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Regno d'Italia (in latino Regnum Italiae) è il nome dato dalla storiografia a diverse entità statali esistite in Italia tra il medioevo e l'età contemporanea.

Regno d'Italia[modifica | modifica wikitesto]

Regno d'Italia è una denominazione applicata a più regni la cui sovranità territoriale riguardò, in periodi diversi, una parte ragguardevole o la totalità della regione geografica italiana.

Diversi Stati monarchici, a partire dal Medioevo ai successivi periodi storici, vennero infatti rivendicati come "Regno d'Italia", oppure il loro governante venne incoronato "re d'Italia".

L'ultimo Regno d'Italia fu quello proclamato nel 1861 dopo la seconda guerra d'indipendenza combattuta dal Regno di Sardegna per conseguire l'unificazione nazionale italiana, dopo le annessioni di gran parte degli Stati preunitari.

Il dibattito se sia corretta o meno l'impostazione di chi vede come un qualche cosa di collegato le varie entità statali che nel corso dei secoli hanno assunto il nome di "Regno d'Italia", è stato al centro dell'attenzione non solo degli storici ma anche delle aule parlamentari nel 1861, in occasione della scelta del nome che doveva assumere Vittorio Emanuele alla proclamazione di "re d'Italia".

In particolare fu Giuseppe Ferrari a sostenere che si dovesse parlare di un unico regno e di conseguenza il re si sarebbe dovuto chiamare Vittorio Emanuele I, in quanto il primo di tale regno.[1]

Secondo una tradizione millenaria la corona del re d'Italia era la Corona ferrea. L'ultima incoronazione in cui fu usata è quella del 1838, per l'imperatore Ferdinando I.

Entità statali[modifica | modifica wikitesto]

I regni romano-barbarici dell'Italia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Italia (diocesi), Regno longobardo e Regno ostrogoto.

Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476 con la deposizione dell'imperatore Romolo Augusto, il re germanico Odoacre assunse il governo della diocesi d'Italia, ufficialmente in nome e per conto dell'imperatore d'Oriente Zenone, che gli conferì la dignità di Patrizio e lo riconobbe come suo vicario, scavalcando la sovranità dell'imperatore d'Occidente Giulio Nepote. Un suo contemporaneo, il vescovo africano Vittore di Vita, gli attribuì impropriamente il titolo di Re d'Italia, di cui Odoacre in realtà non fece mai uso: le monete da lui coniate, infatti, riportano soltanto il nome Flavius Odovacar, mentre il suo unico documento ufficiale sopravvissuto lo definisce semplicemente Rex, senza alcuna determinazione etnica o geografica.[2] Odoacre è impropriamente identificato come Rex Italiae, anche nella Chronica di Cassiodoro.[3]

Nel 493, dopo quasi vent'anni di governo, Odoacre venne sconfitto e ucciso dal re ostrogoto Teodorico, che conquistò l'Italia instaurandovi il Regno ostrogoto. Gli Ostrogoti caddero nel 553 e, dopo una breve parentesi di restaurazione imperiale (553-568), su gran parte della penisola si insediarono i Longobardi guidati da Alboino, che instaurarono un loro regno che durò fino all'avvento di Carlo Magno re dei Franchi.

Il Regno d'Italia nel Sacro Romano Impero[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Regno d'Italia (Sacro Romano Impero).

Re d'Italia[modifica | modifica wikitesto]

La conquista del Regno longobardo da parte di Carlo Magno (774) sancì una svolta: il sovrano franco prese il titolo di "Re dei Longobardi" e successivamente, nell'800, anche quello di "Imperatore dei Romani", incorporando l'Italia centro-settentrionale nell'Impero carolingio da lui fondato. Nei documenti di cancelleria la denominazione di "Regno d'Italia" (Regnum Italiae), avvenne in maniera sporadica sotto Carlo e sistematica a cominciare dal nipote Lotario I che acquisì il titolo ex novo di Re d’Italia dal Papa.[4]. Mentre la documentazione ufficiale emanata dalle cancellerie continuò a riportare l'intitolazione di "Re dei Longobardi" per tutta l'epoca carolingia, cronisti e annalisti presero a chiamare di frequente i sovrani del Regno con il titolo di "Re d'Italia"[5]. Nel X secolo, sul finire dell'epoca della cosiddetta Anarchia Feudale, è attestato anche quello di "Re degli Italici" (Rex Italicorum), usato da Ottone I di Sassonia dopo la sua discesa in Italia[6].

