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Yayoi Kusama (草間 彌生?, Kusama Yayoi) (Matsumoto, 22 Marzo 1929) è una artista e scrittrice giapponese. Nel corso della sua carriera ha lavorato in svariati campi, come pittura, collage, scultura di tessuto, performance d'arte, ed installazioni, la maggior parte delle quali mostrano il suo interesse tematico per pattern, ripetizioni e colori psichedelici. Anticipatrice della pop art e dei movimenti minimalisti e di arte femminista, Kusama ha influenzato alcuni dei suoi contemporanei come Andy Warhol, Claes Oldenburg, George Segal, con i quali ha partecipato a diverse mostre.[1]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nata a Matsumoto, nella prefettura di Nagano, da una famiglia medio-borghese, Kusama inizia a creare opere d'arte sin da giovane età, e a scrivere poesie a diciotto anni. Vittima di violenze sia fisiche che psicologiche da parte della madre, che non approvava la sua scelta di dedicarsi all'arte, l'artista ricorda il padre come colui che più la sosteneva nelle sue ambizioni.[1] Nel 1948 studia pittura giapponese (Nihonga) alla Scuola Municipale di Arti e Mestieri di Kyoto[2]. Negli anni Cinquanta, insoddisfatta del suo stile prettamente giapponese, inizia ad interessarsi all'avant-garde europea ed americana, curando diverse mostre dei suoi dipinti a Matsumoto e Tokyo.

Dopo aver vissuto a Tokyo e in Francia, Kusama lascia il Giappone a 27 anni, per trasferirsi negli Stati Uniti. Nel 1957 è a Seattle, dove organizza una mostra di quadri presso la Zoe Dusanne Gallery,[3] e l'anno seguente a New York[4], impegnata in una serie di dipinti ispirati all'espressionismo astratto. Verso la fine degli anni Sessanta attira l'attenzione del pubblico quando, ispirata dalla cultura hippie, organizza una serie di happening in cui ai partecipanti vengono dipinti sui corpi nudi pois dai colori sgargianti.[5] I suoi dipinti astratti (della serie Infinity Nets) vengono paragonati alle opere di Jackson Pollock, Mark Rothko, e Barnett Newman.

Nonostante sia stata quasi del tutto dimenticata dopo essersi allontanata dalla scena artistica di New York nei primi anni Settanta, è ora riconosciuta come una delle più importanti artiste viventi di origine giapponese, e come una importante rappresentante delle avanguardie.

Le opere di Kusama si basano sull'arte concettuale, e richiamano caratteristiche e aspetti propri del femminismo, minimalismo, surrealismo, arteterapia, pop art, ed espressionismo astratto; è inoltre ricca di riferimenti autobiografici, psicologici e sessuali. Oltre che artista, è scrittrice e poeta, e ha lavorato anche nel campo cinematografico e stilistico. Importanti retrospettive dei suoi lavori sono state tenute nel 1998 presso il Museum of Modern Art, e nel 2012 presso il Whitney Museum e il Tate Modern.[6][7][8] Nel 2006, ha ricevuto il Women's Caucus for Art Lifetime Achievement Award (premio alla carriera del comitato elettorale delle donne).[9] Nel 2008, Christie's New York ha venduto un suo lavoro per 5,1 milioni di dollari, un record per un'artista donna a quel tempo.[10]** Nel 2015 il sito web Artsy l'ha nominata come una dei dieci migliori artisti viventi del 2015.[11]**

(sto cercando informazioni circa gli ultimi due anni per poter arricchire la biografia)

Carriera[modifica | modifica wikitesto]

Primi successi in Giappone: 1950-1956[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1950, Kusama raffigurava forme naturali ma astratte, usando acquerelli, gouache e colori ad olio, principalmente su carta. I pois con cui iniziò a riscoprire varie superfici (muri, pavimenti, tele e successivamente oggetti di uso quotidiano e assistenti nudi), sarebbero diventati la caratteristica distintiva delle sue opere d'arte.

