Utente:GiorgiA3219/cambray

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Luigi Guglielmo Cambray-Digny

Ministro delle finanze del Regno d'Italia
Durata mandato27 ottobre 1867 –
14 dicembre 1869
MonarcaVittorio Emanuele II di Savoia
Capo del governoLuigi Federico Menabrea
PredecessoreFrancesco Ferrara
SuccessoreQuintino Sella
LegislaturaX Legislatura del Regno d'Italia

Ministro dell'agricoltura, dell'industria e del commercio del Regno d'Italia
Durata mandato27 ottobre 1867 –
28 novembre 1867
Capo del governoLuigi Federico Menabrea
PredecessoreFrancesco De Blasiis
SuccessoreEmilio Broglio
LegislaturaX

Senatore del Regno d'Italia
Durata mandato8 giugno 1860 –
11 dicembre 1906
Incarichi parlamentari
  • Vicepresidente (15 novembre 1871-19 ottobre 1873)
  • Membro della Commissione di contabilità interna (21 marzo-30 ottobre 1866) (29 dicembre 1866-28 febbraio 1867) (31 marzo 1867-14 agosto 1869)
  • Membro della Commissione di finanze (5 agosto-2 novembre 1870) (22 dicembre 1870-5 novembre 1871) (5 dicembre 1871-19 ottobre 1873) (29 novembre 1873- 20 settembre 1874) (27 novembre 1874-21 febbraio 1876) (10 marzo-3 ottobre 1876) (16 dicembre 1876-23 gennaio 1878) (11 marzo 1878-1º febbraio 1880) (19 febbraio-2 maggio 1880) (19 novembre 1887-4 gennaio 1889) (1º febbraio-20 luglio 1889) (28 novembre 1889-3 agosto 1890) (16 dicembre 1890-27 settembre 1892) (1º dicembre 1892-23 luglio 1894) (10 dicembre 1894-13 gennaio 1895) (13 giugno 1895-2 marzo 1897) (8 aprile 1897-15 luglio 1898) (19 novembre 1898-30 giugno 1899) (18 novembre 1899-17 maggio 1900) (20 giugno 1900-6 febbraio 1902)
  • Membro della Commissione per l'esame del progetto di legge sui trattati di commercio e relative proroghe (22 dicembre 1892)
  • Membro della Commissione per l'esame del progetto di legge sui trattati di commercio e sulle tariffe doganali (10 dicembre 1894) (17 giugno 1895)
  • Membro della Commissione per l'esame del progetto di legge "Dotazione della Corona" (7 febbraio 1905)

Sindaco di San Piero a Sieve

Sindaco di Firenze
Durata mandato1º gennaio 1865 –
27 ottobre 1867
PredecessoreFerdinando Bartolommei
SuccessoreGiuseppe Garzoni

Dati generali
Titolo di studioconte
Professionearchitetto
Stemma di San Piero a Sieve
Stemma di Firenze

Luigi Guglielmo conte di Cambray-Digny (Firenze, 8 aprile 1820San Piero a Sieve, 11 dicembre 1906) è stato un politico italiano, senatore del Regno d'Italia.

Figura centrale all’interno del ceto dirigente toscano dai primi anni unitari alla crisi di fine secolo, è stato Ministro dell'Agricoltura, Industria e Commercio, è stato poi nominato Ministro delle Finanze del Regno d'Italia, grazie alla sua competenza in materia economica e finanziaria, nei Governi Rattazzi II, Menabrea I, Menabrea II e Menabrea III. E' stato eletto Sindaco di Firenze, durante il periodo in cui era capitale del regno d'Italia, dal primo gennaio 1865 al 27 ottobre 1867.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

I primi anni[modifica | modifica wikitesto]

Unico figlio del conte Luigi Cambray-Digny e di Marianna Nencini, discendeva da una nobile famiglia fiorentina da sempre vicina ai Lorena. Il padre, che fu un rinomato architetto attivo durante l'occupazione napoleonica della Toscana, lo indirizzò agli studi di architettura.

Il 22 agosto 1842 si sposò con la ventenne marchesina Virginia Tolomei Biffi, appartenente ad una ricca famiglia di proprietari terrieri del Mugello. La coppia ebbe tre figli.

Formazione[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1829, fu mandato a Parigi per studiare con il matematico Guillaume Libri, all’École Politecnique, completando gli studi nel 1839. Tornato in Italia si iscrisse al corso di in meccanica applicata alle arti dell'università di Pisa. Gli studi di meccanica applicata gli furono utili a produrre una Memoria sui fari Fresnel, con la quale all’età di vent’anni, nel 1840, poté diventare socio corrispondente dell’Accademia dei Georgofili e stabilire più ufficiali contatti col mondo degli studiosi e politici che vi gravitava[1].