A partire dal 962 il Regno d'Italia legò le sue sorti al Sacro Romano Impero di Ottone I e dei suoi successori. Anche se l'ordinamento politico del Regno cominciò a sgretolarsi con l'avvento dell'età comunale, i sovrani di Germania, che si definivano Re dei Romani (Rex Romanorum) dopo l'elezione da parte dei principi dell'Impero, continuarono comunque per diversi secoli a oltrepassare le Alpi per cingere la corona ferrea e proseguire verso Roma, dove ricevevano la corona imperiale dalle mani del Papa e acquistavano il diritto di fregiarsi del titolo di Imperatore. L'ultima incoronazione fu quella di Carlo V d'Asburgo, che si tenne nel 1530 a Bologna.

Le formule di intitolazione utilizzate presso le cancellerie dei sovrani del Regnum Italiae medievale erano in genere di questo tipo[7]:

Versione latina (originale)

(nome del Re)
Divina favente Clementia
Rex
(nome del Re)
gratia Dei
Rex
(nome del Re)
Divina ordinante Providentia
Rex

Traduzione italiana

(nome del Re)
con il favore della Divina Clemenza
Re
(nome del Re)
per grazia di Dio
Re
(nome del Re)
per disposizione della Divina Provvidenza
Re

Regno d'Italia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 774 Carlo Magno conquistò il Regno longobardo assumendo il titolo di rex Langobardorum, che nel 781 assegnò al figlio Pipino, attribuendogli inoltre i territori del cessato regno. Dopo una breve parentesi in cui la dignità regale fu ereditata dal figlio di Pipino, Bernardo, il titolo fu appannaggio del primogenito dell'imperatore Ludovico il Pio. A partire dal regno del figlio di quest'ultimo, Lotario, si hanno le prime attestazioni del Regnum Italicum a fianco di Regnum Langobardorum, pertanto il passaggio dal Regno dei Longobardi al Regno d'Italia fu un processo graduale. Con l'ascesa al trono imperiale di Ludovico II, primogenito di Lotario, la dignità regale in Italia divenne condizione necessaria per ottenere quella imperiale.

Seguendo un fenomeno analogo a quello in corso nel Regno dei Franchi orientali, i grandi aristocratici della penisola cercarono di affermare il loro diritto a eleggere il proprio sovrano, ma il processo venne interrotto da Ottone I, che riuscì a riunire la corona d'Italia a quella imperiale. Una breve interruzione nella serie degli imperatori incoronati re d'Italia si ebbe nel 1002, quando approfittando della morte di Ottone III un nutrito gruppo di vassalli ostili al potere imperiale elesse Arduino d'Ivrea re d'Italia nella basilica di San Michele Maggiore a Pavia[8], che venne poco dopo deposto da Enrico II, il quale dopo averlo sconfitto alle chiuse della Valsugana gli tolse il titolo regale, facendosi a sua volta incoronare a Pavia re d'Italia. Tuttavia solo nel 1026, dopo l'incoronazione imperiale di Corrado II i due titoli divennero strettamente legati e diversi imperatori furono incoronati anche come re d'Italia, l'ultimo dei quali fu Carlo V.[9]

Nel corso dei secoli quello di re d'Italia divenne sempre più un mero titolo, al punto che dopo Carlo V venne abbandonato anche nella titolatura ufficiale. Nonostante ciò, sino allo scioglimento del Sacro Romano Impero nel 1806, l'Imperatore mantenne l'autorità di signore feudale rispetto agli stati dell'Italia settentrionale e centrale, con l'eccezioni della Repubblica di Venezia e dello Stato Pontificio. L'arcivescovo di Colonia aveva il titolo di arcicancelliere per l'Italia.[10]

Il Regno d'Italia napoleonico[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Regno d'Italia (1805-1814).