Circa i pois, l'artista afferma:

(EN)

«a polka-dot has the form of the sun, which is a symbol of the energy of the whole world and our living life, and also the form of the moon, which is calm. Round, soft, colorful, senseless and unknowing. Polka-dots become movement ... Polka dots are a way to infinity.»

(IT)

«un pois ha la la forma del sole, il quale è simbolo dell'energia del mondo intero e della nostra vita, ed anche la forma della luna, che è calma. Rotondo, morbido, colorato, insensato ed inconsapevole. I pois diventano movimento...sono una chiave che porta all'infinito.[12]»

Le vaste distese di pois, definite "reti dell'infinito" dall'artista, traggono ispirazione diretta dalle sue allucinazioni. Il primo lavoro in cui incorporò questi elementi risale al 1939, quando l'artista aveva solo dieci anni. Si tratta di un disegno in cui una donna giapponese in kimono, presumibilmente la madre dell'artista, è ricoperta e annullata dai pois.[2] Le sue prime serie di dipinti su larga scala[13], intitolate Infinity Nets, erano appunto interamente ricoperte da una sequenza di reti e pois che alludevano alle sue visioni e allucinazioni.

Riguardo il suo dipinto del 1954, intitolato Flower (D.S.P.S), affermò:

(EN)

«One day I was looking at the red flower patterns of the tablecloth on a table, and when I looked up I saw the same pattern covering the ceiling, the windows and the walls, and finally all over the room, my body and the universe. I felt as if I had begun to self-obliterate, to revolve in the infinity of endless time and the absoluteness of space, and be reduced to nothingness. As I realized it was actually happening and not just in my imagination, I was frightened. I knew I had to run away lest I should be deprived of my life by the spell of the red flowers. I ran desperately up the stairs. The steps below me began to fall apart and I fell down the stairs straining my ankle.»

(IT)

«Un giorno stavo guardando il motivo a fiori rossi della tovaglia posta su un tavolo, e quando rivolsi in alto lo sguardo, vidi lo stesso motivo ricoprire il soffitto, le finestre e le pareti, ed infine tutta la stanza, il mio corpo e l'universo. Mi sentii come se stessi iniziando a scomparire, a ruotare nell'infinità del tempo e dell'assolutezza dello spazio, e ad essere ridotta al nulla. Non appena mi resi conto che tutto ciò stava realmente accadendo, e non era solo frutto della mia immaginazione, ne fui terrorizzata. Sapevo di dover fuggire via, per non venire privata della mia vita dall'incantesimo dei fiori rossi. Corsi disperatamente su per le scale. Gli scalini dietro di me iniziarono a crollare, ed io caddi dalla scale slogandomi una caviglia.[14]»

New York: 1957-1972[modifica | modifica wikitesto]

Durante il suo soggiorno negli Stati Uniti, divenne nota come leader del movimento dell'avant-garde. Nel 1961 trasferì il proprio studio ed iniziò a lavorare al fianco di Donald Judd ed Eva Hesse, che divenne una sua amica intima.[15] Nei primi anni Sessanta iniziò a ricoprire di sporgenze falliche oggetti come scale, scarpe e sedie.[16] Nonostante la complessità regolamentata dei suoi disegni, l'artista riusciva a crearne molti in poco tempo, stabilendo un ritmo di produttività che continua a mantenere. In quegli anni iniziò ad avere anche altre abitudini, come quella di farsi continuamente fotografare assieme alle sue opere.[4]

