Lingua cinese: differenze tra le versioni

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A livello fonetico, il cinese arcaico è oggetto di dibattito tra i linguisti, a differenza del cinese medio, su cui c'è molto più accordo. Tuttavia esiste un nucleo di suoni e caratteristiche su cui c'è consenso pressoché universale. Innanzitutto, non era una lingua tonale. Poteva avere cluster/gruppi vocalici piuttosto complessi come nucleo di sillaba, contrariamente al giapponese arcaico. Aveva la distinzione tra consonante sorda, sonora e sorda aspirata, che si conserva in cinese medio. Aveva inoltre i suoni nasali sordi, come */m̥/-, */n̥/-, */l̥/ e */ŋ̊/-, tali per cui si sente solo uno sbuffo d'aria. A fine sillaba poteva avere tre code nasali *-m *-n e *-ng oppure i tre stop consonantici senza rilascio di suono *-p, *-t e *-k. Infine, poteva anche avere un cluster/gruppo consonantico che terminava in *-s e lo stacco glottale/colpo di glottide sia a fine sillaba che in posizione iniziale. Non aveva consonanti palatali e retroflesse, originate molto probabilmente da cluster a inizio sillaba con /r/ vibrante al secondo membro. Il sistema vocalico, secondo gran parte delle ricostruzioni, aveva sei vocali: */a/, */e/, */i/, */o/, */u/; la sesta, in base alle ricostruzioni, varia da */ɨ/ a una vocale neutra /ə/ fino a */ɯ/. Molte altre caratteristiche sono tema di dibattito, come ad esempio la presenza di altri suoni oltre a quelli base su cui c'è consenso, la presenza di *-r a fine sillaba (come proposto da Baxter e Sagart nella loro ricostruzione del 2014) e la presenza di consonanti faringalizzate, accolte nella ricostruzione appena menzionata. Le consonanti faringalizzate, presenti anche in lingue semitiche come l'arabo e l'ebraico antico, si pronunciano tenendo gli organi fonatori già in posizione di faringalizzazione, che restringe il flusso d'aria rendendo il suono soffocato, cupo e strozzato. Per la precisione, bisogna avvicinare la radice della lingua alla parete della faringe. Si pensi, ad esempio, alla distinzione in arabo tra /d/ e /dˁ/. Peraltro l'arabo viene chiamato "la Lingua della Dˁaad" perché è l'unica lingua al mondo a contenere questo suono, a meno che non si dimostri che la ricostruzione del cinese arcaico di Baxter-Sagart è corretta, siccome avrebbe anche lei questo suono.
A livello fonetico, il cinese arcaico è oggetto di dibattito tra i linguisti, a differenza del cinese medio, su cui c'è molto più accordo. Tuttavia esiste un nucleo di suoni e caratteristiche su cui c'è consenso pressoché universale. Innanzitutto, non era una lingua tonale. Poteva avere cluster/gruppi vocalici piuttosto complessi come nucleo di sillaba, contrariamente al giapponese arcaico. Aveva la distinzione tra consonante sorda, sonora e sorda aspirata, che si conserva in cinese medio. Aveva inoltre i suoni nasali sordi, come */m̥/-, */n̥/-, */l̥/ e */ŋ̊/-, tali per cui si sente solo uno sbuffo d'aria. A fine sillaba poteva avere tre code nasali *-m *-n e *-ng oppure i tre stop consonantici senza rilascio di suono *-p, *-t e *-k. Infine, poteva anche avere un cluster/gruppo consonantico che terminava in *-s e lo stacco glottale/colpo di glottide sia a fine sillaba che in posizione iniziale. Non aveva consonanti palatali e retroflesse, originate molto probabilmente da cluster a inizio sillaba con /r/ vibrante al secondo membro. Il sistema vocalico, secondo gran parte delle ricostruzioni, aveva sei vocali: */a/, */e/, */i/, */o/, */u/; la sesta, in base alle ricostruzioni, varia da */ɨ/ a una vocale neutra /ə/ fino a */ɯ/. Molte altre caratteristiche sono tema di dibattito, come ad esempio la presenza di altri suoni oltre a quelli base su cui c'è consenso, la presenza di *-r a fine sillaba (come proposto da Baxter e Sagart nella loro ricostruzione del 2014) e la presenza di consonanti faringalizzate, accolte nella ricostruzione appena menzionata. Le consonanti faringalizzate, presenti anche in lingue semitiche come l'arabo e l'ebraico antico, si pronunciano tenendo gli organi fonatori già in posizione di faringalizzazione, che restringe il flusso d'aria rendendo il suono soffocato, cupo e strozzato. Per la precisione, bisogna avvicinare la radice della lingua alla parete della faringe. Si pensi, ad esempio, alla distinzione in arabo tra /d/ e /dˁ/. Peraltro l'arabo viene chiamato "la Lingua della Dˁaad" perché è l'unica lingua al mondo a contenere questo suono, a meno che non si dimostri che la ricostruzione del cinese arcaico di Baxter-Sagart è corretta, siccome avrebbe anche lei questo suono.


=== Cinese medio e accenno ai prestiti cinesi in altre lingue ===
=== Cinese medio ===
{{Vedi anche|Cinese medio}}
Il [[Lingua cinese media|cinese medio]], detto anche “Middle Chinese” (中古汉语 Zhonggu Hanyu), era la lingua usata sotto la [[dinastia Sui]] (隋朝 581-618), la [[dinastia Tang]] (唐朝 618-907) e la [[dinastia Song]] (宋朝 960-1279), poi deposta dalla dinastia mongola degli [[Dinastia Yuan|Yuan]] (元朝), capeggiata dal Khan. È comparso durante il periodo di nascita della dinastia Sui, che ha poi riunificato la Cina sotto un unico potere centrale, perso dopo la caduta della [[dinastia Han]] (汉朝). Il cinese medio è diviso in due fasi: il primo cinese medio e il tardo cinese medio. Il primo cinese medio viene ricostruito attraverso i prestiti cinesi nelle altre lingue, che spesso ricalcano la pronuncia arcaica, e usando i rimari (da cui si ricostruiscono le rime di migliaia di caratteri ordinati in base al nucleo di sillaba) insieme a dialetti conservativi rispetto al cinese medio, come lo shanghainese (famiglia Wu 吴) e il cantonese (dialetto Yue 粤). A sua volta i prestiti cinesi nelle altre lingue vengono analizzati nella loro versione arcaica e ricostruita. Tutta quanta la pronuncia del cinese medio, insieme a quella dell’Old Chinese, è ricostruita e non è attestata perché i rimari dell’epoca e i vocabolari non avevano sistemi precisi per indicare la pronuncia: il pinyin è stato inventato nella metà Novecento, sotto il governo comunista. Quindi, accanto a ogni ricostruzione, si mette un asterisco.
L'utilizzo del [[Lingua cinese media|cinese medio]] ({{Cinese|s=中古汉语|p=zhōng​gǔ​ Hàn​yǔ}}, “''Middle Chinese”'' nell'ambito degli studi di linguistica) si registra a partire dall'avvento della [[dinastia Sui]] (隋朝 581-618) e durante i secoli della [[dinastia Tang]] (唐朝 618-907) e della [[dinastia Song]] (宋朝 960-1279). Il cinese medio è una lingua dalla struttura più complessa rispetto a quella delle primissime opere della letteratura cinese. La sua pronuncia è interamente ricostruita sulla base di studi linguistici operati sulle fonti documentali a disposizione, dal momento che non esisteva all'epoca del suo utilizzo un sistema di trascrizione della pronuncia fonetica simile al moderno [[pinyin]].


Nell'ambito degli studi di linguistica si suddivide comunemente in due fasi: il primo cinese medio e il tardo cinese medio.
Due fonti preziose per ricostruire il primo cinese medio è il Qieyun 切韵, un rimario pubblicato nel 601 insieme alla sua correzione e espansione, il Guangyun 广韵, pubblicato tra 1007 e 1008. Queste due [[Tavola di rima|tavole di rima]] ci forniscono una varietà di cinese usata per declamare le poesie.


==== Storia e produzione ====
Mentre il cinese arcaico è problematico, nel cinese medio c’è una maggiore concordanza tra i linguisti, soprattutto nell’assetto consonantico. Il sistema consonantico è molto più complesso rispetto al putonghua: mentre in quest’ultimo non c’è chiara distinzione tra consonante sorda e sonora non aspirata, in cinese medio è presente. Quindi, dalle doppiette del cinese moderno /b/~/p/ e /pʰ/ piuttosto che /d/~/t/ e /tʰ/ si ricavano triplette in cinese medio, come */b/, */p/ e /pʰ/ piuttosto che */d/, */t/, */tʰ/. Distinzioni come queste restano solo nello shanghainese. Questa distinzione tra consonante sorda e sonora appare anche in doppiette come */s/ e */z/ piuttosto che */x/ e */ɣ/. Anche i suoni palatali e retroflessi, nati forse da dei cluster/gruppi consonantici a inizio sillaba, avevano questa suddivisione netta.
La dinastia Sui fu la prima a riunire i territori della Cina continentale sotto un'unico potere centrale a tre secoli dalla caduta della dinastia Han, avvenuta nell'anno 220. A essa seguirono la dinastia Tang e dopo un breve intervallo la dinastia Song, il cui dominio si concluse con l'avvento della dinastia mongola degli Yuan (元朝).