Regno d'Italia[modifica | modifica wikitesto]

Il 2 dicembre 1804 Napoleone si incoronò imperatore dei francesi. In conformità col nuovo assetto monarchico francese Napoleone trasformò anche la precedente Repubblica Italiana in Regno d'Italia e si autonominò re d'Italia: il 26 maggio 1805 a Milano vi fu l'incoronazione. Eugenio di Beauharnais, uomo del quale il Bonaparte si fidava ciecamente e del quale era sicuro di non dovere temere che perseguisse obiettivi politici propri, fu nominato viceré.

La nuova forma data allo Stato italiano lo mise in contrasto con l'imperatore del neonato Impero austriaco Francesco II che, essendo prima di tutto imperatore dei romani, risultava de iure anche re d'Italia. La situazione si risolse con la guerra contro la Terza coalizione: l'Austria fu sconfitta (2 dicembre 1805) e il trattato di Presburgo (26 dicembre 1805) pose di fatto fine al Sacro Romano Impero che sarebbe tuttavia stato sciolto solo nel 1806.

Nel 1809 furono staccate l'Istria, la Dalmazia e le Bocche di Cattaro per formare le Province Illiriche sotto il controllo diretto francese e con capitale Lubiana.

Il regno cessò di esistere nel 1814 con la fine del periodo napoleonico: il 6 aprile 1814 Napoleone si disse pronto ad abdicare, atto che fu formalizzato l'11 aprile. Il 16 aprile seguente il Beauharnais comunicava di avere concluso anch'egli un armistizio con il feldmaresciallo austriaco Bellegarde, anche se sperava che il suo trono potesse essere salvato dalla disfatta napoleonica. Tuttavia, dopo i disordini milanesi del 20 aprile con il linciaggio a morte del ministro delle finanze Giuseppe Prina a opera della folla inferocita, Beauharnais capì di non avere l'appoggio della popolazione. La gente lo identificava infatti con i detestati francesi e così il 26 aprile seguente abdicò, lasciando il giorno successivo l'Italia per ritirarsi in esilio in Baviera presso i suoceri.

Re d'Italia[modifica | modifica wikitesto]

All'inzio del XIX secolo, caratterizzato dalla diffusione delle idee rivoluzionarie e dalla nascita del concetto di nazione, andando a gettare le basi per il Risorgimento. Le guerre rivoluzionarie francesi e le guerre napoleoniche sconvolsero l'assetto geopolitico della penisola. I Francesi crearono una serie di repubbliche giacobine, molte delle quali nel 1802 vennero unificate da Napoleone Bonaparte nella Repubblica Italiana, estesa su parte dell'Italia centro-settentrionale. Poco tempo dopo Bonaparte si proclamò Imperatore dei Francesi e Re d'Italia, trasformando così la Repubblica in Regno d'Italia, e a Milano, il 26 maggio 1805, si autoincoronò con la Corona ferrea. La caduta di Napoleone segnò anche la fine del Regno d'Italia (1814), che venne occupato dall'esercito imperiale austriaco del feldmaresciallo Heinrich Johann Bellegarde. Al suo posto sorse il Regno Lombardo-Veneto, il cui sovrano era l'imperatore d'Austria Francesco I. Il Lombardo-Veneto ereditò la Corona ferrea come insegna reale.

Il Regno d'Italia della monarchia sabauda[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Regno d'Italia (1861-1946).