Dal 1963 continuò a lavorare alle sue serie Mirror/Infinity Rooms. In queste complesse installazioni, decine di sfere dai colori fluorescenti vengono poste in stanze appositamente costruite e rivestite di vetri a specchio. Posta all'interno di una piccola piattaforma, la luce è riflessa ripetutamente sulle superfici a specchio, creando l'illusione di uno spazio infinito.[17] L'artista fu particolarmente produttiva negli anni successivi, e nel 1966 lavorò ad installazioni autoportanti che incorporavano specchi, luci e musica. Tuttavia, non trasse profitto economico dalle sue opere. In questi anni venne ripetutamente ricoverata per disturbi dovuti allo stress lavorativo, e la pittrice Georgia O'Keeffe convinse la sua stessa mercante d'arte, Edith Herbert, ad acquistare diverse sue opere, per aiutarla a superare le proprie difficoltà finanziarie.[2] Kusama organizzò varie happening in luoghi di spicco come Central Park e il Ponte di Brooklyn, spesso usati per protestare contro la Guerra del Vietnam.[13] Tra il 1967 e il 1969 si concentrò su performance d'arte di grande portata pubblica, nelle quali dipingeva pois sui corpi nudi dei suoi assistenti, come in The Grand Orgy to Awaken the Dead at the MOMA (1969), tenuta presso il Giardino delle Sculture del Museum of Modern Art.[16] Nel 1968 coordinò la happening intitolata Homosexual Wedding presso la Chiesa dell'Auto-obliterazione al numero 33 di Walker Street, a New York, e si esibì assieme ai Fleetwood Mac e ai Country Joe and the Fish presso il Fillmore East di New York.[2] Aprì degli studi di nudo artistico e un circolo gay, conosciuto come Kusama 'Omophile Kompany (kok).[18]

Nel 1966 partecipò per la prima volta alla 33esima Biennale di Venezia. Il suo Narcissus Garden comprendeva centinaia di sfere a specchio su quello che chiamò "tappeto cinetico". Non appena l'opera venne installata su di un prato al di fuori del padiglione Italiano, l'artista, indossando un kimono d'oro,[13] iniziò a vendere singolarmente le sfere a 1200 lire l'una (€0,62), fin quando gli organizzatori della Biennale posero fine alla sua iniziativa. Narcissus Garden servì sia per promuovere l'artista attraverso i mass media, sia come opportunità per criticare la meccanizzazione e mercificazione del mercato dell'arte.

Durante il suo soggiorno a New York ebbe una breve relazione con Donald Judd, e successivamente una relazione appassionata ma platonica con l'artista Joseph Cornell, che durò fino alla morte di quest'ultimo, nel 1972.[19]

Ritorno in Giappone: 1973-1977[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1973, a causa delle sue precarie condizioni di salute, Kusama fece ritorno in Giappone, dove iniziò a scrivere racconti surrealistici e viscerali, storie brevi, poesie e un’autobiografia. Diventò una mercante d'arte, ma abbandonò gli affari dopo alcuni anni. Nel 1977 si fece ricoverare all'Ospedale Psichiatrico di Seiwa, dove vive ancora oggi per sua libera scelta. Continua tuttavia a produrre opere nel suo studio, poco distante dall'ospedale,[20] seguendo diverse tecniche di realizzazione. Il suo stile si è spostato verso la pittura in acrilico su tele di ampie dimensioni.[21]

Revival: dal 1980 ad oggi[modifica | modifica wikitesto]

A partire dagli anni ’80 riprese lo stile artistico degli esordi a New York, proponendo opere astratte e dai colori limitati (della serie Infinity Nets). Dopo il successo nel 1993 alla Biennale di Venezia, in cui il Padiglione giapponese - nel quale risiedeva la stessa Kusama - fu coperto di specchi e riempito con piccole sculture a forma di zucca, l'artista produsse una enorme scultura raffigurante una zucca gialla ricoperta di pois neri. La zucca iniziò a rappresentare per l'artista una sorta di alter-ego o di autoritratto.[22]

** L'installazione successiva I'm Here, but Nothing (2000–2008) consiste in stanza arredata in maniera semplice, con tavolo, sedie, poltrone e tappeti, sulle cui pareti sono dipinti centinaia di pois fluorescenti che si illuminano se esposti a luce UV. Il risultato è di uno spazio infinito dove l'io e tutto ciò che si trova all'interno della stanza vengono cancellati.[23]

L'opera galleggiante Guidepost to the New Space, formata da una serie di rosse protuberanze tondeggianti ricoperte da pois bianchi, venne esposta sul Lago Pandanus, in Florida.

