Arcidiocesi di Antivari

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Arcidiocesi di Antivari
Archidioecesis Antibarensis
Chiesa latina
 
Collocazione geografica
Collocazione geografica della diocesi
 
ArcivescovoRrok Gjonlleshaj
Arcivescovi emeritiZef Gashi, S.D.B.
Presbiteri14, di cui 7 secolari e 7 regolari
857 battezzati per presbitero
Religiosi8 uomini, 32 donne
 
Abitanti630.000
Battezzati12.000 (1,9% del totale)
StatoMontenegro
Superficie13.812 km²
Parrocchie19
 
ErezioneIX secolo
Ritoromano
CattedraleImmacolata Concezione
ConcattedraleSan Pietro Apostolo
IndirizzoNadbiskupa Nikole Dobrečića 1, 85000 Bar, Crna Gora
Dati dall'Annuario pontificio 2021 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Montenegro
La concattedrale di San Pietro Apostolo.

L'arcidiocesi di Antivari (in latino Archidioecesis Antibarensis) è una sede della Chiesa cattolica in Montenegro immediatamente soggetta alla Santa Sede. Nel 2020 contava 12.000 battezzati su 630.000 abitanti. È retta dall'arcivescovo Rrok Gjonlleshaj.

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

L'arcidiocesi comprende i comuni montenegrini di Antivari, Andrijevica, Berane, Bijelo Polje, Cettigne, Danilovgrad, Dulcigno, Gusino, Kolašin, Mojkovac, Nikšić, Petnjica, Plav, Pljevlja, Plužine, Podgorizza, Rožaje, Šavnik e Žabljak. Nella cartina a destra il territorio dell'arcidiocesi di Antivari è contrassegnato in blu.

Sede arcivescovile è la città di Antivari, dove si trovano la cattedrale dell'Immacolata Concezione e la concattedrale di San Pietro Apostolo.

Il territorio si estende su 13.812 km² ed è suddiviso in 19 parrocchie.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Avvolte nell'oscurità sono le origini della diocesi di Antivari. In epoca romana il territorio montenegrino faceva parte della provincia della Praevalitana, la cui sede più importante era quella di Doclea, che nell'877 fu elevata al rango di sede metropolitana; secondo Farlati, tra le sue suffraganee c'era anche la diocesi di Antivari. Si tratterrebbe della prima menzione dell'esistenza di questa sede.[1]

All'epoca il territorio era conteso, dal punto di vista ecclesiastico, tra la Chiesa di Roma e il patriarcato di Costantinopoli. Infatti, in una Notitia Episcopatuum del patriarcato, databile alla fine del X secolo, compaiono anche le sedi di Antivari e di Doclea, entrambe suffraganee dell'arcidiocesi greca di Durazzo.[2]

Nell'XI secolo, dopo il crollo dell'impero bulgaro, i Serbi si resero padroni della regione ed ottennero da papa Giovanni XIX l'elevazione di Antivari a sede metropolitana nel 1032. Antivari era tuttavia in competizione con la diocesi di Ragusa di Dalmazia come sede metropolitana: entrambe infatti rivendicavano i diritti metropolitici che erano stati di Doclea, distrutta nella prima metà del X secolo. Nella lotta fra le due sedi verranno prodotte anche bolle pontificie false, per rivendicare i propri diritti: tale, per esempio, la bolla del 1067 con cui papa Alessandro II confermava i diritti di Antivari ed elencava le sue sedi suffraganee.[3] In queste bolle della seconda metà dell'XI secolo è documentato anche il primo vescovo certo di Antivari, Pietro, attestato dal 1067 al 1089.[4]

Nella bolla spuria del 1067 sono elencate ben 9 diocesi suffraganee di Antivari: Cattaro, Palachiensis ecclesia (forse Dulcigno o Balecio), Suacia, Scutari, Drivasto, Pult, Serbiensis ecclesia (?), Bosnia e Trebigne. Le stesse suffraganee sono menzionate anche nella bolla del 1089, redatta però dall'antipapa Clemente III e destinata a Pietro Dioclensis archiepiscopus.[5] Non è chiaro fino a che punto e se realmente queste diocesi fecero parte della provincia ecclesiastica di Antivari.

Nel corso del XII secolo i papi confermarono la supremazia di Ragusa, attestata come metropolia fin dal 1022, sulla sede di Antivari, e nelle bolle dei papi Alessandro III (1167) e Clemente III (1188)[6] dirette al metropolita di Ragusa, Antivari risulta essere una delle sue suffraganee. Infatti nel 1142 Antivari, nell'eterna lotta con Ragusa, aveva perso il rango di sede metropolitana[7]. Nella bolla del 1167 papa Alessandro III ordinò al vescovo Gregorio di Antivari di prestare obbedienza al suo metropolitano, pena la scomunica.[8]

Nel 1199 Antivari fu nuovamente elevata al rango di arcidiocesi metropolitana e al suo arcivescovo Giovanni papa Innocenzo III concesso il pallio.[9] Nello stesso anno si celebrò a Antivari un sinodo provinciale, sottoscritto da 7 vescovi suffraganei di Antivari, e cioè i vescovi di Arbano, Scutari, Pult, Drivasto, Suacia, Dulcigno e Sarda.[10]

