Diocesi di Barbastro-Monzón

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Diocesi di Barbastro-Monzón
Dioecesis Barbastrensis-Montisonensis
Chiesa latina
Suffraganea dell'arcidiocesi di Saragozza
 
Provincia ecclesiastica
Provincia ecclesiastica della diocesi
Collocazione geografica
Collocazione geografica della diocesi
 
VescovoÁngel Javier Pérez Pueyo, S.O.D.
Presbiteri80, di cui 61 secolari e 19 regolari
1.076 battezzati per presbitero
Religiosi34 uomini, 88 donne
 
Abitanti97.937
Battezzati86.147 (88,0% del totale)
StatoSpagna
Superficie7.347 km²
Parrocchie247
 
Erezione1100[1]
Ritoromano
IndirizzoPlaza de Palacio 1, 22300 Barbastro [Huesca], España
Sito webwww.diocesisbarbastromonzon.org
Dati dall'Annuario pontificio 2021 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Spagna
La concattedrale di Monzón.
La basilica della Virgen de la Peña a Graus.

La diocesi di Barbastro-Monzón (in latino: Dioecesis Barbastrensis-Montisonensis) è una sede della Chiesa cattolica in Spagna suffraganea dell'arcidiocesi di Saragozza. Nel 2020 contava 86.147 battezzati su 97.937 abitanti. È retta dal vescovo Ángel Javier Pérez Pueyo, S.O.D.

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

La diocesi comprende la parte orientale della provincia di Huesca.

Sede vescovile è la città di Barbastro, dove si trova la cattedrale dell'Assunzione di Maria Vergine. A Monzón sorge la concattedrale di Santa Maria del Romeral.

Nel territorio della diocesi, a Isábena, sorge anche l'antica cattedrale di Roda de Isábena dedicata a San Vincenzo martire, oggi chiesa parrocchiale. Si trovano inoltre due basiliche minori: Nostra Signora di Badaín e la basilica della Virgen de la Peña a Graus.

Il territorio si estende su 7.347 km² ed è suddiviso in 247 parrocchie.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel Medioevo la città di Barbastro fu, per circa 50 anni, sede dei vescovi di Roda, che vi avevano trasferito la loro sede dopo che la città, nell'ottobre del 1100, era stata conquistata dal re Pietro I di Aragona e liberata dalla dominazione araba. Il trasferimento della sede a Barbastro fu acconsentito da papa Urbano II con la bolla Miserationibus Domini,[2] e confermato da papa Pasquale II con la bolla Egregias quondam del 26 aprile 1100.[3] In questo periodo i vescovi portarono il titolo di vescovi di Roda e Barbastro,[4] finché non trasferirono la loro sede à Lérida nel 1149, quando anche questa città fu liberata dagli arabi. Nella documentazione coeva, Barbastro era considerata solo una sede provvisoria, in attesa della conquista di Lérida, ritenuta la sede originaria dei vescovi di Roda.[5]

Il trasferimento della sede vescovile da Roda a Barbastro suscitò le proteste dei vescovi di Jaca, che proprio nello stesso periodo avevano trasferito la loro sede a Huesca, e che rivendicavano la giurisdizione sulla città di Barbastro. Questo provocò un lungo contenzioso tra i vescovi di Huesca e quelli di Roda e Barbastro prima, e di Lérida poi, che si concluse solo nei primi anni del XIII secolo. Il 27 maggio 1203[6] papa Innocenzo III assegnò alla diocesi di Huesca i territori di Barbastro e di Alquézar, e alla diocesi di Lérida quelli di Bielsa e Gistain, mentre la zona situata tra i fiumi Alcanadre e Cinca fu equamente suddivisa fra le due diocesi.[7]

Nei tre secoli successivi non mancarono i tentativi degli abitanti e del clero di Barbastro di avere nuovamente una sede vescovile. Le richieste si moltiplicarono soprattutto durante il XVI secolo, con conseguenti corsi e ricorsi ai tribunali. Il 20 luglio 1540, papa Paolo III decise che Barbastro e il suo distretto dovevano avere un vicario generale con giurisdizione indipendente da quella dei vescovi di Huesca.[8]

Infine, il 18 giugno 1571, in forza della bolla In eminenti, papa Pio V decise l'erezione della diocesi di Barbastro, costituita da tutti i territori sulla riva destra del Cinca, sottratti a Huesca, a cui si aggiunsero 74 parrocchie che erano appartenute alla diocesi di Lérida, e altre 51 parrocchie già facenti parte dell'abbazia territoriale di San Vittoriano di Asàn.[8] La diocesi fu resa suffraganea dell'arcidiocesi di Saragozza.

Numerosi furono i sinodi diocesani celebrati dai vescovi; per dieci di questi esistono gli atti pubblicati, dal 1575 al 1715.[9]

Nel 1711 il vescovo Pedro Gregorio Padilla fondò il seminario vescovile a Gastejon del Puente, che fu trasferito a Barbastro nel 1759.[10]

Il concordato del 1851 stabilì la soppressione della diocesi e la sua unione con quella di Huesca.[11] Le difficili relazioni in quegli anni tra la Santa Sede e il governo spagnolo impedirono la piena applicazione delle normative concordatarie. Di fatto la diocesi di Barbastro continuò a sussistere, ma non ebbe più vescovi per quasi un secolo: fino al 1896 fu retta da vicari capitolari e poi da amministratori apostolici residenti con un titolo di vescovi in partibus. Questa situazione perdurò fino al 1950, quando l'ultimo amministratore, Arturo Tabera Araoz, fu nominato vescovo di Barbastro, ristabilendo così a tutti gli effetti la diocesi.