Varie versioni di Narcissus Garden, conosciuta come una delle sue opere più note, sono state esposte in varie location, ad esempio alla Whitney Biennial del 2004 tenutasi a Central Park.[24]

Le tecniche artistiche delle origini, come disegno e pittura, sono ancora fondamentali nelle produzioni contemporanee dell’autrice; le sue opere rimangono innovative e multi-disciplinari, e le sue esposizioni più recenti sono incentrate su opere realizzate ad acrilico su tela. Ancora in primo piano è l'idea di spazio infinito nelle sue Infinity Mirror Rooms, che consistono in una stanza quadrata rivestita di specchi, con acqua sul pavimento e luci tremolanti; l'insieme suggerisce uno schema di vita e di morte.[25]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Performance d'arte[modifica | modifica wikitesto]

In Walking Piece (1966), performance documentata in una serie di diciotto diapositive a colori, Kusama passeggia per le strade di New York indossando un tradizionale kimono giapponese e un parasole. Il kimono rimanda al ruolo tradizionale della donna nella società giapponese, mentre il parasole, un ombrello nero dipinto di bianco all'esterno e decorato con fiori finti, crea un senso di inautenticità. L'artista vaga senza meta per strade disabitate, per poi voltarsi e scoppiare in lacrime senza motivo; infine, riprende a camminare per poi svanire. Questa performance, tramite il simbolismo del kimono, evidenzia lo stereotipo che le donne asiatico-americane continuano ad affrontare. Tuttavia, in quanto artista d'avanguardia che vive a New York, la sua situazione altera il contesto del vestito, creando una fusione interculturale. L'artista indica lo stereotipo in cui viene categorizzata dal pubblico degli americani bianchi, mostrando l'assurdità di classificare culturalmente le persone nel più grande melting pot del mondo.[26]

Film[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1968, il film Kusama's Self-Obliteration, prodotto e recitato dalla stessa Kusama, vinse un premio nella quarta edizione della International Experimental Film Competition in Belgio e nella seconda edizione del Maryland Film Festival; vinse inoltre il secondo premio allo Ann Arbor Film Festival. Nel 1991 Kusama recitò nel film Tokyo Decadence, scritto e diretto da Ryu Murakami, mentre nel 1993 collaborò con il musicista britannico Peter Gabriel in una installazione a Yokohama.[2]

Moda[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1968 fondò la Kusama Fashion Company Ltd., e iniziò a vendere capi d'abbigliamento in stile avant-garde a Bloomingdales, nel "Kusama Corner".[27] Nel 2009 progettò un cellulare a forma di borsetta chiamato Handbag for Space Travel, un telefono a pois rosa con abbinata una custodia a forma di cane chiamato My Doggie Ring-Ring, e un telefono a pois bianchi e rossi dentro una scatola con specchi e pois, conosciuta come Dots Obsession, Full Happiness With Dots, tutti per il marchio "iida" dell'azienda giapponese di comunicazione mobile KDDI.[28] Di ogni telefono furono realizzati solo 1000 pezzi. Nel 2011 lavorò con Lancôme creando opere per sei lucidalabbra in edizione limitata.[29] Nello stesso anno collaborò anche con Marc Jacobs (che nel 2006 visitò il suo studio in Giappone) per una linea di prodotti Louis Vuitton, tra cui prodotti in pelle, abbigliamento prêt-à-porter, accessori, scarpe, orologi e gioielli.[30]

Scrittura[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1977 pubblicò un libro di poesie e dipinti, intitolato 7. L'anno successivo venne pubblicato il suo primo romanzo, Manhattan Suicide Addict. Tra il 1983 e il 1990 completò i romanzi The Hustler's Grotto of Christopher Street (1983), The Burning of St Mark's Church (1985), Between Heaven and Earth (1988), Woodstock Phallus Cutter (1988), Aching Chandelier (1989), Double Suicide at Sakuragazuka (1989), e Angels in Cape Cod (1990), assieme a vari numeri della rivista S&M Sniper in collaborazione con il fotografo Nobuyoshi Araki.[31] (sto cercando i libri per vedere se sono stati pubblicati anche in Italia ed eventualmente indicarli con i loro titoli in italiano)

