Omicidio di Marta Russo: differenze tra le versioni

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===Scattone e Ferraro===
===Scattone e Ferraro===
Vennero iscritti nel registro degli indagati circa 40 dipendenti e frequentanti l'Università, e venne indiziato all'inizio un bibliotecario di [[Lettere e filosofia|Lettere]], Rino Zingale, poi scagionato dopo pochi giorni.<ref name=parente/> Furono ascoltati, tra gli altri, una studentessa, Giuliana Olzai, il professor [[Nicolò Lipari]], ex parlamentare [[democristiano]], e soprattutto sua figlia Maria Chiara Lipari, che fece, dopo aver riferito i ricordi in maniera frammentaria<ref>[http://www.webalice.it/guido.vitiello/memorie.htm Alberto Beretta Anguissola, ''Le memorie troppo volontarie di Maria Chiara Lipari'']</ref>, i nomi del professor Bruno Romano, direttore dell'istituto e noto filosofo, che fu arrestato (ai domiciliari) per [[favoreggiamento]] e poi presto scagionato (Romano venne difeso dagli avvocati [[Giulia Bongiorno]] e [[Franco Coppi]]), di Gabriella Alletto, impiegata dell'istituto, di Francesco Liparota, usciere, e di due assistenti universitari, Giovanni Scattone (Roma, [[7 febbraio]] [[1968]]), [[dottorato di ricerca|dottorando]] in [[Filosofia]]) e Salvatore Ferraro ([[Locri]], [[24 gennaio]] [[1967]]), dottore di ricerca in [[Giurisprudenza]]<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1998/luglio/16/Marta_Russo_scontro_tra_professori_co_0_980716592.shtml|titolo=Marta Russo, scontro tra i professori|editore=''[[Il Corriere della Sera]]''|autore=Haver Flavio|data=16 luglio 1998|accesso=25 febbraio 2013}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.repubblica.it/online/fatti/martarusso/crono/crono.html|titolo=Marta Russo, un caso lungo due anni|editore=''[[La Repubblica]]''|autore=Redazione|data=1º giugno 1999|accesso=25 febbraio 2013}}</ref>.
Vennero iscritti nel registro degli indagati circa 40 dipendenti e frequentanti l'Università, e venne indiziato all'inizio un bibliotecario di [[Lettere e filosofia|Lettere]], Rino Zingale, poi scagionato dopo pochi giorni.<ref name=parente/> Furono ascoltati, tra gli altri, una studentessa, Giuliana Olzai, il professor [[Nicolò Lipari]], ex parlamentare [[democristiano]], e soprattutto sua figlia Maria Chiara Lipari, dottoranda, che fece, dopo aver riferito i ricordi in maniera frammentaria<ref>[http://www.webalice.it/guido.vitiello/memorie.htm Alberto Beretta Anguissola, ''Le memorie troppo volontarie di Maria Chiara Lipari'']</ref>, i nomi del professor Bruno Romano, direttore dell'istituto e noto filosofo, che fu arrestato (ai domiciliari) per [[favoreggiamento]] e poi presto scagionato (Romano venne difeso dagli avvocati [[Giulia Bongiorno]] e [[Franco Coppi]]), di Gabriella Alletto, impiegata dell'istituto, di Francesco Liparota, usciere, e di due assistenti universitari, Giovanni Scattone (Roma, [[7 febbraio]] [[1968]]), assistente presso la facoltà di [[Lettere]] e [[Filosofia]] e ricercatore di "teoria generale del [[diritto]] e [[filosofia della politica]]"<ref>[http://giovanniscattone.blogspot.it/p/curriculum.html ''Giovanni Scattone - Curriculum'']</ref>, e Salvatore Ferraro ([[Locri]], [[24 gennaio]] [[1967]]), già [[dottore di ricerca]] in [[Giurisprudenza]], i quali tenevano alcuni corsi di [[filosofia del diritto]]<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1998/luglio/16/Marta_Russo_scontro_tra_professori_co_0_980716592.shtml|titolo=Marta Russo, scontro tra i professori|editore=''[[Il Corriere della Sera]]''|autore=Haver Flavio|data=16 luglio 1998|accesso=25 febbraio 2013}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.repubblica.it/online/fatti/martarusso/crono/crono.html|titolo=Marta Russo, un caso lungo due anni|editore=''[[La Repubblica]]''|autore=Redazione|data=1º giugno 1999|accesso=25 febbraio 2013}}</ref>.
[[File:Giovanni Scattone.jpg|thumb|250px|Giovanni Scattone al processo del 2003]]
[[File:Giovanni Scattone.jpg|thumb|250px|Giovanni Scattone al processo del 2003]]

Una ventina di studenti testimoniarono che il "[[delitto]] perfetto" era ricorrente nei discorsi dei due assistenti universitari<ref name=perf>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/settembre/05/Provavano_delitto_perfetto_co_0_97090511201.shtml|titolo="Provavano il delitto perfetto"|editore=''[[Il Corriere della Sera]]''|autore=Di Gianvito Lavinia|data=5 settembre 1997|accesso=23 febbraio 2013}}</ref>. Riguardo alle lezioni di [[filosofia del diritto]] tenute dai due sospetti, i giornalisti ipotizzarono delle fantasiose connessioni tra il [[Oltreuomo|Superuomo]] di [[Nietzsche]] e la figura di [[Rodion Romanovič Raskol'nikov|Raskolnikov]], il protagonista immaginario di ''[[Delitto e castigo]]'' di [[Dostoevskij]], che realizza un delitto quasi perfetto e che reputa a fin di bene, ma poi confessa tutto al giudice Porfirij Petrovič, spinto dal rimorso, o con i film di [[Alfred Hitchcock|Hitchcock]] ''[[Delitto perfetto]]'' e ''[[Delitto per delitto]]''; seppur considerata una pista poco consistente, gli inquirenti insistevano che i due avessero voluto "inscenare" un delitto senza movente, circostanza sempre negata con determinazione da Scattone e Ferraro e poi caduta nel corso delle indagini e del primo processo.<ref name="conviction">Kennedy, Frances. [http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/it-was-the-perfect-crime-so-who-made-the-fatal-error-1098843.html "It was the perfect crime. So who made the fatal error?"], ''[[The Independent]]'', 1999-06-08. Retrieved on 2009-07-08.</ref>
Una ventina di studenti testimoniarono che il "[[delitto]] perfetto" era ricorrente nei discorsi dei due assistenti universitari<ref name=perf>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/settembre/05/Provavano_delitto_perfetto_co_0_97090511201.shtml|titolo="Provavano il delitto perfetto"|editore=''[[Il Corriere della Sera]]''|autore=Di Gianvito Lavinia|data=5 settembre 1997|accesso=23 febbraio 2013}}</ref>. Riguardo alle lezioni tenute dai due sospetti, i giornalisti ipotizzarono anche delle fantasiose connessioni tra il "[[Oltreuomo|Superuomo]]" di [[Nietzsche]] e la figura di [[Rodion Romanovič Raskol'nikov|Raskolnikov]], il protagonista immaginario di ''[[Delitto e castigo]]'' di [[Dostoevskij]], che realizza un delitto quasi perfetto e che reputa a fin di bene, ma poi confessa tutto al giudice Porfirij Petrovič, spinto dal rimorso, o con i film di [[Alfred Hitchcock|Hitchcock]] ''[[Delitto perfetto]]'' e ''[[Delitto per delitto]]''; seppur considerata una pista poco consistente, gli inquirenti insistevano che i due avessero voluto "inscenare" o "simulare" un delitto senza movente, ma che la situazione fosse degenerata per colpevole imprudenza, circostanza sempre negata con determinazione da Scattone e Ferraro e poi caduta nel corso delle indagini e del primo processo.<ref name="conviction">Kennedy, Frances. [http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/it-was-the-perfect-crime-so-who-made-the-fatal-error-1098843.html "It was the perfect crime. So who made the fatal error?"], ''[[The Independent]]'', 1999-06-08. Retrieved on 2009-07-08.</ref>


