D'Artus

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d'Artus
D'azzurro agli 11 rocchi disposti in fascia 3, 2, 3, 2, 1 e sinistrati da un leone rampante con la coda contro rivoltata, il tutto d'oro.[1]
StatoBandiera della Francia Francia - Bandiera dell'Italia Italia
Titoli
Data di estinzione1411 circa
EtniaItaliana (originariamente francese)

La famiglia d'Artus (denominata in francese d'Artois) è stata una famiglia nobile italiana e francese[2].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il Castello di Monteodorisio, principale dimora della famiglia d'Artus

Famiglia originaria della Francia, giunta in Italia al seguito del re Carlo I d'Angiò durante la sua campagna di conquista del Regno di Napoli, trasse la propria denominazione dal feudo di Artois da essa posseduto[3]. Il membro più celebre della famiglia fu Carlo d'Artus, figlio di Carlo, che fu conte di Monteodorisio ed è noto per aver assassinato insieme al figlio Bertrando il duca di Calabria Andrea d'Ungheria ed essere stato quindi decapitato col figlio; altri membri noti furono, nell'ordine, Bertrando/Berteraimo "Buccardo", nonno del suddetto Carlo, che fu giustiziere della Calabria, viceré di Terra di Lavoro, capitano generale dei balestrieri e provveditore delle fortezze in Sicilia, suo figlio Carlo, conte di Monteodorisio e Sant'Agata e gran camerlengo del Regno di Napoli, descritto dagli storici Luigi Contarino e Tommaso Fazello come «fratello bastardo», cioè illegittimo, del re Roberto d'Angiò, e infine Ladislao, anch'egli conte di Sant'Agata, con il suo unico figlio, ultimo discendente della famiglia, deceduti intorno al 1411, con le quali morti si estinse la casata[4]. Singolare è l'episodio che portò al decesso di questi ultimi: Ladislao per essersi ribellato al re Ladislao d'Angiò-Durazzo fu imprigionato nel Castel Sant'Elmo e pochi giorni dopo decapitato davanti agli occhi del figlio, il quale morì di dolore subito dopo[5]. L'accaduto ebbe grande eco tra i nobili del Regno di Napoli, molti dei quali accorsi per assistere in prima persona alla sentenza, e scosse profondamente il giudice che aveva condannato a morte Ladislao, Giovanni di Capistrano, il quale rinunciò subito al posto di lavoro e divenne frate francescano, venendo in seguito beatificato[6]. La famiglia d'Artus ha posseduto un totale di almeno 4 contee e 30 baronie ed alcuni suoi membri ricoprirono incarichi presso la zecca di Napoli[7].

Albero genealogico[modifica | modifica wikitesto]

Di seguito è riportato l'albero genealogico della famiglia d'Artus da Raimondo, vissuto nel XIII secolo, fino all'ultimo discendente, figlio di Ladislao, deceduto intorno al 1411, secondo una ricostruzione dei genealogisti Ferrante della Marra e Scipione Ammirato[8]:

 Raimondo[A 1]
 
     
 Gerardo[A 2]
Bertrando/Berteraimo "Buccardo"[A 3]
Lucia[A 4]
?[A 15]
Violante[A 16]
 
 
 Carlo[A 5]
 
   
 Luigi/Ludovico[A 6]
 Carlo[A 7]
Isabella[A 17]
  
   
Giovanni[A 9]
Carlo[A 10]
Bertrando[A 8]
 
   
Luigi[A 11]
Jacopo[A 12]
Ladislao[A 13]
 