La lotta tra Antivari e Ragusa proseguì nel corso del XIII secolo e i papi dovettero intervenire più volte per calmare gli animi, pur confermando l'indipendenza della metropolia di Antivari. Inoltre, questi continui interventi permisero alla Santa Sede si consolidare la sua influenza nella regione, a scapito del patriarcato di Costantinopoli. Tuttavia, il definitivo passaggio dei Serbi all'ortodossia, mise in serio pericolo l'esistenza stessa della sede di Antivari, che si trovava sul confine tra la chiesa latina e la chiesa greca. L'arrivo degli ordini mendicanti e l'occupazione veneziana della regione permisero la sopravvivenza dell'arcidiocesi: nel corso del XIV e XV secolo diversi metropoliti saranno o religiosi o veneziani d'origine o spesso entrambe le cose.

Nel 1571 Antivari e il territorio caddero in mano ai Turchi. Oltre alle persecuzione, iniziò anche un lento declino della presenza di cattolici di rito latino nella regione, a vantaggio della Chiesa greca, o quella di Costantinopoli o quella di Serbia, entrambe sottomesse ai Turchi. La cattedrale di San Giorgio fu trasformata in moschea e il palazzo episcopale divenne la residenza del governatore turco; molte chiese e monasteri furono distrutti, o confiscati e destinati ad altri scopi, oppure occupati dai greci.

Gli arcivescovi di Antivari dovettero trasferire la loro sede in territorio veneziano, a Budua, la cui diocesi, assieme a quella di Dulcigno (unite dal 1536), fu amministrata dagli arcivescovi di Antivari fino all'Ottocento. Marino Bizzi (1608-1624) ottenne dal governo ottomano il permesso di rientrare nella sua diocesi: qui iniziò un'opera di riorganizzazione e di riforma, introducendo i decreti del concilio di Trento, e si adoperò per recuperare i beni della sua diocesi che erano stati sottratti dal patriarcato serbo. Il suo successore, Pietro Massarechi (1624-1634), continuò la sua opera con la celebrazione di un sinodo e la pubblicazione di costituzione diocesane. Di particolare importanza furono le costituzioni sinodali promulgate da Vincenzo Zmajević nel 1705, che cercarono di adattare i decreti tridentini ai bisogni degli Orientali e alle tradizioni greche: queste costituzioni, confermate da papa Benedetto XIV, furono rinnovate ancora nel 1872.

Non avendo più beni con cui mantenersi, gli arcivescovi di Antivari ricevevano il necessario per il loro mantenimento direttamente dal governo della Serenissima e poi, dopo il trattato di Campoformio (1797), dal governo asburgico.

Alla fine del Settecento, la provincia ecclesiastica di Antivari comprendeva 4 suffraganee: Alessio, Pult, Sapë e Scutari.[11]

Il 30 giugno 1828 il territorio dell'antica diocesi di Budua, costituito da una sola parrocchia ed amministrata dagli arcivescovi di Antivari, fu annessa alla diocesi di Cattaro.[12]

Il 14 marzo 1867 l'arcidiocesi di Antivari fu unita aeque principaliter alla diocesi di Scutari: a quest'epoca, la provincia ecclesiastica di Antivari e Scutari comprendeva come suffraganee le diocesi di Alessio, Pult, Sapë e Belgrado e Smederevo (sedi unite dal 1729).[13]

Nel 1878 Antivari fu conquistata dai Montenegrini, con i quali la Santa Sede stipulò il 18 agosto 1886 un concordato, che prevedeva che la sede di Antivari sarebbe stata l'unica sede cattolica con giurisdizione su tutti i cattolici del principato del Montenegro.[14] Il concordato prevedeva il libero esercizio della religione cattolica, dava al re il diritto di rifiutare la nomina dell'arcivescovo, se persona non grata; garantiva all'arcivescovo un emolumento annuo statale di 5.000 franchi; infine l'arcivescovo, con il titolo ufficiale di Illustrissimo Signore, era membro di diritto del parlamento montenegrino.

Il 23 ottobre 1886, con il breve In sublimi, papa Leone XIII promulgò canonicamente le decisioni del concordato, le cui conseguenze più importanti furono la separazione dell'arcidiocesi di Antivari da quella di Scutari, che conservò il titolo arcivescovile; e la perdita per Antivari delle proprie suffraganee e con esse del rango di sede metropolitana, diventando un'arcidiocesi immediatamente soggetta alla Santa Sede. Il Montenegro adottò la religione ortodossa come religione di Stato e di conseguenza i fedeli dell'arcidiocesi di Antivari appartengono per lo più alla minoranza albanese.