Si giunse all'incriminazione di Scattone e di Ferraro, che si proclamarono sempre innocenti, ma che fornirono [[Alibi (diritto)|alibi]] non confermati<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/luglio/15/Nuovo_alibi_per_Scattone_altra_co_0_9707151015.shtml|titolo=Nuovo alibi per Scattone, un'altra donna nel mistero|editore=''[[Il Corriere della Sera]]''|autore=Brogi Paolo|data=15 luglio 1997|accesso=23 febbraio 2013}}</ref> e talvolta smentiti; assieme a loro venne rinviato a giudizio anche Francesco Liparota per favoreggiamento; tutti e tre vennero arrestati, i primi due per concorso in [[omicidio volontario]]; Liparota sarà poi scarcerato<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1998/aprile/25/Testimone_flop_per_alibi_Scattone_co_0_9804252208.shtml|titolo="Testimone flop" per l' alibi di Scattone|editore=''[[Il Corriere della Sera]]''|autore=Haver Flavio|data=25 aprile 1998|accesso=23 febbraio 2013}}</ref>.
Si giunse all'incriminazione di Scattone e di Ferraro, che si proclamarono sempre innocenti, ma che fornirono [[Alibi (diritto)|alibi]] non confermati<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/luglio/15/Nuovo_alibi_per_Scattone_altra_co_0_9707151015.shtml|titolo=Nuovo alibi per Scattone, un'altra donna nel mistero|editore=''[[Il Corriere della Sera]]''|autore=Brogi Paolo|data=15 luglio 1997|accesso=23 febbraio 2013}}</ref> e talvolta smentiti; assieme a loro venne rinviato a giudizio anche Francesco Liparota per favoreggiamento; tutti e tre vennero arrestati, i primi due per concorso in [[omicidio volontario]]; Liparota sarà poi scarcerato<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1998/aprile/25/Testimone_flop_per_alibi_Scattone_co_0_9804252208.shtml|titolo="Testimone flop" per l' alibi di Scattone|editore=''[[Il Corriere della Sera]]''|autore=Haver Flavio|data=25 aprile 1998|accesso=23 febbraio 2013}}</ref>.
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Nella borsa di Ferraro furono ritrovati altri residui, secondo l'accusa sempre resti di polvere da sparo, secondo altri polvere metallica derivata da particelle di [[pastiglie freno]] dei veicoli, diffuse nell'aria di Roma.<ref name=mori/> L'arma del delitto non verrà mai ritrovata.<ref name=mori/> Il proiettile recava fibre di [[lana di vetro]], mentre le finestra erano invece intatte, e le fibre erano compatibili con quelle del controsoffitto del detto bagno di [[Statistica]], inizialmente indicato da un testimone come luogo dello sparo.<ref>[http://www.repubblica.it/online/cronaca/martrus/ultima/ultima.html ''Marta Russo, l'appello bis, si cerca l'ultima verità'']</ref>
Nella borsa di Ferraro furono ritrovati altri residui, secondo l'accusa sempre resti di polvere da sparo, secondo altri polvere metallica derivata da particelle di [[pastiglie freno]] dei veicoli, diffuse nell'aria di Roma.<ref name=mori/> L'arma del delitto non verrà mai ritrovata.<ref name=mori/> Il proiettile recava fibre di [[lana di vetro]], mentre le finestra erano invece intatte, e le fibre erano compatibili con quelle del controsoffitto del detto bagno di [[Statistica]], inizialmente indicato da un testimone come luogo dello sparo.<ref>[http://www.repubblica.it/online/cronaca/martrus/ultima/ultima.html ''Marta Russo, l'appello bis, si cerca l'ultima verità'']</ref>


Venne accettata dalla procura la ricostruzione secondo la quale Scattone e Ferraro avessero portato in aula una pistola, credendo fosse scarica o con la sicura inserita<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1999/settembre/14/Scattone_non_sapeva_che_pistola_co_0_9909147654.shtml ''Scattone non sapeva che la pistola era carica'']</ref>, e a Scattone sarebbe partito accidentalmente un colpo, mentre la maneggiava; oppure Scattone avrebbe sparato volontariamente (anche se venne escluso il [[dolo eventuale]]), per motivi rimasti sconosciuti o per dimostrare la possibilità del delitto perfetto<ref name=perf/>, ma non voleva colpire nessuno, ma sparare in aria o al muro<ref name=perf/>; non avrebbe però calcolato la deviazione a destra della mano dello sparatore<ref name=perf/>, colpendo accidentalmente Marta Russo; da qui la reazione concitata che sarebbe avvenuta in seguito in Ferraro e Liparota. I due assistenti negarono sempre anche questa accusa, affermando di non avere mai avuto una pistola.<ref name="conviction"/>
Venne accettata dalla procura la ricostruzione secondo la quale Scattone e Ferraro avessero portato in aula una pistola, credendo fosse scarica o con la sicura inserita<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1999/settembre/14/Scattone_non_sapeva_che_pistola_co_0_9909147654.shtml ''Scattone non sapeva che la pistola era carica'']</ref>, e a Scattone sarebbe partito accidentalmente un colpo, mentre la maneggiava; oppure Scattone avrebbe sparato volontariamente (anche se venne escluso il [[dolo eventuale]]), per motivi rimasti sconosciuti o per dimostrare la detta possibilità del delitto perfetto<ref name=perf/>, ma non voleva colpire nessuno, ma sparare in aria o al muro<ref name=perf/>; non avrebbe però calcolato la deviazione a destra della mano dello sparatore<ref name=perf/>, colpendo accidentalmente Marta Russo; da qui la reazione concitata che sarebbe avvenuta in seguito in Ferraro e Liparota. I due assistenti negarono sempre anche questa accusa, affermando di non avere mai avuto una pistola.<ref name="conviction"/>


