Mario Jacchia

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Mario Jacchia (Bologna, 2 gennaio 1896Parma, 20 agosto 1944) è stato un avvocato, militare e partigiano italiano, decorato di medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Ebreo, figlio di Eugenio ed Elisabetta Carpi, è ufficiale di complemento nel 6º reggimento alpini nella Prima guerra mondiale. Avvocato, aderisce al Partito Nazionale Fascista; la sua posizione muta quando vengono malmenati i suoi famigliari e il suo studio viene incendiato. Congedato dall'esercito nel 1938 in seguito alle leggi razziali, richiede e ottiene l'"arianizzazione", ma la sua posizione politica muta definitivamente. [1] Diviene militante del Partito d'Azione nel 1943. Arrestato il 3 agosto 1944 a Parma, a seguito di una delazione, è sottoposto a duri interrogatori e ucciso il 20 agosto 1944. [2]

Suo padre fu il più rappresentativo massone del Bolognese nel periodo antecedente il fascismo, ed essendo irredentista fu esiliato da Trieste dal governo austriaco. Durante la prima guerra mondiale pertanto si trasferì a Bologna.

Dirigente di movimenti irredentisti, presta aiuto ai compagni espulsi

«Mario Jacchia /fedele agli ideali del padre / per l'Italia valorosamente combatté / per la libertà sostenne tenace lotta / In questa casa / visse lavorò cospirò / Da essa si dipartì / per offrirsi in olocausto / nella duplice tirannide / straniera e domestica / 1896-1944»

[3][4].

La dedica e la famiglia[modifica | modifica wikitesto]

Bologna gli dedica una piazza. La storia di Mario Jacchia ha delle similitudini non indifferenti[5] con la vicenda di Beppo Römer. Suo fratello Luigi, invece era già militante antifascista.[6] Valeria Jacchia, la figlia di Mario Jacchia nel corso della Resistenza fu staffetta partigiana, partecipando alla battaglia di Montefiorino[7][8] venne duramente bastonata dai fascisti, evento che convinse Mario ad abbandonare definitivamente la battaglia. Nel 1924 i fascisti assalirono e depredarono la sede bolognese movimento caricandolo di simboli, e quant'altro di rappresentativo, in una cassa da morto, che piazzarono davanti all'abitazione degli Jacchia in via d'Azeglio 58, Bologna, a scopi evidentemente intimidatori. Eugenio Jacchia fu pure lui bastonato dai fascisti.

La storia del partigiano[modifica | modifica wikitesto]

Nobile figura di partigiano, fedele all'idea, credo della sua vita, fu tra i primi ad organizzare i nuclei della Resistenza contro l'oppressione nazi-fascista. Perseguitato per ragioni razziali, ricercato per la sua attività cospirativa e organizzativa, non desistette dall'opera intrapresa con tanto ardore. Nominato Ispettore Militare dell'Emilia, divenne in breve l'animatore del movimento clandestino della Regione, e, senza mai risparmiarsi, sempre brillò per la forte personalità e per l'indomito coraggio mostrato durante le frequenti missioni e i rischiosi sopralluoghi. Sorpreso dalla polizia mentre presiedeva una riunione del suo Comando, venne arrestato nel tentativo di distruggere tutto il materiale compromettente, compito che aveva assunto per sé, dopo avere ordinato ai suoi collaboratori di mettersi in salvo. Sottoposto a stringenti interrogatori si confessò unico responsabile e non pronunciò parola che potesse compromettere l'organizzazione. Dopo aver sopportato lunghi giorni di martirio, fu prelevato dal carcere e condannato a morte.

