Utente:Roberto Bertini/Sandbox/Osvaldo Pesce-copia

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Nato da padre, tecnico delle ferrovie, di cultura laica, e da madre cattolica, fino da giovanissimo percepisce come ingiusti diversi aspetti della società e per questo entra, nel 1956, nella FGCI, e pochi mesi dopo nel PCI; in quell'anno fatti di grande rilievo, quali il XX Congresso del PCUS, con la denuncia da parte di Krusciov, dei "cosiddetti crimini di Stalin" e i  Fatti d'Ungheria, crearono una crisi all'intero del Campo socialista e nel Partiti comunisti di tutto il mondo.

Negli anni e nei decenni successivi, che sono anche quelli dei fatti di Genova, della crisi dei missili a Cuba, dell'aggressione USA al Vietnam e di molti altri grandi eventi, i dirigenti del Partito Comunista Italiano, coadiuvati dagli intellettuali legati ad essi, cercheranno di far scomparire, nella pubblicistica, la drammaticità di quanto avvenne nel 1956, allo scopo di legittimarsi, comunque, come eredi di Antonio Gramsci, di Karl Marx e, addirittura, di Lenin.

Il richiamo al loro nome, solo a titolo di esempio, ci sarà sempre in tutti i congressi successivi; non solo del PCI ma anche del PDS, dei DS e del PD.

Quei dirigenti, e intellettuali legati a loro, ottengono, in parte e temporaneamente, il risultato cercato, cioè l'assopimento dello spirito critico nei militanti comunisti, mediante lo svuotamento del contenuto ideologico nel dibattito politico, storico e culturale in Italia.

In concreto essi staccano la teoria dalla pratica e rendono la prima tediosa e ottusa; insensibile alle vicende reali: la pratica, invece, diventa tatticismo e opportunismo, senza ideale, senza scopo; diventa, infine, appiattimento sulle esigenze del socialimperialismo, e poi del grande capitale e dell'imperialismo.[1]

Il risultato di questo nascondere le contraddizioni e che esse si accumulano, si intrecciano ed alla fine diventano irrisolvibili e paralizzanti.

Questo modo di procedere è stato oggetto di critica, peculiare e costante, da parte di O. Pesce, fino dagli anni "60; si tratta, secondo lui, di chiedersi sempre il perché delle cose e di rifiutare di porsi in modo servile.[2]

la rottura[modifica | modifica wikitesto]

Nel mesi successivi al XX del congresso PCUS del 1956, matura nel PCI l'opposizione alla destalinizzazone ed alla teoria della via pacifica al socialismo; opposizione alla quale anch'egli aderì; nel 1962 favorì la presa di posizione critica della FGCI di Milano la linea togliattiana di riavvicinamento verso Tito. Nel dicembre1962, quando la relazione del delegato cinese al X congresso del PCI, che contestava le dichiarazioni ufficiali di quel partito sulla coesistenza pacifica e sulla destalizzazione, non fu pubblicata sull'Unità, Pesce, insieme ad altri, ne fece una pubblicazione che distribuì, al teatro Smeraldo in occasione di un discorso di Palmiro Togliatti, e tra gli iscritti al partito. Fu invitato, nel 1963, dal Partito Comunista Cinese, per i festeggiamenti del 1° ottobre, anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, in quanto espressione del dissenso nascente nel PCI[3]. Queste sue posizioni, e questi fatti, ebbero delle reazioni all'interno della federazione comunista di Milano e "gli fu imposto un aut-aut[4]" in nome del centralismo democratico[5], ed al suo rifiuto di cambiare posizioni fu radiato dal PCI poche settimane dopo il suo ritorno dalla Cina.

A questo punto O. Pesce cercò di stabilire relazioni con i vari gruppi o singoli che, critici verso le posizione del partito comunista italiano, volevano affermare la persistente legittimità storica di un percorso di Rivoluzione Socialista per l'Italia e denunciavano la natura borghese del revisionismo dei vari Togliatti, Luigi Longo, Enrico Berlinguer, Giorgio Amendola, Giorgio Napolitano, Pietro Ingrao, Giancarlo Pajetta, ecc.