Il metodo di raccolta delle testimonianze fece subito discutere: ''«E questi fino alle 5 di mattina hanno voluto assolutamente che dal subconscio... dall'ano proprio del cervello mi venisse in mente qualche faccia, qualche immagine... E in parte sono anche riuscita a recuperare qualche sensazione... Quest'ultimo interrogatorio è stato due ore e mezzo con un certo Procuratore... è stato anche a tratti violento... questo diceva sputtano lei, sputtano suo padre... per intimidirti, per costringerti... dicevano "mors tua vita mea"... mi dicevano sì, però allora ti incolpiamo a te, per cui dillo»'' (intercettazione telefonica di Maria Chiara Lipari, 23 maggio 1997).<ref>[http://www.webalice.it/guido.vitiello/Lipari,%20la%20fatica%20di%20ricordare.htm ''Lipari, la fatica di ricordare'']</ref> Fu però l'interrogatorio dell'altra testimone chiave, Gabriella Alletto, che scatenò feroci polemiche, anche a livello politico.<ref name=pm/>
Il metodo di raccolta delle testimonianze fece subito discutere: ''«E questi fino alle 5 di mattina hanno voluto assolutamente che dal subconscio... dall'ano proprio del cervello mi venisse in mente qualche faccia, qualche immagine... E in parte sono anche riuscita a recuperare qualche sensazione... Quest'ultimo interrogatorio è stato due ore e mezzo con un certo Procuratore... è stato anche a tratti violento... questo diceva sputtano lei, sputtano suo padre... per intimidirti, per costringerti... dicevano "mors tua vita mea"... mi dicevano sì, però allora ti incolpiamo a te, per cui dillo»'' (intercettazione telefonica di Maria Chiara Lipari, 23 maggio 1997).<ref>[http://www.webalice.it/guido.vitiello/Lipari,%20la%20fatica%20di%20ricordare.htm ''Lipari, la fatica di ricordare'']</ref> Fu però l'interrogatorio dell'altra testimone chiave, Gabriella Alletto, che scatenò feroci polemiche, anche a livello politico.<ref name=pm/>

Versione delle 12:00, 15 apr 2015

Targa in ricordo di Marta Russo all'Università La Sapienza di Roma

Marta Russo (Roma, 13 aprile 1975), studentessa di giurisprudenza all'Università La Sapienza di Roma, fu vittima di un omicidio compiuto all'interno della Città universitaria il 9 maggio 1997, quando la ragazza, che era ventiduenne, fu uccisa da un colpo di pistola.

L'omicidio fu al centro di un complesso caso giudiziario, oggetto di grande copertura mediatica alla fine degli anni novanta, sia per il luogo in cui era stato perpetrato, sia per la difficoltà delle prime indagini, che non riuscivano a delineare un movente. Nel 2003 furono condannati in via definitiva due assistenti universitari di filosofia del diritto, Giovanni Scattone, per omicidio colposo aggravato, e Salvatore Ferraro per favoreggiamento, i quali si sono sempre professati innocenti.

Dinamica del delitto

La mattina del 9 maggio 1997, alle ore 11:35, Marta Russo fu raggiunta da un proiettile mentre, insieme all'amica Jolanda Ricci, percorreva un vialetto all'interno della Città Universitaria, tra le facoltà di Scienze Statistiche, Scienze Politiche e Giurisprudenza. I testimoni parlarono di un colpo attutito, come sparato da un'arma col silenziatore. La ragazza fu trasportata al vicino Policlinico Umberto I, dove arrivò in coma e morì il 14 maggio. I genitori e la sorella decisero di donarne gli organi.[1][2]

La salma di Marta Russo riposa nel Cimitero del Verano di Roma.

Le indagini

La Città Universitaria di Roma, sede dell'Università La Sapienza, in una foto del 1938

A causa della complessità della scena del delitto, per ricostruire la dinamica degli eventi si dovette ricreare virtualmente il cortile dell'università con una videocamera laser tridimensionale unica in Italia, in possesso della Facoltà di Architettura dell'Università degli studi di Ferrara e in uso ai tecnici del NubLab[3] / DIAPREM[4]. Gli scanner 3D, utilizzati abitualmente per rilevare l'architettura storica in funzione del restauro, permisero in questo caso di realizzare un modello estremamente preciso e completo come base per le perizie[5]. Questa ricostruzione è stata tuttavia criticata da alcuni esperti di armi, come, alcuni anni dopo, l'ex magistrato Edoardo Mori; egli afferma che le perizie non potevano sostenere con certezza che il colpo partì da una precisa stanza (l'aula 6, piuttosto che il bagno di cui si parlò da subito da parte di alcuni periti, poi licenziati), scrivendo anche che a causa degli errori forensi, a suo dire commessi, si focalizzò l'attenzione sul luogo sbagliato come punto di partenza del colpo; in particolare è stato detto che un simile tiro, effettuato "per caso" e data la lontananza della finestra e il posizionamento di un condizionatore a ostruire in parte la visuale, sarebbe stato difficile se non per un tiratore esperto[6][7] (il principale sospetto, Giovanni Scattone, aveva prestato servizio militare nei Carabinieri[8] ma, a parte questo, non era un esperto nell'uso delle armi; infatti non fu possibile dimostrare alcune indiscrezioni che lo volevano frequentatore di poligoni di tiro).[9]

La pista terroristica e della criminalità organizzata

Subito dopo l'omicidio, la particolarità del luogo dove era avvenuto, la coincidenza con gli anniversari della morte di Aldo Moro e di Giorgiana Masi (studentessa vittima di proiettile vagante durante una manifestazione a Roma nel 1977) e la clamorosa vittoria della destra nelle elezioni delle rappresentanze studentesche tenute il giorno precedente all'omicidio resero plausibile la tesi dell'agguato terroristico a sfondo politico, ipotesi abbandonata perché né Marta Russo né l'amica Jolanda Ricci, erano iscritte a partiti o movimenti politici. Anche l'ipotesi di una nuova strategia della tensione fu presto abbandonata, come quella della criminalità organizzata, emersa anche in seguito.[10]

