Jordan 191

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Jordan 191
Bertrand Gachot al GP USA 1991
Descrizione generale
Costruttore Bandiera dell'Irlanda  Jordan Grand Prix
Categoria Formula 1
Squadra Team 7UP Jordan
Progettata da Gary Anderson
Mark Smith
Andrew Green
Sostituita da Jordan 192
Descrizione tecnica
Meccanica
Telaio Monoscocca in fibra di carbonio
Motore Ford Cosworth 3.5 V8
Trasmissione Jordan/Hewland a 6 rapporti manuale
Altro
Carburante BP
Pneumatici Goodyear
Avversarie Vetture di Formula 1 1991
Risultati sportivi
Debutto Bandiera degli Stati Uniti Gran Premio degli Stati Uniti 1991
Piloti 32. Bandiera del Belgio Bertrand Gachot 1-10
32. Bandiera della Germania Michael Schumacher 11
32. Bandiera del Brasile Roberto Moreno 12-13
32. Bandiera dell'Italia Alessandro Zanardi 14-16
33. Bandiera dell'Italia Andrea De Cesaris
Palmares
Corse Vittorie Pole Giri veloci
16 0 0 1

La Jordan 191 fu la prima monoposto costruita dal team Jordan Grand Prix per concorrere al campionato mondiale di Formula 1 nella stagione 1991.

Contesto[modifica | modifica wikitesto]

Già dal 1989 Eddie Jordan, da dieci anni costruttore di buon successo nelle categorie motoristiche inferiori, aveva iniziato a valutare il debutto in Formula 1. Un anno dopo aveva ingaggiato il progettista Gary Anderson e fatto richiesta formale per esordire nella massima categoria, ottenendo infine una risposta positiva.

Progetto[modifica | modifica wikitesto]

Dal punto di vista tecnico, Jordan inizialmente pensò di montare sulla vettura un motore V10 Judd; Anderson tuttavia riuscì a entrare in contatto col direttore operativo della Cosworth, Bernard Ferguson, tramite il quale si giunse a un accordo che portò in dote al team propulsori Ford. La casa americana garantì al team irlandese un trattamento più favorevole rispetto ad altre squadre di bassa fascia, mettendo a disposizione il motore HB da 8 cilindri a V, portato all'esordio un anno prima dalla Benetton Formula (la quale al contempo beneficiava di una versione più evoluta per via del suo contratto di esclusiva); tale unità motrice, pur se meno sofisticata e performante dei V12 e V10 montati dai top-team Ferrari, McLaren e Williams, era infatti compatta, di semplice messa a punto e parca nei consumi di carburante. Al contempo, per via del fatto che le altre scuderie "minori" motorizzate Ford (Footwork, Fondmetal, AGS, Larrousse, Coloni) utilizzavano il più antiquato DFR, la casa irlandese godette su di esse di un immediato vantaggio.

Attorno al motore (accoppiato a un cambio trasversale manuale Hewland a sei marce+RM), Anderson progettò, insieme ai collaboratori Andrew Green e Mark Smith, una macchina apparentemente non molto "ardita" e a prima vista basata su concetti tradizionali e linee pulite, ma in realtà ricca di soluzioni ricercate ed elaborate.

Il disegno era molto compatto e riprendeva alcuni principi comuni a diverse monoposto coeve: tra gli aspetti innovativi si annoverava il musetto, semirialzato e stretto, con l'alettone inglobato ad esso, esteso frontalmente con un piccolo sbalzo ed arcuato verso l'alto nella parte frontale; tale soluzione riprendeva parzialmente quanto introdotto sulla Tyrrell 019 da Harvey Postlethwaite e Jean-Claude Migeot. Sempre nell'ala anteriore spiccavano le bandelle laterali, abbastanza alte, e le due superfici alari supplementari sovrapposte al "piatto", contornate da splitter e nolder, aventi lo scopo di accelerare i flussi e ridurre lo strato limite sulla superficie alare principale, ma anche di indirizzare i filetti fluidi della parte superiore direttamente verso le fiancate, "saltando" l'area delle sospensioni.

Le pance laterali, marcatamente ribassate, offrivano poca superficie all'aria, incrementando la penetrazione aerodinamica, ed erano raccordate alla coda in un modo che accentuava parecchio la cosiddetta zona Coca-Cola, ricordando vagamente il disegno a "cassa di violino" visto sulle coeve Ferrari progettate da John Barnard; il disegno della macchina irlandese mostrava bensì una rastrematura ancor più marcata.

Il rollbar e il cofano motore erano molto avvolgenti, tanto che la parte esterna di quest'ultimo ricalcava il supporto del filtro dell'aria del motore. L'airscope inoltre descriveva una sorta di "onda", protesa in avanti sopra il capo del pilota.

