Utente:Klaudio/sandbox 6

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La Marina italiana (Regia Marina) si sviluppò fino alla Prima guerra mondiale a fasi alterne, talvolta interrotte per motivazioni politiche, ma ebbe uno sviluppo iniziale molto limitato dall'amalgama delle marine preunitarie con la marina sarda, che però non portò ad una situazione stabile fino a dopo il 1866 e la Battaglia di Lissa. Da quel momento fino alla campagna di Etiopia ebbe una decrescita costante, che si invertì solo dopo l'inizio del XX secolo.

Lo sviluppo iniziale (fino al 1866)[modifica | modifica wikitesto]

All'atto della costitzione del Regno d'Italia la marina contava solo su 79 navi "pronte all'uso" e nessuna base a parte quella di Spezia[1]. In questa situazione la flotta, per le nuove costruzioni, dipendeva totalmente dall'estero compresi armamento e manutenzione, anche se a Pietrarsa, nell'ex Regno di Napoli, esistevano uno stabilimento di costruzione per macchine navali ed un bacino di crenaggio in muratura.

L'Italia si affacciava (e si affaccia) su tre mari (Tirreno, Ionio e Adriatico), tuttavia in quest'ultimo mare non aveva basi a parte Ancona, che non era ancora attrezzata a base navale, e Brindisi che costituiva un cardine per impedire alla flotta austriaca di uscire da tale mare[2], mentre l'altro cardine erano le isole ionie, sotto il controllo della Grecia, quindi, indirettamente, dalla Gran Bretagna[3]. Invece in tale mare l'Austria aveva una catena di basi, da Venezia a Ragusa, che le garanativano un possibille predominio marittimo in caso di guerra[2]. Pertanto era urgete trasformare Ancona in una base navale per poter ospitare tutta la flotta che poi avrebbe dovuto prendere l'offensiva per bloccare la flotta sutriaca nelle sue basi[2]. La situazione diplomatica con l'Austria non era molto felice, dato che il nuovo regno era sempre sull'orlo di una guerra per riuscire ad occupare Venezia, quindi la politica navale doveva necessariamente tenere presente una possibilità imminente di guerra con l'Austria[4].

Il versante tirrenico invece, era dominato dalla flotta della Francia, che era la seconda flotta del mondo (la prima era la Gran Bretgna), quindi era praticamente irraggiungibile dalla flotta italiana. Ne conseguiva che, per poter tenere il controllo dell'Adriatico, era opportuno avere una flotta che potesse affrontare la flotta austriaca anche se unita con quella spegnola[5], questa tendenza, sia pure raramente espressa, rimase alla base del costruzioni navali italiane fino alla fine della guerra del 15-18[6].

La situazione dello Ionio al momento non presentava problemi, tuttavia l'apertura del canale di Suez (di cui erano già iniziati i lavori) avrebbe portato nel futuro ad avere un traffico molto rilevante in tale mare[6].

La situazione iniziale della Regia Marina[modifica | modifica wikitesto]

In questo periodo iniziarono ad affermarsi le navi a vapore e le navi corazzate, dato che Francia e Gran Bretagna inizarono a costruire navi totalmente in ferro, tuttavia gli uffici tecnici navali erano ancora ibcerti sul futuro sviluppo di tali navi, considerando anche che la navi ereditate dagli stati preunitari erano tutte in legno. La marina italiana aveva quindi

  • 2 batterie corazzate (Terribile e Formidabile)
  • 71 navi a vapore (31 a elica e 40 a ruote)
  • 1 vascello(Re Galatuomo ex Monarca della Marina napoletana)
  • 9 pirofregate di cui 5 efficienti (Maria Adelaide, Duca di Genova, Vittorio Emanuele, Carlo Alberto, Garibaldi, proveniente dalla Marina napoletana) e 4 in costruzione (Principe Umberto e Principe di Carignano per la Marina sarda e Italia e Gaeta per la Marina napoletana)
  • 3 corvette di 1° rango (San Giovanni e Pricipessa Clotilde per la Marina sarda e la Magenta per la Marina toscana)
  • 1 corvetta di 2° rango (Etna dalla Marina napoletana)
  • 8 cannoniere (Confienza, Vinzaglio, Montebello, Varese dalla Marina sarda, Curtatone, Palestro, Veloce, Ardita dalla Marina toscana)
  • 2 avvisi (Calatafimi e Ferruccio dalla Marina sicilana di Garibaldi
  • 6 trasporti di provenienza etrogenea
  • 6 rimorchiatori (uno armato)[7]