Fu amico di Ubaldino Peruzzi, il giovane nobile, che era ben inserito nei circoli aristocratici di Firenze, di cui il padre in quel periodo era gonfaloniere (una carica equivalente a sindaco).

Gli ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1901, dopo la scomparsa del figlio Tommaso, si ritirò definitivamente dalla politica.

Morì l'11 dicembre 1906 a Firenze, a 86 anni. Nel febbraio del 1909 morì anche la moglie Virginia, mentre solo la figlia terzogenita Marianna sopravvisse ai genitori.

Attività Politica[modifica | modifica wikitesto]

I primi passi in politica[modifica | modifica wikitesto]

Portato per tradizione familiare a partecipare agli impulsi riformatori tipici della nobiltà liberale toscana, mantenne un atteggiamento di prudenza rispetto al cambiamento sociale. Infatti, di fronte al biennio delle riforme del 1846-1848 (Nel regno delle due sicilie il rifiuto di atture qualsiasi riformasi, scatenò la rivolta del 12 gennaio 1948. Ferdinando II proclamò l'autoomia della Sicilia concedendole la costituzione. Seguirono le costituzioni del Granducato di Toscana, del Regno di Sardegna e dello Stato Pontificio) si schierò con il gruppo moderato dei liberali toscani, guidato da Gino Capponi e Cosimo Ridolfi, distinguendosi da quelli che lui considerava estremisti, come Vincenzo Salvagnoli, Bettino Ricasoli e Raffaello Lambruschini, che volevano posizioni più nette. Tuttavia, dopo che il granduca Leopoldo II concesse la libertà di stampa e istituì la Guardia civica, Cambray-Digny si arruolò e assunse il comando di una compagnia, alla testa della quale, nel marzo 1848 partì verso il confine con il Ducato di Lucca, la cui annessione alla Toscana aveva creato dei problemi di rettifica dei confini con il Ducato di Modena. Quando però scoppiò la Prima Guerra d'Indipendenza tra Austria e Regno di Sardegna, rimase in Toscana, per poter seguire da vicino le vicende politiche che si stavano verificando a Firenze. Infatti, ben presto i moderati furono soppiantati al governo dai democratici, guidati da Francesco Domenico Guerrazzi e Giuseppe Montanelli, che prima costrinsero il granduca a fuggire a Gaeta, agli inizi del 1849, per poi proclamare la nascita della Repubblica Toscana. Cambray-Digny, che era priore del Municipio fiorentino sotto il gonfalonierato dell'amico Peruzzi, si schierò con i moderati legittimisti, partecipando l'11 aprile 1849 ai disordini scoppiati a Firenze contro la presenza delle truppe livornesi, per poi avere un ruolo di primo piano nelle trattative tra il Municipio e l'Assemblea costituente. Alla fine, toccò proprio a lui dichiarare, il 12 aprile, da Palazzo Vecchio, la destituzione di Guerrazzi e il ristabilimento della dinastia lorenese. Dopo la fine della stagione rivoluzionaria, il nobile toscano mantenne alcune cariche pubbliche, come il priorato a Firenze e il gonfalonierato a San Piero a Sieve (carica che la sua famiglia mantenne per quasi mezzo secolo), rimanendo di idee liberali moderate, ma più che alla politica, si dedicò agli studi economici e di agricoltura, di cui pubblicò diversi articoli sul Giornale agrario dell'Accademia dei Gergofili, oltre a incrementare la resa agricola dei suoi poderi in Mugello, migliorando anche le condizioni sociali dei mezzadri.