Le principali fonti documentali disponibili in cinese medio sono le principali opere letterarie prodotte sotto queste dinastie, in particolare le celebri poesie di epoca Tang ({{Cinese|t=唐诗}}) e Song ({{Cinese|t=宋诗}}). Si tratta di opere composte nello stile letterario colto ({{Cinese|t=文言|p=wén​yán}}) caratterizzato da una grammatica molto snella e parole perlopiù monosillabiche. Dal momento che queste poesie erano composte tenendo conto anche delle modulazioni tonali delle sillabe, la loro diffusione portò alla nascita dei cosiddetti rimari o dizionari di rima, importanti strumenti utilizzati per comporre o imparare correttamente la pronuncia delle sillabe per una corretta declamazione delle poesie più famose. A fianco di queste opere di natura colta comparvero negli stessi secoli anche le prime opere scritte nel registro della cosiddetta lingua vernacolare e dialettale che diverrà nota nei secoli successivi con il termine “baihuà” ({{Cinese|s=白话}}).
Come coda di sillaba, erano presenti gli stop consonantici senza rilascio di suono in zona bilabiale *-p (/p̚/), dentale *-t (/t̚/) e velare *-k (/k̚/). Questi stop restano in cantonese e si possono notare anche nei [[chữ nôm]] [[Lingua vietnamita|vietnamiti]], negli [[hanja]] [[Lingua coreana|coreani]] e adattati in alcuni [[kanji]] in [[Lingua giapponese|giapponese]]. In putonghua invece sono caduti. Sempre a fine sillaba, c’era una distinzione tra *-n e *-m, che oggi in putonghua convergono in -/n/ ma restano distinti in vietnamita e coreano. Infine, il suono -/ŋ/ poteva apparire a inizio sillaba, mentre oggi si conserva in cantonese e nei prestiti in vietnamita e in giapponese si preferisce adattare con una /g/-. Un discorso simile si può fare sulla consonante /ɲ/-, da cui deriva in suono R- /ʐ/ in putonghua e si trova adattata in /n/- in alcuni kanji e chu nom. Se si fa un ragionamento opposto, da queste lingue e dalle loro varietà arcaiche si può ricostruire il cinese medio e/o vedere le corrispondenze, nel momento in cui si prendono in esame i prestiti. Questi ultimi, siccome in queste precise lingue si scriveva con i caratteri importati dall’Impero Cinese, sono rintracciabili proprio dai sinogrammi. Questi ultimi, insieme alla lingua cinese, hanno avuto una enorme influenza su queste lingue. Per esempio, i sillabari [[katakana]] e [[hiragana]] del giapponese nascono da una stilizzazione di alcuni sinogrammi, come anche l'arricchimento dell'inventario fonetico giapponese (ex. il suono nasale a fine sillaba) e del suo vocabolario. Anche il vocabolario vietnamita e coreano sono pieni di prestiti cinesi.

Tutte le opere scritte in cinese medio non facevano uso della punteggiatura (che nel cinese compare soltanto in epoca moderna).

==== Documenti e altre fonti ====
Come per il cinese antico (''Old Chinese)'' anche la pronuncia del cinese medio è interamente ricostruita e non è attestata perché i rimari dell’epoca e i vocabolari non facevano uso di sistemi univoci per indicare la pronuncia (l'invenzione del [[pinyin]] risale infatti alla seconda metà del Novecento). Nelle tabelle di pronuncia un suono ricostruito si indica anteponendo un asterisco (*) alla pronuncia IPA.

Le principali fonti scritte a disposizione degli studiosi di linguistica per la ricostruzione della pronuncia del cinese medio sono i componimenti poetici e dizionari di rima (questi ultimi permettono di ricostruire le rime di migliaia di caratteri, ordinati in base al nucleo di sillaba). Le due fonti considerate più preziose per ricostruire il primo cinese medio sono il [[Qieyun]] ({{Cinese|t=切韵|p=Qiè​yùn}}), un rimario contentente 11'500 caratteri pubblicato nell'anno 601, e il [[Guangyun]] ({{Cinese|p=Guǎng​yùn|t=广韵}}), un secondo rimario redatto tra 1007 e 1008 con oltre 26'000 singole voci, considerato come una versione correttiva ed ampliata del precedente. Queste due [[Tavola di rima|tavole di rima]] forniscono importanti informazioni sulla varietà di cinese orale che veniva utilizzata per declamare le poesie.

Ulteriori informazioni sul cinese medio si possono ricavare dallo studio dei dialetti conservativi rispetto al cinese medio, come lo shanghainese (famiglia Wu 吴) e il cantonese (dialetto Yue 粤), e dall'analisi dei prestiti cinesi in altre lingue, termini che spesso sono riconducibili alla loro versione arcaica e ricostruita.

==== Ricostruzione della pronuncia ====
Nel caso del cinese medio c’è una generale concordanza tra i linguisti (specie se si confrontano gli studi sul cinese medio con gli studi sul cinese arcaico, che presenta diversi problemi più complessi), in particolare per quanto riguarda l’assetto consonantico. Il sistema consonantico è molto più complesso rispetto al [[mandarino standard]] (''putonghua''): mentre in quest’ultimo non c’è chiara distinzione tra consonante sorda e sonora non aspirata, in cinese medio essa è presente. A causa di ciò, dalle doppiette del cinese moderno ( /b/~/p/ e /pʰ/ piuttosto che /d/~/t/ e /tʰ/ ) si ricavano triplette in cinese medio (come */b/, */p/ e /pʰ/ piuttosto che */d/, */t/, */tʰ/ ). Distinzioni come queste rimangono a tutt'oggi solo nello shanghainese. Questa distinzione tra consonante sorda e sonora appare anche in doppiette come */s/ e */z/ piuttosto che */x/ e */ɣ/. Anche i suoni palatali e retroflessi, nati forse da dei cluster/gruppi consonantici a inizio sillaba, presentavano questa suddivisione netta.

Come coda di sillaba, erano presenti gli stop consonantici senza rilascio di suono in zona bilabiale *-p (/p̚/), dentale *-t (/t̚/) e velare *-k (/k̚/). Questi stop restano oggi nel cantonese e si possono notare anche nei [[chữ nôm]] [[Lingua vietnamita|vietnamiti]], negli [[hanja]] [[Lingua coreana|coreani]] e adattati in alcuni [[kanji]] in [[Lingua giapponese|giapponese]]. Nella pronuncia del mandarino standard sono invece caduti. Sempre a fine sillaba, c’era una distinzione tra *-n e *-m, che oggi in cinese standard convergono in -/n/ , mentre restano distinti in vietnamita e coreano. Infine, il suono -/ŋ/ poteva apparire a inizio sillaba, mentre oggi si conserva in cantonese e nei prestiti in vietnamita e in giapponese si preferisce adattare con una /g/-. Un discorso simile si può fare sulla consonante /ɲ/-, da cui deriva in suono R- /ʐ/ in putonghua e si trova adattata in /n/- in alcuni kanji e chu nom. Se si fa un ragionamento opposto, da queste lingue e dalle loro varietà arcaiche si può ricostruire il cinese medio e rintracciarne le corrispondenze, nel momento in cui si prendono in esame i prestiti. Questi ultimi, siccome in queste precise lingue si scriveva con i caratteri importati dall’Impero Cinese, sono rintracciabili proprio dai sinogrammi. Questi ultimi, insieme alla lingua cinese, hanno avuto una enorme influenza su queste lingue. Per esempio, i sillabari [[katakana]] e [[hiragana]] del giapponese nascono da una stilizzazione di alcuni sinogrammi, come anche l'arricchimento dell'inventario fonetico giapponese (ex. il suono nasale a fine sillaba) e del suo vocabolario. Anche il vocabolario vietnamita e coreano sono pieni di prestiti cinesi.


Riguardo al sistema vocalico, erano presenti anche dei nuclei di sillaba molto complessi e alcune differenze (per esempio, la vocale alta centrale /ɨ/ si utilizzava in contesti diversi rispetto agli odierni “ZHI, CHI, SHI, ZI, CI, SI, RI”, mentre /y/ e /ɤ/ non esistevano).
Riguardo al sistema vocalico, erano presenti anche dei nuclei di sillaba molto complessi e alcune differenze (per esempio, la vocale alta centrale /ɨ/ si utilizzava in contesti diversi rispetto agli odierni “ZHI, CHI, SHI, ZI, CI, SI, RI”, mentre /y/ e /ɤ/ non esistevano).


==== Sistema tonale ====
Il cinese medio aveva già sviluppato i toni e, per la precisione, aveva un tono piano, uno crescente e uno decrescente. Le sillabe che possiedono uno stop, le cui vocali venivano modulate brevemente, venivano definite come aventi il “tono entrante”. Il tono crescente, che in larga misura corrisponde al tono crescente del putonghua, deriva dalla caduta di uno stacco glottale/colpo di glottide a fine sillaba, mentre il quarto tono, anch’esso molto corrispondente all’attuale quarto tono, deriva da una caduta di *-s nei cluster/gruppi consonantici a fine sillaba. Mutazioni molto simili sono avvenute anche in vietnamita, che nella varietà media aveva già perso questi due suoni a fine sillaba. Tutte le sillabe che in cinese arcaico non avevano -/ʔ/, -s e uno stop senza rilascio di suono hanno sviluppato il tono piano. Chiaramente, andando per esclusione, quelle con gli stop senza rilascio sono andate nella categoria “tono entrante” finché gli stop non sono caduti in putonghua. Quello delineato finora è un quadro generico di come sono nati i toni nel cinese medio.
Il cinese medio aveva già sviluppato i toni e, per la precisione, aveva un tono piano, uno crescente e uno decrescente. Le sillabe che possiedono uno stop, le cui vocali venivano modulate brevemente, venivano definite come aventi il “tono entrante”. Il tono crescente, che in larga misura corrisponde al tono crescente del putonghua, deriva dalla caduta di uno stacco glottale/colpo di glottide a fine sillaba, mentre il quarto tono, anch’esso molto corrispondente all’attuale quarto tono, deriva da una caduta di *-s nei cluster/gruppi consonantici a fine sillaba. Mutazioni molto simili sono avvenute anche in vietnamita, che nella varietà media aveva già perso questi due suoni a fine sillaba. Tutte le sillabe che in cinese arcaico non avevano -/ʔ/, -s e uno stop senza rilascio di suono hanno sviluppato il tono piano. Chiaramente, andando per esclusione, quelle con gli stop senza rilascio sono andate nella categoria “tono entrante” finché gli stop non sono caduti in putonghua. Quello delineato finora è un quadro generico di come sono nati i toni nel cinese medio.