Inoltre la marina aveva altre navi difficilmente catalogabili, tutte queste navi erano soggette continuamente a guasti ed incidenti, nonstante fossero imbarceti sulle navi stesse molti macchinisti stranieri, dato che solo nel Regno delle due Sicilie era stato formato un corpo di macchinisti navali[8].

Le basi, se si eclude Ancona, sede del comando dell'Adriatico[9]erano tutte o troppo lontane (La Spezia, Napoli e Messina) o decentrate rispetto al presumibile teatro di guerra (Taranto e Brindisi) o in mano all'Austria (Venezia e Trieste)[10].I lavori sulla base di Ancona fu accelerato, sotto l'impulso del ministro dei lavori pubblici Depretis dopo il 1861 con diversi lavori, fra cui la costruione di un bacino di carenaggio[11].

Il corpo degli ufficiali era scarso e, spesso, demotivato, a parte gli ufficiali della Repubblica di Venezia del 1848-1849, molto apprezzati nella nuova marina, ma in scarso numero, quindi i quattro quinti degli ufficiali veniva dalla Marina sarda o da quella napoletana mentre l'altro quinto veniva dalle altre marine preunitarie o dalla mrina siciliana istituita da Garibaldi. Le scuole per ufficiali di marina rimasero a Genova e Napoli, con ognuna di esse che generò una conventicola di ufficiali[12] senza riuscire ad amalgamare effettivamente il corpo. la marina mancava completamente di tradizioni recente, quindi doveva guardare inditro nel tempo alle Repubbliche Marinare ed all'Impero di Roma[13]. La rivalità fra Napoli e Genova era acuita dal fatto che nei due dipartimenti, che formalmente avrebbero dovuto cooperare, in realtà si trovavano praticamente solo torinesi (a Genova) o solo napoletatani (a Napoli), quindi si formasrono due centri di potere che, di fatto, esautoravano im Ministero della Marina[14].

Il piano organico per le costruzioni navali[modifica | modifica wikitesto]

Quando, durante la Guerra di secessione americana, la Merrimac della Marina Confederata nella baia di Chesapeake distrussse, senza subire danni, diverse navi di legno unioniste, fu abbastanza chiaro che il futuro non appartena più ai vascelli, ma alle navi corazzate. In Italia il governo precedente aveva impostato un piano di costruzioni basato appunto su vascelli in legno, quindi il Ministro della Marina (Persano) propose di concentrare le costruzioni su navi corazzate, quasi tutte da costruire all'estero[15]. Per di più il Ministero decise di costruire all'estero un ariete corazzato, cioè una nave che avrebbe affrontato le unità nemiche col rostro tentando di affonadrle, per questo motivo fu chiamato Affondatore.

Nel 1862 venne pubblicato il progetto di costruzioni navali che prevedeva per la Regia Marina:

  • 24 fregate corazzate di 1° ordine
  • 10 fregate corazzate di 2°ordine
  • 9 fregate
  • 12 corvette
  • 14 piroscafi avviso
  • 1 yacht reale
  • 14 piroscafi da trasporto
  • 6 cannoniere corazzate
  • 12 cannoniere
  • 6 batterie corazzate[16]

Questo progetto, pur con i suoi limiti rappresentava un passo avanti nella politica navale, in quanto indicava comunque una via per costruire una flotta organica e non un campionario eterogeneo di navi[16].

Il progetto fu rivisto nel 1863, aggiungendovi la costruzione di un grande convoglio per trasportare (in Adriatico) truppe e artutiglierie, soaituendo quindi alla visione precedente (cioè una guerra di squadre) quella di una guerra di sbarchi[17].

