universale[2].

Sull'altare maggiore vi era una statua della Madonna che non era considerata consona al valore della nuova basilica, venne quindi ordinata una in argento, statua che non venne mai eseguita, ma in attesa venne ordinato un coro che fosse consono alla futura statua. Venne quindi arricchito il presbiterio di un coro: «Un bello et laudabile choro, presbiterio, banchi et ornamenti».[3]

Il 12 marzo 1524 Lorenzo Lotto e i presidi della consorzio della Misericordia Maggiore stipularono gli accordi per la realizzazione dei disegni delle tarsie per il coro della basilica mariana[4].

«I presidenti del Consortio de la Misericordia da Bergamo [...] per una parte, et m.ro Lorenzo Lotto da Venetia pentore per l'altra»

(Francesca Cortesi Bosco)


Tra i presidi risulta Trussardo da Calepio nipote di Ambrogio Calepio, mentre presidente Giacomo Grumelli.

Esiste una documentazione abbastanza precisa sulle tarsie di Santa Maria Maggiore, basata su testimonianza d'archivio e sulla corrispondenza di Lotto stesso. L'opera ruotava intorno a Giovan Francesco Capoferri, giovane e talentuoso intarsiatore originario di Lovere, che il 23 ottobre 1522 venne incaricato di approntare un nuovo coro per Santa Maria Maggiore, chiesa civica della città. Soprintese ai lavori il Consorzio della Misericordia, che decise di far intarsiare i sedili della parte anteriore del coro, destinati ai religiosi, lasciando quelli dei laici, nella parte dietro all'altare, senza decorazione. Inoltre vennero previste quattro tarsie più grandi, per le estremità dei seggi verso la navata[5].

Il progetto architettonico venne eseguito da Bernardo Zenale, mentre Giovanni Belli di Ponteranica, falegname, divenne assistente del Capoferri. All'inizio la committenza affidò prudentemente la produzione dei cartoni a più artisti, ricevendo dal Lotto quello per un'Annunciazione. I primi sette cartoni sarebbero dovuti essere prodotti quindi anche da un certo Nicolino di Bartolomeo Cabrini, artista locale semisconosciuto, che però morì nel 1524 a seguito di un grave infortunio, che gli causò la rottura della testa e che venne inutilmente curato dal cerusico Battista Cucchi[6]. A quel punto i responsabili stripularono patti con Lotto per tutte le tarsie che restavano da fare (marzo 1524). Il compenso pattuito era di 9 lire per le scene narrative e 1 lira e 14 soldi per i coperti, indipendentemente dalle dimensioni[5].

I disegni delle tarsie realizzati dal Lotto rispondevano alla direzione della luce reale disegnando i cartoni in chiaroscuro, riteneva infatti non sufficienti le luci che illuminavano il presbiterio, tenne quindi in considerazione i 14 piccoli oculi presenti nella cupola centrale[7]. Nel 1524 Lotto aveva già fornito nove cartoni per le tarsie figurate, otto per coperti e due per i fianchi dei piedistalli delle sedie, tradotti con fedeltà e talento dal Capoferri. Nel 1525 Lotto consegnò altri sette cartoni (uno grande), quattro disegni per coperti e due per altre fiancate dei sedili. A volte, dopo la realizzazione dell'intarsio, Lotto ritornava all'opera per la profilatura finale[5].

Presto nacquero contenziosi sui compensi tra Lotto e il Consorzio, poiché il pittore giudicava la sua retribuzione inadeguata, e al rifiuto dell'aumento smise di occuparsi della profilatura delle tarsie. Il contenzioso si trascinò a lungo, oltre la partenza per Venezia del pittore nel dicembre 1525, e non è un caso che Lotto in futuro non mise più piede a Bergamo, per non rischiare di dover prestarsi alla rifinitura delle tarsie senza venire retribuito[5].

La lontananza complicò ma non interruppe la prestazione di disegni: istruzioni epistolari correvano tra artista e committenti, mentre il pittore completava la serie, fino al 1532, quando la collaborazione fu interrotta lasciando incompiuti otto cartoni. Il ricco carteggio (1524-1532) mostra il progressivo deteriorarsi dei rapporti tra committenti e artista, il quale non cessò mai di rinnovare, invano, le sue richieste e pretese la restituzione dei cartoni, temendo che qualcuno se ne appropriasse indebitamente[8].

Lotto non venne informato della variazione del progetto originario, montando i coperti come decorazioni degli stalli dei laici, stravolgendo il programma iconografico originale per esigenze puramente decorative[8]. Nel luglio del 1530 il coro e gli stalli iniziarono ad essere montati nel presbiterio della basilica, e il Lotto mandò nel gennaio seguente gli ultimi sei disegni delle imprese.

