Ubaldo Soddu

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Ubaldo Soddu

Sottosegretario di Stato al Ministero della Guerra
Durata mandato31 ottobre 1939 –
30 novembre 1940
PresidenteBenito Mussolini
PredecessoreAlberto Pariani
SuccessoreAlfredo Guzzoni

Dati generali
Partito politicoPartito Nazionale Fascista
Titolo di studioAccademia militare
UniversitàAccademia militare di Modena
ProfessioneMilitare
Ubaldo Soddu
NascitaSalerno, 23 luglio 1883
MorteRoma, 25 luglio 1949
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaArtiglieria
Anni di servizio1904-1941
GradoGenerale d'armata
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
CampagneFronte italiano (1915-1918)
Fronte francese
Campagna di Grecia
BattaglieBattaglie dell'Isonzo
Battaglia del solstizio
Battaglia di Vittorio Veneto
Comandante diComando Superiore Truppe Albania
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria
Pubblicazionivedi qui
dati tratti da Generals[1]
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Ubaldo Soddu (Salerno, 23 luglio 1883Roma, 25 luglio 1949) è stato un generale italiano, che ricoprì l'incarico di Sottocapo di Stato maggiore dell'Esercito e sottosegretario di Stato alla Guerra durante la fasi iniziali della seconda guerra mondiale. Il 13 giugno 1940, subito dopo scoppio delle ostilità con la Francia e la Gran Bretagna, assunse l'incarico di sottocapo di Stato Maggiore Generale. Promosso generale d'armata, l'8 novembre 1940, durante la guerra contro la Grecia, sostituì il generale Sebastiano Visconti Prasca alla testa del Comando Superiore Truppe Albania. A causa delle sconfitta patita dalla truppe italiane tra il 22 e il 23 novembre 1940 fu dapprima affiancato al comando delle truppe, e poi sostituito, dal Capo di Stato Maggiore Generale Ugo Cavallero.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Salerno da un ufficiale sardo, il 23 luglio 1883.[1] Frequentò la Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena uscendone nel 1904 con il grado di sottotenente, assegnato all'arma di fanteria.[2] Entrato nel Regio Esercito, prese parte alla guerra italo-turca e successivamente alla grande guerra combattendo sul fronte italiano. Massone, fu iniziato nel 1912 nella Loggia "Nicola Fabrizi - Secura Fides" di Modena.[3]

Nel 1918 andò a combattere sul fronte francese, con il grado di tenente colonnello. Nel luglio dello stesso anno diviene comandante del III Battaglione, 52º Reggimento fanteria, della Brigata Alpi, inquadrata nell'8ª Divisione del II Corpo d'armata. Si distinse anche su quel fronte, venendo decorato con due Medaglie d'argento al valor militare, una Croce al merito di guerra e con la Legion d'onore francese. Tra il 1927 e il 1930 insegnò presso l'Accademia Militare di Modena e quindi al Corso di applicazione per Ufficiali Superiori presso la Scuola di guerra dell'esercito. Dal 1930 al settembre 1933 è comandante dell'89º Reggimento fanteria "Salerno"; in quello stesso mese assume l'incarico di Comandante della Scuola centrale di fanteria, ricoprendo tale incarico fino al gennaio 1934, quando viene promosso al grado di generale di brigata, e assume l'incarico di Capo di Gabinetto del Ministero della guerra.

Nel 1936 fu promosso al grado di generale di divisione per meriti eccezionali, e nel luglio dell'anno successivo diviene comandante della 21ª Divisione fanteria "Granatieri di Sardegna". Nel 1937 diviene Sottocapo di Stato maggiore dell'esercito,[4] e nell'aprile 1938 viene elevato al rango di generale di corpo d'armata. Nel novembre dello stesso anno il generale Alberto Pariani[5] gli fa esaminare un piano operativo di invasione dell'Egitto redatto dal Governatore della Libia Italo Balbo, che prevedeva di concentrare le forze disponibili a est, e di mantenersi strettamente sulla difensiva sulla frontiera tunisina.[6] In un documento ufficiale, egli riconobbe che l'offensiva verso l'Egitto non aveva alternativa "perché un atteggiamento difensivo alla frontiera orientale favorirebbe il concentramento delle truppe inglesi", ma in un documento "personale" aggiunse, però, che un serio piano offensivo poteva attuarsi solo con la disponibilità "immediata" (cioè in Libia) delle forze sufficienti a realizzarlo.[6]