Il putonghua possiede quattro toni e il primo tono corrisponde a quello piano del cinese medio, mentre il quarto tono corrisponde a quello decrescente della varietà media. Entrambi grossomodo si sono conservati, mentre svariate sillabe che avevano il tono crescente in cinese medio si sono suddivise in secondo e terzo tono attuali, senza poi dimenticare che la categoria “tono entrante” è sparita con la caduta degli stop: tutte queste sillabe dovevano assumere un’intonazione.
Il putonghua possiede quattro toni e il primo tono corrisponde a quello piano del cinese medio, mentre il quarto tono corrisponde a quello decrescente della varietà media. Entrambi grossomodo si sono conservati, mentre svariate sillabe che avevano il tono crescente in cinese medio si sono suddivise in secondo e terzo tono attuali, senza poi dimenticare che la categoria “tono entrante” è sparita con la caduta degli stop: tutte queste sillabe dovevano assumere un’intonazione.


==== Sistemi di trascrizione ====
La trascrizione del cinese medio, scritto con i caratteri tradizionali, si effettua o con l’alfabeto fonetico internazionale IPA o con un sistema di trascrizione creato dal linguistica William Baxter, ideato da una semplificazione del sistema “Karlgren-Li”. Non utilizza diacritici ma si limita alle lettere dell’alfabeto latino base. La modulazione tonale viene segnalata con una “X” come apice o scritta in stampato accanto alla sillaba per indicare l’intonazione crescente e con una “H” per indicare quella decrescente. Se non è segnato nulla, è sottinteso un tono piano o la categoria “tono entrante” se è presente uno stop senza rilascio.
La trascrizione del cinese medio, scritto con i caratteri tradizionali, si effettua o con l’alfabeto fonetico internazionale IPA o con un sistema di trascrizione creato dal linguista William Baxter, ideato da una semplificazione del sistema “Karlgren-Li”. Non utilizza diacritici ma si limita alle lettere dell’alfabeto latino base. La modulazione tonale viene segnalata con una “X” come apice o scritta in stampato accanto alla sillaba per indicare l’intonazione crescente e con una “H” per indicare quella decrescente. Se non è segnato nulla, è sottinteso un tono piano o la categoria “tono entrante” se è presente uno stop senza rilascio.

In una larga fetta di lavori, la grammatica usata era quella letteraria, il cosiddetto “wenyan” (文言), che aveva una grammatica molto snella e parole perlopiù monosillabiche. Non aveva nessun segno di punteggiatura, introdotti nell’epoca moderna. In conclusione, le fonti del wenyan del cinese medio, più complesso rispetto alla varietà ancora più esile e snella delle primissime opere della letteratura cinese, sono le grandi opere prodotte sotto queste dinastie. In particolare, primeggiano le poesie Tang e Song (唐诗, 宋诗), che erano costruite tenendo conto anche delle modulazioni tonali delle sillabe, ragion per cui esistevano anche i rimari per comporre o imparare meglio la pronuncia per una corretta declamazione. Infine, durante il periodo del cinese medio si iniziò a scrivere opere in lingua vernacolare e dialettale, che poi verrà indicata come “baihuà” (白话).


=== Cinese mandarino ===
=== Cinese mandarino ===

Versione delle 23:53, 4 set 2018

Disambiguazione – Se stai cercando la lingua ufficiale della Repubblica Popolare Cinese, Taiwan e altri stati dell'Asia, vedi Mandarino standard.

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Cinese
Parlato in(maggioranze): Cina continentale e sud est asiatico;
(minoranze): Comunità cinesi nell'Asia occidentale, nelle Americhe, in Africa, Europa e nel Pacifico.
Locutori
Classifica1
Altre informazioni
TipoSVO tonale
Tassonomia
FilogenesiLingue sinotibetane
 lingue sinitiche
  Cinese
Codici di classificazione
ISO 639-1zh
ISO 639-2(B)chi, (T)zho
ISO 639-3zho (EN)
ISO 639-5zhx
Linguist Listchin (EN)
Glottologsini1245 (EN)
Estratto in lingua
人人生而自由,在尊严和权利上一律平等。他们赋有理性和良心,并应以兄弟关系的精神相对待。 (mandarino)
Traslitterazione
Rénrén shēng ér zìyóu, zài zūnyán hé quánlì shàng yīlǜ píngděng. Tāmen fùyǒu lǐxìng hé liángxīn, bìng yīng yǐ xiōngdì guānxì de jīngshén xiāng duìdài.

Distribuzione geografica del cinese

La lingua cinese (汉语 hànyǔ nella sua accezione più generica, da non confondere con 中文 zhōngwén e 普通话pǔtōnghuà nella sua accezione ufficiale e 文言 wényán nella versione letteraria arcaica) è una vasta e variegata famiglia linguistica composta da centinaia di varianti linguistiche distinte e spesso non mutuamente intelligibili (come ad esempio il dialetto di Pechino e il dialetto cantonese), facente parte della famiglia delle lingue sino-tibetane evolutesi a partire dal III secolo a.C. nell'area geografica grossomodo corrispondente alla Cina continentale.

L'impiego del termine "lingua cinese" per indicare la totalità di tutte le sue forme linguistiche, siano esse antiche, moderne, locali o standard è una consuetudine determinata da diversi fattori storici e culturali[1], ma dal punto di vista della linguistica comparativa, il cinese (sia antico che moderno) va considerato come un sistema complesso, in cui esistono centinaia di varianti locali mutuamente non intelligibili, che difficilmente si possono ritenere un'unica lingua[1].

Parlando del cinese sarebbe quindi più corretto parlare di una famiglia di lingue siniche o sinitiche le quali, prese insieme alla lingua bai, costituiscono una branca importante della più vasta famiglia delle lingue sinotibetane[2].

Ciascuna varietà locale del cinese è caratterizzata dal fatto di essere una lingua tonale, isolante, in cui vige l'ordine SVO, la cui evoluzione è stata influenzata e determinata in maniera importantissima dall'esistenza di un sistema di scrittura basato sui caratteri cinesi, che dopo il III secolo a.C. è divenuto lo standard scritto per tutti i parlanti nativi del cinese.

All'interno del cinese si possono individuare molti dei cosiddetti "gruppi dialettali": si tratta di famiglie di dialetti e varianti regionali, anch'essi non necessariamente mutuamente intelligibili, che presentano delle caratteristiche comuni in base alle quali si possono raccogliere in famiglie. A seconda delle classificazioni adottate, se ne possono distinguere da 7 a 15. Il più importante gruppo dialettale del cinese moderno è senza dubbio il mandarino: si stima che almeno il 70% di tutti i parlanti nativi del cinese utilizzino una parlata appartenente al gruppo del mandarino[3].

Il cinese è parlato da circa 1,4 miliardi di persone.

Le moderne parlate locali del cinese avrebbero origine nel periodo di affermazione delle dinastie Qin e Han, alla fine del III secolo a.C. (sebbene vi siano alcuni linguisti, tra cui Bernhard Karlgren, che hanno ipotizzato che la diversificazione dei vari dialetti sia avvenuta dopo l'VIII secolo d.C.)[2]. L'arco temporale coperto dalla loro evoluzione, il grado di differenziazione e il livello di complessità raggiunti da questa famiglia si possono paragonare a quelli delle lingue romanze in Europa[2].

Nel corso della storia della Cina sono esistiti dei tentativi di stabilire un qualche tipo di parlata comune, tra le quali va menzionato il guanhua (官话) o "lingua dei mandarini", una lingua franca adottata dai funzionari imperiali durante le dinastie Ming e Qing, basata sulla pronuncia dei dialetti del gruppo del mandarino.

Il cinese moderno possiede una pronuncia standard, comunemente nota come putonghua (普通话S), stabilita e ufficializzata agli inizi del XX secolo, che è lingua ufficiale della Repubblica Popolare Cinese, di Taiwan e di altri stati dell'area asiatica, ed è una delle sei lingue ufficiali dell'ONU.

La pronuncia del putonghua è basata sul dialetto locale della zona di Pechino, facente parte del gruppo dialettale del mandarino.

Lo standard ISO 639-3 identifica il cinese come un macrolinguaggio[4].

Distribuzione geografica

Il cinese inteso nelle sue molteplici varianti è una delle lingue più parlate al mondo, a partire dalla Cina (中华人民共和国S, lett. "Repubblica Popolare Cinese") e da Taiwan (台湾民国S), proseguendo poi con i diversi paesi del sud-est asiatico (ad esempio Singapore,Malaysia, Indonesia) e alle diverse nazioni del mondo in cui sono presenti significative comunità di origine cinese.

Storia

Ossa oracolari con iscrizioni in caratteri cinesi primitivi, risalenti alla dinastia Shang
Osso oracolare ritrovato ad Anyang, nello Henan, risalente al 1200 a.C.

Origini

Le più antiche testimonianze di una lingua cinese scritta sono le iscrizioni di carattere divinatorio incise su ossa oracolari 甲骨文 databili al tardo 1200 a.C., nel periodo che la storiografia cinese identifica tradizionalmente come l'ultima fase della dinastia Shang (商朝, XVI-XI secolo a.C.). Queste iscrizioni oracolari testimoniano come il ruolo della scrittura fosse all'epoca strettamente legato alle pratiche magiche e rituali. Questo carattere strettamente rituale dell'uso della scrittura si mantenne anche durante i secoli iniziali del I millennio a.C. che coincidono con l'avvento della dinastia Zhou (周朝, X-III secolo a.C.). A quest'epoca risalgono infatti moltissimi manufatti in bronzo (vasi, specchi, bracieri, contenitori per il vino, ecc.) recanti iscrizioni rituali, poemi, ed epitaffi. Questa situazione cambiò soltanto a partire dal IX-VIII secolo a.C., in concomitanza con il declino del potere degli Zhou e l'ascesa dei principati regionali[5]. Fu infatti in questo periodo che la scrittura cinese venne impiegata stabilmente al di fuori della sfera rituale: fu proprio presso le corti dei principi e signori regionali che gli scribi di corte iniziarono a redigere le prime genealogie e stendere i primi annali delle casate, gesto con cui i nobili affermarono simbolicamente la loro indipendenza dalla casata centrale.[6]

Il cinese classico

Come per il greco antico, anche per il cinese non siamo in possesso di informazioni dirette sulla pronuncia delle lingue parlate nelle epoche antiche. Informazioni sulla pronuncia e sulla fonologia delle parlate antiche si possono ricavare solo indirettamente tramite lo studio dei documenti scritti che sono stati trasmessi o rinvenuti nel corso dei secoli oppure tramite lo studio dei prestiti cinesi nelle versioni arcaiche delle altre lingue con il metodo comparativo. I testi oggetto di esame possono essere frammenti di testi o poemi, iscrizioni rituali, annali dinastici, testi religiosi, dizionari di rima, ecc. includendo anche i testi dei Classici cinesi tramandati fino ai giorni nostri.