Commissioni[modifica | modifica wikitesto]

Narcissus Garden (2009), Instituto Inhotim, Brumadinho, Brazil

Kusama ha completato diverse sculture da esterno su commissione, soprattutto raffiguranti piante e fiori astratti dai colori sgargianti, per istituzioni sia pubbliche che private. Tra queste, le più note sono Pumpkin (1994), realizzata per il Museo Municipale d'Arte di Fukuoka; The Visionary Flowers (2002) per il Museo d'Arte di Matsumoto; Tsumari in Bloom (2003) per la stazione ferroviaria di Matsudai, Niigata; Tulipes de Shangri-La (2003) per Euralille in Lille in Francia; Pumpkin (2006) al Benesse Art Site di Naoshima; Hello, Anyang with Love (2007) per il Pyeonghwa Park ad Anyang; e The Hymn of Life: Tulips (2007) per il Beverly Gardens Park a Los Angeles.[32] Nel 1998, realizzò un murales per il corridoio della stazione della metropolitana Gare do Oriente a Lisbona. Assieme a queste opere monumentali, ha prodotto anche opere da esterno di dimensioni ridotte, come Kei-Chan e Ryuu-Chan, raffigurante una coppia di cani ricoperti da pois. Tutte le sue opere da esterno sono realizzate in vetroresina e poi dipinte in uretano, per ottenere una lucidatura uniforme.[33]**

Nel 2010 progettò un autobus Town Sneaker[34], chiamato Mizutama Ranbu (Wild Polka Dot Dance), che percorre la sua città natale Matsumoto.[2] Nel 2011 lavorò su commissione alle copertine di milioni di mappe tascabili della Metropolitana di Londra, il cui risultato finale è intitolato Polka Dots Festival in London (2011).

In contemporanea alla mostra di Kusama tenuta al Whitney Museum of American Art nel 2012, una riproduzione di circa 36,5 metri del suo dipinto Yellow Trees (1994) coprì un condominio ancora in costruzione nel Meatpacking District di New York.[35] Nello stesso anno ideò Thousands of Eyes, installazione su pavimento commissionata per la nuova Corte Suprema e Distrettuale di Brisbane.[36]

Mostre[modifica | modifica wikitesto]

La sua prima mostra personale venne allestita nel 1959 alla Brata Gallery di New York, una cooperativa di artisti. Comprendeva una serie di dipinti di reti bianche che furono recensiti positivamente da Donald Judd (sia Judd che Frank Stella acquistarono poi alcuni dipinti della mostra).[37] Successivamente espose i suoi lavori assieme ad altri artisti, come Claes Oldenburg, Andy Warhol, e Jasper Johns. Tenne mostre ed esposizioni anche con artisti europei, tra cui Lucio Fontana, Pol Bury, Otto Piene, e Gunther Uecker.

Nel 1962 fu l'unica artista donna a aprtecipare alla mostra collettiva e internazionale Nul (Zero) presso lo Stedelijk Museum di Amsterdam.[38]

Lista di esposizioni (ancora da rivedere)[modifica | modifica wikitesto]