Il profilo estrattore aveva dimensioni generose e sfruttava al limite le prescrizioni regolamentari: era composto da due canali Venturi simmetrici a forma di semicerchio, in una sorta di versione semplificata di quanto ideato da Neil Oatley per le coeve McLaren.

In sostanza il disegno aerodinamico era semplice ed estremo allo stesso tempo, improntato molto sulla riduzione degli attriti e sull'ottimizzazione della penetrazione aerodinamica, più che sulla ricerca del carico: all'epoca era del resto possibile utilizzare assetti molto rigidi con altezze da terra minime, che consentivano una notevole efficienza del fondo della macchina grazie ad un alto livello di evacuazione dei flussi dal fondo scocca.

Le sospensioni (sviluppate da Green) erano a triangoli sovrapposti di tipo push rod, una soluzione all'avanguardia nella gestione delle escursioni delle ruote, ma che unito ad un angolo di bancata del motore di soli 75°, non permetteva di abbassare ulteriormente il baricentro della macchina. All'avantreno venne inoltre sperimentata la soluzione del monoammortizzatore (ripresa dalla Ferrari l'anno seguente), che però irrigidiva ulteriormente la macchina e creava problemi di beccheggio.

Il telaio era monoscocca in fibra di carbonio, in un sol pezzo con la carrozzeria, una scelta più avanguardistica rispetto anche ai progetti di squadre più blasonate come Ferrari e Mclaren, che invece avevano i due elementi separati.

Per quanto concerne le forniture, il carburante venne offerto dalla BP, mentre per le gomme ci si accordò con Goodyear.

Denominazione[modifica | modifica wikitesto]

La vettura inizialmente era stata battezzata 911; sul finire del 1990 tuttavia la Porsche chiese alla Jordan di modificare la denominazione, ritenendola foriera di confusione con la propria vettura stradale di punta. Il numero identificativo della monoposto fu pertanto mutato in 191.

Livrea e sponsorizzazioni[modifica | modifica wikitesto]

All'atto della presentazione e dei primi collaudi, nell'inverno 1990-1991, la prima Jordan di Formula 1 era completamente nera (colore naturale della fibra di carbonio) e adornata su cofano motore e fiancate dal solo logo della scuderia, senza alcuno sponsor; ciò fece sorgere dubbi tra la stampa riguardo all'effettiva solidità economica del team.

In effetti Eddie Jordan nel 1990 aveva lungamente trattato per ottenere il sostegno della Camel (già al suo fianco nelle formule minori), che aveva appena ritirato il suo appoggio alla Lotus; il suo collaboratore Mark Gallagher disse che Jordan aveva addirittura intavolato trattative per rilevare la storica squadra inglese, nel tentativo di imitare quanto fatto tempo addietro da Ron Dennis alla McLaren grazie all'appoggio della Marlboro. L'affare però non andò in porto e, dinnanzi alla decisione del patron di proseguire l'avventura con un proprio team, la Camel non ritenne di confermargli le sponsorizzazioni, stringendo invece un accordo con la Benetton[1].

Jordan a quel punto provò a rivolgersi proprio alla Marlboro, che non di rado aveva sponsorizzato più di una scuderia: essa si limitò a indicargli due piloti del proprio World Championship Team (Andrea De Cesaris e Bertrand Gachot), rifiutando però di investire direttamente nel team.

La svolta si ebbe allorché il gruppo PepsiCo decise di ridurre la propria sponsorizzazione al cantante Michael Jackson, devolvendo parte del denaro risparmiato proprio in favore della scuderia irlandese. La 191 fu quindi pellicolata nel colore verde del marchio 7 Up, al quale si aggiunse sulle fiancate il blu della Ford, entro cui trovarono altresì spazio i brand Denim e Osama Writing Instruments (il cui sostegno fu però discontinuo lungo il corso della stagione)[2]. Il colore verde fu particolarmente gradito a Jordan, in quanto era anche la tinta rappresentativa dell'Irlanda, il cui ente del turismo parimenti accettò di sottoscrivere un contratto di sponsorizzazione[1][3].

L'accordo con 7 Up fece però saltare l'accordo con Kodak, che si era detta disposta a essere co-sponsor in virtù del fatto che un'eventuale Jordan-Camel avrebbe adottato una livrea gialla, giudicata coerente con la propria identità visiva[3]. Eddie Jordan allora ricorse a una soluzione pragmatica: stilò un elenco di società che avevano il verde come colore istituzionale, tra le quali emerse la Fujifilm, che trovò lo schema cromatico della vettura affine al proprio brand e appose il suo marchio su fiancate e alettoni, stanziando una cifra finanche più alta di quella di 7 Up[1].

Rendimento agonistico[modifica | modifica wikitesto]

Fin dai primi test, condotti con John Watson alla guida, la vettura si rivelò veloce e facile da guidare, nonché nella messa a punto, grazie anche alla compattezza del V8 Ford-Cosworth[3].