Regno d'Italia[modifica | modifica wikitesto]

Il periodo del regno di Vittorio Emanuele II di Savoia che va dal 1859 al 1861 (ovvero il periodo che va dai primi plebisciti alla proclamazione del Regno d'Italia) viene anche indicato come Vittorio Emanuele II Re Eletto.[11][12] Infatti nel 1860 il Ducato di Parma, il Ducato di Modena, il Granducato di Toscana e la Romagna pontificia votano dei plebisciti per l'unione con il regno. Nello stesso anno con la vittoria della spedizione dei Mille vengono annessi i territori del Regno delle Due Sicilie, e con l'intervento piemontese le Marche e l'Umbria, tolte allo Stato della Chiesa. Tutti questi territori saranno annessi ufficialmente al regno tramite plebisciti, mentre il Nizzardo e la Savoia vengono ceduti alla Francia.[13]

Con la prima convocazione del Parlamento italiano del 18 febbraio 1861[14] e la successiva proclamazione del 17 marzo, Vittorio Emanuele II è il primo re d'Italia[15]. Nel 1866, a seguito della terza guerra di indipendenza, vengono annessi al regno il Veneto e Mantova sottratti all'Impero austriaco. Nel 1870, con la presa di Roma, al regno viene annesso il Lazio, incorporando definitivamente lo Stato della Chiesa. Nel 1871 con la Legge 3 febbraio 1871, n. 33, Roma viene dichiarata ufficialmente capitale d'Italia (prima lo erano state in ordine Torino e Firenze).

Seguono i regni di Umberto I (1878-1900), ucciso in un attentato dall'anarchico Gaetano Bresci, e di Vittorio Emanuele III (1900-1946). Con quest'ultimo nel 1919 dopo la prima guerra mondiale vengono uniti al regno il Trentino, l'Alto Adige, la Venezia Giulia, l'Istria e Zara. Fiume è unita al regno nel 1924.

Nel 1922 la monarchia non contrasta la presa del potere da parte del Partito Nazionale Fascista che nel giro di pochi anni trasforma il regno in una dittatura. Nelle colonie l'Italia prima consolida il suo dominio in Libia e poi conquista nel 1935 l'Impero etiopico, in seguito al quale Vittorio Emanuele III viene proclamato imperatore d'Etiopia. Nel 1939 infine il regime fascista si annette l'Albania per "rimanere al passo" della Germania nazista di cui l'Italia era alleata e Vittorio Emanuele III aggiunge ai suoi titoli quello di re d'Albania.

Successivamente allo scoppio della seconda guerra mondiale l'Italia, a causa della propria incapacità militare, proclama lo stato di non belligeranza. Nel 1940 Benito Mussolini, che da più parti era stato consigliato di non entrare in guerra, decide però lo stato di guerra dell'Italia a fianco della Germania, convinto della brevità della guerra e dalla velocità di conquista dei vari territori europei da parte della Germania. Si susseguono tuttavia gli insuccessi italiani e questo compromette il rapporto fra popolo e fascismo.

Nel 1943 il fascismo cade e il re riprende per breve tempo la centralità del ruolo politico come guida di uno Stato allo sbando. Tuttavia poi gli eventi di un'imminente invasione nazista dell'Italia a causa del voltafaccia nella guerra convincono Vittorio Emanuele III alla fuga con tutto il governo, compromettendo così definitivamente agli occhi degli italiani la figura dell'istituzione monarchica.

Successivamente, nonostante il ritiro di Vittorio Emanuele in favore del figlio Umberto (prima come reggente durante la fase finale del conflitto e poi come re nel maggio del 1946), la monarchia perde il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, dopo il quale il regno sarebbe diventato la Repubblica Italiana. Si conclude così la storia del Regno d'Italia dopo ottantacinque anni di esistenza. I Savoia sono stati banditi dalla repubblica per un lungo periodo conclusosi con la riforma costituzionale del 2002.