  • 1976: Kitakyushu Municipal Museum of Art
  • 1987: Fukuoka, Japan
  • 1989: Center for International Contemporary Arts, New York
  • 1993: Represented Japan at the Venice Biennale
  • 1996: Recent Works at Robert Miller Gallery
  • 1998–1999: Retrospective exhibition of work toured the U.S. and Japan
  • 1998: "Love Forever: Yayoi Kusama,1958–1969", LACMA
  • 2000: Le Consortium, Dijon
    • 2001–2003: Le Consortium - exhibit traveled to Maison de la Culture du Japon, Paris; Kunsthallen Brandts, Odense, Denmark; Les Abattoirs, Toulouse; Kunsthalle Wien, Vienna; and Artsonje Center, Seoul
  • 2004: "KUSAMATRIX", Mori Art Museum, Tokyo
  • 2007: FINA Festival 2007. Kusama created Guidepost to the New Space, a vibrant outdoor installation for Birrarung Marr beside the Yarra River in Melbourne. In 2009, the Guideposts were re-installed at Fairchild Tropical Botanic Garden, this time displayed as floating "humps" on a lake.[39]
  • 2008: "The Mirrored Years", Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam, the Netherlands
  • August 2010: Aichi Triennale 2010, Nagoya. Works were exhibited inside the Aichi Arts Center, out of the center and Toyota car polka dot project.
  • 2010: Museum Boijmans Van Beuningen purchased the work Infinity Mirror Room - Phalli's Field. As of September 13 of that year the mirror room is permanently exhibited in the entrance area of the museum.
  • July 2011: Museo Reina Sofía, Madrid, Spain
  • 2012: Tate Modern, London.[40] Described as 'akin to being suspended in a beautiful cosmos gazing at infinite worlds, or like a tiny dot of fluoresecent plankton in an ocean of glowing microscopic life',[41] the exhibition features work from Kusama's entire career.
  • July 15, 2013 – November 3, 2013: Daegu Art Museum, Daegu, Korea
  • June 30, 2013 – September 16, 2013: MALBA, the Latinamerican Art Museum of Buenos Aires, Buenos Aires, Argentina
  • May 22, 2014 – June 27, 2014: Instituto Tomie Ohtake, São Paulo, Brazil
  • September 17, 2015 – January 24, 2016: "In Infinity", Louisiana Museum of Modern Art, Humlebæk, Denmark[42]
  • June 12 – August 9, 2015: "Yayoi Kusama: Infinity Theory", The Garage Museum of Contemporary Art, Moscow, Russia. This was the artist's first solo exhibition in Russia.[43]
  • February 19 – May 15, 2016: "Yayoi Kusama - I uendeligheten", Henie Onstad Kunstsenter, Oslo, Norway
  • September 20, 2015 – September, 2016: "Yayoi Kusama: Infinity Mirrored Room", Broad Museum, Los Angeles, California
  • June 12 – September 18, 2016: "Kusama: At the End of the Universe," Museum of Fine Arts, Houston, Houston, Texas
  • May 1, 2016 - November 30, 2016: "Yayoi Kusama: Narcissus Garden", The Glass House, New Canaan, Connecticut.
  • May 25, 2016 – July 30, 2016: "Yayoi Kusama: sculptures, paintings & mirror rooms", Victoria Miro Gallery, London, United Kingdom.
  • June 2017: National Gallery Singapore. [44]
Esibizione creata per la HAM Art Company nell'Ottobre 2016.

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Kusama ha ricevuto diversi premi, tra i quali il premio Asahi (2001) e l'Ordre des Arts et des Lettres (2003). Nell'ottobre del 2006 diventò la prima donna giapponese a ricevere il Premio Imperiale, uno dei più prestigiosi premi giapponesi per gli artisti riconosciuti a livello internazionale.[45] Ricevette inoltre il premio Person of Cultural Merit nel 2009 e il premio Ango nel 2014.[46]

Mercato dell'arte[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni Sessanta, la Gres Gallery di Beatrice Perry ebbe un ruolo importante nell'affermazione della carriera di Kusama negli Stati Uniti. Ota Fine Arts, commerciante di vecchia data a Tokyo, lavorò con l'artista a partire dagli anni Ottanta.[47] Kusama lasciò la Gagosian Gallery nel tardo 2012; in precedenza lavorò con la Robert Miller Gallery di New York.[48] L'artista è stata rappresentata dalla Victoria Miro Gallery dai primi anni 2000, e si unì a David Zwirner nel 2013. È al momento rappresentata da David Zwirner, Ota Fine Arts, e la Victoria Miro Gallery.