Il 31 ottobre 1939[7] venne nominato Sottosegretario di Stato presso il Ministero della guerra.[4] Il 31 marzo 1940 ricevette un promemoria segreto scritto da Mussolini in cui egli annunciava l'intenzione di entrare in guerra a fianco della Germania, contro Francia e Gran Bretagna: tale riservatissimo memorandum fu consegnato a Vittorio Emanuele III quello stesso giorno e successivamente al Ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, al Capo di Stato Maggiore Generale Pietro Badoglio, ai tre capi di Stato maggiore, Rodolfo Graziani, Domenico Cavagnari e Francesco Pricolo, al Ministro dell'Africa italiana Attilio Teruzzi, al segretario del PNF Ettore Muti.

Il 10 aprile 1940 viene insignito del titolo di Commendatore dell'Ordine militare di Savoia. In quel mese si occupò anche di riorganizzare[8] il Servizio Informazioni Militare, disponendo che il ramo che si occupava di controspionaggio e antisabotaggio andasse a costituire un nuovo servizio: il C.S.M.S.S. (Controspionaggio Militare e Servizi Speciali). Posto al comando del colonnello Santo Emanuele, tale servizio era destinato a compiti di controspionaggio e ai Servizi Speciali (essenzialmente sabotaggi, attentati, terrorismo e anche eliminazione fisica degli avversari).

La seconda guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]

Poco dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, il 13 giugno 1940 assunse anche gli incarichi di sottocapo di Stato Maggiore Generale[4] e comandante dell'Armata Territoriale. Dopo l'inizio dell'offensiva contro la Francia, lanciata dal Gruppo d'armate Ovest al comando del Principe di Piemonte, andò a ispezionare il fronte insieme al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani. L'8 novembre 1940, dopo le prime inconcludenti battute della campagna di Grecia, fu chiamato a sostituire[9] il generale Sebastiano Visconti Prasca alla testa del Comando Superiore Truppe Albania[9]; lo stesso giorno è promosso al grado di generale d'armata.[10]

Arrivato in Albania il primo ordine emanato fu quello di arrestare definitivamente l'offensiva, per passare alla difesa in attesa dell'arrivo di consistenti rinforzi: solo in un secondo momento, con più truppe a disposizione, avrebbe lanciato l'offensiva finale che avrebbe consentito di risolvere la guerra. Durante un'ispezione effettuata il 17 novembre il Capo di stato maggiore della Regia Aeronautica Pricolo ebbe un incontro con lui. Nel suo diario Pricolo annotò che lo trovò insicuro e pauroso sulla situazione: "mostrava preoccupazione e fiducia a scatti"[11].

Le disposizioni emanate furono criticate dal suo predecessore, Visconti Prasca, ora al comando dell'11ª Armata, il quale già l'11 novembre fu sostituito dal generale Carlo Geloso.[12] Il 14 novembre l'esercito greco al comando del generale Alexander Papagos passò decisamente all'offensiva. Quattro divisioni e una brigata attaccarono il settore nord-occidentale del fronte macedone tenuto dalle truppe italiane, attestate lungo il corso del fiume Devoli, concentrandosi in particolare tra il massiccio della Morova e il monte Ivan, con obiettivo Coriza.

Con l'arrivo di altre due divisioni greche in zona di combattimento, la situazione del fronte si fece insostenibile e, temendo lo sfondamento, egli decise per una ritirata di circa cinquanta chilometri, abbandonando Coriza al nemico. La conquista della città ebbe grosse ripercussioni sia politiche (in Grecia vi furono pubbliche manifestazioni di giubilio per le strade da parte della popolazione) sia militari: il 30 novembre fu sostituito nelle cariche di sottocapo di Stato Maggiore Generale e Sottosegretario di Stato alla Guerra dal generale Alfredo Guzzoni.[13] Il generale Geloso, comandante dell'11ª Armata, propose che anche il fronte dell'Epiro, per evitare un possibile accerchiamento, si ritirasse di sessanta chilometri attestandosi a nord di Santi Quaranta e di Argirocastro. Egli non accettò e tra il 1º e il 2 dicembre i greci ruppero il fronte italiano nel settore di Permeti.[14]