La Marina nella crisi del 1862[modifica | modifica wikitesto]

{{Vedi anche|Giornata dell'Aspromonte}}

Nella crisi del 1862 (crisi dell'Aspromonte) la Marina italiana si trovò fuori fase dallo svolgersi degli avvenimenti, tanto che il Persano (all'epoca Minsitro della Marina) lasciò Torino il 22 agosto per recarsi in Sicilia (dove in quel momento era ancora Garibaldi), arrivando a Messina il 26 agosto, mentre Garibaldi era partito da Catania per Melito (in Calabria) nella notte fra il 24 ed il 25 agosto[18]. Intanto la squadra francese dell'ammiraglio Rigault de Genoully, lasciata Aiaccio arivava il 29 agosto a Napoli, dove ancorava[18]. Il Persano, da Messina, toglieva il comando ai comandanti delle fregate Duca di Genova e Vittorio Emanuele e li metteva agli arresti di rigore in fortezza[18].

L'intervento a Tunisi[modifica | modifica wikitesto]

Fra l'aprile ed il settembre del 1864 la "squadra di evoluzione" al comando dell'Albini fu inviata a Tunisi per proteggere il bey dalle rivolte delle tribù beduine[19], insieme alla marina italiana operarono anche quella Francese e britannica La squadra italiana era formata dalla fregata Garibaldi e dalla corvetta Etna a cui successivamente si unì tutta la squadra dell'Albini, che salpò il 28 aprile verso la Tunisia[20], dove giuse la mattina del 30 trovandovi già la squadra francese (Algesiras e Redoutable), a cui successivamente si aggiunse tutta la squadra francese del Mediterraneo e quella britannica (Meane)[21]. Intanto la situazioni in Tunisia si andava evolvendo e le autorità locali non erano più in grado di garantire la sicurrezza degli europei, quindi due unità italiane a Susa caricarono gli europei presenti in città[21]. Una volta superata la crisi si iniziò a progettare uno sbarco per impedire che potenze ostili (essenzialmente Francia o Turchia) potessero impossersarsi di Tunisi. Una volta ottenuto l'assenso del bey, tuttavia il comandante francese (Bouet de Willaumez) rese noto che avrebbe respinto qualsiasi sbarco di qualsiasi forza se non fossero stati presi in precedenza accordi con il propio governo[22]. Infine il 23 settembre partirono simultaneamente tutte le squadre senza che nessuno stato potesse vantare di non aver "perso la faccia"[22].

La marina nella Terza guerra d'Indipendenza[modifica | modifica wikitesto]

{{Vedi anche|Battaglia di Lissa (1866)}}

Secondo il Gabriele la vittoria austriaca fu dovuta alla superiore capacità di manvovra della flotta austriaca rispetto a quella italiana e non alla formazione a cuneo, che lo stesso autore indica come "taumaturgica"[23]

Lo sviluppo della flotta fra il 1870 ed il 1890[modifica | modifica wikitesto]

Fra il 1870 ed il 1875 la flotta italiana si orienta alla costruzione di "grandi navi" che abbiano caratteristiche tali da renderle competitive con tutte la le altre marine (compresa quellabritannica)[24]. Vengono così varate la Duilio, la Dandolo, l<nowiki>'Italia e la Lepanto.

Dopo la firma del trattato di triplice Alleanza con Germania ed Austria-Ungheria l'Italia rinforza ulteriormente la marina arrivando nel 1890 ad essere la quarta marina mondiale[25]. Sono state varate tre corazzate (Ruggero di Lauria, Andrea Doria e Francesco Morosini) e successivamente altre tre (Re Umberto, Sardegna e Sicilia) con una struttura studiata da Benedetto Brin atta a sostenere gli effetti di siluri e mine senza ridurre la velocità della nave[25].

La posizione del Bonamico nel periodo che precede il 1880, soprattutto sotto l'influsso del Grivel e di Jurien de La Grevére è che le navi "da battaglia" italiane avrebbero dovuto essere simili a quelle "da crociera" (cioè destinate a minacciare il traffico marittimo del nemico)[26]. Tuttavia, sostiene che, nel caso (da lui considerato remoto) di una guerra con l'Austria-Ungheria, la flotta i taliana dovrebbe avere una strategia offensiva, tesa all'occupazione di basi navali sulla costa dell'Istria[27].