Gli incarichi governativi nel Regno d'Italia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1959 tornò sull'orizzonte politico, insieme ai liberali toscani moderati. Cercò di convincere il granduca a concedere riforme liberali per salvare la dinastia lorenese. In quell'anno aderì all'Alleanza sardo-francese contro l'Austria, fatto che diede il via alla Seconda Guerra d'Indipendenza. Dopo la nuova, e definitiva, partenza di Leopoldo II da Firenze, giunse in Toscana il commissario regio piemontese Bon Compagni, che, nel tentativo di formare un governo cercò di includere Cambray-Digny come ministro delle Finanze; il tentativo non andò a buon fine a causa dell'impopolarità derivata dalla sua inimicizia con Guerrazzi. Fece comunque parte della Consulta nominata dal Governo Provvisorio Toscano, ed ebbe l'incarico di patrocinare la causa toscana presso il governo di Londra. Fermatosi a Torino per avere istruzioni, riuscì a tessere una buona rete di relazioni sia con il governo, guidato da Cavour, sia con la corte sabauda di Vittorio Emanuele II; pur contrario all'immediata annessione della Toscana al Regno di Sardegna, seguì le direttive del primo ministro piemontese, favorendo alle annessioni che si costituirono nelle maggiori città toscane. Dopo l'Armistizio di Villafranca dell'11 luglio 1859, che poneva fine alle ostilità, Cambray-Digny rientrò a Firenze, dove divenne sovrintendente delle Possessioni di Stato, per far fronte ai mutamenti economici derivati dalla vendita dei beni statali, venendo eletto in agosto deputato all'Assemblea toscana e successivamente nominato senatore il 23 marzo 1860 da Vittorio Emanuele II, il quale, dopo il plebiscito che sancì l'unione della Toscana al Piemonte, lo nominò anche amministratore dei beni della Real Casa in Toscana.

L'esperienza da Sindaco di Firenze[modifica | modifica wikitesto]

Grazie alla carica di amministratore dei beni della Real Casa in Toscana, conquistò la fiducia del sovrano, divenendone il consigliere segreto più fidato; ciò gli garantì, subito dopo la proclamazione del Regno d'Italia il 17 marzo 1861, un posto in primo piano nel nuovo orizzonte politico nazionale. Il 1º gennaio 1865 divenne infatti sindaco di Firenze. Fu il primo a rivestire questo titolo, in quanto il gonfalonierato fu soppresso con le leggi di unificazione amministrativa proprio negli anni in cui la città fu scelta come nuova capitale d'Italia al posto di Torino, in seguito alla Convenzione di settembre del 1864 con la Francia. Durante questo periodo dovette far fronte al grave indebitamento del Municipio, dovuto alla speculazione edilizia per l'ampliamento urbanistico della città, al fine di poter ospitare la un gran numero di impiegati e funzionari statali dei vari ministeri.

La nomina a Ministro delle finanze[modifica | modifica wikitesto]

La sua competenza in materia economica e finanziaria portò alla sua nomina, il 27 ottobre 1867, a ministro delle Finanze nel Governo Menabrea I. Il compito che aveva di fronte era enorme, poiché il bilancio dello Stato, dopo le spese sostenute per la Terza Guerra d'Indipendenza del 1866, era in un deficit pauroso, tanto che il governo precedente aveva introdotto il corso forzoso per farvi fronte. Cambray-Digny intendeva riportare in pareggio il bilancio, anche a costo di misure impopolari. Infatti, nel luglio 1868, introdusse la cosiddetta Tassa sul macinato. La tassa gravò soprattutto sui ceti più bassi della popolazione, la cui alimentazione di base era quasi completamente cerealicola, fatto che provocò numerose dimostrazioni popolari in Emilia e Romagna, sedate poi dall'esercito a costo di 250 morti e 1000 feriti. Altra misura volta al risanamento dei conti pubblici fu la privatizzazione della regia dei tabacchi, che il ministro delle Finanze diede in appalto ad un gruppo di capitalisti privati, tra cui alcune banche straniere, che garantirono all'erario un gettito di 170 milioni di lire all'anno. Questa misura provocò, poco dopo, uno scandalo in cui pareva fossero coinvolte alcune personalità politiche della Destra, che avevano mercanteggiato il loro voto per favori personali. Dlle critiche non sfuggì nemmeno il re, che si diceva avesse ricavato sei milioni di lire. Questo provocò una crisi ministeriale che portò alla formazione del Governo Menabrea II e al rafforzamento della politica di rigore economico portata a vanti dal ministro, accelerò la vendita dei beni ecclesiastici, messi in liquidazione già nel 1867, da cui vennero ricavati 162 milioni. Cambray-Digny propose di cedere il resto ad una Società di Beni Demaniali, fondata quattro anni prima, in cambio di un anticipo di 300 milioni, e di aggiungere 100 milioni alla Banca Nazionale, cedendole i servizi della Tesoreria di Stato, ma il progetto ministeriale fu bocciato dal Parlamento.

Ultime esperienze politiche[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la caduta del terzo gabinetto Menabrea nel dicembre 1869, Cambray-Digny non fu più un uomo di governo, ma continuò a ricoprire importanti incarichi parlamentari: dal 1871 al 1872 fu vicepresidente del Senato, poi membro permanente della Commissione di bilancio del Senato e infine relatore di numerosi progetti di leggi finanziarie.

