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Domenico Buffa

Ministro dell'Agricoltura e Commercio
Durata mandato16 dicembre 1848 –
27 marzo 1849
PredecessoreLuigi Torelli
SuccessoreFilippo Galvagno

Commissario straordinario di Genova
Durata mandato17 dicembre 1848 –
18 marzo 1849
PredecessoreGiacomo Durando
SuccessoreAlfonso La Marmora

Intendente generale per la provincia di Genova[1]
Durata mandato30 dicembre 1852 –
17 dicembre 1854
PredecessoreAntonio Piola
SuccessoreDiodato Pallieri

Dati generali
FirmaFirma di Domenico Buffa

Template:Membro delle istituzioni italiane Domenico Buffa (Ovada, 16 gennaio 1818Torino, 19 luglio 1858) è stato un politico, scrittore e patriota italiano.

Deputato al Parlamento Subalpino, Ministro nel Governo Gioberti e Commissario straordinario della città di Genova, è ricordato soprattutto per il ruolo svolto nella preparazione e realizzazione dell'accordo politico fra Cavour e Rattazzi, passato alla storia con il nome di connubio.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La giovinezza tra letteratura, poesia e studi storici[modifica | modifica wikitesto]

Il giovane Buffa studente a Carcare in divisa da convittore.

Nato da Stefano e Francesca Pesci, un'agiata famiglia ovadese di estrazione borghese di elevata cultura e saldi principi religiosi, la sua educazione giovanile è affidata allo zio Francesco (1777-1829), un medico seguace di Edward Jenner e, successivamente, al collegio degli Scolopi di Carcare.

Nel 1834 si trasferisce a Genova per studiare aritmetica e l'anno successivo si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell'Ateneo cittadino. Stefano Buffa viene però a conoscenza che il figlio a Genova frequenti, secondo lui, ambienti pericolosi, visti i suoi incontri e le sue amicizie con esponenti sansimonisti e mazziniani[2]. Su pressione del padre quindi, il giovane Buffa si trasferisce a Torino dove si laurea nel 1840 e, da apprendista, pratica per qualche tempo nello studio dell'avvocato Giuseppe Cornero. È probabilmente in questo ambiente che conosce ed entra in contatto con molti giovani già affermati nel campo della cultura come Lorenzo Valerio, Domenico Carutti e Massimo Cordero di Montezemolo. Nel frattempo ha già dato alle stampe gli Inni, una raccolta poetica di ispirazione manzoniana. Nel 1838 inizia anche uno studio storiografico e filologico delle tradizioni popolari nel Regno, Saggio di Sapienza Popolare. La sua ricerca, Raccolta di canzoni popolari, che interessò anche il Tommaseo[3], è inserita anni dopo (nel 1888) nei celebri Canti popolari del Piemonte di Costantino Nigra[4]. L'interesse comune su questi temi porteranno il Buffa a frequenti scambi epistolari con il già citato Tommaseo, con gli intellettuali di Toscana Gino Capponi, Giovan Pietro Vieusseux e Giuseppe Giusti.

A Torino collabora con "Il Subalpino", fondato e diretto dal Montezemolo, e con le "Letture popolari" del Valerio. Affascinato dalle opere di Giambattista Vico, il Buffa scrive anche un dramma sulla vita dell'autore della Scienza Nuova . L'opera, Giambattista Vico, dramma di Domenico Buffa preceduto da alcune poesie dello stesso, pubblicata da Carlo Schiepatti a Torino ai primi di luglio del 1845[5], verrà criticata sfavorevolmente da Angelo Brofferio e Felice Romani.

Dal febbraio all'agosto del 1846 il Buffa soggiorna a Firenze. Grazie alle amicizie epistolari già citate frequenta il Gabinetto Vieusseux e conosce, tra i tanti intellettuali, Massimo D'Azeglio, Giovanni Battista Niccolini e Giacinto Collegno. L'amicizia con il Vieusseux[6] lo porta a collaborare anche all'Archivio Storico Italiano.

Tornato nel Regno sabaudo, a settembre è a Genova dove partecipa all'VIII Congresso degli scienziati, un'ottima occasione di incontro politico e culturale[7]. Frequenta soprattutto la casa di Giorgio Doria ed entra a far parte del Comitato dell'Ordine. Il Doria, che nel 1830 fu sospettato di essere iscritto alla Carboneria e nel 1831 un rapporto del governatore di Genova lo definiva «persona avversa al governo», pare ora attestato su posizioni liberalmoderate e filomonarchiche ed è in contatto con Filiberto Avogadro di Collobiano e Cesare Trabucco, segretario privato di Carlo Alberto, che raccomandano prudenza e moderazione[8] nell'organizzare iniziative per ottenere le riforme liberali nel Regno di Sardegna. Sotto la presidenza del Doria viene così costituito, nel settembre del 1847 quando la tensione patriottica ha raggiunto a Genova punte rilevanti, un comitato dell'ordine che comprende sì liberali, democratici e mazziniani, ma che mira ad assicurare ai primi il controllo dei movimenti popolari[8]. Del comitato fanno parte anche Goffredo Mameli e Nino Bixio, «decisi a pungolare da vicino la linea moderata per spingerla verso lo sbocco cui tenevano di più, ossia la guerra all'Austria[9]».