Tale disastro gli causò un forte stress emotivo, dovuto alla mancanza di abitudine al comando di un'armata in tempo di guerra.[14] In una telefonata con Guzzoni del 4 dicembre arrivò a invitare Mussolini a risolvere il conflitto in modo diplomatico, cioè con una proposta di armistizio.[15] La risposta del Duce fu l'invio sul posto del generale Ugo Cavallero (il quale, dopo le dimissioni di Pietro Badoglio avvenute il 28 novembre, divenne ufficialmente Capo di Stato Maggiore Generale il 4 dicembre) in Albania con il compito di affiancarlo, e valutarne l'operato. Cavallero arrivò a Elbasan, in Albania (dove si trovava il comando della 9ª Armata del generale Mario Vercellino) nel pomeriggio del 4 dicembre,[16] accolto da Soddu e Vercellino, e da allora affiancò di fatto Soddu nella condotta delle operazioni belliche,[16] sostituendolo ufficialmente al comando delle truppe il 13 gennaio 1941.[N 1]

Essendo entrato a far parte della Camera dei fasci e delle corporazioni nel 1939, durante la XXX Legislatura, rimase parlamentare fino all'8 agosto 1943. Dopo la caduta del fascismo, avvenuta il 25 luglio di quell'anno, si ritirò definitivamente a vita privata, ma divenne un osservato speciale del nuovo governo guidato da Badoglio.[17] Fu arrestato e rinchiuso nel carcere militare di Forte Boccea, da dove venne liberato il 12 settembre su ordine del Feldmaresciallo Albert Kesselring. Nel marzo del 1944 giurò fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana, confermando le sue simpatie per i tedeschi e per il rinnovato regime, ma poiché inviso agli stessi fascisti non prestò alcun servizio attivo.[18]

Tra il dicembre 1944 e il marzo 1945 venne duramente attaccato da Giovanni Preziosi, che dalle colonne de La vita italiana lo accusò di essere massone e di aver sabotato di proposito la Campagna di Grecia. Egli protestò presso Mussolini ma il Duce stemperò la cosa, replicando che non era il tempo di inchieste.[18] Dopo la fine della guerra non scrisse alcun libro di memorie sulla campagna ellenica, tranne un dattiloscritto inedito intitolato Memorie e riflessioni di un generale e datato «Desenzano del Garda, inverno 1948».[19] Una volta finita la guerra non ebbe particolari altri strascichi disciplinari, anche perché era ai margini da anni. Si spense a Roma il 25 luglio 1949.[1]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Commendatore dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 10 aprile 1940[20]
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Assunto il comando di un reggimento, in critiche condizioni, con l'energia e col valor personale, manteneva per vari giorni i suoi reparti a fianco di quelli francesi, in ostinata resistenza. Ferito continuava ad esercitare il suo comando, dando bell'esempio di coraggio e di sprezzo del pericolo, meritandosi la citazione all'ordine dell'armata francese. S. Imoges (Champagne), 16-23 luglio 1918
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«In due successive azioni di prima linea, colpito ambe le volte da gas asfissiante, rimaneva impavido al suo posto di comando; con elevato spirito di sacrificio rifiutava di curarsi, rimanendo al proprio posto. E riusciva a mantenere in posizione il proprio battaglione, ove i colpiti dai gas erano in numero considerevole. Canal lateral de l'Aisne-Sissonne, 27 settembre-27 ottobre 1918
Medaglia commemorativa della spedizione in Albania - nastrino per uniforme ordinaria
Croce al Merito di Guerra - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915 – 18 (4 anni di campagna) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa italiana della vittoria - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Commendatore dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 18 aprile 1931[23]
Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Grande Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Gran cordone dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 31 marzo 1937.[24]
Cavaliere dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 28 dicembre 1933[25]
Ufficiale dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Commendatore dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 19 dicembre 1934
Grande ufficiale dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze estere[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) - nastrino per uniforme ordinaria

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Perché Bonaparte nel 1797 inizia una nuova campagna contro l'Austria, 1914
  • Statuti libici personali e reali, Tip. degli Stab. militari di pena, 1924
  • Movimento e guerra celermente risolutiva, 1937

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Uno dei motivi per cui Soddu venne cacciato è da ricercare nel fatto che Mussolini riteneva inappropriato che egli, anche in tempo di guerra, si dilettasse nella composizione di colonne sonore per film. Galeazzo Ciano, Diario 1937-1943, Rizzoli Editore, Milano, pag. 492