Molti anni più tardi, nel luglio del 2015, Osvaldo Pesce conferma il suo giudizio di allora, ed individua in Matteo Renzi e nella sua linea subalterna alle esinze del capitale finanziario e di soggezione agli USA, pur nella diversa situavione storica, il degno continuatore dell'opera di Togliatti.[6]

Secondo O. Pesce questo revisionismo si basava e si basa sull'egoismo individuale.[7]

Tra il 1962 e il 1964 si verifica il fenomeno delle "lettere anonime.".

Queste lettere sono inviate da dirigenti del PCI, a quanti, militanti del Partito, si sono posti su posizioni critiche verso di esso, per dare l'impressione che fosse possibile, lavorando dall'interno, riportarlo su posizioni rivoluzionarie.

Soprattutto si cerca di dare questa sensazione in relazione alla figura di Pietro Secchia, che sarebbe stato, ma non era vero, in procinto di prendere una iniziativa per una svolta a sinistra.[8]

In quel contesto un'opera importante di chiarificazione ideologica fu svolta dalla pubblicazione, ad opera dei comunisti cinesi, di tre scritti; rispettivamente: "Sulla questione di Stalin", a cura della redazione di Renmin Ribao e di Hongqi, "Sulle divergenze fra il compagno Togliatti e noi", editoriale del Renmin Ribao del 31/12/1962, "Ancora sulle divergenze fra il compagno Togliatti e noi", articoli di Hongqi, n. 3-4 del 1963.

il nuovo partito[modifica | modifica wikitesto]

Il periodo "63 - "66, per O. Pesce fu particolarmente impegnativo. Nel marzo del 1964, insieme a Duse, Geymonat, Balestri, Fosco Dinucci, Vincenzo Misefari, Giuseppe Regis, Risaliti, Frangioni, si rese promotore del mensile "Nuova Unità"; dove l'aggettivo "Nuova" mirava ad evidenziare la volontà di avere un nuovo giornale per i comunisti italiani poiché consideravano oramai "revisionista", cioè non più recuperabile ad una prospettiva di rivoluzione sociale, quello del PCI.

A Nuova Unità, successivamente, aderirono Gustavo Hermann, Dino Dini, Angelo Gracci, Alberto Sartori, Scavi ed altri ancora interni al Partito Comunista Italiano.

Lo sforzo di O. Pesce e dei marxisti - leninisti si indirizza, quindi, verso la ricostruzione del Partito. Secondo lui "la classe operaia non può rimanere senza il suo partito e i comunisti non possono rimanere come cani sciolti; si devono mettere insieme cercando di costruire una linea e fissare bene gli elementi di principio".[9]

Il 14 e 16 ottobre 1966, a Livorno venne costituto il Partito Comunista (marxista-leninista) d'Italia, con Nuova Unità come suo organo di stampa. La segreteria fu composta da Fosco Dinucci, Osvaldo Pesce, Livio Risaliti, con Dinucci segretario[10].

Il 15 ottobre 1966 segna una data decisiva per il comunismo e per la classe operaia in Italia in quanto da quel momento, i marxisti-leninisti, potranno sempre fare riferimento al congresso di Livorno.

Da quel momento è esistito, in Italia, un polo politico organizzato, oltre che un orientamento ideale, alternativo al revisionismo del PCI; è esistito un partito che si è posto come avanguardia rivoluzionaria per la classe operaia e per il popolo italiano.[11][12][13]

O. Pesce sostiene che quel partito si basava sulla classe operaia; a Milano aveva una presenza alla Magneti Marelli e si è subito messo alla direzione delle lotte.

Il PC(m-l)dI riusciva a stravolgere e a riorientare i contenuti e le forme delle lotte organizzate dal PCI e dalle CGIL ottenendo che i lavoratori facessero propri i suoi slogan e le sue parole d'ordine; fu anche il primo partito capace di mobilitare il movimento studentesco alla Statale di Milano.[14]

Sapeva mettersi all'avanguardia delle lotte nel momento che la società italiana stava cambiando con spostamenti di popolazione dal sud al nord, dalla campagna alla città e dai campi alle fabbriche. Il PC(m-l)d'I seppe mettersi alla testa dei contadini di Cutro, di Fondi, di Battipaglia, di Crotone e di altre raltà del sud dove si esprimeva il malcontento delle masse per una riforma agraria fallita[15].[16]