Tuttavia, sotto l'impulso della Jeune école francese, che si ispira agli scritti dell'Aube, alcuni ambienti militari propugnano una flotta di navi leggere (essenzialmente torpediniere e incrociatori) che possano fermare davanti alla costa eventuali tentativi di sbarco (particolarmente temuti i quel periodo erano gli eventuali sbarchi francesi)[28]. Bonamico si pone su una posizione che, se pure non opposta alla jeune école comunque ne critica le basi teoriche e le anticipa ai suoi scritti degli anni precedenti (1878-1881) ed a quelli dell'ammiraglio russo Filisoff (1879)[29]. Soprattutto nella Jeune école critica l'asserita prevalenza del siluro sul cannone, che, a sua detta, sovrasterà strategicamente il siluro finché il siluro non potrà inabilitare la nave che porta il cannone[30], ma questa ultima osservazione sarà rivista successivamente.

Durante la gestione del Ministero della marina da parte dell'ammiraglio Acton (1879-1883) la flotta si orienta sulla costruzione di corazzate di stazza ninore di quella della Duilio (9000 t), che, a cuasa del pescaggio non avrebbe potuto pattraversare il canale di Suez, e tali corazzate avrebbero dovuto essere totalmente costruite dall'industria nazionale[31].

L'occupazione francese di Biserta[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1881, con l'occupazione della Tunisia, la Francia prende possesso della base di Biserta, quindi ha una nuva base da cui è possibile minacciare l'Italia Meridionale con conseguenze molto gravose, cioè che la base sull'isola La Maddalena poteva essere aggirata non imbarcando a Tolone (per sbarcare sulle coste dell'Italia Centrale o Settentrionale). Le conseguenze strategiche sono che l'Italia ora deve coprirsi anche nel Mare Ionio (oltre che nel Tirreno) rendendo con ciò necessario costituire due nuove basi a Messina e Taranto, ed aumentare l'entità della flotta[32].

La difesa delle coste, molto difficoltosa nel periodo delle navi a remi, impossibile (o quasi) con le navi a vela[33], con l'avvento del vapore (o "periodo elico", come lo chiama il Bonamico[34]) è tornata possibile, dato che l'impiego combinato di eserciti e flotte è ora possbile anche strategicamente. In caso di guerra con la Francia la flotta (di navi da battaglia) dovrebbe essere utilizzata per impedire o ostacolare gli sbarchi, invece, in caso di guerra contro l'Austria, le navi da battaglia dovrebbero bloccare la flotta austriaca a Pola, mentre l'esercito dovrebbe restare sulla difensiva sulla linea dell'Adige, in attesa di imabarcarsi a Venezia e portarsi successivamente sull'Isonzo[35].

Lo sviluppo della flotta dal 1890 al 1910[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il 1890 cessarono gli stanziamenti per lo svilippo della flotta, in quanto assorbiti dall'attacco all'Etiopia, concluso con la disastrosa battaglia di Adua[36].

Nel 1892 viene varato il Marco Polo (incrociatore corazzato) e nel 1897 le corazzate Emanuele Filiberto e Saint Bon[37]. Queste corazzate, rispetto alle precedenti, hanno un dislocamento minore (10250 t) e minore calibro delle artiglierie principali (254 mm). Successivamente vengono impostati gli incrociatori corazzati tipo Garibaldi (in parte venudti all'estero) con dislocamento di circa 8000 t)[37].

Nel 1896 entra in servizio il primo sommergibile italiano (Foca) e nel 1897 è impostato il primo cacciatorpediniere (Fulmine)[37].

Per quanto riguarda la distribuzione delle risorse fra le forze armate Bonamico ritiene che, entro i limiti del bilancio statale, debba essere assegnato alle forze armate (esercito e marina) circa il 3,5% del bilancio (450  milioni di Lit[38]) da dividere fra Esercito e Marina[39] con 150 milioni di Lit[38] annui per la marina, più un assegno strardinario (per un solo bilancio) di 300 milioni di Lit[38] e 300 milioni di Lit[38] annui per l'eseercito, che dovrebbe essere ridotto a 6 Corpi d'Armata permanenti (con 6 corpi di riserva solo di quadri).

