Fondaco

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Il fondaco[1] (pron. fóndaco)[2] è un edificio (o un complesso di edifici) di origine medievale, che nelle città di mare svolgeva funzioni di magazzino e, spesso, anche di alloggio per i mercanti stranieri.

Storia e descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il Fontego dei Turchi a Venezia

La parola fondaco viene dal greco πάνδοκος[2][3], ma è giunta alle città marinare italiane dall' arabo فندق‎, funduq, con il significato di albergo, letteralmente "casa-magazzino"[4].

I fondachi erano diffusi nelle città del bacino del Mediterraneo, anzi, la presenza di propri fondachi (intesi come insieme di edifici adibiti al commercio e all'ospitalità dei propri connazionali) nei più importanti porti mediterranei è ritenuta una delle caratteristiche fondamentali per definire una città repubblica marinara. Venezia, Genova, Pisa, Amalfi, Ragusa, Ancona e Gaeta avevano infatti nel Medioevo fondachi a Costantinopoli, Alessandria d'Egitto e negli altri centri di commercio marittimo[4].

Un fondaco di repubblica marinara poteva raggiungere la grandezza di un quartiere, dove generalmente era presente una chiesa o un ospizio (e in certi casi anche delle terme), ed era governato da un balivo, il quale era giudice delle controversie economiche.

A Venezia sono ancora presenti vari fondachi, tra cui il Fontego dei Turchi e il Fontego dei Tedeschi. Poiché le strade veneziane dove avvenivano i traffici e gli scambi mercantili erano e sono tuttora i canali, i fondachi si affacciavano solitamente sui canali di maggiore importanza, come il Canal Grande, trovandosi così in posizione strategica e privilegiata. Gli spazi adibiti a magazzino si trovano solo al pian terreno, dotato di portico dietro al quale l'androne percorre tutta la profondità dell'edificio, mentre i locali ai piani superiori erano utilizzati come abitazioni.

Altri significati[modifica | modifica wikitesto]

Nell'uso regionale, il termine ha assunto significati particolari lontani dal significato originario: emporio, magazzino, bottega per la vendita all'ingrosso o al minuto di stoffe, locale a piano terra usato come abitazione. Desueta è l'accezione di osteria con alloggio per vetturini e carrettieri[2].

A Napoli i fondachi furono, a partire dal XVII secolo, adibiti ad abitazioni dagli artigiani e dal popolino locale, a causa della penuria di alloggi provocata dall'abnorme aumento demografico; furono sopraelevati nel tempo raggiungendo anche i cinque piani, divenendo malsani e venendo pertanto in parte abbattuti durante il Risanamento edilizio condotto nella seconda metà del XIX secolo. Fino a quell'epoca ce n'erano più di novanta in tutta la città[5], mentre adesso se ne conserva una dozzina.

Un altro esempio di fondaco ancora esistente in Italia è il Fondaco di Lido Sant'Angelo a Rossano, in Calabria.

In lingua siciliana e in lingua araba la parola indica un vero e proprio "albergo", anche se in siciliano può anche significare "stalla" o "magazzino"[6].

Nel ragusano e siracusano il termine fondaco significava, fino agli anni cinquanta, anche una sorta di albergo-stalla per forestieri o mercanti con carretti trainati da animali da governare e sistemare, assieme ai padroni, nel periodo in cui si fermavano in quel paese.

Nel dialetto milanese, da fondaco è derivata la parola "fondeghee" che significa "droghiere". A Pavia, dove tramite il Po e il Ticino, giungeva il sale dall'Adriatico e poi veniva immagazzinato e distribuito nella Lombardia occidentale e in Piemonte, è ancora esistente l'edificio, risalente alla seconda metà del XIV secolo, del fondaco del sale[7].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Al plurale fondachi o, meno comunemente, fondaci: cfr. «fóndaco», Vocabolario Treccani on line
  2. ^ a b c «fóndaco», Vocabolario Treccani on line
  3. ^ O πανδόκος, πάν-δοκος o παν-δόκος da A Greek-English Lexicon, on line su Perseus project
  4. ^ a b Una parola al giorno, voce Fondaco
  5. ^ Naples (Italie) Magistrato municipale, Manuale del forestiero in Napoli, Borel E Bompard, 1845. URL consultato il 20 gennaio 2022.
  6. ^ Biesse,Vocabolario Siciliano-Italiano, Brancato editore, Palermo, 2007.
  7. ^ Angiola Maria Romanini, L'architettura gotica in Lombardia, Milano, Ceschina, 1964, p. 323.

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