In quel periodo Buffa abbandonava la letteratura e gli studi storici ed etnografici per dedicarsi al giornalismo politico[10].

Il giornalista e politico[modifica | modifica wikitesto]

«Domenico Buffa aveva per la schiettezza dei modi e la lealtà dell'animo anche la stima degli avversari[11]»

Nel novembre del 1847 il giornale pisano L'Italia di Giuseppe Montanelli e Silvestro Centofanti pubblicava alcune lettere anonime sulle condizioni della vita politica subalpina, che lo stesso Montanelli nel 1853 ricorda così:

«Fra i piemontesi scrittori che misero bocca in consulta di cosa pubblica, fu differenza d'opinione intorno al modo di governarsi rispetto alle magagne domestiche : alcuni occultarle, altri volevano rispettosamente sì, ma francamente farle conoscere. Balbo e i fratelli Massimo e Roberto d'Azeglio , compari dello pseudo-italianismo albertino, tiravano giù dell'Austria, sdottoravano degli altri governi italiani, non fiatavano del loro, il che avrebbe fatto credere che veramente fosse un governo modello, mentre era peggio assai che lo austriaco. A quattr'occhi costoro convenivano che Carlo Alberto reggeva malissimo, e il Balbo a più di uno disse che tremava a pensare pigliata da costui la impresa della indipendenza italiana, sicuro che l'avrebbe sciupata. E nulladimeno andavano in bestia se alcuno osava dir forte quel che dicevano essi pure sottovoce, e Balbo mi fece gridare perché nell'autunno del '47 prima che Carlo Alberto piegasse a riforma, presi a pubblicare nel giornale L'Italia, alcune lettere d'un anonimo sul Piemonte le quali alzavano il velo alla Iside misteriosa. Lo anonimo autore di quelle lettere era Domenico Buffa ligure già noto per affettuose liriche, e filosofici scritti. Egli sdegnò la congiura dello ingannatore silenzio, e senza passione spiattellava le cose com'erano , e se avvi ancora chi creda doversi le presenti larghezze piemontesi a spontaneità progressivamente educatrice del monarcato, rilegga quelle lettere del Buffa, le quali gli diranno come si stava in Piemonte alla vigilia dello statuto[12]»

Il Castelli, nel dedicare qualche pagina al connubio nei suoi Ricordi, essendo trascorsi alcuni lustri, scrisse a Rattazzi per avere una autorevole testimonianza:

«Vi ricorderete [gli scrisse questi da Firenze il 1º maggio 1870] che le basi del connubio [...] furono intese in modo definitivo nel dicembre del 1851 o gennaio 1852, in casa vostra, in una riunione alla quale presero parte oltre di voi, il compianto Cavour, allora ministro di agricoltura e commercio nel gabinetto d’Azeglio, il povero Buffa e lo scrivente [...]. Se quella riunione [...] ha potuto aver luogo e se poté perciò formarsi quel partito, che [...] parmi poter dire abbia reso in appresso grandi servigi alla libertà e all’Italia, il merito è dovuto in gran parte a voi ed al povero Buffa [...]. Io non aveva in quel tempo col conte Cavour strette relazioni personali, e confesserò [...] che rimaneva [...] una qualche diffidenza intorno ai di lui sentimenti liberali e italiani [...]. Voi invece che eravate intimamente legato a Cavour [...] avete potuto togliere dall’animo mio ogni incertezza ed indurmi ad un riavvicinamento che l’interesse del paese consigliava[13]»

.

Il Buffa scrive a Garibaldi:

«Ill.mo Signor Generale, [...] Ella non avrebbe difficoltà di una qualche dichiarazione che impedisse a taluni di abusare più oltre del suo nome e dentro e fuori del nostro paese. [...] Il Governo poiché ricevette la sua parola d'onore, non ha per sé bisogno d'altre assicurazioni [...]. In tale affare, adunque, io me ne rimetto intieramente al buon giudizio della S.V. Ella vedrà se sia giusto ed opportuno troncare con una sua parola le arti di coloro che si valgono del suo nome per agitare gli animi nell'interno dello Stato [...][14]»

Alcune considerazioni del Buffa le troviamo anche in una lettera inviata al sindaco di Genova:

«[...] Venuto il discorso sull'abuso che taluni fanno del suo nome [di Garibaldi] per agitare gli animi nell'interno del paese e spargere speranze illusorie al di fuori, disse che [...] se il governo credesse utile una sua dichiarazione pubblica, egli non avrebbe difficoltà a farla.»

