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Ruggero Settimo

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Ruggero Settimo

Presidente del Senato del Regno
Durata mandato18 febbraio 1861 –
12 maggio 1863
PredecessoreCesare Alfieri di Sostegno
SuccessoreFederico Sclopis

Dati generali
Partito politicoindipendente

Ruggero Settimo (Palermo, 19 maggio 1778Malta, 12 maggio 1863) è stato un ammiraglio e politico italiano.

Ammiraglio della flotta borbonica, aderì al movimento liberale. Caldeggiò la promulgazione della costituzione del 1812 e fu ministro del Regno delle Due Sicilie. Si dimise subito dopo l'abrogazione della Costituzione siciliana. Durante la rivoluzione siciliana del 1848 fu capo del governo.

Biografia

Formazione giovanile

Ruggero Settimo nacque a Palermo da una famiglia di origine nobiliare, appartenente alla famiglia dei principi di Fitalia e dei marchesi di Giarratana.

Si formò presso l’Accademia Borbonica della Real Marina delle Due Sicilie di Napoli e diventò nel 1793 ufficiale della flotta borbonica, e combatté i corsari barbareschi.

Combatté a fianco della flotta inglese nel Mare Mediterraneo contro i francesi di Napoleone Bonaparte. Riconquistò l'isola di Malta, e difese la città di Gaeta vicino Napoli.

La carriera politica

Nel 1811 per problemi di salute si ritirò dalla carriera di marina per darsi alla politica, dove in poco tempo diventò il maggiore esponente del partito liberale siciliano e fu Ministro della Marina (1812-13) e della Guerra (1813-14) del Regno di Sicilia (1734-1816)[1].

Dopo il ritorno di Ferdinando I di Borbone, andò all'opposizione e fu tra coloro che chiesero il ripristino della Costituzione siciliana del 1812, soppressa nel 1816.

La rivolta del 1820

Durante i Moti del 1820-1821, Settimo fece parte del governo provvisorio di Palermo insieme al principe di Villafranca, Gaetano Bonanno, Padre Palermo dell'Ordine dei Teatini, il colonnello Resquens, il marchese Raddusa e Giuseppe Tortorici. Lo stesso governo provvisorio aveva, seppur momentaneamente, dichiarato l'indipendenza da Napoli. Lo stesso Settimo fu indicato come luogotenente della giunta provvisoria, ma rifiutò e la offrì al principe della Scaletta e fu tra i membri della giunta provvisoria di governo. Si mise ai voti la scelta indipendentista, e i due terzi dell'isola si espressero favorevolmente. Il 7 novembre 1820 il Borbone inviò un esercito agli ordini di Florestano Pepe (poi sostituito dal generale Pietro Colletta) che riconquistò la Sicilia attraverso lotte sanguinose e ristabilì la monarchia assoluta risottomettendo la Sicilia a Napoli. Settimo accettò di far parte del decurionato di Palermo che il 14 aprile 1821 firmò "l'atto di soggezione", che valse ad alienargli allora l'animo dei liberali siciliani[2]. Lasciò la vita politica e si dedicò alla salute pubblica.

Capo del governo nel 1848

Ruggero Settimo è stato uno dei protagonisti della Rivoluzione siciliana del 1848, e fu presidente del comitato insurrezionale, con Mariano Stabile segretario generale[3]. Appoggiò sia le idee repubblicane di Pasquale Calvi, sia quelle filo-monarchiche di Vincenzo Fardella di Torrearsa. In quell'anno per le sue idee liberali venne scelto come presidente del governo siciliano. Il 10 maggio dello stesso anno era stato dichiarato "padre della patria siciliana", e il 10 luglio nominato tenente generale dell'Esercito Nazionale Siciliano. I liberali come Pasquale Calvi e lo stesso Settimo appoggiarono una Sicilia indipendente da Napoli e confederata secondo l'idea di Gioberti alla condizione, però, che fosse rispettata la Costituzione Siciliana.

Alla fine il Parlamento scelse di offrire la corona dell'isola al duca di Genova Alberto Amedeo di Savoia che sarebbe diventato re dell'isola con il nome di Alberto Amedeo I di Sicilia, ma questi non accettò.
Si continuò, ma invano, la ricerca di un nuovo regnante. La Sicilia, dopo il rifiuto del duca di Genova, ebbe un governo senza carica centrale e diventò instabile; Ferdinando II delle Due Sicilie inviò 16.000 uomini contro l'isola per riconquistarla. Il 15 maggio 1849 cadde Palermo e con essa l'intera isola: le speranze di tenere in vita uno stato indipendente svanirono a questo punto infatti definitivamente. I vertici della rivoluzione andarono in esilio e Ruggero Settimo, escluso dall'amnistia, fuggì a Malta, (allora territorio britannico) con la nave HMS Bulldog dove venne accolto con gli onori di un capo di Stato.

Presidente del Senato d'Italia

Lo statista siciliano trascorse con malinconia in quell'isola gli anni dell'esilio, dal quale tornò non appena la sua Sicilia venne annessa al neonato Regno d'Italia nell'ottobre 1860. Nel maggio 1860, poche ore dopo aver assunto la dittatura di Sicilia, a Salemi, Garibaldi invia delle accorate parole a Malta, all'indirizzo di Ruggero Settimo, invitandolo a tornare nell'isola, ma in quei giorni non poté farlo per ragioni di salute.

Approvò l'annessione al Regno d'Italia con il plebiscito e fu nominato senatore il 20 gennaio 1861[4][5]. A Settimo venne offerta la carica di presidente del nuovo Senato del Regno, che egli guidò dal febbraio 1861 fino alla morte,[6] avvenuta a Malta nel 1863.

Riconoscimenti

Visse e operò alcuni anni a Caltanissetta, dove viene ricordato con il nome del Liceo Classico della città. A Palermo gli è stata dedicata una delle vie principali della città.

Onorificenze

Note

Bibliografia

  • C. Avarna di Gualtieri, Ruggero Settimo nel Risorgimento, Bari, 1928.
  • Correnti, Santi (2002) A Short History of Sicily, Les Editions Musae, Montreal (in Inglese).
  • Scianò, Giuseppe (2004) Sicilia, Sicilia, Sicilia!, Edizione Anteprima, Palermo.

Voci correlate

Predecessore Presidente del Senato della Repubblica Successore
Cesare Alfieri di Sostegno 18 febbraio 1861 - 21 maggio 1863 Federico Sclopis
Controllo di autoritàVIAF (EN88351310 · SBN IEIV056411 · BAV 495/180937 · BNE (ESXX1695609 (data) · BNF (FRcb14932786v (data)