 
 ?[A 14]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni
  1. ^ Fu conte di Albe e Celano.
  2. ^ Fu signore di Acate e Licodia Eubea, maresciallo e viceré di Terra di Lavoro. Si sposò con una nobildonna siciliana, la cui identità è ignota, dalla quale non ebbe figli.
  3. ^ Fu signore di Caltagirone, Caserta, Cerignola, Favara, Manoppello, Sant'Agata e Trentola Ducenta, cavaliere, giustiziere della Calabria, viceré di Terra di Lavoro, capitano generale dei balestrieri e provveditore delle fortezze di Sicilia. Morì nel 1318. Si sposò prima con Luisa della Marra, poi con Riccarda di Caltagirone e infine con Cantelma/Guglielma Cantelmo.
  4. ^ Si sposò con Oddone Polliceno.
  5. ^ Fu conte di Monteodorisio e Sant'Agata, signore di Butera, Caserta, Cerignola, Manoppello, Noha e Trentola Ducenta, e gran camerlengo del Regno di Napoli. Fu fratello illegittimo del re del Regno di Napoli Roberto d'Angiò, secondo lo storico Tommaso Fazello. Si sposò con Giovanna di Scotto.
  6. ^ Fu conte di Monteodorisio e Sant'Agata. Si sposò con Isabella da Celano.
  7. ^ Fu conte di Monteodorisio. Fu uno dei sicari che assassinarono il duca di Calabria Andrea d'Ungheria. Morì decapitato. Si sposò con Andrea Acciaiuoli, cui Giovanni Boccaccio dedicò il suo De mulieribus claris.
  8. ^ Fu uno dei sicari che assassinarono il duca di Calabria Andrea d'Ungheria. Morì decapitato.
  9. ^ Fu conte di Monteodorisio. Si sposò con ? Prignano, da cui non ebbe figli.
  10. ^ Fu conte di Cerreto, Monteodorisio e Sant'Agata, barone di Bojano e Prata, e signore di Maddaloni e Sant'Arcangelo. Si sposò prima con Rogasia Marzano e poi con Giovanna Caetani.
  11. ^ Fu signore di Pollena Trocchia e Vitulano. Fu screditato dalla famiglia d'Artus.
  12. ^ Rinunciò alla successione ereditaria.
  13. ^ Fu conte di Sant'Agata e signore di Bagnoli Irpino e Limatola. Morì decapitato intorno al 1411. Si sposò presumibilmente con una dama della famiglia Sanseverino, il cui nome è ignoto.
  14. ^ Figlio di Ladislao di cui non se ne conosce il nome, morì subito dopo la morte del padre, avvenuta intorno al 1411, e con lui si estinse la famiglia in quanto ne costituiva l'ultimo discendente.
  15. ^ Fu signora di Celle. Si sposò con Isnardo di Vintru.
  16. ^ Si sposò con Goffredo di Nantolio.
  17. ^ Si sposò con Francesco della Ratta.
Riferimenti
  1. ^ Candida Gonzaga (1875), vol. 6, p. 56.
  2. ^ Nobili-napoletani.it.
  3. ^ Ammirato (1651), p. 291; Candida Gonzaga (1875), vol. 1, p. 99; Coronelli (1703), p. 1025; Marra (1641), p. 33.
  4. ^ Ammirato (1651), pp. 291-292; Candida Gonzaga (1875), vol. 1, p. 99; Contarino (1569), pp. 259-260; Coronelli (1703), pp. 1025-1028; Fazello (1574), p. 787; Marra (1641), pp. 33-36.
  5. ^ Ammirato (1651), p. 292; Candida Gonzaga (1875), vol. 1, p. 99; Coronelli (1703), pp. 1027-1028; Marra (1641), p. 36.
  6. ^ Candida Gonzaga (1875), vol. 1, p. 99; Coronelli (1703), pp. 1027-1028; Marra (1641), p. 36.
  7. ^ Candida Gonzaga (1875), vol. 1, p. 99.
  8. ^ Ammirato (1651), pp. 291-292; Marra (1641), pp. 33-36.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Scipione Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, vol. 2, Firenze, Amadore Massi da Forlì, 1651, ISBN non esistente.
  • Berardo Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, vol. 1 e 6, Bologna, Arnaldo Forni Editore, 1875, ISBN non esistente.
  • Luigi Contarino, La nobiltà di Napoli in dialogo, Napoli, Giuseppe Cacchi, 1569, ISBN non esistente.
  • Vincenzo Maria Coronelli, Biblioteca universale sacro-profana, antico-moderna, vol. 4, Venezia, Antonio Tivani, 1703, ISBN non esistente.
  • Tommaso Fazello, Le dve deche dell'historia di Sicilia, traduzione di Remigio Fiorentino, Venezia, Domenico e Giovanni Battista Guerra, 1574, ISBN non esistente.
  • Ferrante della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non comprese ne' Seggi di Napoli, imparentate colla Casa della Marra, Napoli, Ottavio Beltrano, 1641, ISBN non esistente.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]