Capoferri, nel 1534, morì a soli 37 anni, dopo aver completato il suo lavoro sui disegni di Lotto: anche tra i due i rapporti erano ormai compromessi, lasciando anche una famiglia in grave difficoltà economica necessitando di sostegno dalla carità pubblica. Nella coperta di Giuseppe venduto dai fratelli Lotto aveva inserito un suo autoritratto con quello dell'intagliatore, a simbolo della loro eterna amicizia, che però alla prova del tempo non si dimostrò tale.

Tra il 1554 e il 1555, due dei figli di Capoferri, Zinino e Alfonso, porteranno a termine il grande coro bergamasco, con l'aggiunta del coro dei laici. Lorenzo Lotto morì a Loreto dove si era stabilito nel 1556 senza mai vedere finito la sua opera, che richiese un lavoro complessivo di cinquanta anni, venendo infatti finita tra il 1572 e il 1573. Sarà esposta con orgoglio dai sindaci della Fondazione MIA alla Visita Pasolale del 1575 di san Carlo Borromeo[9].

Il migliore studio sulle tarsie di Capoferri e Lotto è la monografia di Francesca Cortesi Bosco, del 1987.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il coro e le tarsie[modifica | modifica wikitesto]

Il coro è posizionato entro una recinzione lignea aperta nella parte centrale sormontata da un grande arco, per permettere ai fedeli di seguire le funzioni liturgiche. L'interno è composto da ventisei stalli destinati al capitolo. Tre gradini accompagnano all'altare che è affiancato da due grandi banchi che hanno tre stalli cadauno, anticamente dedicati ai presbiteri quelli posti a sinistra e ai rettori veneti quelli a destra. Oltre vi sono i diciassette stalli riservati ai cittadini di maggior rilievo, generalmente deputati del Consiglio Minore o reggenti della Congregazione della Misericordia Maggiore. Questa è una particolarità della chiesa, nella sua forma laica, al vescovo infatti, quando non celebrava, non era consentito sedere centralmente, ma prendeva una posizione laterale, questo perché i rettori volevano mantenere la propria autonomia dalle autorità ecclesiastiche[7].

Durante la realizzazione delle tarsie, fu nominato un consulente teologico per meglio sviluppare i temi scelti dall'Antico Testamento, il francescano Girolamo Terzi.

I Coperti[modifica | modifica wikitesto]

Il 16 giugno 1524, probabilmente colpiti dal pregio che il lavoro andava assumendo e prevedendo l'usura del tempo, i consorziati decisero di richiedere anche delle tavole di protezione per le tarsie, veri e propri coperchi mobili, che dovevano essere a monocromo, mentre per le tavolette principali era prevista una decorazione policroma. I coperti da applicare su ciascuna tarsia dovevano presentare simboli e allusioni alle scene sottostanti.

Il Lotto, va considerato, che fosse grande amico di Giovanmaria Rota figlio di Francesco, e consigliere della Congregazione della Misericordia che aveva approfondito studi alchemici con i più grandi alchimisti di quegli anni, a lui si deve la cultura ermetico-alchemica trasmessa all'artista veneziano necessaria alla realizzazione dei coperti[10].

La realizzazione dei coperti delle tarsie resta un caso unico nella storia dell'Arte, esempio unico di riflessione spirituale che dovevano condurre attraverso un cammino spirituale alla narrazione biblica contenuta nelle tarsie stesse. Lotto non avrebbe potuto compiere un approfondimento tanto spirituale e ipnotico senza la collaborazione di Giovan Battista Suardi, nobile letterato e conoscitore del latino, cosa di cui l'artista era carente, e che aveva commissionato proprio nel 1524 la realizzazione degli affreschi nell'Cappella Suardi, creando un rapporto intimo con l'artista. Lotto chiamò questi coperti Imprese e proprio i due personaggi il 20 agosto del medesimo anno, consegnarono alla Fondazione MIA i disegni per i due coperti posti all'ingresso del Coro dei Religioni. I religiosi colsero l'aspetto di profonda metafora alchia spiriturale che i disegni contenevano, si consideri che se i disegni avrebbero avuto poca comprensione in un qualsiasi normale osservatore, così non dovette essere per i sacerdoti della basilica che avevano un'ottima preparazione teologica.[11]. Vescovo di Bergamo era Pietro Lippomano, e il Lotto aveva conosciuto nel 1503 Giovanni Aurelio Augurelli[12] che al futuro vescovo aveva scritto il libro dei Geronticon, questo indica quanto del mondo intellettuale del tempo girasse intorno all'artista e a Bergamo.

Il Lotto interpretò l'arte come il mezzo per comprendere la creazione e la fede esattamente come l'alchimia, anche se il significato non sempre è di facile interpretazione.