Il 13 agosto del 1968 venne un importante riconoscimento da parte del Partito Comunista Cinese che ricevette una delegazione del Partito formata dal Osvaldo Pesce, membro dell'Ufficio Politico e della segreteria del CC, e da Dino Dini, membro dell'Ufficio Politico e del CC. All'incontro erano presenti oltre a Mao tse tung, Chou En-lai, Chen Po-ta, Kang Sheng, Chiang Ching (moglie di Mao) e Yao Wen-yuan.[17]

Il PC(m-l)d'I si oppose e denunciò l'invasione della Cecoslovacchia ad opera delle truppe del Patto di Varsvavia, 21/08/1968, e alla dottrina Breznev della sovranità limitata; e questo portò nuove adesioni e nuove simpatie a quel partito.[18][19]

Al contrario del PC(m-l)d'I, il PCI, nel periodo della segreteria di Luigi Longo, e quindi nel 1968, ma poi anche nel periodo della segreteria di Enrico Berlinguer, non poté mai opporsi con coerenza al socialimperialismo russo anche perché dipendeva, in modo determinante, dai finanziamenti, diretti e indiretti, dei sovietici; e con essi doveva mantenere una pletora di funzionari, per un partito che era diventato un carrozzone elettorale.[20]

Anche dopo l'approvazione della legge sul finanziamento pubblico, del 1974, l'aiuto finanziario dell'URSS rimase molto importante perché il PCI si era assuefatto ad una crescita delle spese di anno in anno crescenti.[21]

Anni dopo (1998), nell'intervista concessa a Roberto Niccolai, per il suo lavoro "Parlando di Rivoluzioni" (interviste a 21 protagonisti dei gruppi, dei movimenti e delle riviste degli anni "60 e "70 che descrivono la loro idea del mutamento sociale), O. Pesce si è interrogato sul perché Mao tse tung ha voluto incontrare, non per un semplice saluto ma per un colloquio, la delegazione che lui guidava e perché, sulla prima pagina del Quotidiano del Popolo, hanno voluto dare tutto quel risalto all'evento. La risposta che si è data è stata nel senso che il presidente Mao, probabilmente, aveva capito che il PC(ml)d'I rappresentava una cosa nuova che però nasceva nella continuità della storia dei comunisti italiani e si contrapponeva alla deviazione revisionista del PCI; ed, inoltre, era un partito che già aveva saputo inserirsi nelle lotte in Italia e egli voleva incoraggiare la nascita di nuove forze comuniste.

Nella stessa intervista O. Pesce ricorda ancora che, nel corso dell'incontro, Mao gli ha fatto delle domande relative all'Italia, poi ha parlato della situazione interna della Cina ed ha espresso delle opinioni sul marxismo-leninismo e sulla concezione materialistica della storia.

Nel complesso il presidente Mao dette a O. Pesce l'impressione di una persona di intelligenza acuta, di vaste conoscenze, ma che sapeva mettere a loro agio gli interlocutori.

All'incontro che O. Pesce ebbe con Mao tse tung era presente un interprete; ma di esso, pur se gli fu dato molto risalto, non è mai stato pubblicato il testo dei discorsi pronunciati.

Di questo ci sarebbero delle ragioni specifiche. Gli appunti venivano presi da Chou En Lai in quanto non vi erano registratori, e Mao espresse dei giudizi riferendosi ai partiti comunisti di altri paesi; egli, tuttavia era attento a non intervenire sulla situazione interna di altre realtà nazionali in specifico di quella italiana e di quella sovietica.[22]

Un giorno, forse, saranno pubblicati in Cina nelle Opere Complete.

O. Pesce ricorda che in quell'incontro, a parte qualche parola, parlò prevalentemente il presidente Mao ed una delle cose che più gli erano rimaste impresse è che questi sostenne, contrariamente a quanto si pensava in Occidente, che in Cina era esistita la socialdemocrazia; ma che questa era una corrente del Partito Comunista Cinese.