Le sue opere hanno un ruolo importante nelle aste: i dipinti degli anni Cinquanta e Sessanta vengono venduti a prezzi elevati. Nel novembre del 2008, Christie's (New York) ha venduto il dipinto No. 2, parte della serie Infinity Net del 1959, appartenuto in precedenza a Donald Judd,[2] per 5.1 milioni di dollari, allora un record per una artista vivente. [49] Tale record fu riconfermato nel 2014 nella vendita ad un'asta di Christie's [50]per 7.1 milioni di dollari di White No. 28 (1960) dalla sua serie distintiva Infinity Nets.

Nella cultura popolare[modifica | modifica wikitesto]

  • I Superchunk, gruppo indie americano, hanno incluso una canzone intitolata "Art Class (Song for Yayoi Kusama)" nel loro album Here's to Shutting Up. (aggiungo nota con link alla canzone o la aggiungo ai link esterni? Aggiungi nota)
  • Yoko Ono cita Kusama tra le proprie influenze.
  • Il Matsumoto Performing Art Center, nella città natale di Kusama, ideato da Toyo Ito, ha una facciata coperta interamente da pois.[51]
  • Viene citata in "Hot Topic", canzone del gruppo Le Tigre. (vedi sopra Aggiungi nota)
  • Nel 2013 il duo britannico The Boy Least Likely To ha composto un tributo a Yayoi Kusama, scrivendo una canzone su di lei[52]. Nel loro blog hanno affermato di ammirare le opere di Kusama perchè in esse l'artista inserisce le proprie paure, come spesso fanno anche loro due.[53]
  • The Nels Cline Singers hanno dedicato a Kusama una traccia del loro album Macroscope (2014), intitolata "Macroscopic (for Kusama-san)".[54]

Opere e pubblicazioni (ancora da rivedere)[modifica | modifica wikitesto]

Exhibition catalogs[modifica | modifica wikitesto]

Illustration work[modifica | modifica wikitesto]

Chapters[modifica | modifica wikitesto]

  • Nakajima, Izumi. "Yayoi Kusama between abstraction and pathology." Pollock, Griselda. Psychoanalysis and the Image: Transdisciplinary Perspectives. Malden, MA: Blackwell Pub, 2006. pp. 127–160. ISBN 978-1-405-13460-6 OCLC 62755557
  • Klaus Podoll, "Die Künstlerin Yayoi Kusama als pathographischer Fall." Schulz R, Bonanni G, Bormuth M, eds. Wahrheit ist, was uns verbindet: Karl Jaspers' Kunst zu philosophieren. Göttingen, Wallstein, 2009. p. 119. ISBN 978-3-835-30423-9 OCLC 429664716
  • Cutler, Jody B. "Narcissus, Narcosis, Neurosis: The Visions of Yayoi Kusama." Wallace, Isabelle Loring, and Jennie Hirsh. Contemporary Art and Classical Myth. Farnham, Surrey: Ashgate, 2011. pp. 87–109. ISBN 978-0-754-66974-6 OCLC 640515432

Autobiography, writing[modifica | modifica wikitesto]

Catalogue raisonné, etc.[modifica | modifica wikitesto]