Essendo un team esordiente, la Jordan dovette per la prima metà della stagione disputare le prequalifiche: già dalla gara d'esordio tuttavia la 191 segnò tempi ben migliori di quelli delle monoposto di bassa fascia e superò il "taglio" sempre agevolmente, con la sola eccezione dell'esclusione di Andrea De Cesaris alla prima gara dovuta a un suo errore; in virtù della costanza di rendimento, le Jordan furono poi direttamente ammesse alle qualifiche[3].

Nelle 16 tappe del mondiale la 191 fu competitiva a medio-alto livello, centrando un buon numero di piazzamenti a punti; inoltre Bertrand Gachot stabilì il giro più veloce in gara al GP d'Ungheria.

Pochi giorni dopo il pilota belga fu arrestato e l'auto numero 32 fu quindi affidata per il GP del Belgio al debuttante Michael Schumacher, che oltre a convincere il patron a seguito di un test godeva anche del supporto economico della Mercedes-Benz e degli sponsor tic tac e Dekra. Tuttavia già dalla gara successiva il giovane tedesco passò alla Benetton, che girò alla Jordan a titolo gratuito la propria seconda guida Roberto Moreno, che corse in Italia e Portogallo per poi essere sostituito nelle ultime tre gare dall'italiano Alessandro Zanardi; nessuno dei rimpiazzi di Gachot seppe però andare a punti.

La vettura 33 rimase sempre affidata a Andrea De Cesaris, che quindi ottenne 9 delle 13 lunghezze conquistate dalla Jordan, che fu quindi quinta nel mondiale costruttori 1991: nella classifica piloti De Cesaris fu infine nono e Gachot tredicesimo.

Risultati completi in Formula 1[modifica | modifica wikitesto]

Anno Team Motore Gomme Piloti Punti Pos.
1991 Team 7UP Jordan Ford HB4 3.5 V8 G Bandiera del Belgio Gachot 10* 13* Rit 8 5 Rit Rit 6 6 9 13
Bandiera della Germania Schumacher Rit
Bandiera del Brasile Moreno Rit 10
Bandiera dell'Italia Zanardi 9 Rit 9
Bandiera dell'Italia De Cesaris NPQ Rit Rit Rit 4 4 6 Rit 5 7 13* 7 8 Rit Rit 8
Legenda 1º posto 2º posto 3º posto A punti Senza punti/Non class. Grassetto – Pole position
Corsivo – Giro più veloce
Squalificato Ritirato Non partito Non qualificato Solo prove/Terzo pilota
  • Indica quei piloti che non hanno terminato la gara ma sono ugualmente classificati avendo coperto, come previsto dal regolamento, almeno il 90% della distanza totale.

Scheda tecnica[modifica | modifica wikitesto]

Caratteristiche tecniche - Jordan 191
Configurazione
Carrozzeria: monoposto Posizione motore: posteriore Trazione: posteriore
Dimensioni e pesi
Interasse: 2898 mm Carreggiate: anteriore 1800 - posteriore 1680 mm Altezza minima da terra:
Posti totali: 1 Bagagliaio: Serbatoio: 220 l
Masse a vuoto: 505 kg
Meccanica
Tipo motore: Ford Cosworth HBA4, 8 cilindri a V di 75° Cilindrata: 3494 cm³
Distribuzione: 4 alberi camme in testa, 4 valvole per cilindro Alimentazione: Iniezione indiretta elettronica
Prestazioni motore Potenza: 670 CV a 13200 giri/minuto
Frizione: 2 dischi in carbonio Cambio: Jordan/Hewland trasversale, 6 marce+retromarcia, manuale
Telaio
Corpo vettura monoscocca in fibra di carbonio e kevlar a nido d'ape
Sterzo cremagliera
Sospensioni anteriori: quadrilateri deformabili, 2 triangoli sovrapposti a sezione ellittica, molleggio a puntone o push rod / posteriori: quadrilateri deformabili, triangolo superiore, trapezio inferiore, molleggio a puntone o push rod
Freni anteriori: a disco autoventilanti in carbonio / posteriori: a disco autoventilanti in carbonio
Pneumatici Goodyear

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Retro 1991: How the Jordan F1 team was born - motorsport.com, 26 apr 2017
  2. ^ Arron, Simon (May 2016). "Retrospective Jordan 191". Motor Sport. 92 (5): 66–73.
  3. ^ a b c d 'I had my first F1 car and no money': Eddie recalls birth of Jordan 191 — 30 years on - motorsportmagazine.com, 27 nov 2020

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Doug Nye, Autocourse History of the Grand Prix Car 1966–1991, Hazelton Publishing, 1992, ISBN 0905138945.
  • (EN) Stuart Codling, Art of the Formula 1 Race Car, MotorBooks International, 2010, ISBN 9781610608114.

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