All'opposto di come pensa O. Pesce, per Luigi Longo, e per Alessandro Natta, le lotte ed i fermenti rivoluzionari, ideali e sociali, del 1968, rappresentano un "veleno", da cercare solo di recuperare in senso elettorale per togliere alla Democrazia Cristiana il primato in termini di voti.

Per Luigi Longo la preoccupazione principale è quella di dividere e smontare, anche attraverso il "confronto" con alcuni come Oreste Scalzone, quello che si va formando a sinistra del PCI.[23][24]

Solo 2 settimane dopo quell'incontro in Cina, che per il PC(ml)d'I significò prestigio e adesioni, si scateno nel Partito la scissione della cosiddetta "Linea Rossa".

Questa si caratterizzò per la sua natura opportunista in quanto tendeva a identificare come forze antipopolari solo quelle legate alla destra DC, alla destra socialdemocratica e al MSI e nascondeva, agli occhi dei lavoratori, la natura antidemocratica, avversa al comunismo e al popolo di quei partiti, sedicenti antifascisti e progressisti, che meglio rispondevano alle necessità del moderno capitalismo monopolistico e del capitalismo di stato.

Non era più possibile opporsi al movimento operaio e al movimento degli studenti senza l'apporto del PCI e della triplice sindacale CGIL, CISL e UIL.

Tutto questo anche per i legami internazionali dei revisionisti con i paesi dell'est e con l'URSS che interessavano la FIAT e l'ENI.

La "linea rossa" arrivò a non distinguersi dagli altri gruppi spontaneisti ed entristi con le loro parole d'ordine: "uniti si, ma contro la DC." e non si rendeva conto di quato fosse organica al sistema l'attività di pompieraggio che già nel 1962, a Torino, Piazza Statuto, svolgevano Sergio Garavini, segretario della Camera del Lavoro, e Giancarlo Pajetta, che aveva fama di essere un "duro".[25]Ancora più organica questa attività lo diventa nelle lotte operaie del 1969 con Agostino Novella e Storti che cercano di parlare ma vengono zittiti dagli operai.[26]

Sono estremamente significative, per una comprensione non superficiale, della realtà politica italiana a cavallo tra gli anni "60 e "70 le affermazioni di di Federico Umberto D'Amato, capo indiscusso dell'Ufficio Affari Riservati del Viminale (ministero degl interni), che auspica il "Compromesso Storico" promosso da Berlinguer.[27]

Sul piano dell'analisi della situazione internazionale quelle posizioni si caratterizzarono per la sottovalutazione dei pericoli di guerra conseguenti alla corsa per l'egemonia mondiale da parte delle superpotenze, USA ed URSS, e, invece per la sopravvalutazione delle tendenze collusive delle stesse. Quei gruppi opportunisti e spontaneisti subirono in pieno la fascinazione di personaggi come Ernesto Guevara, detto il "Che", e del leader cubano Fidel Castro che sembravano rompere gli schemi.

Essi disprezzarono lo sforzo dei paesi europei di unirsi nella CEE, poi UE, anche per sottrarsi alle mire egemoniche dell'imperialismo americano e del socialimperialismo sovietico, e lo stesso è da dire della grande lotta condotta dai popoli e dai paesi del Terzo Mondo, indipendentemente dai sistemi politici, per ottenere una emancipazione anche economica.

Pesce ritiene, ed il concetto lo esprime nell'intervista a Roberto Niccolai, che quelli erano anni di grande confusione e che il partito che si era formato a Livorno nel 1966 doveva fare conto sulle proprie forze. L'anarchia e la confusione ideologica che erano nella società e nel movimento comunista si rifletteva nel suo partito.

Alcuni, addirittura, negavano la necessità del Partito.

Ricorda la figura di Angelo Gracci, partecipe e artefice della "linea rossa", secondo lui quello con le idee più "bislacche"; un nazionalista di ritorno che andava in giro portandosi sempre appresso il tricolore.

Secondo O. Pesce le persone che avevano fatto la Resistenza, come Gracci, hanno fatto una insurrezione e non una battaglia politica e ideologica sulla base delle quali si formano i quadri comunisti.