Note (da sistemare dopo controllo)[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Kate Deimling (May 16, 2012), Kusama Writes of Hunger, Grudges, and Necking With Joseph Cornell in Her Odd Autobiography, BLOUINARTINFO France.
  2. ^ a b c d e f g Yayoi Kusama Timeline Queensland Art Gallery, Brisbane.
  3. ^ Zoë Dusanne: An Art Dealer Who Made a Difference, p99, by Jo Ann Ridley; Fithian Press, 2011
  4. ^ a b Holland Cotter (July 12, 2012), Vivid Hallucinations From a Fragile Life - Yayoi Kusama at Whitney Museum of American Art New York Times.
  5. ^ Biography | Yayoi Kusama, su www.yayoi-kusama.jp. URL consultato il 4 marzo 2017.
  6. ^ Love Forever : Yayoi Kusama, 1958–1968, July 9 - September 22, 1998, The Museum of Modern Art, New York.
  7. ^ YAYOI KUSAMA, July 12 – Sept 30, 2012, Whitney Museum of American Art, New York.
  8. ^ Yayoi Kusama, 9 February – 5 June 2012, Tate Modern, London.
  9. ^ WCA Past Honorees, su nationalwca.org.
  10. ^ New York art sales The Guardian, retrieved November 2008
  11. ^ The Top 10 Living Artists of 2015, su artsy.net, December 16, 2015. URL consultato il December 16, 2015.
  12. ^ Yayoi Kusama, Manhattan jisatsu misui joshuhan, Kosakusha, 1978., (extract) reproduced in Hoptman, Yayoi Kusama.
  13. ^ a b c David Pilling (January 20, 2012), The world according to Yayoi Kusama Financial Times Weekend Magazine.
  14. ^ Zac Bayly, Yayoi Kusama, 2012. URL consultato il Sep 21, 2013.
  15. ^ Yayoi Kusama Art - 100+ Works, Bio, News | Artsy, su artsy.net.
  16. ^ a b Yayoi Kusama MoMA Collection, New York.
  17. ^ Yayoi Kusama: Soul under the moon (2002)[collegamento interrotto] Queensland Art Gallery, Queensland.
  18. ^ Carl Swanson (July 8, 2012), The Art of the Flame-Out New York Magazine.
  19. ^ (EN) Kusama's relationship with Joseph Cornell | Tate, su www.tate.org.uk. URL consultato il 28 aprile 2017.
  20. ^ John McDonald, Points of no return, February 12, 2005. URL consultato il November 30, 2010.
  21. ^ Holland Cotter, Vivid Hallucinations From a Fragile Life – Yayoi Kusama at Whitney Museum of American Art, July 12, 2012.
  22. ^ (EN) Yayoi Kusama: Outdoor Sculptures, su Victoria Miro. URL consultato il 28 aprile 2017.
  23. ^ http://www.irequireart.com/artists/yayoi_kusama/iand_39_m_here_but_nothing-638.html
  24. ^ http://www.publicartfund.org/view/exhibitions/5654_whitney_biennial_2004_-_narcissus_garden
  25. ^ Yayoi Kusama: Recent Work 2009-2012, London, Tate, 2012, ISBN 9781 85437 939 9.
  26. ^ Asian American Women Artists: Performative Strategies Redefined, in Journal of Asian American Studies, vol. 15.1, 2012, pp. 105–27.
  27. ^ Midori Matsui, Interview: Yayoi Kusama, 1998 Index Magazine.
  28. ^ 2009Information | Yayoi Kusama, su yayoi-kusama.jp. URL consultato il 28 aprile 2017.
  29. ^ Emili Vesilind (May 24, 2011), Lancôme collaborates with Japanese artist Yayoi Kusama on new Juicy Tubes Los Angeles Times.
  30. ^ Ann Binlot (January 9, 2012), Marc Jacobs Recruits Yayoi Kusama for Latest Louis Vuitton Collaboration BLOUINARTINFO.
  31. ^ Yayoi Kusama Timeline Queensland Art Gallery, Brisbane..
  32. ^ Yayoi Kusama, Hymn of Life: Tulips, Beverly Hills, su www.publicartinla.com. URL consultato il 28 aprile 2017.
  33. ^ (EN) Yayoi Kusama: Outdoor Sculptures, su Victoria Miro. URL consultato il 28 aprile 2017.
  34. ^ Matsumoto City Circle Bus --- Town Sneaker, su www.alpico.co.jp. URL consultato il 18 aprile 2017.
  35. ^ Laura Kusisto (August 2, 2012), 'Yellow Trees' Growing Wall Street Journal.
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Bibliografia (da aggiungere una volta sistemate le note)[modifica | modifica wikitesto]

((da fare, nella pagina inglese non c'era))

Collegamenti esterni (da rivedere)[modifica | modifica wikitesto]

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