Il caso Paradine

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Il caso Paradine
Locandina originaria
Titolo originaleThe Paradine Case
Lingua originaleinglese
Paese di produzioneStati Uniti d'America
Anno1947
Durata113 min
Dati tecniciB/N
rapporto: 1,37:1
Generenoir, drammatico
RegiaAlfred Hitchcock
SoggettoRobert Smythe Hichens (romanzo)
SceneggiaturaAlma Reville, David O. Selznick

James Bridie, Ben Hecht (non accreditati)

ProduttoreDavid O. Selznick
Casa di produzioneSelznick International Pictures
FotografiaLee Garmes
MontaggioJohn Faure
Effetti specialiClarence Slifer
MusicheFranz Waxman
ScenografiaThomas Morahan
CostumiCharles Arrico (non accreditato)
TruccoMax Asher, Mel Berns, Layne Britton (non accreditati)
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Il caso Paradine (The Paradine Case) è un film del 1947 diretto da Alfred Hitchcock.

È un adattamento dell'omonimo libro di Robert Smythe Hichens del 1933.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Gregory Peck in una scena

Anna Maddalena Paradine, una bellissima ed enigmatica donna straniera che vive a Londra, è accusata di aver avvelenato, con un bicchiere di porto, il ricco marito, un anziano colonnello diventato cieco. Qualora la sua colpevolezza dovesse essere riconosciuta, la donna verrà condannata a morte.

La signora Paradine, tramite il proprio legale, ingaggia il brillante principe del foro inglese Anthony Keane. Costui, nonostante sia felicemente sposato da 11 anni, subisce sin da subito il fascino della misteriosa e altera cliente, e la sua devota e saggia moglie Gay capisce che l'infatuazione è profonda e potrà causarle problemi. Accorgendosi dell'insofferenza di Gay, l'avvocato vorrebbe abbandonare il caso, ma a sorpresa la donna preme perché egli tenti di salvare la vita alla sua cliente. Gay sa che un verdetto di colpevolezza, seguito dall'impiccagione della vedova Paradine, causerebbe per loro una rottura insanabile.

Anziché puntare sulla tesi del suicidio, Keane prende di mira il devoto e giovane cameriere del colonnello Paradine, André Latour, vedendo in lui un capro espiatorio adatto a scagionare la sospettata. Giunto alla villa dove la donna viveva con il suo defunto marito, ha un duro confronto con André, che accusa la signora Paradine di essere una persona malvagia. Nel corso del processo Anthony attacca duramente Latour, presente come testimone, contro il volere della Paradine, che si arrabbia molto con l'avvocato il quale, durante una pausa, le dichiara i suoi sentimenti per lei. La donna dice a Keane di non approvare l'accanimento verso André, ritenendo innocente quest'ultimo.

Il giorno successivo, durante l'interrogatorio della Paradine, giunge in aula la notizia che André si è suicidato. L'imputata crolla e confessa il suo adulterio col cameriere e l'avvelenamento del marito: ma André era innocente, e la donna inveisce contro l'avvocato, incolpandolo di aver in qualche modo spinto al suicidio l'unica persona che ella veramente amava. Anthony, sconvolto e pieno di sensi di colpa, lascia il processo e vorrebbe rinunciare alla carriera, ma viene convinto a continuare da sua moglie che lo perdona, mentre la Paradine salirà al patibolo.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Il caso Paradine è l'ultimo film girato da Alfred Hitchcock con David O. Selznick come produttore.

Il film comportò costi elevatissimi. Ci furono aspre polemiche con la casa di produzione che stimò una cifra di 4.258.000 $.

Soggetto[modifica | modifica wikitesto]

Il film venne scritto da David O. Selznick, ma l'adattamento originale fu prima di Hitchcock e Alma Reville, sua moglie, poi di James Bridie che pretese di lavorare alla sceneggiatura in Inghilterra, infine di Ben Hecht (non accreditato) che lasciò la sceneggiatura molto incompleta.

Sceneggiatura[modifica | modifica wikitesto]

Il produttore David O. Selznick stravolse radicalmente la sceneggiatura del film prima dell'inizio delle riprese, cambiando volontariamente e unilateralmente molte scene, ritenute importanti dal regista.

Durata[modifica | modifica wikitesto]

Originariamente la pellicola aveva la durata di 3 ore ma venne tagliata a 2 ore e 12 minuti dal produttore, che dopo la seconda presentazione mondiale decise di effettuare un'ulteriore riduzione portandola a 1 ora e 44 minuti. Sfortunatamente nel 1980 la pellicola originale venne distrutta da un'alluvione, facendo perdere per sempre la conoscenza della stesura originale del regista Hitchcock.

Riprese[modifica | modifica wikitesto]

Dopo quasi un anno di lavoro per la stesura della sceneggiatura, le riprese iniziarono il 19 dicembre 1946. Il film fu ultimato il 7 maggio 1947.

Fu necessario ricostruire in studio a Hollywood il tribunale londinese di Old Bailey. Quattro macchine da presa, ciascuna con operatore e aiuto-operatore, poste in punti differenti, erano puntate su un personaggio o un gruppo di personaggi diversi: in fase di montaggio si sarebbero utilizzate le riprese più significative.[1]

Cast[modifica | modifica wikitesto]

Alida Valli in una foto di scena

Alfred Hitchcock avrebbe originariamente voluto Greta Garbo nella parte della protagonista, ma lei rifiutò. Il ruolo fu affidato ad Alida Valli, che venne scritturata all'ultimo momento e arrivò sul set a riprese già iniziate e non ebbe così la possibilità di imparare la parte; le battute le vennero suggerite per tutta la durata delle riprese. Come per tutto il suo periodo inglese e "americano" la Valli appare nei titoli e nelle locandine soltanto col cognome in corsivo.