In relazione al tema della resistenza O. Pesce osserverà come il nuovo partito, costituito a Livorno nel 1966, pur con i suoi meriti, primo fra tutti riaffermare l'attualità della rivoluzione, aveva dei punti deboli.

Questi consistevano nel vivere troppo nel ricordo del 25 aprile e della Resistenza; molti, nel Partito, non si rendevano conto che non erano più nel dopoguerra e non serviva riproporre le cose di allora; occorreva affrontare con vivacità e spirito nuovo ciò che si stava facendo avanti; il " Sessantotto, i termini nuovi in cui si ponevano le tematiche della emancipazione delle donne, le risposte da dare al movimento degli studenti e ai complessi problemi di struttura della società che a quei movimenti sono legati[28], il modo di porsi verso il tentativo della Chiesa Cattolica di darsi una veste nuova con il Concilio Vaticano II° e, di conseguenza, quali risposte, quali alternative, anche ideali e filosofiche, alla crisi dei credenti espresso dal movimento dei dissidenti e dalle ACLI.

Ed, oltre a questo, il problema dell'internazionalismo. Cosa era diventata l'Unione Sovietica?

Proprio in quel periodo i comunisti cinesi pubblicarono un articolo con un titolo significativo: "Leninismo o Socialimperialismo?"; in esso veniva denunciato come, a seguire del XX° congresso del PCUS, il paese di Lenin era degenerato nella ricerca dell'egemonia mondiale in contrapposizione agli Stati Uniti d'America.

Secondo O. Pesce nel nuovo partito non vi era piena coscienza della differenza, pur nella continuità, tra il pensiero di Stalin e quello di Mao tse tung; in particolare non si capiva che la degenerazione revisionista in Unione Sovietica non era avvenuta per opera di infiltrati, traditori, provocatori e spie, ma perché, per tutto un periodo storico successivo alla Rivoluzione, anche quando i principali mezzi di produzione sono stati espropiati ai capitalisti, la lotta di classe continua nel campo della sovrastruttura e non è ancora deciso se alla fine vince il comunismo o se si restaura il capitalismo.[29]

In quello stesso periodo Giovanni Ventura si consulta con Alberto Sartori, promotore della scissione della "linea rossa", e con Antonio Massari circa l'opportunità di far uccidere O. Pesce o di eliminarlo politicamente facendo trovare a casa sua dei documenti segreti della NATO e così farlo arrestare.[30][31]

Il danno causato al partito da quella che si autoproclamava Linea Rossa e dai suoi promotori, in primis Alberto Sartori, e poi Walter Peruzzi, Vincenzo Misefari, Arturo Balestri, Mario Imparato, e successivamente ai comunisti e alla classe operaia italiana fu estremamente importante.

Su questi fatti e su quello che vi era alla base O. Pesce invita a riflettere in un suo articolo comparso su Nuova Unità del 15/07/1969. In esso egli afferma che i provocatori e i falsi comunisti possono causare del male infiltrandosi nel partito se lo trovano ideologicamente e politicamente impreparato; egli invita inoltre a distinguere i diversi tipi di contraddizioni; ci sono quelle fra compagni e quelle con i nemici; invita a non temere le contraddizioni all'interno del partito perché esse sono un naturale riflesso delle contraddizioni presenti nella società, ignorarle vorrebbe dire eludere i problemi e instaurare una falsa pace da mantenere con sistemi autoritari e sarebbe sintomo di revisionismo.[32]

Note[modifica | modifica wikitesto]


domande:[1]

  • è stato tra i fondatori di Nuova Unità nel 1967 ?
  • è stato segretario di un Partito e movimento?

libri:

  • La sinistra extraparlamentare in Italia : storia, documenti, analisi politica / a cura di Giuseppe Vettori, Roma : Newton Compton, 1973 presente in Biblioteca San Giorgio

