Palazzo Doria-Tursi

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Palazzo Doria-Tursi
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLiguria
LocalitàGenova
IndirizzoVia Giuseppe Garibaldi, 9
Coordinate44°24′40.8″N 8°55′58.1″E / 44.411333°N 8.932806°E44.411333; 8.932806
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Costruzione1565
Inaugurazione1565
Stilemanierismo
Usouffici (1848) e museo (2004)
Realizzazione
ArchitettoDomenico Ponzello e Giovanni Ponzello
AppaltatoreNiccolò Grimaldi
Gianandrea Doria e Carlo Doria
ProprietarioComune di Genova

Il palazzo Doria-Tursi, o palazzo Niccolò Grimaldi, è un edificio sito in via Garibaldi al civico 9 nel centro storico di Genova, inserito il 13 luglio del 2006 nella lista tra i 42 palazzi iscritti ai Rolli di Genova, divenuti in tale data Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. L'edificio è sede del Comune di Genova e fa parte del polo museale dei Musei di Strada Nuova.

Il termine Palazzo Tursi è anche spesso usato per indicare la giunta comunale o il consiglio comunale del Comune di Genova.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Veduta dal basso del Palazzo

Il palazzo, il maggiore per estensione in via Garibaldi già “Strada Nuova”, fu eretto a partire dal 1565 dai fratelli Domenico e Giovanni Ponzello, architetti manieristi discepoli di Galeazzo Alessi, per Niccolò Grimaldi banchiere genovese appellato "il Monarca" per il novero di titoli nobiliari di cui poteva vantarsi, e ai quali sommava gli innumerevoli crediti che aveva nei confronti di Filippo II.

È l'edificio più maestoso della via, unico edificato su ben tre lotti di terreno, con due ampi giardini a incorniciare il corpo centrale. Le ampie logge affacciate sulla strada vennero aggiunte nel 1597, quando il palazzo divenne proprietà di Giovanni Andrea Doria, principe di Melfi, che lo acquisì per il figlio cadetto Carlo, duca di Tursi, al quale si deve l'attuale denominazione.

A seguito dell'annessione della Repubblica di Genova al Regno di Sardegna, fu acquistato da Vittorio Emanuele I di Savoia il 13 gennaio del 1820. Il nuovo proprietario lo fece ristrutturare dall'architetto di corte Carlo Randoni, cui è dovuta la costruzione della torretta dell'orologio[1]. Il Palazzo in seguito venne dato qualche anno in uso ai Gesuiti e dal 15 giugno 1850 divenne proprietà e sede del Comune di Genova.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Facciata[modifica | modifica wikitesto]

La facciata è la più lunga della via, tanto che fra le incisioni dei Palazzi di Genova, realizzate dal Rubens nel 1622, l'incisione dedicata al "palazzo di Don Carlo Doria Duca di Tursi" ne può contenere solo metà[2]. Le due logge laterali furono un'aggiunta successiva voluta da Giovanni Andrea Doria e realizzate da Taddeo Carlone, autore del portale in marmo bianco con figure di armati, che in origine circondavano l'aquila dei Doria,[3] oggi sostituita dallo scudo crociato, stemma di Genova. Il prospetto è caratterizzato dall'alternarsi di materiali di diverso colore: il rosa della pietra di Finale, il grigio-nero dell'ardesia, il bianco del pregiato marmo di Carrara[1]. Il prospetto principale consta di due ordini sovrapposti. Il piano rialzato sopra la grande zoccolatura alterna finestre dal disegno originale con paraste rustiche aggettanti sostituite, al piano superiore, da paraste doriche. Mascheroni dalle smorfie animalesche sormontano le finestre di entrambi i piani, contribuendo alla resa plastica della facciata.

Interni[modifica | modifica wikitesto]

Particolarmente innovativa è l'inedita e geniale soluzione architettonica che con la successione degli spazi interni — atrio, scala, cortile rettangolare sopraelevato rispetto al portico e scalone a doppia rampa — crea un meraviglioso gioco di luci e prospettive. Il palazzo rappresenta il culmine del fasto residenziale dell'aristocrazia genovese, come testimoniato dalle decorazioni interne, dai dipinti, in parte facenti parte della collezione museale di Palazzo Bianco, e come visibile all'interno del Salone di rappresentanza negli affreschi e nei dipinti.

Alcune immagini dell'architettura del palazzo:

La sede museale[modifica | modifica wikitesto]

L'edificio è collegato all'adiacente Palazzo Bianco. Fa parte del polo museale genovese dei Musei di Strada Nuova ed ospita le ultime sale della galleria del museo con la pittura genovese del XVII e XVIII secolo, la Maddalena Penitente di Antonio Canova, la collezione numismatica e quella di ceramiche del comune di Genova. Due sale del percorso espositivo sulle volte presentano affreschi di Nicolò Barabino (La Munificenza)[4] e Pietro Fea (Carro del Sole).[5]

Le sale paganiniane, riallestite con soluzioni e tecnolgie multimediali nel 2021, sono dedicate alla figura del celebre violinista e compositore genovese Niccolò Paganini. La prima sala, Paganini e Genova, racconta gli aspetti più importanti della biografia del compositore e la sua relazione con la città. La seconda sala e’ dedicata a un aspetto poco noto della sua carriera: fu infatti anche un eccellente chitarrista. Nella terza sala sono esposti due celebri violini: quello appartenuto a Paganini, detto anche il Cannone, realizzato a Cremona dal liutaio italiano Bartolomeo Giuseppe Antonio Guarneri, e la sua copia che il liutaio francese Jean-Baptiste Vuillaum realizzò nel 1833 semore per Paganini. Sette anni più tardi questi lo donò al suo allievo Camillo Sivori, che come fece il suo maestro, alla morte lo lasciò in eredità al Comune di Genova.

Tra le varie collezioni, di interesse ve n'è una relativa ai pesi e alle misure ufficiali utilizzati nell'antica Repubblica di Genova.[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Proposal for the inscription of Genoa Le Strade Nuove and the System of the Palazzi dei Rolli in the Unesco World Heritage List, Volume I - Dossier, p. 142 e segg.
  2. ^ Peter Paul Rubens, Palazzi di Genova, vol. 1, Anversa, 1622, fig. 67.
  3. ^ Federigo Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, vol. 2, 1, Genova, 1847, p. 407.
  4. ^ Listri, p.204.
  5. ^ Listri, p.202.
  6. ^ Museo Palazzo Doria-Tursi, su museionline.info. URL consultato il 19 febbraio 2016.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Massimo Listri, I musei di strada nuova a Genova, Allemandi, 2005, ISBN 9788842213475.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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