Walter Fillak

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Walter Fillak

Walter Fillak (Torino, 10 giugno 1920Cuorgnè, 5 febbraio 1945) è stato un partigiano italiano, morto per impiccagione a causa della sua opposizione al regime fascista.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Compagno di Giorgio Issel, che come lui diverrà partigiano e uomo di punta della Resistenza italiana, studiò al Liceo scientifico Gian Domenico Cassini di Genova.
Espulso per motivi politici, completò gli studi privatamente presso la facoltà di chimica industriale di Genova[1]. All'università conobbe Giacomo Buranello, assieme al quale il 10 ottobre 1942 sarebbe stato arrestato e deferito al Tribunale Speciale per la difesa dello Stato[2], quindi recluso nel carcere di Regina Coeli[3].

Tornato in libertà nel 1943 a causa della caduta del regime, entrò poi nei GAP genovesi col nome di battaglia di Gennaio[1]. In seguito fu commissario politico della III Brigata Garibaldi Liguria[2].

Nella primavera del 1944, questa formazione partigiana si disperse dopo un furioso combattimento con la Wehrmacht. Fuggì in Svizzera, a Lugano, dove fu internato. Riuscì comunque a creare una rete di contatti che gli permisero il rientro in Italia. Nell'agosto 1944 Gennaio raggiunse la Valle d'Aosta, dove cambiò il nome di battaglia con quello di Martin[3]. Fu inviato a Champorcher a svolgere le funzioni d Commissario Politico di Valle e alla fine di ottobre fu inviato a svolgere il ruolo di Commissario Politico della 76ª Brigata Garibaldi[3][4], partecipando e dirigendo numerosi scontri con l'esercito tedesco e i fascisti della Repubblica Sociale Italiana operanti a nord del Canavese e del Biellese. A inizio anno fu chiamato a far parte del comando della VII Divisione Garibaldi, che comprendeva la 76°, la 176ª e la 112ª Brigata.

Una spiata nei pressi di Ivrea portò nella notte tra il 29 e il 30 gennaio 1945 all'arresto di Fillak e dell'intero comando partigiano della VII Divisione nella frazione Lace del comune di Donato[1], eccetto il vicecomandante Diego Prella. Le due baite del comando della VII° e del comando della 76ª furono accerchiate da mercenari delle forze Naziste. Nello scontro a fuoco morirono Abbondanza (Pietro Crotta), staffetta del Comando e Dante (Aldo Gariazzo), ispettore di Brigata. Furono catturati con lui: Mak (Ugo Macchieraldo) ufficiale amministratore di Divisione, Pirata (Piero Ottinetti) furiere, Bandiera I° (Attilio Tempia), comandante di Brigata, Battisti (Luigi Gallo) Commissario Politico di Brigata, Riccio (Riccio Orla) staffetta, Pallino (Allideo Molinatti), Frankenstein (Renato Tua), Luigi, Giglio, Testarin I° (Luigi Viero), Ugo (Alfieri Negro) , Basso (Renzo Migliore). Tutti i prigionieri furono giustiziati nei mesi a seguire, a Ivrea, Cuorgné, Alpignano.[5]

Scrisse prima di morire impiccato dai tedeschi (da Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana (8 settembre 1943 - 25 aprile 1945)):

«Mio caro papà,

per disgraziate circostanze sono caduto prigioniero dei tedeschi.
Quasi sicuramente sarò fucilato.
Sono tranquillo e sereno perché pienamente consapevole d'aver fatto
tutto il mio dovere d'italiano e di comunista.

Ho amato sopra tutto i miei ideali,
pienamente cosciente che avrei dovuto tutto dare,
anche la vita; e questa mia decisa volontà fa sì
che io affronti la morte con la calma dei forti.

Non so altro che dire.

Il mio ultimo abbraccio

Walter

Il mio ultimo saluto a tutti quelli che mi vollero bene.»

Una frase tratta dalla sua ultima lettera alla madre è stata scelta, nel 1996, come "motto ispiratore" della mostra storico-documentaria "Il Partito Comunista Italiano - Settant'anni di storia d'Italia", curata da Gianni Giadresco, Luciano Canfora e Franco Della Peruta:[1][6]

«Ho combattuto per la liberazione del mio Paese e per affermare il diritto dei comunisti alla riconoscenza e al rispetto di tutti gli Italiani.»

La mattina dell'esecuzione, il 5 febbraio 1945[3], vicino a Cuorgnè[2], accadde un imprevisto: la corda si spezzò durante l'impiccagione[1]. I nazisti non ebbero tuttavia pietà e, procuratisi una nuova corda, portarono a termine l'esecuzione.

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

  • Genova gli ha dedicato una via nel quartiere di Sampierdarena.
  • Il Liceo scientifico Gian Domenico Cassini ha dedicato a lui e ad altri ex alunni partigiani (Giacomo Buranello, Giorgio Issel, Silvano Stacchetti) una lapide ad eterna memoria posta sopra l'ingresso dell'aula magna dell'istituto.
  • Ivrea gli ha dedicato una piazza nel centro storico.
  • Banchette gli ha intitolato la scuola primaria.
  • Cuorgnè gli ha dedicato una lapide nel luogo in cui venne giustiziato; anche una via del paese è intitolata a Fillak.
  • Il comune di Donato, sede del comando partigiano, ha eretto un monumento alla Resistenza utilizzando i ruderi della casa incendiata dai tedeschi e ha intitolato una via a Walter Fillak.
  • A Montanaro, in provincia di Torino, è intitolata a lui la scuola materna statale.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e (EN) Full text of "Lettere Di Condannati A Morte Della Resistenza Italiana [c 2c Scan Ocr]" (TXT), su archive.org. URL consultato il 2 settembre 2018.
  2. ^ a b c Giampaolo Pansa, Bella ciao, RIZZOLI LIBRI, 12 febbraio 2014, ISBN 9788858664858. URL consultato il 2 settembre 2018.
  3. ^ a b c d Giovanni Pesce, Soldati senza uniforme: Diario di un partigiano, Red Star Press, 28 marzo 2018, ISBN 9788867182008. URL consultato il 2 settembre 2018.
  4. ^ Michele Florio, Resistenza e Liberazione nella Provincia di Torino (1943-'45), Torino, Gribaudo Editore, 1995.
  5. ^ Timo, Noi della VII°, Tipografia Giglio Tos, Ivrea, 1947.
  6. ^ Luciano Canfora, Armando Cossutta, Massimo D'Alema, Valentino Parlato, Il Partito Comunista Italiano. Settant'anni di storia d'Italia, (numero monografico de Il Calendario del Popolo), Milano, Nicola Teti Editore, 1996, p. 33.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN90288092 · ISNI (EN0000 0004 1963 4628 · SBN RAVV048568 · WorldCat Identities (ENviaf-90288092