Le indagini iniziali furono ad ampio spettro e scandagliarono il passato di Marta, dei suoi familiari, dell'amica Jolanda e di altri testimoni. Si indagò anche sul passato del padre di Jolanda, Renato Ricci, funzionario del Ministero della Giustizia, impiegato nel Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria (Dap) e già vicedirettore del carcere di Rebibbia.[11] Il padre di Jolanda aveva dichiarato di aver ricevuto alcune telefonate anonime,[12] con minacce dirette proprio alla ragazza.[13] La Procura di Roma non fece inizialmente menzione del fatto che Renato Ricci era stato tra gli indiziati principali dei pestaggi avvenuti il 12 luglio 1972 nel carcere di cui era vicedirettore.[14][11] Venne ipotizzata una vendetta della criminalità (mafia, 'ndrangheta, banda della Magliana)[11] o un'azione dimostrativa del terrorismo rosso, che avesse per obiettivo Jolanda Ricci in quanto figlia di Renato, e non Marta Russo, colpita per errore data la vicinanza e la somiglianza da lontana (entrambe le ragazze avevano i capelli tinti di biondo e un vestito simile).[11] La pista venne abbandonata.[15]

A fine ottobre 2003, poco prima della sentenza definitiva, uno dei condannati, Giovanni Scattone, rivelò la presenza sul luogo e nel giorno del delitto di un dipendente di un'impresa di pulizie risultato poi appartenente alle Nuove Brigate Rosse, Paolo Broccatelli, condannato per associazione sovversiva a 9 anni di reclusione due anni dopo, in relazione all'omicidio di Massimo D'Antona; D'Antona era docente proprio alla Sapienza e i brigatisti avevano seguito a lungo le sue lezioni e i suoi spostamenti, preparando il delitto del 1999.[16][17]

Aveva, appunto, destato particolare scalpore il ritrovamento, nella notte di domenica 11 maggio 1997, di alcune cartucce in un locale dell'Istituto di Fisiologia utilizzato dagli inservienti delle pulizie.[11] Interrogati e perquisiti, risultarono estranei alla vicenda.[11]

Fu individuata la finestra, dalla quale era stato esploso il colpo, negli uffici dell'Istituto di filosofia del diritto al secondo piano della Facoltà di Giurisprudenza. Gli inquirenti cominciarono a raccogliere testimonianze ma nessuna delle persone nelle stanze superiori venne collegata al terrorismo. Si parlò anche di altri scandali legati al mondo universitario.[18] Nel 2001 si verificò un caso simile a Roma, quando una religiosa venne colpita da un proiettile in via Trastevere, ma sopravvisse; il colpevole non venne mai individuato.[19]

Scattone e Ferraro

Vennero iscritti nel registro degli indagati circa 40 dipendenti e frequentanti l'Università, e venne indiziato all'inizio un bibliotecario di Lettere, Rino Zingale, poi scagionato dopo pochi giorni.[20] Furono ascoltati, tra gli altri, una studentessa, Giuliana Olzai, il professor Nicolò Lipari, ex parlamentare democristiano, e soprattutto sua figlia Maria Chiara Lipari, dottoranda, che fece, dopo aver riferito i ricordi in maniera frammentaria[21], i nomi del professor Bruno Romano, direttore dell'istituto e noto filosofo, che fu arrestato (ai domiciliari) per favoreggiamento e poi presto scagionato (Romano venne difeso dagli avvocati Giulia Bongiorno e Franco Coppi), di Gabriella Alletto, impiegata dell'istituto, di Francesco Liparota, usciere, e di due assistenti universitari, Giovanni Scattone (Roma, 7 febbraio 1968), assistente presso la facoltà di Lettere e Filosofia e ricercatore di "teoria generale del diritto e filosofia della politica"[22], e Salvatore Ferraro (Locri, 24 gennaio 1967), già dottore di ricerca in Giurisprudenza, i quali tenevano alcuni corsi di filosofia del diritto[23][24].

File:Giovanni Scattone.jpg
Giovanni Scattone al processo del 2003

Una ventina di studenti testimoniarono che il "delitto perfetto" era ricorrente nei discorsi dei due assistenti universitari[25]. Riguardo alle lezioni tenute dai due sospetti, i giornalisti ipotizzarono anche delle fantasiose connessioni tra il "Superuomo" di Nietzsche e la figura di Raskolnikov, il protagonista immaginario di Delitto e castigo di Dostoevskij, che realizza un delitto quasi perfetto e che reputa a fin di bene, ma poi confessa tutto al giudice Porfirij Petrovič, spinto dal rimorso, o con i film di Hitchcock Delitto perfetto e Delitto per delitto; seppur considerata una pista poco consistente, gli inquirenti insistevano che i due avessero voluto "inscenare" o "simulare" un delitto senza movente, ma che la situazione fosse degenerata per colpevole imprudenza, circostanza sempre negata con determinazione da Scattone e Ferraro e poi caduta nel corso delle indagini e del primo processo.[26]

Si giunse all'incriminazione di Scattone e di Ferraro, che si proclamarono sempre innocenti, ma che fornirono alibi non confermati[27] e talvolta smentiti; assieme a loro venne rinviato a giudizio anche Francesco Liparota per favoreggiamento; tutti e tre vennero arrestati, i primi due per concorso in omicidio volontario; Liparota sarà poi scarcerato[28].

Sul davanzale erano state ritrovate particelle di bario e antimonio, metalli pesanti compatibili con la polvere da sparo e i proiettili, e di ferro, ma non fu possibile stabilire se effettivamente fossero residui di sparo.[29] Tuttavia, secondo alcuni periti nominati dalla Corte, le tracce (una "particella") che gli inquirenti avevano creduto di identificare come "univocamente" attribuibile allo sparo avrebbe potuto, con alta probabilità, «non avere nessun rapporto col colpo» che uccise Marta Russo, «sia per la presenza in essa di antimonio sia per la preponderante presenza di ferro, che la renderebbe compatibile soltanto con un colpo esploso da un’arma arrugginita (e non è, come si è visto, il caso in oggetto)»; una vecchia pistola arrugginita, che però non aveva sparato negli ultimi anni, venne trovata in effetti in un intercapedine del detto bagno. I proiettili prodotti dalla ditta inglese Eley, come quello trovato nel capo della vittima, non contengono antimonio nell’innesco. Secondo i periti nominati dalla Corte la particella aveva quindi «un’origine diversa dallo sparo (proviene cioè da inquinamento ambientale)», essendoci particelle analoghe su altre finestre degli edifici circostanti.[30]