Scriveva Cavour : «Ho ricevuto la lettera colla quale mi annunziate la morte del povero Buffa. È una perdita grave che fa il partito liberale o per dir meglio il paese, giacché Buffa era pure un uomo di partito, ma un buon cittadino, un abile oratore, un carattere distinto. Sarebbe stato all'occorrenza un buon ministro. Sono certo che tutti e La Marmora in ispecie lamenteranno quest'immatura perdita[15]».

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ L'intendenza generale, oltre alla provincia di Genova, in quel periodo aveva alle proprie dipendenze le province di Novi, di Chiavari e del Levante (Spezia), in L. Piccardo, p. 481, nota 30.
  2. ^ L. Piccardo, p. 477.
  3. ^ Cfr. Emilio Costa, Tommaseo, Nigra e la "Raccolta di canzoni popolari" del Piemonte di Domenico Buffa, in "Archivio storico del Monferrato", I (1960), 1-2, pp. 107-129.
  4. ^ Cfr. biografia del Buffa in Treccani.it. URL consultato il 22 aprile 2012.
  5. ^ E. Costa, (1968) 2008, p. 203.
  6. ^ Il Vieusseux scriveva il 18 agosto 1846 a Domenico: «Mio caro Buffa. Volete voi farmi il piacere di mangiare la zuppa dimani da me con un distinto romano, il D. Pantaleoni, cultore delle scienze storiche e sociali, alle ore 5 ?», in E. Costa, (1968) 2008, p. 206, nota 71.
  7. ^ E. Costa, (1968) 2008, p. 205. La sua presenza è documentata nell'elenco dei membri della riunione, in Atti dell'ottava riunione degli scienziati italiani tenuta in Genova, Ferrando, Genova 1847, pag. 26 (membro n. 169) GoogleLibri, su books.google.it. URL consultato il 28 maggio 2012..
  8. ^ a b Dalla biografia del Doria in Treccani.it. URL consultato il 2 maggio 2012.
  9. ^ Dalla biografia del Mameli in Treccani.it. URL consultato il 2 maggio 2012.
  10. ^ L. Piccardo, p. 479.
  11. ^ Vincenzo Gioberti, Del rinnovamento civile d'Italia, vol. I, Giuseppe Bocca, Parigi e Torino 1851, p. 375 GoogleLibri, su books.google.it. URL consultato il 22 aprile 2012.
  12. ^ Giuseppe Montanelli, Memorie sull' Italia e specialmente sulla Toscana dal 1814 al 1850, vol. 2°, Società Italiana, Torino 1853, p. 138 GoogleLibri, su books.google.it. URL consultato il 2 maggio 2012.
  13. ^ Michelangelo Castelli, Luigi Chiala (a cura di), Ricordi, L. Roux e C., Torino-Napoli 1888, pp. 72-73.
  14. ^ Emilio Costa e Erio Bertorello, Garibaldi e Domenico Buffa, URBS Silva et Flumen, XX, 3, sett. 2007, p. 195 (in pdf) (PDF), su accademiaurbense.it. URL consultato l'11 maggio 2012.
  15. ^ Lettera di Cavour del 22 luglio 1858 da Strasburgo a Teodoro De Rossi di Santa Rosa, in Luigi Chiala (a cura di), Lettere edite ed inedite di Camillo Cavour, vol. 2, La Roux, Torino-Napoli 1884, p. 323.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Emilio Costa, La giovinezza di Domenico Buffa (1818-1847), in Figure e gruppi della classe dirigente piemontese nel Risorgimento, Comitato dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Roma 1968, pp. 49–103. Ripreso in URBS Silva et flumen, XXI, 1, marzo 2008, pp. 7–15 (parte I), e URBS Silva et flumen, XXI, 3, settembre 2008, pp. 200–206 (parte II).
  • Emilio Costa (a cura di), Il Regno di Sardegna nel 1848-1849 nei carteggi di Domenico Buffa, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Roma 1966-1970, 3 voll.
  • Emilio Costa, Le carte di Domenico Buffa, in Rassegna Storica del Risorgimento, LI, fasc. IV, ottobre-dicembre 1964, pp. 551–566.
  • Emilio Costa, Domenico Buffa, Ministro del Regno di Sardegna, Commissario con pieni poteri a Genova (dicembre 1848), Atti del convegno "Studi di Storia Ovadese" 7-8 dicembre 2002, a cura di Alessandro Laguzzi e Edilio Riccardini, Accademia Urbense, Ovada 2005, pp. 371–455.
  • Lara Piccardo, Lettere di Domenico Buffa a Luigi Carlo Farini, Atti del convegno "Studi di Storia Ovadese" 7-8 dicembre 2002, a cura di Alessandro Laguzzi e Edilio Riccardini, Accademia Urbense, Ovada 2005, pp. 476–495.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]