Il conflitto con i fascisti[modifica | modifica wikitesto]

«L'Avvenire d'Italia», quotidiano cattolico bolognese che appoggiava gli interventi squadristi, era diretto da Carlo Enrico Bolognesi. Un giorno Mario Jacchia si fa ricevere da lui e lo schiaffeggiò con decisione, per cui i fascisti, al seguito di Arconovaldo Bonaccorsi e Giuseppe Ambrosi, noti squadristi, distruggono lo studio dell'avvocato, gestito da Mario e da altri avvocati antifascisti. Mario arriva sul posto e prende a revolverate i fascisti: questi rispondono al fuoco, lo bastonano danneggiandogli un occhio. Nei tafferugli, un commissario di polizia gli impone di andarsene, ma Mario risponde che è un decorato di guerra, e che quei furfanti non lo spaventano; così finisce pure lui in carcere per aver preso i fascisti a revolverate in difesa della sua proprietà, successivamente incendiata dai fascisti stessi. Dopo questi eventi per lo Jacchia iniziano i guai seri col regime fascista, tanto che nel 1927 non gli viene consegnato il "certificato di buona condotta politica", non essendo iscritto al PNF, anzi essendo ormai schedato fra gli elementi pericolosi, il suo lavoro da avvocato non può più proseguire. Nel 1930 non riesce a ottenere il brevetto di pilota a causa dei precedenti politici, pur avendo superato brillantemente tutti gli esami

La radiazione dall'albo degli avvocati e l'8 settembre 1943[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1937 venne radiato dall'albo degli avvocati e procuratori e gli fu negato il dovuto avanzamento di grado militare. Fu comunque, quasi subito, reintegrato nell'albo degli avvocati, perché i membri del comitato atto alla determinazione della razza, stabilirono che il padre Eugenio non apparteneva al popolo ebraico, è curioso osservare come risulti sconosciuta la motivazione di tale evidente falsità. Mario all'inizio del 1943 entra nel Partito d'Azione nel quale organizza un embrione di organizzazione antifascista a indirizzo unitario, chiamata, irredentismo, nella quale partecipano persone di diverse idee politiche, ma antifasciste. L'8 settembre 1943 Mario è a Roma per partecipare agli scontri contro i tedeschi. Contemporaneamente è rappresentante del nazionalismo antifascista di Bologna.

Il passaggio alla lotta militare[modifica | modifica wikitesto]

Nei primi mesi del 1944 lascia tutti gli incarichi politico-burocratici per passare alla lotta militare. Prende un nome di battaglia nella Resistenza con l'incarico di ispettore delle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà. Infine gli viene affidato il comando militare per il nord.

La famiglia Jacchia[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia Jacchia fu una famiglia ebraica, la cui caratteristica, è che alcuni suoi membri, dopo aver aderito, per motivazioni legate all'irredentismo ed al nazionalismo, al fascismo, passarono all'antifascismo, anche a livello militare. Il membro più significativo, sotto quest'ultimo punto di vista, è forse Mario Jacchia. Per quanto riguarda gli ebrei, in totale, su circa 43.000 persone in Italia nel 1943, circa 1.000 parteciparono alla Resistenza, una percentuale elevatissima in rapporto alla popolazione globale italiana, che rapportata alla popolazione italiana del periodo, ci condurrebbe a circa un milione di partigiani, meno della metà del numero reale.

Eugenio Jacchia[modifica | modifica wikitesto]

