Capitello votivo

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Pilone votivo a Callabiana dedicato alla Madonna di Oropa

Il capitello votivo o edicola votiva o pilone votivo è una struttura architettonica religiosa cristiana di piccole dimensioni, che nasce da un culto popolare tramandato nei secoli. Normalmente un capitello viene costruito come ex voto per uno scampato pericolo, come una carestia o una pestilenza, ma serve anche come strumento di aggregazione della comunità cristiana, che presso di esso si può unire in preghiera (specie per la recita del rosario).

In Sicilia prende nome di artareddu o cona, in parte della Lombardia è comunemente chiamato santella, in Toscana tabernacolo o "marginetta", nel Veneto è denominato capitèƚo, in Piemonte pilone e in Emilia-Romagna maestà[1].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Venivano costruiti nei luoghi di confine, agli incroci delle vie di comunicazione, sui valichi[2] oppure in luoghi dove la tradizione popolare individuava una motivazione religiosa alla costruzione.

Fino alla metà del XX secolo e in alcune parrocchie ancora nel ventunesimo secolo, sono meta della celebrazione delle Rogazioni, processione effettuata per chiedere la protezione divina contro i danni dovuti al maltempo. Nelle campagne venete può capitare di incontrare un capitello dove sono presenti delle croci costruite dai contadini e benedette appunto in occasione di queste processioni.

È tradizione in particolari momenti dell'anno liturgico, raccogliersi in preghiera per il rosario, soprattutto nel mese di maggio, mese dedicato alla Madonna. Può anche succedere vi venga celebrata la Santa Messa.

Sono frequenti i restauri, in qualche caso anche la ricostruzione, o costruzione di capitelli, per fare memoria di un avvenimento, oppure per creare comunità, infatti come nei tempi passati sono ancora gli abitanti del luogo, che si fanno promotori.

Ma i capitelli votivi non sono presenti solo in Italia; i tanti triveneti emigrati soprattutto in Brasile, fondarono città dove vennero erette case, chiese e campanili e capitelli votivi, in una sorta di riproposizione della propria terra d'origine.[3]

Tipologia[modifica | modifica wikitesto]

Ci sono diversi forme di capitelli:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Adriana Toffanetti Ferretti, Maestà rusticali di Reggio Emilia e provincia, Reggio Emilia, Gianni Bizzocchi, 2005.
  2. ^ Passi e valli in bicicletta. Toscana, Volume 1. pag. 34
  3. ^ Quei nostri fratelli in Brasile Archiviato il 20 giugno 2010 in Internet Archive., URL consultato il 1º dicembre 2008
  4. ^ Vedi a tal proposito "La vetusta farnia sacra di Castelliviero" a Mirano[1] Archiviato il 5 marzo 2016 in Internet Archive. Alberi sacri censiti nel veneziano

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Culto e devozione attorno al capitello trevigiano, in I capitelli e la società religiosa veneta, Vicenza, Istituto per le ricerche di storia sociale e di storia religiosa, 1979, pp. 65–87
  • Giuseppe Frigo - Paolo Spigariol, Alberi Sacri. Capitelli votivi nella tradizione popolare, Vianello Libri, pp169, ISBN 88-7200-147-1, 2003
  • Elena Del Savio, Friuli-Venezia Giulia, di Touring club italiano, Touring Club Italiano, 1982, ISBN 88-365-0007-2, 573pag
  • Adolfo Venturi, Jacqueline D. Sisson, Storia dell'arte italiana, Ulrico Hoepli, 1908
  • Corinna Marcolin, Le lagune del Veneto orientale, Nuova Dimensione, 2004, ISBN 88-89100-05-2, 186pag
  • Alberto Ferraris, Passi e valli in bicicletta. Toscana, Ediciclo Editore, 1999. ISBN 88-85318-21-5, 144pag
  • Valeria Casini, Chi passa per questa via... Itinerari di devozione tra piloni e affreschi delle Alpi occidentali, Priuli & Verlucca, 2005, ISBN 978-88-8068-280-6

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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