Le tarsie di Lotto[modifica | modifica wikitesto]

# Immagine Soggetto Anno Dimensioni Coperto Soggetto Anno Dimensioni
01 Sommersione del faraone 1526-1527 68x99,8 cm Impresa 1526-1527 75,7x109,5 cm
02 Arca di Noè 1525 68x101 cm Restauratio humana 1525 76,5x109,5 cm
03 Giuditta 1527 68x100,3 cm Viduitatis gloria 1527 75,2x109,5 cm
04 Davide e Golia 1525-1526 68x101 cm Maximi certaminis victoria 1525-1526 76,5x109,5 cm
05 Creazione del mondo e di Adamo 1524 circa 44x45,6 cm Chaos magnum 1524 circa 60x50 cm
06 Creazione di Eva, Peccato originale e Cacciata dei progenitori 1524 44x46 cm Quia comedisti de ligno 1524 60x50 cm
07 Caino e Abele 1524 44x46 cm Sacrifici di Caino e di Abele 1524 circa 50x60 cm
08 Uccisione di Abele 1524 44x46 cm Pietas inobedientia 1524 circa 60x50 cm
09 Sacrificio di Enoc 1524 44x46 cm Musica 1524 circa 60x50 cm
10 Sacrificio di Jubal 1524 44x46 cm Tubalis [sic] sacra musicae inventum 1524 60x50 cm
11 Ebbrezza di Noè 1524 44x46 cm Simboli bacchici 1524 circa 60x50 cm
12 Sacrificio di Melchidesech 1524 circa 44x46 cm Victoria 1524 circa 60x50 cm
13 Incesto di Lot e incendio della Pentapoli 1526-1527 44x46 cm
14 Sacrificio di Isacco 1524 44x46 cm
15 Giuseppe venduto dai fratelli 1524 44x46 cm Fratrum quoque gratia rara est 1524 60x50 cm
16 Sacrificio dei genitori di Sansone 1529 o 1530 44x46 cm Simboli 1529 o 1530 60x50 cm
17 Sansone uccide il leone e spinge con le fiaccole le volpi nelle messi dei nemici 1529 o 1530 44x46 cm Fascine e altri simboli 1529 o 1530 60x50 cm
18 Sansone uccide i filistei con una mascella d'asino e porta sul monte le porte della città 1529 o 1530 44x46 cm Simboli 1529 o 1530 60x50 cm
19 Sansone tradito da Dalila 1529 o 1530 44x46 cm Simboli 1529 o 1530 60x50 cm
20 Davide trasporta l'arca santa ed è schernito 1525-1527 44x46 cm Humilitatis et pacienciae exemplum 1527 60x50 cm
21 Suicidio di Achitofel 1526-1527 44x46 cm Due uomini che precipiotano in un abisso 1527 60x50 cm
22 Morte di Assalonne 1526-1527 44x46 cm Divina vindicta impietatis 1527 60x50 cm
23 Davide piange la morte di Assalonne 1526-1527 44x46 cm Heu fili mi 1527 60x50 cm
24 Uccisione di Amasa 1524 circa 44x46 cm Uomo coronato d'alloro in un cerchio, con spada sguainata e pugnale 1524 circa 60x50 cm
25 Elia nel deserto 1527 circa 44x46 cm Surge comede 1527 circa 60x50 cm
26 Ester e Assuero 1527 44x46 cm
27 Martirio dei fratelli Maccabei con la madre 1525 44x46 cm Potius 1525 circa 60x50 cm
28 Serpente di bronzo 1525 44x46 cm Simboli 1527 60x50 cm
29 Consegna delle tavole a Mosè 1525 44x46 cm Tavole della Legge 1527 60x50 cm
30 Amnon e Tamar 1525 44x46 cm Impresa 1527 60x50 cm
31 Uccisione di Amnon 1525 44x46 cm Uomo in cerchio che uccide di spada un altro uomo coronato 1525 60x50 cm
32 Giona e la balena 1525 44x46 cm Figura recuperationis nostrae 1527 60x50 cm
33 Susanna e i vecchioni 1524 44x46 cm Pocius mori 1524 circa 60x50 cm

In generale le scene bibliche di Lotto mostrano un'inesauribile fantasia scenica, con una narrazione sciolta e così diversa dai toni aulici e composti delle opere di Tiziano in quegli stessi anni. Numerosi sono gli spunti popolari, soprattutto negli episodi biblici, uniti a una simbologia erudita e a volte criptica nei coperti, che però a grandi linee sono pure efficaci e immediati. I coperti invece sono composti secondo lo stile degli emblemi araldici, con oggetti simbolici accostati ad artificio ed accompagnati da brevi motti che ne chiariscono il significato[13]. Ciò generava immagini suggestive e di facile memorizzazione, che aiutavano i religiosi a meditare sui significati degli episodi biblici[14].