Il 7 marzo 1902 un decreto della Congregazione Concistoriale confermò agli arcivescovi di Antivari il titolo di primate di Serbia, che era in uso dalla metà del XVIII secolo.[15]

Dopo la Seconda guerra mondiale, in Albania la religione cattolica fu messa al bando dalle leggi che imponevamo l'ateismo di Stato. In questo periodo l'arcidiocesi di Antivari fu il punto di riferimento per i cattolici albanesi. Quando dopo il Concilio Vaticano II, la riforma liturgica permise l'utilizzo delle lingue nazionali nella liturgia, fu nell'arcidiocesi di Antivari che venne realizzata la traduzione dei testi liturgici in lingua albanese, che più tardi furono adottati da tutte le diocesi di lingua albanese.

Cronotassi degli arcivescovi[modifica | modifica wikitesto]

Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Statistiche[modifica | modifica wikitesto]

L'arcidiocesi nel 2020 su una popolazione di 630.000 persone contava 12.000 battezzati, corrispondenti all'1,9% del totale.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
1950 25.890 ? ? 25 23 2 1.035 20
1959 22.276 331.800 6,7 15 13 2 1.485 58 19
1970 24.000 470.000 5,1 16 12 4 1.500 4 87 16
1980 16.690 535.190 3,1 20 10 10 834 14 68 19
1990 17.230 538.000 3,2 18 6 12 957 13 52 19
1999 16.000 520.000 3,1 12 4 8 1.333 8 35 19
2000 16.000 520.000 3,1 13 4 9 1.230 9 35 19
2001 15.000 520.000 2,9 11 4 7 1.363 1 7 47 19
2002 14.500 520.000 2,8 13 6 7 1.115 7 41 19
2003 14.400 521.000 2,8 12 5 7 1.200 7 31 19
2004 11.512 521.000 2,2 13 5 8 885 12 34 19
2006 11.512 521.000 2,2 13 5 8 885 8 36 19
2012 11.227 631.000 1,8 14 7 7 801 7 30 19
2015 11.155 629.000 1,8 14 7 7 796 7 30 19
2018 12.000 632.000 1,9 12 6 6 1.000 6 32 19
2020 12.000 630.000 1,9 14 7 7 857 8 32 19

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Farlati-Coleti, Illyricum Sacrum, vol. VII, pp. 5 e 10.
  2. ^ Jean Darrouzès, Notitiae episcopatuum Ecclesiae Constantinopolitanae. Texte critique, introduction et notes, Paris, 1981, p. 330, nn. 612 e 620.
  3. ^ Acta et diplomata res Albaniae, vol. I, p. 17, nº 63.
  4. ^ Acta et diplomata res Albaniae, vol. I, p. 20, nº 66; p. 21, nº 68.
  5. ^ Acta et diplomata res Albaniae, vol. I, p. 21, nº 68. Al posto della Palachiensis ecclesia del 1067, nella bolla del 1089 si trova la diocesi di Dulcigno.
  6. ^ Acta et diplomata res Albaniae, vol. I, p. 34, nº 104.
  7. ^ Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastiques (voce "Dubrovnik"), vol. XIV, Paris, 1960, col. 954.
  8. ^ Acta et diplomata res Albaniae, vol. I, p. 32, nº 96.
  9. ^ Acta et diplomata res Albaniae, vol. I, p. 38, nn. 114-119.
  10. ^ Acta et diplomata res Albaniae, vol. I, p. 39, nº 120. Ferlati, Illyricum Sacrum, vol. VII, pp. 29-30.
  11. ^ Eubel, Hierarchia catholica, vol. VI, p. 458.
  12. ^ Bolla Locum beati Petri, in Raffaele de Martinis, Iuris pontificii de propaganda fide. Pars prima, Tomo IV, Romae, 1891, p. 697 e seguenti. In particolare p. 700, § 16, dove si dice: Dioecesis Cattarensis… complectetur etiam paroeciam Buduae, quam idcirco ex dioecesi Antibarensi seiunctam declaramus.
  13. ^ Annuario Pontificio 1868, p. 49. La sede di Belgrado e Smederevo è documentata come parte di questa provincia ecclesiastica dall'Annuario Pontificio 1866.
  14. ^ Angelo Mercati (a cura di), Raccolta di concordati su materie ecclesiastiche tra la Santa Sede e le Autorità Civili, Roma, 1919, pp. 1048-1050.
  15. ^ a b c (SR) Barska nadbiskupija i barski nadbiskupi
  16. ^ Ferlati data la bolla spuria di Alessandro II al 1062, gli Acta et diplomata res Albaniae (vol. I, p. 17, nº 63) al 1067.
  17. ^ Acta et diplomata res Albaniae, vol. I, p. 21, nº 68.
  18. ^ La sua elezione fu annullata nel 1422.
  19. ^ Il 28 novembre 1473 fu nominato anche arcivescovo titolare di Patrasso.
  20. ^ Contestualmente nominato anche arcivescovo titolare di Patrasso.
  21. ^ Dal 24 gennaio 1715 amministratore apostolico. Cfr. Eubel, vol. 5, p. 88.
  22. ^ Dal 23 febbraio 1844 amministratore apostolico. Cfr. Eubel, vol. 7, pp. 78 e 254.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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