Nella borsa di Ferraro furono ritrovati altri residui, secondo l'accusa sempre resti di polvere da sparo, secondo altri polvere metallica derivata da particelle di pastiglie freno dei veicoli, diffuse nell'aria di Roma.[9] L'arma del delitto non verrà mai ritrovata.[9] Il proiettile recava fibre di lana di vetro, mentre le finestra erano invece intatte, e le fibre erano compatibili con quelle del controsoffitto del detto bagno di Statistica, inizialmente indicato da un testimone come luogo dello sparo.[31]

Venne accettata dalla procura la ricostruzione secondo la quale Scattone e Ferraro avessero portato in aula una pistola, credendo fosse scarica o con la sicura inserita[32], e a Scattone sarebbe partito accidentalmente un colpo, mentre la maneggiava; oppure Scattone avrebbe sparato volontariamente (anche se venne escluso il dolo eventuale), per motivi rimasti sconosciuti o per dimostrare la detta possibilità del delitto perfetto[25], ma non voleva colpire nessuno, ma sparare in aria o al muro[25]; non avrebbe però calcolato la deviazione a destra della mano dello sparatore[25], colpendo accidentalmente Marta Russo; da qui la reazione concitata che sarebbe avvenuta in seguito in Ferraro e Liparota. I due assistenti negarono sempre anche questa accusa, affermando di non avere mai avuto una pistola.[26]

Il metodo di raccolta delle testimonianze fece subito discutere: «E questi fino alle 5 di mattina hanno voluto assolutamente che dal subconscio... dall'ano proprio del cervello mi venisse in mente qualche faccia, qualche immagine... E in parte sono anche riuscita a recuperare qualche sensazione... Quest'ultimo interrogatorio è stato due ore e mezzo con un certo Procuratore... è stato anche a tratti violento... questo diceva sputtano lei, sputtano suo padre... per intimidirti, per costringerti... dicevano "mors tua vita mea"... mi dicevano sì, però allora ti incolpiamo a te, per cui dillo» (intercettazione telefonica di Maria Chiara Lipari, 23 maggio 1997).[33] Fu però l'interrogatorio dell'altra testimone chiave, Gabriella Alletto, che scatenò feroci polemiche, anche a livello politico.[34]

Sentenze

Primo e secondo grado

Nel processo di primo grado emersero collegamenti con soggetti legati alla 'ndrangheta riguardante la provenienza della pistola, poi caduti in dibattimento.[10]

Il caso Alletto

La condotta dei pubblici ministeri nel corso dell'interrogatorio preliminare della testimone Gabriella Alletto (al quale partecipò come testimone anche il cognato carabiniere della donna[20]), al limite della minaccia, fu definita "gravissima" dall'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi[34], e ci furono critiche da parlamentari e dal Ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick.

La Alletto venne interrogata circa 13 volte e lungamente per circa 3 giorni. I pm affermarono - nei fatti - che l'impiegata doveva dire che Scattone e Ferraro erano nella stanza, altrimenti sarebbe stata lei sola ad essere accusata di omicidio: «Cioè, non ha capito che lei è messa male, è messa peggio de quello che ha sparato. (...) I casi sono due: o lei è responsabile di omicidio, o lei è responsabile di favoreggiamento personale. Non si sbaglia, non si scappa!. Per omicidio lei va certamente in carcere e non esce più»[34] e all'affermazione della testimone "finirà che me ammazzo... a me me prenderanno pe’ scema, pe’ fissata a me", il procuratore Italo Ormanni (che in passato si occupò di vari casi celebri, come via Poma, tutti rimasti irrisolti tranne uno, l'Olgiata, grazie alla confessione dopo molti anni del colpevole) rispose «No, la prenderanno... la prenderemo per omicida! (...) La prenderemo per omicida!»; il processo per favoreggiamento nei suoi confronti sarà poi archiviato.[34] Il pm Carlo Lasperanza disse invece che «suo cognato l'ho ripescato io, che nessuno lo voleva, lo voleva prendere: sono disposto a fargli un encomio scritto a suo cognato, per quest'opera che sta facendo, quindi ne avrà anche un vantaggio personale».[35]

Nel videotape dell'11 giugno 1997, con l'audio originale fornito da Radio Radicale, la Alletto ripeteva, per quasi quattro ore, infatti: "Non sono mai entrata in quell'aula", mentre il 14 giugno, dopo le suddette pressioni, cambia improvvisamente versione accusando i sospettati. La testimone Serenella Armellini riferì che la mattina del 14 giugno la Alletto, subito prima di recarsi in Questura, dove sarà interrogata da membri della DIGOS, senza la presenza dell'avvocato difensore e per nove ore (senza verbale scritto), le disse: "Bisogna fare come dicono loro", riferendosi agli inquirenti.[34][36]

Il 15 settembre 1998 dichiarò in tribunale: "Ero nell'aula 6, Scattone aveva una pistola, poi ho visto un bagliore e sentito un tonfo"[34], rendendo quindi una contestata dichiarazione, sempre al processo, sulla presenza dei due accusati nella stanza (sulla base della precedente "confessione", ritenuta dai critici "forzata", ma che la donna, pur non volendone più parlare, non ritrattò mai):

«Scattone aveva in mano una pistola nera, ho visto un bagliore e ho sentito un "tonfo". Ferraro si è messo le mani nei capelli, dentro c'era pure Liparota... Scattone, invece, con la mano sinistra spostava le doghe della tenda e con la destra ritraeva la pistola... Era il gelo assoluto. Non hanno detto nulla, poi è entrata la Lipari... Era un'arma nera, lunga venticinque - trenta centimetri. Scattone l'ha messa nella borsa che era sulla scrivania ed è uscito bisbigliando qualcosa, forse un saluto, alla Lipari che era appena entrata. Ferraro ha preso la borsa e l'ha portata via uscendo insieme con Liparota. Giurai il falso sui miei figli, dovevo proteggermi (...) il ricordo non è più chiaro anche perché ho cercato di mandare via quei tremendi giorni. (...) Ho dovuto fare uno sforzo per ricordare, non volevo essere coinvolta, non volevo coinvolgere i miei figli e la mia famiglia (...) Non volevo, ma l'ho dovuto fare. L'ho fatto per amore e perché non voglio che succeda più ad altri (...) In ufficio sono stata coinvolta in un lavaggio del cervello, le persone che dovevano aiutarmi, che dovevano dirmi "Gabriella, puoi fare qualcosa", non mi hanno aiutato. Il professor Bruno Romano ha avuto un atteggiamento non buono e mi dispiace dirlo.[10]»

Si presenta inoltre l'incongruenza del racconto con il fatto (stabilito da varie perizie) che, per sparare da quella posizione, Scattone avrebbe dovuto sporgersi o sporgere abbastanza il braccio dalla finestra, cosa che secondo la Alletto stessa, non avrebbe invece fatto.[37]