La scrittura del cinese si è evoluta nel corso del I millennio a.C., stabilizzandosi progressivamente nel corso del V-III secolo a.C., l'epoca degli Stati Combattenti 战国, e venendo infine standardizzata alla fine del III secolo a.C., a seguito dell'unificazione dell'impero cinese a opera del primo imperatore Qin (秦朝, Dinastia Qin) nel 221 a.C. e con il successivo avvento della dinastia Han (汉朝) a partire dal 206 a.C.[7]

Manoscritto su listarelle di bambù dell'epoca del V-III secolo a.C.
Manoscritto su listarelle di bambù risalente al V-III secolo a.C.

Questa lingua scritta è il cinese classico (古文S o 文言S), il wenyan, la lingua letteraria in cui è redatta tutta la letteratura riconducibile al periodo degli Stati Combattenti e gran parte della letteratura prodotta in epoca Han (cioè fino al III secolo d.C.), oltre che lo standard per il cinese scritto formale in auge fino al XX secolo. Si tratta di un sistema di scrittura basato sulle lingue parlate in tarda epoca Zhou, ma che va da esse totalmente distinto.

Le lingue parlate

Gli studiosi contemporanei di lingua cinese individuano i seguenti momenti chiave nella storia del cinese:

  • il cinese antico o cinese arcaico (cinese: 上古汉语S) parlato durante i secoli X-III a.C; ipotetica lingua parlata durante la dinastia Zhou, quella in cui sarebbero stati originariamente composti i grandi testi classici dell'antichità cinese, corrispondente alla pronuncia letteraria del cinese classico stesso. I primi reperti linguistici, su cui si notano i primissimi sinogrammi ufficialmente riconosciuti come tali, sono datati intorno al 1250 a.C. e includono le ossa oracolari. Questo periodo linguistico termina con la fine degli Stati Combattenti e la nascita dell'impero cinese sotto la dinastia Qin nel 221a.C..
  • il cinese medio (中古汉语S), parlato intorno al VI-VII secolo d.C. (epoca della dinastia Sui, Tang e Song). Il cinese medio viene a sua volta suddiviso in primo cinese medio e tardo cinese medio per separare due diverse varietà della lingua. Per esempio, il tardo cinese medio differisce dal cinese medio in quanto possiede le consonanti sonore aspirate, come ad esempio /bʰ/, inesistenti nel primo cinese medio e perse nel cinese moderno. Viene parlato durante le dinastie Sui, Tang e Song. Quest'ultima viene definitivamente deposta dai mongoli nel 1279 e la capitale per la prima volta viene spostata a Pechino.

La pronuncia ipotetica del cinese medio è modellata sulle informazioni contenute nel dizionario di rima Qièyùn 切韵 del 601 d.C, che contiene informazioni sulla pronuncia di migliaia di caratteri[7], e su dizionari di rima dei secoli successivi. Per costruire un modello della pronuncia del cinese antico è invece necessario utilizzare metodi più indiretti, come l'analisi delle rime contenute nei testi antichi pervenuti fino a noi (lo Shijing 诗经 o lo Shujing 书经) oppure effettuando proiezioni "all'indietro" delle pronunce del cinese medio.[7]

Principali ricostruzioni del cinese parlato nell'antichità
Anni Nome cinese classificazione moderna classificazione di Bernhard Karlgren Periodi storici
~1250 a.C. - 221 a.C. 上古漢語T cinese antico

(Old Chinese)

cinese arcaico

(Archaic Chinese)

500/600 d.C. - 1279 d.C. 中古漢語T cinese medio

(Middle Chinese)

cinese antico

(Ancient Chinese)

Esistono svariati studi di linguistica storica che individuano altre forme di cinese legate a particolari periodi storici. Alcuni esempi:

  • Late Zhou Chinese (lett. "Cinese di tarda epoca Zhou"). Espressione riferita alla lingua dei testi dell'epoca dei regni combattenti[8].
  • Middle Han Chinese o Later Eastern Han Chinese (lett. Cinese di epoca media o tarda Han). Espressione riferita al cinese parlato tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.[7]
  • Common Dialectal Chinese. Ipotetico antenato comune dei moderni gruppi dialettali del cinese moderno, modellizzato a partire dal confronto tra le moderne varietà locali del cinese, con esclusione dei dialetti del gruppo Mĭn.[9]

Studi linguistici

I primi studi linguistici documentati sulle lingue parlate in Cina nei tempi antichi risalgono all'epoca della dinastia Ming. Un fondamentale contributo allo studio del cinese venne dal lavoro del sinologo Bernhard Karlgren, che nel 1957 propose per la prima volta un modello completo in cui ricostruiva il cinese arcaico e antico (a oggi noti rispettivamente come cinese antico e cinese medio). Un altro studio di capitale importanza è quello pubblicato da William Baxter nel 1992.

Bisogna tenere presente i seguenti concetti:

  • la lingua in cui sono stati redatti i documenti antichi sino a oggi pervenuti rappresenta con ogni probabilità uno standard letterario in uso durante l'epoca in cui questi stessi sono stati scritti, ma proprio per questo motivo queste forme letterarie vanno trattate come espressione di una koiné, e non come rappresentazioni di una parlata locale in una determinata regione[10].
  • Esistono documenti scritti fin dall'epoca Han (Yáng Xióng, 53 a.C. - 18 d.C.) che testimoniano l'esistenza di dialetti e parlate locali nettamente distinte dalla pronuncia "letteraria" dei caratteri cinesi[10].
  • Il raffronto con l'esistenza di varianti locali e dialetti nel cinese moderno permette di ipotizzare l'esistenza di parlate vernacolari e dialetti anche per l'epoca Zhou, durante la prima e seconda metà del I millennio a.C[10].
  • i documenti contenenti testi riferibili al I millennio a.C. provengono da luoghi e tempi molto lontani tra loro, perciò le informazioni da essi ricavabili difficilmente possono portare alla costruzione di un modello di una vera e propria "lingua"[9].

Cinese antico e parentesi sui caratteri e la scrittura

Lo stesso argomento in dettaglio: Cinese antico.

Viene chiamato cinese antico (in cinese 上古漢語, in inglese "Old Chinese") o cinese arcaico (in inglese Archaic Chinese, secondo la denominazione adottata dal sinologo Bernhard Karlgren) ed è la forma assunta dalla lingua parlata tra il XIII secolo a.C. e il III secolo d.C. I ritrovamenti che attestano le prime iscrizioni in cinese arcaico consistono in ossa oracolari (gusci di tartaruga e scapole di bue messe sul fuoco a crepare per fare divinazioni), vasi di bronzo, artefatti di giada, ceramiche, specchi di bronzo, pettini e bracieri. Su questi ultimi oggetti venivano inciso il nome del proprietario o brevi composizioni, mentre sui vasi di bronzo in più si incidevano anche degli importanti avvenimenti storici di cui si voleva tenere traccia. La natura cerimoniale, poetica e fortemente rituale di queste iscrizioni si traduce nell'utilizzo di un limitato repertorio di costrutti sintattici, tutti costruiti con parole monosillabiche e pochissime particelle. Per questo motivo, è particolarmente difficile ricostruire, a partire da queste iscrizioni, un profilo accurato della sintassi del cinese parlato all'inizio del I millennio a.C. Bisogna poi tenere in considerazione che i sinogrammi non offrono la pronuncia precisa, come per esempio la offre il pinyin o l'alfabeto IPA, moderni.

Il cinese antico è associato in maniera indissolubile ai classici cinesi come lo Shijing (诗经), lo Shūjīng (书经), lo Yìjing (易经), che videro la luce durante i violenti periodi delle Primavere e Autunni (春秋, 722 - 481a.C.) e degli Stati Combattenti (475 - 221): durante questi secoli di guerre tra feudi, scoppiate a seguito della caduta della dinastia Zhou (周朝), si assistette appunto alla nascita della letteratura e del pensiero classico cinese e l'elaborazione dei primi Classici scritti, compilati e riordinati probabilmente da Confucio, le cui massime di saggezza sono state messe per iscritto nel Lunyu (论语). Opere come il Mencio (孟子), il commentario di Zuo (左传), gli Annali delle primavere e degli autunni (春秋) divennero i modelli per il cinese letterario, ed è a questi testi che spesso si fa riferimento quando si parla di "cinese classico". Nello specifico la lingua in cui sono redatti i testi dell'epoca dei regni combattenti è nota in ambito specialistico come Late Zhou Chinese (cinese di tarda epoca Zhou)[8]. In realtà sono stati prodotti tanti altri testi importanti in lingua letteraria, per esempio il celebre Shiji (史记), le "Memorie di uno storico" di Sima Qian (司马迁), il primo storiografo cinese vissuto durante la dinastia Han. A questi si aggiungono molti trattati filosofici oltre a quelli confuciani e al Libro del Dao e della Virtù (Daodejing 道德经 attribuito a Laozi 老子), che sono i più noti. Due esempi sono il Mozi (磨子) e l'Han Feizi (韩非子), scritto da Han Feizi, vissuto sotto l'imperatore Qin.

Il cinese antico veniva scritto in caratteri inventati per fare le divinazioni ed erano molto più elaborati e complessi dei caratteri tradizionali, che hanno assunto la loro forma definitiva intorno al cinese medio. I primissimi sinogrammi derivano da immagini riprodotte, alla maniera dei geroglifici. Per esempio, quelli che oggi sono i radicali Kangxi sono quasi tutti dei pittogrammi, uniti a dei tratti base inseriti per errore nel dizionario Kangxi. Un esempio di pittogramma già attestato in Old Chinese è 雨, che raffigura le gocce di pioggia che scendono da una nuvola oggi squadrata. I caratteri si sono poi moltiplicati durante la dinastia Qin e Han, in cui era stato messo in piedi un complesso apparato burocratico imperiale che aveva bisogno anche della scrittura per funzionare. Pertanto sono nati i prestiti fonetici, in cui un carattere a causa della pronuncia identica muta significato senza modificarsi (ex. 來 "lai", oggi 来, indicava il grano, mentre successivamente ha iniziato a indicare il concetto di "venire, arrivare"), e i composti logici e fonetici, in cui c'è un componente a sinistra che indica l'ambito del concetto (pian) e uno a destra che rende o la pronuncia o il senso logico in combinazione col componente a sinistra (pang). In altre combinazioni, i caratteri erano l'uno sopra l'altro o incassati. I caratteri, durante la loro proliferazione, hanno assunto anche delle varianti regionali e delle semplificazioni. In totale, durante tutto il cinese medio sono state inventate alcune migliaia di caratteri.