Link utili

  1. ^ Osvaldo Pesce, [www.pennabiro.it da Togliatti a Renzi], 18/07/2015.
  2. ^ Osvaldo Pesce, Lo sviluppo del del Partito, in Nuova Unità, 22/10/1968.
  3. ^ Roberto Niccolai, Parlando di rivoluzioni. Citato pag. 99.
  4. ^ Pesce scrive: "il centralismo democratico si basa su una linea corretta e non su una linea errata, con varie promesse anche di carriera" p. 99.
  5. ^ Roberto Niccolai, Parlando di rivoluzioni, pistoia, Centro di Documentazione Pistoia Editrice, 1998, p. 99, ISBN 8885641709.
  6. ^ Osvaldo Pesce, [www.pennabiro.it da togliatti a renzi], su www.pennabiro.it, 18/07/2015.
  7. ^ Osvaldo Pesce, Nuova Unità, 22/10/1968.
  8. ^ Walter Tobagi, storia del movimento studentesco e dei marxisti-leninisti in Italia, collana problemi e documenti, Sugar Editore, milano, 1970, p. 30.
  9. ^ Roberto Niccolai, Parlando di rivoluzioni, citato pag. 99.
  10. ^ La stampa da notizia dell'evento con cronache stringate e poco significative. Dura fu invece la reazione dell'Unità - organo del PCI - che titolò "Sconcia provocazione anticomunista a Livorno".
  11. ^ Renzo del Carria Renzo del Carria, Proletari senza rivoluzione. vol. V (1950-1975), collana cultura politica, Savelliª ed., roma, 1977 [1977].
  12. ^ Comitato politico nazionale per la convocazione del 2° congresso del PC(ml) d'I, La lotta dei marxisti-leninisti per il partito, Supplemento a Linea Proletaria, anno 1°, n. 3, p. pag. 33.
  13. ^ Storia del movimento studentesco e dei marxisti-leninisti in Italia, collana Problemi e Documenti, Sugar, milano, 1970, pp. 48.
  14. ^ Roberto Niccolai, Parlando di Rivoluzioni, collana per il "68, Centro di documentazione di Pistoia - Editrice, Pistoia, dicembre 1998, p. 101.
  15. ^ Renzo del Carria, Proletari senza Rivoluzione, vol. V, Savelli, Roma, dicembre 1977, p. 126.
  16. ^ roberto niccolai, parlando di rivoluzioni, p. cit. pag. 101.
  17. ^ Il 13 agosto 1968, il Quotidiano del Popolo, organo del Partito Comunista Cinese, da notizia che "Il compagno Mao tse tung ha ricevuto la delecazione italiana 
  18. ^ storia del movimento studentesco e dei marxisti-leninisti in Italia..
  19. ^ Gianni Cervetti, L'oro di Mosca, Baldini&Castoldi, Milano, Baldini&Castoldi, 1999.
  20. ^ (IT) Ugo Finetti, Botteghe oscure - Il pci di Berlinguer & Napolitano, collana <faretra>, Edizioni ARES, milano, 2016, pp. 293 - 308.
  21. ^ Ugo Finetti, Botteghe Oscure, op. cit. pag. 299.
  22. ^ Roberto Niccolai, Parlando di Rivoluzioni, Centro di Documentazione Pistoia Editrice, Pistoia, 1998, p. 100.
  23. ^ Ugo Finetti, Botteghe Oscure, collana Faretra, ARES, 2016, pp. 75-77.
  24. ^ Ugo Finetti, idem, pag. 82, n., Botteghe Oscure.
  25. ^ Renzo del Carrio. Op. cit. pag. 32, Proletari senza rivoluzione.
  26. ^ Proletari senza rivoluzione.
  27. ^ Giacomo Pacini, il cuore occulto del Potere, collana igloo/inchiesta, Nutrimenti, maggio 2010, p. 96.
  28. ^ Roberto Niccolai, op. cit. pag. 101-102, Parlando di Rivoluzioni..
  29. ^ Roberto Niccolai, op. cit. pag. 103, Parlando di Rivoluzioni.
  30. ^ Odoardo Ascari, ACCUSA: Reato di strage. "la storia di Piazza Fontana", Editoriale Nuova, 1979, p. 285.
  31. ^ Paolo Cucchiarelli, Il segreto di Piazza Fontana, collana inchieste, Ponte alle Grazie, 2009, p. 344.
  32. ^ Comitato Politico Nazionale per la convocazione del 2° congresso del PC(m-l)dI, La lotta dei Marxisti-Leninisti per il Partito, a cura di Supplemento a Linea Proletaria, anno 1 n. 3.