Il deputato Marco Taradash

La Alletto denunciò poi per diffamazione il parlamentare Marco Taradash e ottenne il suo rinvio a giudizio[38]. Il deputato aveva denunciato una "montatura giudiziaria" e affermato che «a me sembrano testimonianze costruite a tavolino in cambio delle quali almeno due hanno avuto la garanzia dell'impunità» e che la Alletto aveva subito un condizionamento simile all'ipnosi da parte di due agenti dei servizi segreti.[39][40] Al processo le fu anche chiesto: "se i colpevoli sono Scattone e Ferraro, e Lei sapeva quindi che l’uomo in precedenza fermato era innocente, perché non si è fatta viva per scagionarlo?" e la Alletto rispose: “Mica è un mio parente”; questa dichiarazione (la teste affermò di non aver capito la domanda) fu usata dalla difesa per tentare di indebolirne la testimonianza.[20]

Condanna dei tre imputati

Il dibattimento di primo grado si concluse con la condanna di Giovanni Scattone per omicidio colposo con aggravante della colpa cosciente (escludendo quindi il dolo[41]) a 7 anni, e di Salvatore Ferraro per favoreggiamento a 4, e con la legittimazione dell'operato dei pubblici ministeri nel corso dell'interrogatorio della Alletto.

Dopo la sentenza, Scattone e Ferraro, nel frattempo scarcerati verso la fine del 1999 e posti agli arresti domiciliari, furono illecitamente invitati in esclusiva a Porta a Porta dietro compenso di 130 milioni di lire ciascuno. Agostino Saccà, al tempo direttore di RaiUno, fu indagato in concorso con altri per «mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice»[42]. Fu comunque un processo mediatico, con innocenti e colpevolisti, come se ne sarebbero visti altri in seguito, con risonanza anche internazionale; ci si domandò nei dibattiti e da parte di giuristi, anche in seguito, se le pene erano basse per reale convincimento dei giudici della non dolosità, oppure perché si era consci (pur non volendo ammetterlo) che Scattone e Ferraro erano un capro espiatorio, e venne fatto un paragone con altri fatti, come il caso dell'omicidio Kennedy con Lee Harvey Oswald, o quello di Adriano Sofri.[43]

Nel processo di appello fu confermata la sentenza di primo grado, con un lieve aumento della pena (8 e 6 anni) perché Scattone fu accusato anche di detenzione illegale di arma da fuoco. Francesco Liparota fu condannato per favoreggiamento.[44]

Annullamento della Cassazione

Il 6 dicembre 2001, la Corte di Cassazione, su richiesta anche del Procuratore Generale, annullò la sentenza di appello.[45] Il secondo processo di appello confermò le condanne, ma con pene più miti: sei anni per Scattone, quattro per Ferraro, due per Liparota.[46]

Condanna definitiva di Scattone e Ferraro e assoluzione di Liparota (Cassazione, 2003)

Il 15 dicembre 2003 la V Sezione Penale della Corte di Cassazione, nell'assolvere l'usciere Francesco Liparota[47], condannò in via definitiva Giovanni Scattone (eliminando però il reato di detenzione illegale di arma) a 5 anni e quattro mesi, e Salvatore Ferraro a 4 anni e due mesi[48].

Scattone, che avrebbe potuto scontare la maggioranza della pena ai domiciliari, rifiutò di confessare il delitto e preferì andare in carcere per finire di scontare gli anni rimanenti (rimarrà a Rebibbia per un altro anno). Ferraro sconterà il resto della pena ai domiciliari.[49] La famiglia di Marta Russo si disse soddisfatta della conclusione, accettando la tesi dell'omicidio colposo ad opera dei due condannati, mentre Giovanni Scattone annunciò invece che avrebbe voluto chiedere la revisione del processo[50], cosa ribadita nel 2011 ma finora mai richiesta.[51]

Procedimenti correlati

Nel luglio 2005 Giovanni Scattone accusò il giornalista Paolo Occhipinti e la RCS di violazione del diritto della personalità per un articolo pubblicato sul settimanale Oggi, ma perse la causa di risarcimento dei danni, con addebito a suo carico delle spese processuali.[52]

Nell'ottobre 2005 l'investigatore privato e criminologo[53] Carmelo Lavorino (ma non del deputato Marco Taradash, prosciolto) fu condannato a un anno e mezzo di reclusione (pena sospesa) per calunnia nei confronti degli investigatori dell'accusa e di Gabriella Alletto[54].

Nel 2010, il deputato Daniele Capezzone, che aveva seguito il caso, fu condannato in via definitiva per diffamazione a mezzo stampa, per aver definito "teppistico" il comportamento di alcuni magistrati romani nel caso Marta Russo, in particolare quello del pm Carlo Lasperanza, dichiarazione resa nel 2002 quando era ancora segretario radicale.[55][56].

Nel maggio 2011 la XIII Sezione del Tribunale Civile di Roma, presieduta dal giudice Roberto Parziale, condannò Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro al risarcimento di un milione di euro ai familiari di Marta Russo - i genitori, Donato e Aureliana, e la sorella Tiziana - e al pagamento delle spese giudiziarie, stabilendo inoltre che La Sapienza non può essere ritenuta responsabile della morte della ragazza. Il solo Ferraro fu condannato a versare all'università 28 mila euro come risarcimento dei danni di immagine.[57]

Nell'aprile 2013 la Corte di Cassazione confermò il risarcimento delle spese del giudizio e della detenzione carceraria per € 300.468 a carico di Ferraro e a favore dello Stato italiano, motivando la sentenza con le circostanze che «il soggetto non si trova in stato di indigenza» e che «l’adempimento non comporta uno squilibrio del suo bilancio tale da precludere il suo recupero e il reinserimento sociale»[58].

Commemorazioni

Il 26 maggio 2001 la seconda edizione del torneo di scherma «Trofeo Marta Russo» è diventato internazionale. Dal 2004 ha cambiato denominazione in «Una stella per Marta».

Nel 2001 fu dedicato a Marta Russo un parco nel quartiere Labaro in Roma, adiacente a via Gemona del Friuli.[59]

Dal 14 maggio 2003 si svolge il premio «Marta Russo. La Donazione degli organi: gesto d'amore a favore della vita», rivolto agli studenti degli istituti di scuola media superiore di Roma e provincia, promosso dall'Associazione Marta Russo e dalla Provincia di Roma.

Il 5 maggio 2010 l'Istituto Comprensivo Via Italo Torsiello di Roma, frazione di Trigoria, fu intitolato a Marta Russo con una cerimonia alla quale parteciparono i genitori della ragazza.