Xu Shen (许慎), vissuto durante la dinastia Han, spiegò la composizione dei sinogrammi indicando queste categorie e ideò una lista di 540 radicali, i componenti minimi dei sinogrammi. La lista, durante il periodo Qing, verrà scalata a 214 da Mei Yingzuo e verrà riproposta nel dizionario Kangxi (康熙字典), che dà il nome a questi "mattoncini" dei caratteri, detti anche "bushou "(部首). Questi radicali, importanti per imparare i caratteri non a memoria e cercarli caratteri in un dizionario (uno dei primi lo scrisse proprio Xu Shen e si chiamava "Shuowen jiezi" 说文解字), corrispondono spesso al pian e sono usati anche per classificare i caratteri cinesi presi in prestiti nelle altre lingue tra la fine dell'Old Chinese e l'inizio del Middle Chinese.

Durante il periodo Han è stata inventata la stampa a impressione effettuata su strisce di seta. Infatti, nella Cina antica, si scriveva anche sulla seta e sui listelli di bambù legati insieme, come suggerisce il pittogramma 冊 (oggi 册). Nello Shuowen jiezi si può anche trovare il significato originale di 等, che indicava i listelli di bambù ordinati su cui scrivere (oggi significa "aspettare" e "eccetera") e ha il radicale del bambù (竹) in alto. La seta e i listelli di bambù si uniscono agli oggetti in bronzo e ossa dei secoli passati. I sinogrammi si potevano anche scolpire su pietra. Per scrivere, si utilizzava un pennino ottenuto da un ramoscello, rinforzato più avanti con un cappuccio in cuoio. In un secondo momento è poi stato inventato il pennello coi peli, che permettevano gli svolazzamenti calligrafici. L'inchiostro veniva ottenuto con una miscela di vischio e resine fuse col calore e unite alla fuliggine, ottenuta bruciando il legno. Il carattere stesso che indica l'inchiostro, 墨, è composto da 黒 (oggi 黑) e 土. Il primo carattere indica il colore nero ed è una canna fumaria stilizzata sopra un fuoco stilizzato con quattro puntini, mentre il secondo indica la terra o polvere. Oltre al colore dell'inchiostro, c'è un palese riferimento alla fuliggine. L'inchiostro liquido veniva poi colato in uno stampino decorato con incisioni, fatto raffreddare in un blocchetto ed eventualmente profumato per ridurre l'odore di inchiostro. Per scrivere, il mattoncino di inchiostro si bagnava con l'acqua e si strofinava su una pietra per scioglierlo. Aggiungendo più o meno acqua all'inchiostro, si potevano effettuare calligrafie a filo d'erba. La carta, ottenuta dalla pelle delle canne di bambù bollite, sarà inventata più avanti.

A livello fonetico, il cinese arcaico è oggetto di dibattito tra i linguisti, a differenza del cinese medio, su cui c'è molto più accordo. Tuttavia esiste un nucleo di suoni e caratteristiche su cui c'è consenso pressoché universale. Innanzitutto, non era una lingua tonale. Poteva avere cluster/gruppi vocalici piuttosto complessi come nucleo di sillaba, contrariamente al giapponese arcaico. Aveva la distinzione tra consonante sorda, sonora e sorda aspirata, che si conserva in cinese medio. Aveva inoltre i suoni nasali sordi, come */m̥/-, */n̥/-, */l̥/ e */ŋ̊/-, tali per cui si sente solo uno sbuffo d'aria. A fine sillaba poteva avere tre code nasali *-m *-n e *-ng oppure i tre stop consonantici senza rilascio di suono *-p, *-t e *-k. Infine, poteva anche avere un cluster/gruppo consonantico che terminava in *-s e lo stacco glottale/colpo di glottide sia a fine sillaba che in posizione iniziale. Non aveva consonanti palatali e retroflesse, originate molto probabilmente da cluster a inizio sillaba con /r/ vibrante al secondo membro. Il sistema vocalico, secondo gran parte delle ricostruzioni, aveva sei vocali: */a/, */e/, */i/, */o/, */u/; la sesta, in base alle ricostruzioni, varia da */ɨ/ a una vocale neutra /ə/ fino a */ɯ/. Molte altre caratteristiche sono tema di dibattito, come ad esempio la presenza di altri suoni oltre a quelli base su cui c'è consenso, la presenza di *-r a fine sillaba (come proposto da Baxter e Sagart nella loro ricostruzione del 2014) e la presenza di consonanti faringalizzate, accolte nella ricostruzione appena menzionata. Le consonanti faringalizzate, presenti anche in lingue semitiche come l'arabo e l'ebraico antico, si pronunciano tenendo gli organi fonatori già in posizione di faringalizzazione, che restringe il flusso d'aria rendendo il suono soffocato, cupo e strozzato. Per la precisione, bisogna avvicinare la radice della lingua alla parete della faringe. Si pensi, ad esempio, alla distinzione in arabo tra /d/ e /dˁ/. Peraltro l'arabo viene chiamato "la Lingua della Dˁaad" perché è l'unica lingua al mondo a contenere questo suono, a meno che non si dimostri che la ricostruzione del cinese arcaico di Baxter-Sagart è corretta, siccome avrebbe anche lei questo suono.

Cinese medio

Lo stesso argomento in dettaglio: Cinese medio.

L'utilizzo del cinese medio (中古汉语S, zhōng​gǔ​ Hàn​yǔP, “Middle Chinese” nell'ambito degli studi di linguistica) si registra a partire dall'avvento della dinastia Sui (隋朝 581-618) e durante i secoli della dinastia Tang (唐朝 618-907) e della dinastia Song (宋朝 960-1279). Il cinese medio è una lingua dalla struttura più complessa rispetto a quella delle primissime opere della letteratura cinese. La sua pronuncia è interamente ricostruita sulla base di studi linguistici operati sulle fonti documentali a disposizione, dal momento che non esisteva all'epoca del suo utilizzo un sistema di trascrizione della pronuncia fonetica simile al moderno pinyin.

Nell'ambito degli studi di linguistica si suddivide comunemente in due fasi: il primo cinese medio e il tardo cinese medio.

Storia e produzione

La dinastia Sui fu la prima a riunire i territori della Cina continentale sotto un'unico potere centrale a tre secoli dalla caduta della dinastia Han, avvenuta nell'anno 220. A essa seguirono la dinastia Tang e dopo un breve intervallo la dinastia Song, il cui dominio si concluse con l'avvento della dinastia mongola degli Yuan (元朝).

Le principali fonti documentali disponibili in cinese medio sono le principali opere letterarie prodotte sotto queste dinastie, in particolare le celebri poesie di epoca Tang (唐诗T) e Song (宋诗T). Si tratta di opere composte nello stile letterario colto (文言T, wén​yánP) caratterizzato da una grammatica molto snella e parole perlopiù monosillabiche. Dal momento che queste poesie erano composte tenendo conto anche delle modulazioni tonali delle sillabe, la loro diffusione portò alla nascita dei cosiddetti rimari o dizionari di rima, importanti strumenti utilizzati per comporre o imparare correttamente la pronuncia delle sillabe per una corretta declamazione delle poesie più famose. A fianco di queste opere di natura colta comparvero negli stessi secoli anche le prime opere scritte nel registro della cosiddetta lingua vernacolare e dialettale che diverrà nota nei secoli successivi con il termine “baihuà” (白话S).

Tutte le opere scritte in cinese medio non facevano uso della punteggiatura (che nel cinese compare soltanto in epoca moderna).

Documenti e altre fonti

Come per il cinese antico (Old Chinese) anche la pronuncia del cinese medio è interamente ricostruita e non è attestata perché i rimari dell’epoca e i vocabolari non facevano uso di sistemi univoci per indicare la pronuncia (l'invenzione del pinyin risale infatti alla seconda metà del Novecento). Nelle tabelle di pronuncia un suono ricostruito si indica anteponendo un asterisco (*) alla pronuncia IPA.

Le principali fonti scritte a disposizione degli studiosi di linguistica per la ricostruzione della pronuncia del cinese medio sono i componimenti poetici e dizionari di rima (questi ultimi permettono di ricostruire le rime di migliaia di caratteri, ordinati in base al nucleo di sillaba). Le due fonti considerate più preziose per ricostruire il primo cinese medio sono il Qieyun (切韵T, Qiè​yùnP), un rimario contentente 11'500 caratteri pubblicato nell'anno 601, e il Guangyun (广韵T, Guǎng​yùnP), un secondo rimario redatto tra 1007 e 1008 con oltre 26'000 singole voci, considerato come una versione correttiva ed ampliata del precedente. Queste due tavole di rima forniscono importanti informazioni sulla varietà di cinese orale che veniva utilizzata per declamare le poesie.

Ulteriori informazioni sul cinese medio si possono ricavare dallo studio dei dialetti conservativi rispetto al cinese medio, come lo shanghainese (famiglia Wu 吴) e il cantonese (dialetto Yue 粤), e dall'analisi dei prestiti cinesi in altre lingue, termini che spesso sono riconducibili alla loro versione arcaica e ricostruita.