Nella generale complessità di significati, tratti dalla scolastica e dalla filosofia, si trovano anche citazioni alchemiche, legate a messaggi che raccomandano l'ascesi: nella cultura dell'epoca, dopotutto, l'affinità tra il processo di trasformazione dei metalli e quello spirituale dell'animo umano era spesso accostata[15]. Ciò si vede bene, ad esempio, nel coperto della Restauratio humana sopra l'Arca di Noè, situata sul fronte del coro. In essa, sopra l'arca che fluttua, si eleva un'asta che regge una serie di strumenti da alchimista, quali la borsa della pietra di paragone, il crogiuolo con le sette verghe di metallo e la bilancia. Il significato è che come Noè rinnovò l'umanità selezionandola nella sua arca (Restauratio), così l'uomo deve purificare la propria anima verso la perfezione e la beatitudine, in maniera analoga a quanto fanno gli alchimisti con i metalli che vengono trasformati in oro. Lotto doveva essere familiare a questi temi, sin dal suo soggiorno giovanile a Treviso, dove nel 1471 erano stati pubblicati i testi di Ermete Trismegisto tradotti da Marsilio Ficino e dove tra il 1503 e il 1505 soggiornò Giovanni Aurelio Augurelli, autore di un poema alchemico[15].

Tra le composizioni più efficaci figura quella di David e Golia, costruita come una doppia scatola prospettica con sottili giochi chiaroscurali: in primo piano si vede Davide che colpisce il gigante con la fionda e più a sinistra il momento successivo, della decapitazione, per poi proseguire nel racconto a destra in fondo, dove il giovane eroe porta in città la testa di Golia[16].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ La Rivista di Bergamo, 12.
  2. ^ La Rivista di Bergamo, p 14-15.
  3. ^ Pietro Pesanti, La basilica di S. Maria Maggiore in Bergamo, Stamperia editrice commerciale, 1936.
  4. ^ Francesca Cortesi Bosco, Registri biografici - Patti, mercati, bollettini, polizze, mandati e ricevute, II, 1987.
  5. ^ a b c d D'Adda, cit., pag. 48.
  6. ^ Andreina Franco-Loiri Locatelli, Lorenzo Lotto-La vicinia di san Michele del Pozzo Bianco e la casa di Nicolò Bonghi, La Rivista di Bergamo, 1998, p. 101.
  7. ^ a b La Rivista di Bergamo, p 16.
  8. ^ a b D'Adda, cit., pag. 50.
  9. ^ CARMINE MARIO MULIERE, Lorenzo Lotto e Giovanni Francesco Capoferri, su 1995-2015.undo.net, undo.net. URL consultato il 6 giugno 2018.
  10. ^ Andreina Franco Loini Locatelli, il cerusico Battista Cucchi, La Rivista di Bergamo, 1998, p. 82.
  11. ^ Mauro Zanchi, Lorenzo Lotto e l'immaginario alchemico, Ferrari editrice, 1997.
  12. ^ R. Weiss, "AUGURELLI (Augurello, Agorelli), Giovanni Aurelio", in Dizionario Biografico degli Italiani. URL consultato il 6 giugno 2018.
  13. ^ D'Adda, cit., pag. 64.
  14. ^ D'Adda, cit., pag. 65.
  15. ^ a b D'Adda, cit., pag. 67.
  16. ^ D'Adda, cit., pag. 69.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Pietro Pesanti, La basilica di S. Maria Maggiore in Bergamo, Stamperia editrice commerciale, 1936.
  • Andreina Franco Loiri Locatelli, la Basilica di Santa Maria Maggiore, n. 12-13, La Rivista di Bergamo, Giugno 1998.
  • Mauro Zanchi, Lorenzo Lotto e l'immaginario alchemico, Clusone, Ferrari Editrice, 1997, ISBN 88-86475-78-0.
  • Carlo Pirovano, Lotto, Milano, Electa, 2002, ISBN 88-435-7550-3.
  • Roberta D'Adda, Lotto, Milano, Skira, 2004.
  • Mauro Zanchi, La Bibbia secondo Lorenzo Lotto. Il coro ligneo della Basilica di Bergamo intarsiato da Capoferri, Bergamo, 2003 e 2006.
  • Francesca Cortesi Bosco, Il coro intarsiato di Lotto e Capoferri per Santa Maria Maggiore in Bergamo, Milano, Credito Bergamasco, 1987.
  • Mauro Zanchi, In principio sarà il Sole. Il coro simbolico di Lorenzo Lotto, Firenze-Milano, Giunti, 2016, ISBN 978-88-09-83057-8.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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