Fine pena di Scattone e Ferraro e successive polemiche

Salvatore Ferraro (secondo da sinistra) alla presentazione di un suo libro sul carcere per l'associazione Il Detenuto Ignoto; la seconda da destra è Rita Bernardini.

Nel settembre 2003 Salvatore Ferraro fu ingaggiato come consulente per la sceneggiatura di un film su un serial killer[60]. Nel 2005 finì di scontare la pena ai domiciliari. Ferraro è inoltre divenuto un militante del Partito Radicale, tra i responsabili dell'Associazione "Il Detenuto Ignoto" (da lui fondata con Irene Testa), e ha lavorato anche come collaboratore della Camera dei deputati dal 2006 al 2008, durante il governo Prodi II, assunto da Daniele Capezzone che era allora deputato della Rosa nel Pugno e Presidente della Commissione Attività Produttive.[61][62] Nel 2014 venne invitato a parlare del tema della riabilitazione dei carcerati in un incontro organizzato dal Partito Democratico. Svolge il lavoro di giurista nell'ambito della condizione carceraria, scrivendo libri portando anche la propria esperienza.[1]

Nel 2011, scontata la pena, prima in carcere (fino al 2004) poi ai servizi sociali fino al 2006, e non interdetto dai pubblici uffici in quanto ritenuto responsabile di delitto colposo e non volontario, Giovanni Scattone, nel frattempo sposato da dieci anni con Cinzia Giorgio, scrittrice e sceneggiatrice (definita dai media "una sua fan", in quanto aveva, dopo averlo visto in televisione, organizzato numerose raccolte fondi per provare l'innocenza dell'assistente universitario, seguendo poi tutte le udienze del processo)[63][64][65][66][67], ottenne una supplenza in storia e filosofia presso il liceo scientifico Cavour di Roma, dove aveva studiato Marta Russo, generando pareri contrastanti tra insegnanti, genitori e studenti riguardo la sua riammissione all'insegnamento.[68][69][70] Dopo un periodo di polemiche accese, Scattone decise di abbandonare l'incarico.[71] Tornò poi a insegnare filosofia nel liceo Primo Levi[72], e in anni successivi come insegnante supplente di materie umanistiche in altri licei. Ci furono alcune manifestazioni di protesta da parte di giovani di estrema destra, e dichiarazioni di studenti e genitori in difesa di Scattone.[73][74] Ha scritto inoltre due libri di divulgazione filosofica.[75]

Televisione

La miniserie televisiva Morte di una ragazza perbene (1999) si ispirò vagamente all'omicidio di Marta Russo.[76]