Ricostruzione della pronuncia

Nel caso del cinese medio c’è una generale concordanza tra i linguisti (specie se si confrontano gli studi sul cinese medio con gli studi sul cinese arcaico, che presenta diversi problemi più complessi), in particolare per quanto riguarda l’assetto consonantico. Il sistema consonantico è molto più complesso rispetto al mandarino standard (putonghua): mentre in quest’ultimo non c’è chiara distinzione tra consonante sorda e sonora non aspirata, in cinese medio essa è presente. A causa di ciò, dalle doppiette del cinese moderno ( /b/~/p/ e /pʰ/ piuttosto che /d/~/t/ e /tʰ/ ) si ricavano triplette in cinese medio (come */b/, */p/ e /pʰ/ piuttosto che */d/, */t/, */tʰ/ ). Distinzioni come queste rimangono a tutt'oggi solo nello shanghainese. Questa distinzione tra consonante sorda e sonora appare anche in doppiette come */s/ e */z/ piuttosto che */x/ e */ɣ/. Anche i suoni palatali e retroflessi, nati forse da dei cluster/gruppi consonantici a inizio sillaba, presentavano questa suddivisione netta.

Come coda di sillaba, erano presenti gli stop consonantici senza rilascio di suono in zona bilabiale *-p (/p̚/), dentale *-t (/t̚/) e velare *-k (/k̚/). Questi stop restano oggi nel cantonese e si possono notare anche nei chữ nôm vietnamiti, negli hanja coreani e adattati in alcuni kanji in giapponese. Nella pronuncia del mandarino standard sono invece caduti. Sempre a fine sillaba, c’era una distinzione tra *-n e *-m, che oggi in cinese standard convergono in -/n/ , mentre restano distinti in vietnamita e coreano. Infine, il suono -/ŋ/ poteva apparire a inizio sillaba, mentre oggi si conserva in cantonese e nei prestiti in vietnamita e in giapponese si preferisce adattare con una /g/-. Un discorso simile si può fare sulla consonante /ɲ/-, da cui deriva in suono R- /ʐ/ in putonghua e si trova adattata in /n/- in alcuni kanji e chu nom. Se si fa un ragionamento opposto, da queste lingue e dalle loro varietà arcaiche si può ricostruire il cinese medio e rintracciarne le corrispondenze, nel momento in cui si prendono in esame i prestiti. Questi ultimi, siccome in queste precise lingue si scriveva con i caratteri importati dall’Impero Cinese, sono rintracciabili proprio dai sinogrammi. Questi ultimi, insieme alla lingua cinese, hanno avuto una enorme influenza su queste lingue. Per esempio, i sillabari katakana e hiragana del giapponese nascono da una stilizzazione di alcuni sinogrammi, come anche l'arricchimento dell'inventario fonetico giapponese (ex. il suono nasale a fine sillaba) e del suo vocabolario. Anche il vocabolario vietnamita e coreano sono pieni di prestiti cinesi.

Riguardo al sistema vocalico, erano presenti anche dei nuclei di sillaba molto complessi e alcune differenze (per esempio, la vocale alta centrale /ɨ/ si utilizzava in contesti diversi rispetto agli odierni “ZHI, CHI, SHI, ZI, CI, SI, RI”, mentre /y/ e /ɤ/ non esistevano).

Sistema tonale

Il cinese medio aveva già sviluppato i toni e, per la precisione, aveva un tono piano, uno crescente e uno decrescente. Le sillabe che possiedono uno stop, le cui vocali venivano modulate brevemente, venivano definite come aventi il “tono entrante”. Il tono crescente, che in larga misura corrisponde al tono crescente del putonghua, deriva dalla caduta di uno stacco glottale/colpo di glottide a fine sillaba, mentre il quarto tono, anch’esso molto corrispondente all’attuale quarto tono, deriva da una caduta di *-s nei cluster/gruppi consonantici a fine sillaba. Mutazioni molto simili sono avvenute anche in vietnamita, che nella varietà media aveva già perso questi due suoni a fine sillaba. Tutte le sillabe che in cinese arcaico non avevano -/ʔ/, -s e uno stop senza rilascio di suono hanno sviluppato il tono piano. Chiaramente, andando per esclusione, quelle con gli stop senza rilascio sono andate nella categoria “tono entrante” finché gli stop non sono caduti in putonghua. Quello delineato finora è un quadro generico di come sono nati i toni nel cinese medio.

Il putonghua possiede quattro toni e il primo tono corrisponde a quello piano del cinese medio, mentre il quarto tono corrisponde a quello decrescente della varietà media. Entrambi grossomodo si sono conservati, mentre svariate sillabe che avevano il tono crescente in cinese medio si sono suddivise in secondo e terzo tono attuali, senza poi dimenticare che la categoria “tono entrante” è sparita con la caduta degli stop: tutte queste sillabe dovevano assumere un’intonazione.

Sistemi di trascrizione

La trascrizione del cinese medio, scritto con i caratteri tradizionali, si effettua o con l’alfabeto fonetico internazionale IPA o con un sistema di trascrizione creato dal linguista William Baxter, ideato da una semplificazione del sistema “Karlgren-Li”. Non utilizza diacritici ma si limita alle lettere dell’alfabeto latino base. La modulazione tonale viene segnalata con una “X” come apice o scritta in stampato accanto alla sillaba per indicare l’intonazione crescente e con una “H” per indicare quella decrescente. Se non è segnato nulla, è sottinteso un tono piano o la categoria “tono entrante” se è presente uno stop senza rilascio.

Cinese mandarino

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua mandarina e Guanhua.

Molti cinesi che vivono nel nord della Cina, nel Sichuan (四川) e in un vasto arco dal nord-est (Manciuria) al sud-ovest (Yunnan 云南), usano vari dialetti del mandarino come loro lingua (vedere le tre regioni colorate gialle e marroni nella cartina laterale). La prevalenza del mandarino nella Cina del nord è in gran parte il risultato della geografia, vale a dire le pianure della Cina settentrionale che hanno favorito un'ampia diffusione della lingua. Al contrario, le montagne ed i fiumi della Cina del sud hanno promosso la diversità linguistica. La presenza del mandarino nel Sichuan è invece in gran parte dovuta ad un'epidemia di peste del XII secolo. Questa epidemia, che può essere collegata con la morte nera, spopolò la zona, portando a stanziamenti successivi nella Cina del nord.

Cinese moderno

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua cinese standard.

A partire dal XX secolo, con il termine "lingua cinese", in cinese Zhongwen (中文S, zhōngwénP, lett. "lingua cinese scritta") o Hanyu (漢語T, 汉语S, hànyǔP, lett. "lingua cinese parlata"), ci si riferisce semplicemente al cosiddetto mandarino standard o putonghua, (普通话S, pǔtōnghuàP), la lingua ufficiale adottata nella Repubblica popolare cinese e a Taiwan, riconosciuta ufficialmente in Malaysia e a Singapore.

Fino alla metà del XX secolo, la maggior parte dei cinesi residenti nella Cina del sud non avevano mai parlato mandarino ed usavano solo la loro varietà nativa locale di cinese. Essendo Nanchino (南京) la capitale dell'Impero durante la prima Dinastia Ming (明朝), il mandarino di Nanchino divenne dominante almeno fino agli ultimi anni dell'Impero Qing (清朝), che rese il manciù la lingua ufficiale. Dal XVII secolo, l'Impero aveva fondato accademie di ortoepia (正音書院/正音书院 zhèngyīn shūyuàn) nel tentativo di conformare la pronuncia al modello di Pechino (Pechino/Beijing 北京 era capitale dei Qing), ma questi tentativi ebbero poco successo. Il mandarino di Nanchino, infine, venne sostituito nella corte imperiale con il mandarino di Pechino durante gli ultimi 50 anni della dinastia Qing, verso la fine del XIX secolo. Per la popolazione in generale, anche se le varietà del mandarino erano già ampiamente parlate in Cina, non c'era però uno standard di questa lingua. I non Mandarini della Cina del sud, inoltre, continuavano a parlare i loro dialetti regionali in ogni aspetto della vita quotidiana. Il nuovo modello di mandarino della corte di Pechino era usato solo dai funzionari e dagli impiegati dello Stato ed aveva quindi una diffusione piuttosto limitata.

Questa situazione cambiò a partire dalla metà del XX secolo con la creazione (sia nella Repubblica Popolare Cinese che nella Repubblica di Cina, ma non ad Hong Kong 香港) di un sistema educativo obbligatorio che prevedeva l'insegnamento del mandarino standard. Di conseguenza, il mandarino ora è parlato fluentemente dalla maggior parte dei cittadini giovani e di mezza età nella Cina continentale e a Taiwan (台湾), in cui viene chiamato "Guoyu" (国语). Le differenze tra il mandarino della Cina continentale e Taiwan sono minime, mentre una differenza più grossa si nota nella scrittura in quanto a Taiwan si usano ancora i caratteri tradizionali invece di quelli semplificati nella metà Novecento. A Hong Kong, durante il periodo coloniale britannico si parlava il cantonese standard (广东话), che rimane la lingua ufficiale dell'istruzione, dei discorsi formali e della vita quotidiana, ma dopo il passaggio alla Cina del 1997 il mandarino sta diventando sempre più influente; tuttavia anche qui si usano ancora i caratteri tradizionali. Un simile discorso si può fare anche per Macao, in cui si parla la varietà locale di cantonese.

Classificazione

Lingua o famiglia di lingue?

Il cinese parlato contiene molte varianti regionali spesso non mutuamente comprensibili. In Occidente, molta gente è a conoscenza del fatto che le lingue romanze derivano dal latino e ciò offre aspetti comuni da un lato mentre sono reciprocamente incomprese dall'altro. Lo sviluppo linguistico del cinese è simile, mentre il contesto sociopolitico è stato abbastanza differente. In Europa, la frammentazione politica ha generato stati indipendenti di dimensioni approssimativamente simili a quelle delle province cinesi: ciò ha provocato un desiderio politico di generare modelli culturali e letterari separati fra le nazioni e di standardizzare la lingua all'interno di ogni nazione. In Cina, un campione culturale e letterario unico (il cinese classico e, successivamente, il cinese vernacolare) ha continuato ad esistere mentre, allo stesso tempo, la lingua parlata fra le città e le province ha continuato a divergere, un po' come in Europa, come risultato delle dimensioni del paese, della mancanza di comunicazioni, delle montagne e della geografia.