Il 25 maggio 1873 fu nominato da Carlo Alfieri di Sostegno, membro del Comitato promotore della Società di educazione liberale per la fondazione e il mantenimento dell' Istituto Cesare Alfieri [2]. Fu nominato membro del Comitato anche il suo amico e concittadino Ubaldino Peruzzi.

Sostenne il Ministero dell'amico Minghetti, durato dal 1873 al 1876, appoggiando la proposta ministeriale sulla circolazione bancaria che mirava a regolamentare l'emissione di carta moneta da parte degli istituti di credito, varata nel 1874. Il 18 marzo 1876, durante la "rivoluzione parlamentare" che portò alla caduta del governo Minghetti e alla formazione del primo governo di Sinistra, guidato da Agostino Depretis, cercò di impedire al gruppo parlamentare toscano di votare contro il progetto di legge governativo che mirava alla statalizzazione delle ferrovie, fatto all'origine del voto di sfiducia in Parlamento. Sotto i vari governi di Sinistra, si batté in aula per il pareggio di bilancio, che era in pericolo a causa della politica dell' espansione finanziaria derivata dalle politiche coloniali e dagli investimenti industriali.

Avverso al socialismo, appoggiò la politica autoritaria del primo ministro Crispi di fronte alle associazioni politiche socialiste, votando per la messa in stato d'assedio della Sicilia, già messa a soqquadro dalle rivendicazioni dei Fasci siciliani e della Lunigiana, dove avvennero numerosi scioperi di minatori. Nel 1898, durante la crisi di fine secolo, appoggiò i disegni di legge del governo Pelloux che riducevano le libertà statutarie. I disegni furono bloccati in Parlamento dall'ostruzionismo delle opposizioni.

La tassa sul macinato[modifica | modifica wikitesto]

La figura di Luigi Guglielmo Cambray-Digny rimase famosa nella storia delle finanze del Regno d'Italia per la creazione della tassa sul macinato, ossia l'imposta sulla macinazione dei cereali, che si pagava direttamente al mugnaio in base alla tipologia di cereali macinati. I disegni di finanza e di amministrazione del patrimonio dello stato e della contabilità, necessari per il risanamento del deficit statale, non potevano tralasciare l’imposizione di nuovi tributi. La tassa sul macinato, che fu già presentata dai passati governi e sottoposta alla discussione di apposita commissione, rappresentò uno dei punti chiave della manovra, insieme ai progetti di tasse di registro bollo e sulle concessioni governative (anch’essi già presentati e sui quali il ministro intendeva lavorare insieme alle rispettive commissioni). La tassa costituì uno strumento utile per arginare il debito pubblico, infatti Cambray-Digny si impegnò nella regolamentazione delle imposte indirette, dal momento non era stato disciplinato alcun sistema di esazion delle imposte[1].

La tassa, nonostante fu fonte di malcontento sociale, fu indispensabile per il risanamento del deficit statale, raggiunto successivamente il 16 marzo 1878. Egli si oppose, nel 1884, all'abolizione totale della tassa sul macinato, sempre per motivi di bilancio. Contrastò la politica protezionistica del governo volta a favorire l'industria italiana, in favore di un incremento dell'agricoltura italiana sull'esempio della mezzadria toscana.

Viene quindi ricordato come il ministro delle finaze che istituì una delle tasse più odiate del periodo unitario.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine di S. Stefano (Granducato di Toscana) - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine di S. Stefano (Granducato di Toscana)
Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro
— 23 gennaio 1860
Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro
— 20 aprile 1863
Grande ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Grande ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro
— 21 maggio 1865
Gran cordone dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Gran cordone dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro
— 14 dicembre 1869
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia
— 31 dicembre 1868
Gran Croce dell'Ordine del Nicham Iftikar (Tunisia) - nastrino per uniforme ordinaria
Gran Croce dell'Ordine del Nicham Iftikar (Tunisia)

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Ministro delle finanze del Regno d'Italia Successore
Francesco De Blasiis 27 ottobre 1867 - 14 dicembre 1869 Quintino Sella
Predecessore Sindaco di Firenze Successore
Ferdinando Bartolommei 1865 - 1867 Giuseppe Garzoni
Predecessore Sindaco di San Piero a Sieve Successore File:Stemma = San Piero a Sieve-Stemma.png


  1. ^ a b Romano Paolo Coppini, Luigi guglielmo Cambray-Digny, la consorteria e la tassa sul macinato.
  2. ^ Giustina Manica, Gli studi politici e sociali a Firenze. Il Cesare Alfieri dalla fondazione al primo dopoguerra, in Annali di Storia delle università italiane.