Le successive corazzate (entrate in servizio fra il 1900 ed il 1908 (Bendetto Brin, Regina Margherita, e classe Vittorio Emanuele) rapprsentano un miglioramento rispetto alle precedenti sotto tutti gli aspetti, tranne quello dell'autonomia[37], allontandosi quindi dal concetto di "nave strategica" proposto dal Bonamico per la Regia Marina[40], cioè di un incrociatore con opportune caratteristiche di velocità ed sutonomia.

Lo sviluppo fra il 1910 ed il 1915[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Domenico Bonamico, Scritti sul potere marittimo (1894-1905), a cura di Ferruccio Botti, Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1998
  • Mariano Gabriele, La prima marina d'Italia (1860-1866), Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1999

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ M. Gabriele, p 43-44
  2. ^ a b c M. Gabriele, p 34
  3. ^ M. Cabriele, p 76
  4. ^ M. Gabriele, p 40
  5. ^ M. Gabriele, p 34, 38 e 70
  6. ^ a b M. Gabriele, p 38
  7. ^ M.Gabriele, p 41-42
  8. ^ M. Gabriele, p 54
  9. ^ [[#CITEREFp 59|]], M. Gabriele
  10. ^ M. Gabriele, p 46-47
  11. ^ M. Gabriele, p 95
  12. ^ M. Gabriele, p 48-49 e p 53
  13. ^ M. Gabriele, p 50-51
  14. ^ M. Gabriele, p 58
  15. ^ Si trattava di 2 fregate corazzate in Inghilterra, 2 fregate corazzate alla Foce (Roma e Venezia) e l'avviso veloce Vedetta), 1 fregata corazzata a Livorno (Conte Verde), 2 corvette corazzate alla Seyne (Regina Maria Pia (varata 1863) e San Martino), 2 cannoniere corazzate a Bordeaux e due avvisi veloci (Esploratore (varato nel 1863) )e Messaggero); M. Gabriele, p 84 e 89. Inoltre dovevano essere costruite 2 fregate corazzate in America (Re d'Italia e Don Luigi Re di Portogallo (varate entrambe nel 1863)) M. Gabriele, p 89
  16. ^ a b M. Gabriele, p 91
  17. ^ M. Gabriele, p 116
  18. ^ a b c M. Gabriele, p 104
  19. ^ M.Gabriele, p 136
  20. ^ Si trattava della Maria Adeladide, della Duca di Genova e della Magenta a cui poi si aggiunsero succesivamente: l'Italia, la Sirena, la Messaggero, la Rosolino Pilo, l'Archimede, e le corazzate Maria Pia, Castelfidadrdo, e Carlo Alberto
  21. ^ a b M.Gabriele, p 137
  22. ^ a b M.Gabriele, p 141
  23. ^ M. Gabriele, p 135
  24. ^ D. Bonamico, p 16
  25. ^ a b D.Bonamico, p 53
  26. ^ Le navi da crociera (incrociatori) dovrebbero avere una stazza di 2000-2500 t contro le 4000-5000 delle navi da battaglla (corazzate) con 15 nodi di velocità ed un'autonomia superiore di 1/3 alle navi da battaglia. D. Buonamico, p 32
  27. ^ D. Bonamico, p 441
  28. ^ D. Buonamico, p 17-26
  29. ^ D. Buonamico, p 72-73 e 95
  30. ^ D. Buonamico, p 114
  31. ^ D. Bonamico, p 60
  32. ^ D. Buonamico, p 43-44, E. Ferrante e R. Fabbri, p 3.
  33. ^ D. Buonamico, p 19 e Cita|E. Ferrante}}
  34. ^ Bonamico distingue tre periodi di arte militare navale:
    • a) il periodo "remico" (o antico) dalla preistoria al tardo medioevo.
    • c) Il perido del vapore o periodo "elico" che inizia con l'avvento delle navi a vapore e dura ancora.Vedi D. Buonamico, p 120
  35. ^ D. Buonamico, p 32-34
  36. ^ D. Bonamico, p 529
  37. ^ a b c d D. Buonamico, p 65
  38. ^ a b c d Lit = Lire italiane dello'epoca (fine XIX secolo)
  39. ^ D. Buonamico, p 548-551
  40. ^ D. Buonamico, p 442