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Generals.
  2. ^ Gazzetta del Regno d'Italia n.227, del 29 settembre 1904.
  3. ^ V. Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Mimesis-Erasmo, Milano-Roma, 2005, p.257.
  4. ^ a b c Sweet 2006, p. 96.
  5. ^ Lucio Ceva, Balbo e la preparazione della guerra in Africa settentrionale, ITALIA CONTEMPORANEA n° 243, giugno 2006.
  6. ^ a b Minniti 2000, p. 173.
  7. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.258, 7 novembre 1939.
  8. ^ Circolare n. 114850 del 24 aprile 1940.
  9. ^ a b Rochat 2008, p. 266.
  10. ^ Pricolo 1946, p. 31.
  11. ^ Pricolo 1946, p. 29.
  12. ^ Visconti Prasca 1946, p. 165 , appaiono alquanto scolastiche e da manuale.
  13. ^ Gazzetta del Regno d'Italia n.299, del 23 dicembre 1940 XIX.
  14. ^ a b Cervi 1965, p. 218.
  15. ^ Pricolo 1946, p. 68.
  16. ^ a b Cervi 1965, p. 219.
  17. ^ Vento 2010, p. 271.
  18. ^ a b Cecini 2016, p. 119.
  19. ^ Ceva 1991, p. 230.
  20. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  21. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.168, 22 luglio 1936.
  22. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.224, 22 settembre 1920.
  23. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.240, 16 ottobre 1931.
  24. ^ Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia N. 221 del 22 settembre 1937, pag.13.
  25. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.133, 1º maggio 1933.
  26. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.144, 21 giugno 1935, pag.3073.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Antonello Biagini e Alessandro Gionfrida, Lo stato maggiore generale tra le due guerre, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, 1997.
  • Antonello Biagini, Fernando Frattolillo e Silvio Saccarelli, Verbali delle riunioni tenute dal capo di SM generale: raccolta di documenti della seconda guerra mondiale, Volume 1, Roma, Ufficio storico dello Stato maggiore dell'Esercito, 1985.
  • Mario Cervi, Storia della guerra di Grecia, Milano, Rizzoli Editore, 1965.
  • Emilio Gin, L'ora segnata dal destino: gli alleati e Mussolini da Monaco all'intervento. Settembre 1938-Giugno 1940, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 1947, ISBN 88-6134-831-9.
  • (EN) David M. Kennedy, The Library of Congress World War II Companion, New York, Simon & Schuster, 2007, ISBN 1-4165-5306-1.
  • (EN) McGregor Knox, Mussolini Unleashed, 1939–1941: Politics and Strategy in Fascist Italy's Last War, Cambridge, Cambridge University Press, 1982, ISBN 0-521-33835-2.
  • Fortunato Minniti, Fino alla guerra. Strategie e conflitto nella politica di potenza di Mussolini 1923-1940, Roma, Esi, 2000.
  • Mario Montanari, La campagna di Grecia, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, 1980.
  • Francesco Pricolo, Ignavia contro eroismo: l’avventura italo-greca: ottobre 1940 – aprile 1941, Roma, Ruffolo Editore, 1946, ISBN 88-428-1604-3.
  • (EN) Owen Pearson, Albania in the Twentieth Century, A History: Volume II: Albania in Occupation and War, New York, IB Tauris & Co, Ltd., 2006, ISBN 1-84511-104-4.
  • Giorgio Rochat, Le guerre italiane 1935-1943: dall’Impero d’Etiopia alla disfatta, Torino, Einaudi Editore, 2008.
  • (EN) John Joseph Timothy Sweet, Iron Arm: The Mechanization of Mussolini's Army, 1920-1940, Mechanicsburg, Stackpole Books, 2006, ISBN 0-8117-3351-3.
  • Sebastiano Visconti Prasca, Io ho aggredito la Grecia, Milano, Rizzoli Editore, 1947.
  • Andrea Vento, In silenzio gioite e soffrite: storia dei servizi segreti italiani dal Risorgimento alla Guerra Fredda, Milano, Il Saggiatore, 2010, ISBN 88-428-1604-3.
  • Giovanni Cecini, I generali di Mussolini, Roma, Newton & Compton Editori, 2016, ISBN 8-85419-868-4.
Periodici
  • Luigi Ceva, Italia e Grecia 1940 – 1941. Una guerra a parte, in L’Italia in guerra 1940–1943, Brescia, Annali della Fondazione Luigi Micheletti, marzo 1991.

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