Ad esempio, la Cina del sud, montagnosa, mostra una diversità linguistica più accentuata della Cina pianeggiante del nord. C'è persino un detto in cinese: "le barche nel sud e i cavalli nel nord" (南船北馬 pinyin: nánchuán-běimǎ). Le pianure della Cina del nord permettono di essere attraversate con facilità usando un cavallo, ma la vegetazione densa e le montagne ed i fiumi numerosi del sud impediscono lunghi viaggi. Nella Cina meridionale, il mezzo di trasporto più efficiente era la barca. Per esempio, Wuzhou è una città sita a circa 120 miglia a nord da Canton, capitale del Guangdong della provincia nel sud. D'altra parte, Taishan è soltanto 60 miglia a sud-ovest di Canton, ma parecchi fiumi devono essere attraversati per arrivarci. A causa di questo, il dialetto parlato a Taishan, rispetto al dialetto parlato a Wuzhou, è molto diverso dal cantonese standard parlato nei dintorni di Canton (Ramsey, 1987).

Questa diversità delle forme parlate e la comunanza della forma scritta ha generato un contesto linguistico che è molto differente da quello europeo. In Europa, la lingua di ogni nazione è stata standardizzata solitamente per essere simile a quella della capitale, rendendo facile, per esempio, classificare una lingua come francese o spagnola. Ciò ha avuto l'effetto di accentuare le differenze linguistiche lungo le divisioni amministrative degli stati. Inoltre, la lingua scritta viene modellata su quella della capitale e l'uso del dialetto locale o di forme ibride viene percepito come socialmente inferiore quando non completamente errato. In Cina, questa normalizzazione non è accaduta. Più simile alla situazione della Cina è quella dell'India. Benché l'India non sia stata storicamente unificata come la Cina, molte delle lingue multiple, parlate da molto tempo, sono state unificate in vari stati e molte standardizzate solo da qualche decennio. Il sanscrito ha svolto un ruolo di lingua scritta comune per secoli. In India, tuttavia, la classificazione delle lingue discendenti del sanscrito come lingue separate non è in discussione: 18 sono le lingue ufficiali.

Pochi linguisti sostengono seriamente che cantonese e mandarino siano la stessa lingua nel senso letterale del termine, ma per la percezione popolare di una lingua o di un dialetto, le considerazioni linguistiche spesso non sono importanti tanto quanto quelle culturali o nazionalistiche. Nel descrivere la loro lingua, i cinesi considerano il cinese come una singola lingua, in parte a causa della lingua scritta comune. Per descrivere i dialetti, la gente cinese usa tipicamente l'espressione "il dialetto del posto", per esempio "dialetto di Pechino" (北京話/北京话) per la parlata di Pechino o "dialetto di Shanghai" (上海話/上海话) per la parlata di Shanghai. Spesso non c'è neppure alcuna consapevolezza fra la gente che questi vari "dialetti" sono categorizzati in "lingue" basate su chiarezza reciproca, comunque nelle zone di grande diversità (quale il sud-est) si pensa ai dialetti come raggruppati nelle categorie wu e hakka. Così, anche se in molte zone della Cina del nord le lingue sono abbastanza omogenee, nelle zone della Cina del sud, le città importanti possono avere dialetti che sono soltanto marginalmente comprensibili persino ai più vicini. Ciononostante, c'è la tendenza a considerare tutti questi idiomi come variazioni di un'unica lingua cinese.

Nel concetto di lingua cinese in sé, le divisioni fra i differenti "dialetti" sono principalmente geografiche piuttosto che basate sulla distanza linguistica. Per esempio, il dialetto del Sichuan è considerato tanto distinto dal dialetto di Pechino quanto il cantonese, malgrado il fatto che linguisticamente sia il dialetto di Sichuan che il dialetto di Pechino siano entrambi dialetti del mandarino per i linguisti ma non per i cantonesi. A causa di questa percezione di unicità della lingua cinese da parte della maggioranza di coloro che la parlano, alcuni linguisti rispettano questa terminologia ed usano la parola "lingua" per il cinese e "dialetto" per il cantonese, ma i più seguono il requisito di chiarezza e considerano il cinese essere un gruppo di lingue, poiché queste lingue appaiono reciprocamente incomprensibili e mostrano una variazione paragonabile alle lingue romanze. Poiché molte zone sono rimaste a lungo linguisticamente distinte, non è sempre chiaro se il parlato di una regione particolare della Cina dovrebbe essere considerato di diritto una lingua o un dialetto di un'altra lingua e molte delle lingue non hanno confini precisi fra loro. Il loro numero varia fra sette e diciassette secondo quanto è rigoroso il criterio di chiarezza.

La distinzione fra una singola lingua e una famiglia di lingue ha tratti politici importanti, se non decisivi. Per qualcuno, descrivere il cinese come un insieme di lingue differenti implica che la Cina dovrebbe realmente essere considerata un insieme di nazioni e sfida la nozione dell'unica etnia cinese Han. Qualche cinese trova scomoda l'idea che il cinese non sia una sola lingua, poiché questa percezione potrebbe alimentare secessionismi. I sostenitori dell'indipendenza taiwanese si sono fatti promotori di una formazione con lingua hakka. Per altri descrivere il cinese come lingua multipla porta alla nozione che singola lingua cinese e implicitamente un solo Stato cinese è antica, oppressiva, artificiale e fuor di realtà. Tuttavia, i collegamenti fra origine etnica, politica e lingua possono essere complessi. Per esempio, molti Wu, Min, Hakka e Cantonesi considerano le loro lingue come lingue parlate separate e la etnia cinese di Han come una singola entità, senza considerare queste due posizioni come contraddittorie; invece considerano la etnia di Han come un'entità caratterizzata da un'enorme diversità interna. Inoltre, il governo della Repubblica popolare cinese dichiara ufficialmente che la Cina è una nazione multietnica e che il termine stesso "cinese" si riferisce ad un più vasto concetto chiamato Zhonghua minzu comprendente gruppi che non parlano affatto cinese, come Tibetani, Uiguri e Mongoli (quelli che parlano cinese e sono considerati "cinesi" dal punto di vista dello straniero sono denominati "cinesi Han", concetto inteso in senso etnico e culturale, non politico). Similmente, in Taiwan si possono trovare i sostenitori dell'unificazione cinese, interessati a promuovere la lingua locale, ed i sostenitori dell'indipendenza di Taiwan che hanno poco interesse per l'argomento. E, in analogia con l'idea cinese del Zhonghua minzu, l'identità taiwanese incorpora aborigeni di Taiwan, per niente considerati cinesi Han perché parlano lingue austronesiane, perché migrati prima dei Cinesi Han a Taiwan e perché geneticamente e culturalmente collegati agli Austronesiani della Polinesia.

Varietà e gruppi dialettali

Le varietà di lingue nella Cina orientale

Le sette varietà linguistiche principali del cinese sono:

  • cinese mandarino (al giorno d'oggi sinonimo di "lingua cinese");
  • wu 吳 (include lo shanghainese);
  • xiang 湘;
  • gan 贛;
  • hakka 客家;
  • cantonese standard 粵 (o yue);
  • min 閩 (che alcuni linguisti dividono ulteriormente in 5-7 suddivisioni, tutte reciprocamente incomprensibili).

I linguisti che distinguono dieci anziché sette gruppi importanti separano anche il jin dal mandarino, il pinghua dal cantonese e lo hui dal wu. Ci sono inoltre molti gruppi più piccoli che ancora non sono classificati, come: il dialetto di Danzhou, parlato a Danzhou, sull'isola di Hainan; lo xianghua 乡话 (da non confondere con lo xiang 湘, parlato a occidente nello Hunan); e lo shaozhou tuhua, parlato a nord nel Guangdong.

Il mandarino standard è basato sul dialetto di Pechino (北京话), ovvero il mandarino come è parlato a Pechino, e il governo cerca di imporlo a tutta la nazione come linguaggio nella comunicazione. Quindi è usato dal governo, dai mezzi di comunicazione e nell'istruzione nelle scuole, pur non essendo in molte aree la lingua comunemente parlata dalla gente.

C'è polemica intorno alla terminologia usata per descrivere le suddivisioni del cinese, tra chi preferisce denominare il cinese una lingua e le relative suddivisioni dialetti (方言), ed altri che preferiscono denominare il cinese una famiglia linguistica e le relative suddivisioni idiomi. Ciò anima più di un dibattito. D'altra parte, anche se il dungano è collegato strettamente al mandarino, sono in molti a non considerarlo "cinese", perché è scritto in cirillico ed è parlato dal popolo dungano al di fuori dalla Cina, che non è ritenuto di etnia cinese.

È comune per chi parla cinese poter parlare parecchie varietà della lingua. Tipicamente, nella Cina meridionale, una persona potrà parlare col funzionario il mandarino standard, in altri contesti il dialetto locale ed occasionalmente un altro dialetto regionale, come il cantonese. Tali poliglotti alternano frequentemente il mandarino standard con il dialetto locale, secondo la situazione, cosicché il bilinguismo è un tratto molto comune sia nella Cina continentale che a Taiwan. A volte, i vari dialetti sono mescolati ad altri, secondo l'influenza geografica. Una persona che vive a Taiwan, per esempio, mescolerà comunemente le pronunce, le frasi e le parole del mandarino standard e del taiwanese, una mescolanza che è considerata socialmente appropriata in molte circostanze.

Fonologia

I quattro toni del cinese

Tutte le varietà del cinese sono lingue tonali, dove l'altezza (e le variazioni) del tono di voce con cui si pronuncia una sillaba comportano sostanziali modifiche di significato.
Il cinese standard distingue quattro diversi toni (声调): piano (一声), ascendente (二声), discendente-ascendente (三声) e discendente (四声), ma ha cinque se si conta anche il tono neutro 轻声. Ad esempio, questa è la sillaba ma pronunciata con quattro diversi toni. Nella tabella sono indicate alcune delle possibili trascrizioni corrispondenti al suono pronunciato:

Esempio di toni del cinese (sillaba ma)
Carattere Pronuncia (Pinyin) Tono Significato
/ 1º piano madre
2° ascendente canapa
/ 3º discendente-ascendente cavallo
/ 4º discendente cavalletta
/ ma (5°) neutro particella interrogativa

Il numero (e il tipo) di toni può cambiare al variare della varietà o del dialetto locale considerato: in alcune parlate diffuse nella Cina del sud si arriva anche a 6 o 7 toni diversi.