Il 2 settembre 1955, in forza del decreto Initis inter della Congregazione concistoriale, furono rivisti i confini della diocesi per farli coincidere con quelli della provincia civile, in applicazione del concordato tra la Santa Sede e il governo spagnolo del 1953. La diocesi di Barbastro si ampliò con 17 parrocchie già appartenute alla diocesi di Lérida, e con altre 4 cedute dalla diocesi di Urgell.

Il 15 giugno 1995, in forza del decreto Ad Concilii[12] della Congregazione per i vescovi,[13] la diocesi si è ingrandita con 84 parrocchie in territorio aragonese che facevano parte della diocesi di Lleida, e contestualmente ha assunto il nome attuale. Altre 27 parrocchie passarono da Lleida a Barbastro-Monzón il 15 giugno 1998.[14] Queste decisioni portarono ad un conflitto tra le diocesi e le amministrazioni civili coinvolte sul possesso e la gestione del patrimonio storico-artistico che le due modifiche territoriali avevano trasferito dalla Catalogna all'Aragona, conflitto che si è risolto dopo 25 anni di battaglie legali il 10 marzo 2021.[15]

Cronotassi dei vescovi[modifica | modifica wikitesto]

Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Statistiche[modifica | modifica wikitesto]

La diocesi nel 2020 su una popolazione di 97.937 persone contava 86.147 battezzati, corrispondenti all'88,0% del totale.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
1949 36.400 36.400 100,0 65 49 16 560 21 98 153
1959 42.629 42.629 100,0 109 87 22 391 35 106 173
1970 39.230 39.236 100,0 97 80 17 404 27 70 40
1980 33.785 33.825 99,9 82 68 14 412 20 86 175
1990 32.860 32.900 99,9 69 56 13 476 23 75 153
1999 97.200 98.073 99,1 123 83 40 790 52 160 274
2000 95.300 96.250 99,0 123 83 40 774 52 153 274
2001 96.125 98.073 98,0 114 75 39 843 51 166 274
2002 96.328 98.658 97,6 103 75 28 935 42 131 308
2003 95.200 97.800 97,3 104 77 27 915 41 132 308
2004 95.000 95.887 99,1 100 74 26 950 42 127 274
2006 95.498 102.580 93,1 97 70 27 984 38 132 274
2012 96.600 104.700 92,3 85 63 22 1.136 29 137 242
2015 94.150 99.415 94,7 96 69 27 980 31 120 250
2018 86.629 97.917 88,5 80 61 19 1.082 33 85 247
2020 86.147 97.937 88,0 80 61 19 1.076 34 88 247

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Data riportata dagli Annuari pontifici.
  2. ^ Testo della bolla in: Núria Grau Quiroga, Roda de Isábena en los siglos X-XIII. La documentación episcopal y del cabildo catedralicio, Institución «Fernando el Católico» (C.S.I.C.), Zaragoza, 2010, p. 375 (documento nº 109).
  3. ^ Testo della bolla in: Grau Quiroga, Roda de Isábena en los siglos X-XIII…, pp. 376-377 (documento nº 111).
  4. ^ Grau Quiroga, Roda de Isábena en los siglos X-XIII…, p. 227.
  5. ^ Grau Quiroga, Roda de Isábena en los siglos X-XIII…, pp. 97-98.
  6. ^ Bolla Ne lites amicabili concordia, Patrologia latina, vol. CCXV, coll. 70-77.
  7. ^ Antonio Ubieto Arteta, Disputas entre los obispados de Huesca y Lérida en el siglo XII, Estudios de Edad Media de la Corona de Aragón, II (1946), pp. 181-240. Lambert, Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastiques, vol. VI, coll. 600-604.
  8. ^ a b Lambert, Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastiques, vol. VI, coll. 607.
  9. ^ Lambert, Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastiques, vol. VI, coll. 613.
  10. ^ Lambert, Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastiques, vol. VI, coll. 608.
  11. ^ Angelo Mercati (a cura di), Raccolta di concordati su materie ecclesiastiche tra la Santa Sede e le Autorità Civili, Roma, 1919, pp. 772-773.
  12. ^ Testo del decreto, bases.cortesaragon.es
  13. ^ www.iuscangreg.it.
  14. ^ Límites diocesanos Archiviato il 27 maggio 2022 in Internet Archive., www.enciclopedia-aragonesa.com.
  15. ^ (ES) Especial "Los bienes de la Franja", in El Periódico de Aragón, 19 febbraio 2006. URL consultato il 16 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 18 luglio 2011).
  16. ^ Vescovo titolare di Anchialo.
  17. ^ Vescovo titolare di Claudiopoli di Isauria.
  18. ^ Vescovo titolare di Ascalone.
  19. ^ Vescovo titolare di Antedone.
  20. ^ Vescovo titolare di Geropoli.
  21. ^ Vescovo titolare di Eurea di Epiro.
  22. ^ Vescovo titolare di Lirbe.
  23. ^ Contestualmente nominato arcivescovo titolare di Pario.
  24. ^ Nominato vescovo titolare di Rubicon.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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