Re d'Italia[modifica | modifica wikitesto]

In seguito alla seconda guerra d'indipendenza (1859) e alla spedizione dei Mille (1860) il Regno di Sardegna estese la sua giurisdizione su gran parte della penisola annettendo quasi tutti gli altri Stati italiani e, con la legge nº 4761 del 17 marzo 1861 approvata dal Parlamento Subalpino, il suo sovrano Vittorio Emanuele II di Savoia assunse il titolo di "Re d'Italia" per sé e i suoi successori, sancendo così la creazione di un nuovo Regno d'Italia. I sovrani di casa Savoia non ricevettero alcuna cerimonia di incoronazione, cosicché la Corona d'Italia rimase soltanto un emblema araldico. L'immagine della monarchia risultò compromessa a causa del ventennio fascista, della partecipazione italiana alla seconda guerra mondiale e della fuga di Vittorio Emanuele III da Roma. Un referendum sulla forma istituzionale dello Stato si svolse il 2 e 3 giugno 1946 e l'esito fu favorevole alla Repubblica. La notte fra il 12 e 13 giugno il Consiglio dei ministri, prendendo atto dei risultati, attribuì le funzioni di Capo provvisorio dello Stato al presidente Alcide De Gasperi, mentre l'ormai ex re Umberto II lasciava il paese. Il 18 giugno la Corte di cassazione respinse i ricorsi dei monarchici e proclamò i risultati definitivi. La Costituzione della Repubblica Italiana, approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, entrò in vigore il 1º gennaio 1948.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Atti parlamentari.
  2. ^ Giorgio Scrofani, Odoacre, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  3. ^ Vedi pagina 20 Francesco Antolini, Dei Re d'Italia inaugurati o no con la Corona Ferrea, Tipografia e libreria Pirrotta e c. Milano, 1838.
  4. ^ Mario Marrocchi, Lotario I, imperatore, re d'Italia, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  5. ^ Si veda ad esempio negli Annales Bertiniani, p. 46 Archiviato il 24 settembre 2015 in Internet Archive. (Ludoicus Rex Italiae), oppure nei Flodoardi Annales, p.374 Archiviato il 1º dicembre 2017 in Internet Archive. (Berengarius Italiae Rex), entrambi in Monumenta Germaniae Historica.
  6. ^ Paolo Delogu, Berengario II, marchese d'Ivrea, re d'Italia, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1967.
  7. ^ The Holy Roman Empire and Germany. Titles of European hereditary rulers, su eurulers.altervista.org. URL consultato il 1º novembre 2019. Si veda anche l'esempio specifico di Berengario I: Girolamo Arnaldi, Berengario I, duca-marchese del Friuli, re d'Italia, imperatore, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1967.
  8. ^ Pavia città Regia, su monasteriimperialipavia.it.
  9. ^ Secondo lo storico Zucchi lo furono, dopo Corrado (1024): Corrado III (1128); Federico Barbarossa (1155); Enrico VI (1186, in occasione delle nozze con Costanza d'Altavilla); Enrico VII di Lussemburgo (1311); Carlo IV; Carlo V d'Asburgo (1530, a Bologna).
  10. ^ Nuova geografia di Ant. Federico Busching
  11. ^ Alcune monete toscane hanno l'espressione alternativa Vittorio Emanuele Re Eletto, saltando la numerazione
  12. ^ Corpus nummorum Italicorum: Toscana. v. 12. Firenze, Forni, 1943. URL consultato il 28 novembre 2021.
  13. ^ All'epoca la tradizionale corona del Regno d'Italia (la Corona ferrea era stata portata dal sovrano austriaco a Vienna (fu restituita all'Italia solo dopo la guerra del 1866). Re Vittorio Emanuele II continuò a usare la corona del Regno di Sardegna.
  14. ^ treccani.it, http://www.treccani.it/enciclopedia/governo-e-parlamento_%28L%27Unificazione%29/. URL consultato il 16 giugno 2018.
  15. ^ Giuramento di re Vittorio Emanuele II, 29 marzo 1861, MemoriaWeb - Trimestrale dell'Archivio storico del Senato della Repubblica - n. 33 (Nuova Serie), marzo 2021.

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