Note

  1. ^ a b Campi, il Pd invita Salvatore Ferraro a presentare il suo libro ed è polemica
  2. ^ «Legata a quell'ostaggio dal cuore di Marta»
  3. ^ Laboratorio di modellazione e rilievo in tre dimensioni.
  4. ^ Development of Integrated Automatic Procedure for Restoration of Monuments.
  5. ^ La Repubblica Effetti speciali in aula targati Hollywood
  6. ^ Cecchino spara all'Università
  7. ^ Un laser per la verità su Marta
  8. ^ Marta Russo: "Scattone sparò consapevolmente"
  9. ^ a b c Edoardo Mori, Drammatica situazione delle scienze forensi in Italia
  10. ^ a b c Haver Flavio, " Scattone aveva in mano una pistola ", su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 15 settembre 1998. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  11. ^ a b c d e f Flavio Haver, "Colpita per errore, il bersaglio era l'amica", in Corriere della Sera, 13 maggio 1997 (archiviato dall'originale).
  12. ^ Flavio Haver, Il padre di Jolanda, in Corriere della Sera, 13 maggio 1997 (archiviato dall'originale).
  13. ^ Enrico Ratto, Caso Marta Russo: Intervista a Giovanni Valentini, su pedro.it. URL consultato il 15 ottobre 2014.
    «Giovanni Valentini è editorialista della "Repubblica", ha diretto "L’Europeo" e poi "L’Espresso". È autore del libro "Il mistero della Sapienza - il caso Marta Russo" (Baldini & Castoldi).»
  14. ^ Anonimo, Per il massacro di Rebibbia incriminati il direttore e i vice direttori, in Lotta Continua, 29 luglio 1972 (archiviato dall'originale).
    «Il direttore del carcere di Rebibbia, il gendarme dottor Giovanni Castellano, i suoi due vicedirettori, Vincenzo Barbera e Renato Ricci, (che avevano presenziato di persona al pestaggio dei detenuti per accertarsi che le botte andassero a segno), alcuni sottufficiali e numerose guardie carcerarie, sono stati indiziati del reato di lesioni per aver sottoposto più di 45 detenuti al massacro di botte e di manganellate della notte del 12 luglio scorso. Ieri un avvocato ha sporto denuncia al magistrato perché il detenuto da lui difeso è in fin di vita in conseguenza delle botte ricevute quella notte.»
  15. ^ Cinzia Palopodi, Psicologia della Testimonianza: Il caso Marta Russo (PDF), in Tesi di Specializzazione Triennale in Scienze Criminologiche, Istituto MEME, p. 6. URL consultato il 15 ottobre 2014.
  16. ^ Mieli Paolo, Il giudice in croce e le accuse di Scattone alle Br, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 31 ottobre 2003. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  17. ^ La morte di Marta Russo, l'uomo delle pulizie e i dubbi di Scattone
  18. ^ Alla Sapienza scatta anche l'indagine interna
  19. ^ Suora colpita come Marta Russo Roma, sparo in viale Trastevere La donna in ospedale: non è grave
  20. ^ a b c Alletto: mi sono comportata da madre di famiglia
  21. ^ Alberto Beretta Anguissola, Le memorie troppo volontarie di Maria Chiara Lipari
  22. ^ Giovanni Scattone - Curriculum
  23. ^ Haver Flavio, Marta Russo, scontro tra i professori, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 16 luglio 1998. URL consultato il 25 febbraio 2013.
  24. ^ Redazione, Marta Russo, un caso lungo due anni, su repubblica.it, La Repubblica, 1º giugno 1999. URL consultato il 25 febbraio 2013.
  25. ^ a b c d Di Gianvito Lavinia, "Provavano il delitto perfetto", su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 5 settembre 1997. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  26. ^ a b Kennedy, Frances. "It was the perfect crime. So who made the fatal error?", The Independent, 1999-06-08. Retrieved on 2009-07-08.
  27. ^ Brogi Paolo, Nuovo alibi per Scattone, un'altra donna nel mistero, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 15 luglio 1997. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  28. ^ Haver Flavio, "Testimone flop" per l' alibi di Scattone, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 25 aprile 1998. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  29. ^ L'omicidio di Marta Russo nella ricostruzione di Roberta Bruzzone (I parte)
  30. ^ Le ragioni del nostro impegno, Comitato per la Difesa di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro
  31. ^ Marta Russo, l'appello bis, si cerca l'ultima verità
  32. ^ Scattone non sapeva che la pistola era carica
  33. ^ Lipari, la fatica di ricordare
  34. ^ a b c d e f la Repubblica/fatti: Marta Russo, i due pm rischiano la sostituzione
  35. ^ Il caso Marta Russo - Interrogatorio di Gabriella Alletto
  36. ^ Marta, è colpo di scena. Alletto: "Non parlo più"
  37. ^ Rita Di Giovacchino, Il libro nero della Prima Repubblica, Fazi, pag. 215
  38. ^ Brogi Paolo, Gabriella Alletto ottiene il rinvio a giudizio di Taradash, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 13 febbraio 1999. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  39. ^ "Alletto ipnotizzata perché accusasse"
  40. ^ Alletto: Taradash rinviato a giudizio
  41. ^ Haver Flavio, Marta Russo, scontro sulla sentenza, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 9 febbraio 2001. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  42. ^ Haver Flavio, Saccà, direttore di RaiUno indagato per i milioni dati a Scattone e Ferraro, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 12 dicembre 1999. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  43. ^ Osvaldo Duilio Rossi, Capri espiatori di massa, 2011, pag. 2-3
  44. ^ Haver Flavio, "Ecco perché Scattone sparò ", su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 5 maggio 2001. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  45. ^ Haver Flavio, Delitto Marta Russo «È stato il diavolo a premere il grilletto», su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 19 ottobre 2002. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  46. ^ Haver Flavio, «Condanna più severa a Scattone», su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 5 maggio 2003. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  47. ^ Redazione, «Liparota era terrorizzato» La Cassazione: non è punibile, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 23 luglio 2004. URL consultato il 24 febbraio 2013.
  48. ^ Di Gianvito Lavinia, Marta Russo, libero Scattone «Voglio un lavoro e dei figli», su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 3 aprile 2004. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  49. ^ Giovanni Scattone - Biografia
  50. ^ Scattone e Ferraro: pene ridotte ma confermate
  51. ^ Marta Russo, stabilito il risarcimento di un milione di euro
  52. ^ Redazione online, Negato risarcimento a Giovanni Scattone, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 28 luglio 2005. URL consultato il 24 febbraio 2013.
  53. ^ Meredith Kercher “uccisa solo da Guede”: Carmelo Lavorino, criminologo, convinto
  54. ^ Di Gianvito Lavinia, «Marta Russo, non ci fu complotto», su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 15 ottobre 2005. URL consultato il 24 febbraio 2013.
  55. ^ Cassazione: condannato Capezzone, diede dei 'teppisti' alle toghe, in Adnkronos, 12 febbraio 2010. URL consultato il 13 febbraio 2010.
  56. ^ Definì 'teppista' un magistrato Capezzone condannato in Cassazione, in La Repubblica, 12 febbraio 2010. URL consultato il 13 febbraio 2010.
  57. ^ Redazione online, Morte di Marta Russo, Scattone e Ferraro dovranno risarcire la famiglia, su corriere.it, Il Corriere della Sera, 5 maggio 2011. URL consultato il 24 febbraio 2013.
  58. ^ Fonte: Il Fatto Quotidiano, 18.04.2013, "Marta Russo, Cassazione conferma oltre 300mila euro di spese"
  59. ^ Corriere della Sera articolo del 29 dicembre 2001 [1]
  60. ^ Haver Flavio, Ferraro si dà al cinema. «Esperto» per un serial killer, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 24 settembre 2003. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  61. ^ Adesioni al digiuno di dialogo con la Commissione giustizia della Camera per l'Amnistia
  62. ^ Un lavoro alla Camera, polemica su Ferraro
  63. ^ Scattone e Ferraro, lacrime e gioia. "Ora va trovato il vero assassino"
  64. ^ Marta Russo, Scattone si sposa con una sua fan
  65. ^ Corriere della Sera, Nozze segrete per Scattone, 15 ottobre 2001, su archiviostorico.corriere.it. URL consultato il 29 novembre 2011.
  66. ^ Corriere della Sera, 'Credo soltanto alla giustizia divina', 2003, su archiviostorico.corriere.it. URL consultato il 29 novembre 2011.
  67. ^ Marta Russo, moglie di Scattone: "Mio marito innocente", su blitzquotidiano.it. URL consultato il 29 novembre 2011.
  68. ^ Fonte: La Repubblica, 26.11.2011, "Scattone nella scuola di Marta Russo. La madre: «Non dovrebbe educare i giovani»"
  69. ^ Fonte: Ansa,29.11.2011,"La mamma di un'allieva di Scattone",
  70. ^ Fregonara Gianna, UNO SBAGLIO CHE RINNOVA IL DOLORE, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 26 novembre 2011. URL consultato il 24 febbraio 2013.
  71. ^ Fregonara Gianna, Scattone: «Rinuncio alla cattedra», su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 26 novembre 2011. URL consultato il 24 febbraio 2013.
  72. ^ Scattone dal carcere alla cattedra insegna storia e filosofia al liceo, La Repubblica, 6 ottobre 2005.
  73. ^ Marta Russo, Scattone farà il professore di liceo: supplente di storia fino a giugno
  74. ^ Scattone, Lotta Studentesca critica il prof: "Un assassino" Ma i genitori degli studenti si oppongono: "Un ottimo insegnante"
  75. ^ Due filosofie della libertà. Karl Popper e Robert Nozick, Rubbettino, 2002, collana Scaffale Universitario e Introduzione alla filosofia contemporanea: da Kant a Derrida, UNI Service, 2007
  76. ^ Si ispira al caso Marta Russo Morte di una ragazza perbene il film tv che Luigi Perelli sta girando a Belgrado

Bibliografia

  • Giovanni Valentini, Il mistero della Sapienza. Il caso Marta Russo, Baldini e Castoldi, 1999.
  • Alberto Beretta Anguissola e Alessandro Figà Talamanca, La prenderemo per omicida. Caso Marta Russo: il dramma di Gabriella Alletto, Koinè, 2001.
  • Marco Catino, Sociologia di un delitto. Media, giustizia e opinione pubblica nel caso Marta Russo, Roma, Luca Sossella, 2001.
  • Rita Di Giovacchino, Il libro nero della Prima Repubblica, Fazi, 2005.
  • Nino Luca, Parentopoli. Quando l'università è affare di famiglia, Marsilio, 2009.
  • Salvatore Ferraro, La pena visibile o della fine del carcere, Rubbettino, 2013.

Voci correlate

Collegamenti esterni