Nel ruolo del cameriere, interpretato da Louis Jourdan, attore francese elegante e raffinato, il regista avrebbe preferito un attore in grado di dare un'immagine più rozza e perversa, magari Robert Newton.

La parte dell'avvocato difensore, interpretata da Gregory Peck, era originariamente destinata a Laurence Olivier, che rifiutò l'ingaggio a causa di un impegno teatrale.[2]

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

L'anteprima si tenne a Los Angeles il 29 dicembre 1947.

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

La stampa accolse il film con molte riserve e giudizi negativi; gli incassi furono insufficienti a coprire i costi di produzione.

Hitchcock su Hitchcock[modifica | modifica wikitesto]

Hitchcock, nell'intervista rilasciata a François Truffaut, parla di difetti appariscenti, legati soprattutto alla scelta poco appropriata degli attori e all'intreccio poco chiaro; altrove il regista aveva avuto occasione di dichiarare: «...quando si è disattenti e non si padroneggia la materia di una storia è inevitabile che il risultato sia confuso».[3]

Temi[modifica | modifica wikitesto]

Tuttavia la critica successiva ebbe modo di individuare anche i pregi di questa pellicola. Rohmer e Chabrol ne indicano alcuni:

  • l'acuto senso della caricatura che Hitchcock esercita in particolare sulla figura del giudice «...grasso, ripugnante, libertino dallo sguardo salace e dai gesti untuosi» uno dei mostri hitchcockiani;
  • l'implacabilità con cui il regista descrive la "degradazione di un gentleman", la "tentazione della perdizione" che travolge il brillante avvocato, costringendolo ad attraversare "tutti gli stadi, compresa la gelosia, compreso il disprezzo di sé" culminanti con la "confessione pubblica", estremo tentativo di "lavare la sua vergogna";[4]
  • invettiva finale della moglie del giudice contro la pena di morte, portata avanti magistralmente attraverso un personaggio minore ma di grande umanità.

Bruzzone e Caprara fanno notare che il regista in questo film sviluppa e approfondisce un altro tema non trascurabile, quello della solitudine.[5]

La protagonista è sola ad affrontare il suo dramma e a subire le conseguenze del suo fascino malefico. Sola segue i due ispettori di polizia che la costringono a lasciare la sua bella casa: in prigione la guardiana la spoglia dei suoi gioielli, le disfa la pettinatura controllando che non nasconda niente nei capelli, la rinchiude in una cella da cui non uscirà più. Sola è nell'aula del tribunale con i suoi segreti inconfessabili: il tradimento e l'uccisione del marito, la passione incontrollata per un uomo che la disprezza e la odia per averlo costretto a disonorarsi. Sola respinge, offesa e sdegnata, l'appassionata difesa dell'avvocato, vittima della sua seduzione e responsabile del suicidio dell'uomo amato. Sola confessa il suo crimine e consapevolmente decide di scontare la sua colpa condannandosi a morte.

Tecnica cinematografica[modifica | modifica wikitesto]

«Il film riproduce in maniera precisa la struttura processuale e le sue componenti spettacolari-teatrali».[6]

Ci sono due momenti che, in particolare, illustrano la ricerca espressiva del regista; li descrive lui stesso nell'intervista a Truffaut.

  • Il movimento avvolgente con cui la macchina da presa segue Latour che entra in aula alle spalle dell'imputata, immobile e apparentemente impassibile, in realtà profondamente turbata. Per dare la sensazione che lei lo sente quasi fisicamente, con l'odorato, filma la scena in due riprese: una panoramica a duecento gradi su Latour che avanza dalla porta alla sbarra, un primissimo piano sulla donna davanti allo schermo di trasparenza, seduta su uno sgabello girevole per ristabilire l'effetto di rotazione, infine la macchina da presa ritorna su Latour.
  • La sconfitta e l'uscita di scena di Keane: un'inquadratura quasi perpendicolare, dall'alto al basso, dal totale al primissimo piano, mostra Keane tra le file dei banchi; poi quando lascia il tribunale lo inquadra in diagonale allo schermo quasi ad accompagnarlo fuori campo.

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Ethel Barrymore fu nominata ai premi Oscar 1948 come migliore attrice non protagonista.

Adattamenti[modifica | modifica wikitesto]

La Lux Radio Theatre registrò un adattamento del film che andò in onda il 9 maggio 1949, i cui protagonisti furono Alida Valli, Joseph Cotten e Louis Jourdan.[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ John Russell Taylor, Hitch, Garzanti, Milano, 1980, p. 256.
  2. ^ Donald Spoto, Il lato oscuro del genio, Lindau, Torino, 2006, pp. 377-385.
  3. ^ Giorgio Gosetti, Alfred Hitchcock, Il Castoro Cinema, Milano, 1996, p. 109.
  4. ^ Rohmer-Chabrol, Hitchcock, Marsilio, Venezia, 2010, pp. 85-86.
  5. ^ Bruzzone-Caprara, I film di Alfred Hitchcock, Gremese, Roma, 1992, p. 167.
  6. ^ Giorgio Simonelli, Invito al cinema di Hitchcock, Mursia, Milano, 1996, p. 56
  7. ^ The Paradine Case (1948) - Overview - TCM.com

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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