Jacchia Eugenio, ebreo, nato l'11 ottobre 1869 a Trieste, figlio di Luigi e Caterina Di Barbara, padre di Mario e zio di Pietro, di professione avvocato ed acceso irredentista, venne esiliato, nel 1889, da Trieste dal governo austriaco. Trasferitosi a Bologna, si impegno' politicamente in diverse organizzazioni della sinistra democratica, arrivando ad essere eletto, nel 1902, nel consiglio comunale, in un raggruppamento chiamato, "Unione dei partiti popolari — composta da radicali, repubblicani e socialisti " che ottenne la maggioranza; nel contempo si iscrisse alla Massoneria. Nel consiglio comunale, presieduto da Enrico Golinelli del partito repubblicano, fu assessore alla pubblica istruzione. Nel periodo immediatamente precedente la prima guerra mondiale divenne uno dei massimi dirigenti del movimento interventista di indirizzo democratico-progressista, aderendo al fascismo, e allontanandosene, quando i fascisti distrussero la sede della Massoneria. Anche i figli Mario e Luigi seguirono le orme del padre.[9] Leonello Grossi commentò il contributo di Eugenio Jacchia alla causa della libertà: "Fu uno dei maggiori esponenti della massoneria locale, mantenendosi sempre un liberale democratico. E da antifascista godette di un certo prestigio ". Morì il 31 marzo 1939. L'elogio funebre fu tenuto fa Roberto Vighi, che finì al confino, in quanto Eugenio Jacchia era ebreo, massone ed antifascista. Roberto Vighi, socialista, fu eletto presidente del consiglio provinciale di Bologna[10] nelle prima elezioni del dopoguerra, il suo passato di coraggioso militante antifascista è ben conosciuto; fu anche membro del CLN regionale.

Pietro Giusto Jacchia, detto Piero[modifica | modifica wikitesto]

Piero Jacchia, ebreo, nato l'8 aprile 1884 a Trieste, figlio di Eugenio e Clementina Fano; si laurea in lingue straniere. Professore al liceo, all'inizio del secolo XX deve lasciare Trieste in quanto irredentista. Si trasferisce a Bologna dallo zio Eugenio, e, per un certo periodo di tempo, pratica la professione di giornalista presso il "Giornale del Mattino". Dopo il conflitto, nel 1919, torna a Trieste, partecipando alla fondazione dei fasci di combattimento e alla marcia su Roma, ma, da massone, dà le dimissioni dal PNF, nel momento in cui il fascismo inizia a perseguitare la massoneria. Con la moglie viaggia per diverse nazioni europee, fra queste Paesi Bassi e Regno Unito, inizia ad avvicinare i fuoriusciti antifascisti, passando all'antifascismo militante. Si unisce a Carlo Rosselli nella guerra di Spagna,[11] restando ferito sul fronte dell'Aragona. Successivamente passa alla Colonna Rosselli, e di seguito inviato con i miliziani, nel settore di Majahonda Villanueva del Pardillo, alla difesa di Madrid, dove la città cade, il 28 gennaio 1937. Lo stesso anno la polizia fascista emette un ordine d'arresto nei suoi confronti. Il cugino Mario Jacchia, dal passato fascista pure lui, e comandante partigiano col nome di battaglia Rossini, chiede ed ottiene di dare il nome, "Pietro Jacchia", alla 3ª Brigata Partigiana Giustizia e Libertà di Montagna operante nelle valli del Sillaro e di Santerno. In seguito la brigata verrà chiamata, "66ª Brigata Jacchia Garibaldi".

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giovanni Cecini, I soldati ebrei di Mussolini. I militari israeliti nel periodo fascista, Milano 2008 (Mursia), p. 172.
  2. ^ Giovanni Cecini, I soldati ebrei di Mussolini. I militari israeliti nel periodo fascista, Milano 2008 (Mursia), p. 173.
  3. ^ foto lapide
  4. ^ riferimento :Dizionario Biografico Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945), a cura di A. Albertazzi, L. Arbizzani, N. S. Onofri. ebrei e Resistenza Archiviato il 23 novembre 2008 in Internet Archive.
  5. ^ Partenza da gruppi paramilitari antiproletari per approdare alla lotta armata antifascista.
  6. ^ Dizionario Biografico antifascista, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945), a cura di A. Albertazzi, L. Arbizzani, N. S. Onofri.
  7. ^ battaglia Montefiorino ANPI Archiviato il 1º maggio 2009 in Internet Archive.
  8. ^ Valeria Jacchia ANPI
  9. ^ "Elenco oppositori della provincia di Bologna". Bologna, 28/8/1930, in ACS, cpc, ad vocem
  10. ^ Ricoprirà tale carica fino al 1970.
  11. ^ foto di Carlo Rosselli e Pietro Jacchia a Huesca

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]