Sistema di scrittura

Lingua cinese (scritta), in caratteri cinesi

Il rapporto fra le lingue parlate e scritte cinesi è complesso. Questa complessità è dovuta al fatto che le numerose varietà del cinese parlato hanno attraversato secoli di sviluppo almeno a partire dalla Dinastia Han. Tuttavia lo scritto è cambiato molto meno. Fino al XX secolo, la maggior parte della scrittura cinese convenzionale è stata fatta in wényán (文言), tradotto come "cinese classico" o "cinese letterario", molto differente dalle varietà parlate di cinese, un po' come il latino classico lo è dalle moderne lingue romanze. Dal movimento del 4 maggio 1919, il modello convenzionale per il cinese scritto è stato cambiato in báihuà (白話/白话), o cinese vernacolare, non completamente identico alla grammatica ed al vocabolario del mandarino parlato moderno, anche se basato principalmente su di esso. Il termine "cinese scritto standard" si riferisce ora al cinese vernacolare.

I caratteri cinesi sono intesi come morfemi che sono indipendenti dal cambiamento fonetico. Quindi, anche se "uno" è in mandarino, yat in cantonese e tsit in hokkien, questi termini derivano tutti da una parola cinese antica comune e condividono un carattere identico. Tuttavia, le ortografie dei dialetti cinesi non sono identiche. I vocabolari usati nei vari dialetti divergono. In più, mentre il vocabolario letterario è condiviso fra tutti i dialetti (almeno nell'ortografia; le letture sono differenti), i lessici quotidiani sono spesso differenti. Il cinese colloquiale scritto coinvolge solitamente l'uso di caratteri dialettali che non possono essere capiti in altri dialetti o caratteri che sono considerati arcaici in báihuà.

Il cantonese è l'unico fra i linguaggi regionali non mandarini ad avere un modello colloquiale scritto ampiamente usato. In opposizione, le altre lingue regionali non hanno queste forme alternative così diffuse. Il cantonese colloquiale scritto è diventato abbastanza popolare nelle chat rooms e nelle instant messaging. I Cantonesi, comunque, useranno il cinese scritto standard nella maggior parte delle comunicazioni scritte convenzionali.

I caratteri cinesi

Vari stili di calligrafia cinese
Lo stesso argomento in dettaglio: Carattere cinese.

La lingua scritta cinese impiega caratteri cinesi (漢字/汉字; pinyin: hànzì), basati su logogrammi, dove ogni simbolo rappresenta un morfema (un'unità espressiva della lingua). Inizialmente, i caratteri erano immagini dei loro significati, ma col tempo divennero stilizzazioni e misure sempre più complicate furono adottate per esprimere i concetti più astratti. Oggi, la maggior parte dei caratteri contiene un elemento (il fonetico) che dà (o dava una volta) un'indicazione ragionevolmente buona della pronuncia e un altro componente (il radicale) che dà un'indicazione del significato. La somiglianza pittorica con gli oggetti è stata persa con la stilizzazione. Molti stili di scrittura calligrafica cinese si sono sviluppati durante i secoli, come 篆書 zhuànshū, "stile dei sigilli", 草書 cǎoshū, "stile corsivo", 隸書 lìshū, "stile amministrativo (o dei cancellieri)", e 楷書 kǎishū, "stile esemplare".

In Giappone e Corea, i caratteri degli Han sono stati adottati ed integrati nelle lingue e sono diventati, rispettivamente, kanji e hanja. Il Giappone ancora usa il kanji come parte integrante del proprio sistema di scrittura; invece l'uso in Corea degli hanja è diminuito (fino alla totale scomparsa in Corea del nord). Ci sono attualmente due modelli per lo stampato in cinese. Uno è il sistema tradizionale, usato a Taiwan. In Cina continentale e a Singapore è usato il sistema semplificato (sviluppato dal governo della RPC negli anni cinquanta), che usa appunto forme semplificate per molti dei caratteri più complessi. Hong Kong e Macao usano principalmente il sistema tradizionale, ma per alcuni caratteri hanno adottato la forma semplificata. La maggior parte delle versioni semplificate sono state derivate, benché in modo talvolta oscuro, da semplificazioni stabilite. A Taiwan, si usano molte semplificazioni quando i caratteri sono scritti a mano, ma nella stampa i caratteri tradizionali sono la norma. In più, molti Cinesi usano alcune semplificazioni personali.

La scrittura: tipi di caratteri e radicali Kangxi

Il cinese è una delle poche lingue al mondo ad avere una scrittura basata prevalentemente su caratteri. Questi caratteri in cinese sono detti hànzì 汉字 (tradizionale: 漢字, semplificato: 汉字), e sono utilizzati in quello che attualmente viene chiamato "mandarino standard". Durante la seconda metà del secolo scorso si è affermato l'utilizzo di una trascrizione fonetica in caratteri latini: il pinyin. Questo metodo fa sì che ogni sillaba nel parlato (alla quale corrisponde un carattere nello scritto) rechi un segno grafico (simile ad un accento) che ne definisce il tono. Ad es. la parola "Cina" in cinese semplificato è composta di due caratteri, 中国, nello scritto, e di due sillabe, Zhōngguó, nel parlato, ciascuna recante un tono. Gli ideogrammi rappresentano i morfemi e sono tutti portatori di significato. Tuttavia alcune parole di origine straniera sono trascritte con caratteri che, pur essendo portatori di significato, vengono utilizzati in maniera puramente fonetica. Il dizionario Zhongua Zihai elenca 85.568 caratteri, ma, nonostante l'enorme mole, ne ignora 1.500. Tuttavia quelli utilizzati di fatto sono molti di meno: per leggere un quotidiano ne bastano 3.000, mentre le persone con una buona cultura superano spesso i 5.000.

Le prime testimonianze scritte della lingua cinese risalgono ad alcune incisioni su gusci di tartaruga del 1400 a.C. Da allora i caratteri hanno subito molti cambiamenti l'ultimo dei quali, nel 1956, ha ridotto il numero di tratti di quelli più complessi (cinese tradizionale) e ha introdotto la scrittura in orizzontale. Questa riforma non è stata accettata a Taiwan dove sono ancora diffusi i caratteri tradizionali (繁体字, alternativa dei caratteri semplificati nella metà Novecento, 简体字). Ad ogni carattere corrisponde una sillaba ed ogni parola può essere mono o plurisillabica.

Solo una piccola parte di questi caratteri sono pittogrammi (象形字), ovvero la rappresentazione grafica pura di un oggetto (come fossero dei geroglifici), ed il passaggio alla scrittura semplificata li ha resi meno intelleggibili; gli altri sono ideogrammi o in alternativa ideofonogrammi.

Gli ideogrammi sono la rappresentazione in immagini di un concetto. In questo modo ad esempio l'ideogramma che esprime il verbo "riposarsi" 休 contiene l'elemento grafico dell'"uomo" 人 associato all'elemento grafico dell'"albero" 木 per indicare un albero sotto al quale ci si riposa.

Gli ideofonogrammi o composti fonetici sono invece composti da due elementi, dove il primo avvicina al senso mentre il secondo è fonetico, ovvero fa intendere la pronuncia della sillaba (gran parte dei caratteri cinesi funziona con questo principio del rebus). Così ad esempio la sillaba corrispondente alla parola "anguilla" (鳝 shàn) è formata dall'elemento concettuale del "pesce" insieme all'elemento fonetico shàn, che indica appunto la pronuncia. Questo primo elemento è come una chiave e può ricorrere in più sillabe.

I caratteri cinesi sono interamente costituiti da delle componenti minime che sono chiamate "radicali" o "bushou". Xu Shen (许慎) nello Shuowen jiezi (说文解字) nel individuò 540, scalati poi a 214 da Mei Yingzuo nel 1615. Questo standard è poi stato adottato per scrivere il celebre Dizionario Kangxi (康熙字典) pubblicato nel 1716, da cui il terzo nome di "radicali Kangxi". Essi danno sempre l'ambito di appartenenza del carattere e alcuni di loro sono oggi in disuso. I radicali Kangxi vengono studiati e usati anche per classificare gli hanja, kanji e chu nom nei dizionari. Conoscendoli, è anche più semplice memorizzare e imparare a scrivere i sinogrammi.

Influenza sulle altre lingue

Come già detto, il cinese fa parte della famiglia delle lingue sino-tibetane, ed è così collegato con il tibetano e il burmese, ma è geneticamente indipendente dal coreano, dal vietnamita e dal giapponese. Tuttavia, queste lingue (e le culture ad esse collegate) sono state influenzate fortemente dal cinese nel corso della storia.

Si è già accennato, ad esempio, al fatto che coreano e giapponese hanno sistemi di scrittura che impiegano caratteri cinesi, denominati rispettivamente hanja e kanji. In Corea del sud (韩国) è usato generalmente l'hangeul, ma l'hanja è usato per enfasi (non in Corea del nord 北朝鲜, dove invece non è più usato). Il Giappone (日本) ha pensato di abbandonare l'uso dei caratteri cinesi dal XX secolo, ma essendo profondamente radicati nella cultura giapponese non sono stati aboliti. Il Vietnam (越南) inoltre ha abbandonato l'uso dei caratteri cinesi (chu nom) nel Novecento ma questi possono ancora essere visti facilmente nel moderno alfabeto fonetico vietnamita.

Note

  1. ^ a b Jerry Norman, The Chinese dialects: phonology in Graham, p. 72
  2. ^ a b c Jerry Norman, The Chinese dialects:phonology in Graham, p. 80
  3. ^ Jerry Norman, The Chinese dialects:phonology in Graham, p. 78
  4. ^ documentazione relativa alla classificazione del cinese nello standard ISO 639-3
  5. ^ Vogelsang, pp.45-46
  6. ^ Vogelsang, p.49
  7. ^ a b c d Schuessler, p. 1
  8. ^ a b Derek Herforth, Sketch of Late Zhou Chinese Grammar in Graham, p. 59
  9. ^ a b Schuessler, p. 2
  10. ^ a b c Schuessler, p. 4

Bibliografia

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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