Corbelli (famiglia)

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Corbelli
Pedes ac rostrum Gallorum sanguine tinxi
Troncato: nel 1º di azzurro al corvo passante di nero con il becco e le zampe di rosso; nel 2º di argento a tre bande di rosso; fascia d'oro sulla troncatura
StatoSacro Romano Impero, Stato Pontificio, Regno d'Italia, Repubblica Italiana
Titoli
  • Conti di Appiola
  • Conti di Wolkenstein
  • Patrizi di Fano
Data di fondazioneXV secolo
Etniaitaliana, austriaca

I Corbelli sono una famiglia nobile italiana originaria della Romagna.

Di antica stirpe, risultano imparentati con la potente casata principesca tedesca dei Thurn und Taxis e con la famiglia Wolkenstein-Rodenegg; in Italia con le famiglie Frescobaldi, Soderini, e tramite questa Medici, di Firenze e Savioli di Bologna[1]. La famiglia, inoltre, può vantare una lontana parentela con Torquato Tasso, in quanto egli fu l’ultimo erede della linea giovannina dei Tasso[2].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le origini nobiliari della famiglia risalgono al 1434, quando viene loro attribuito il titolo di Conti di Appiola per l’impegno nel combattere l’eresia hussita nell’Ordine del Drago, da Sigismondo I del Lussemburgo[1], sceso in Italia e incoronato imperatore del Sacro Romano Impero nel 1433, e fondatore dell’ordine stesso[3]. Membro dell’ordine era anche Oswald von Wolkenstein, famiglia con la quale i Corbelli intratterranno intrecci successivi, ma la cui base è posta in questo periodo[1].

Il periodo veneziano[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia migra nel corso del XV secolo a Fano, Padova e Venezia. In queste ultime due città, in particolare, i Corbelli si arricchiscono grandemente e guadagnano una notevole influenza presso le nobili famiglie del luogo[4]. A questo periodo risale la collaborazione con i Tasso, creati Mastri delle Poste Imperiali a Venezia nel 1541 e al servizio degli Asburgo dai tempi dei nipoti di Ruggero[5]. Un legame formale tra le due famiglie si registra con il matrimonio tra Gianandrea Corbelli e Maria Francesca della Torre Valsassina e Tassis, contessa di Wolkenstein. Nel corso del XVII secolo i Corbelli guadagnano grande considerazione presso la corte imperiale di Vienna, dove Gianandrea Corbelli serve come ciambellano imperiale, dopo aver condotto le truppe asburgiche come maresciallo dell’Impero contro i Turchi in Transilvania (1683-1699)[6]. Alla morte di Gianandrea nel 1702 senza eredi diretti parte dei possedimenti e delle ricchezze familiari vanno al nipote Giovanni Andrea Savioli, parte vengono trasferiti ad altri membri della famiglia Corbelli[7]. Con la morte di Gianandrea le fortune politiche e dinastiche dei Corbelli vedono una fase discendente, con l’estinzione di diversi rami[1].

Il ritorno in Romagna[modifica | modifica wikitesto]

Dopo un periodo di incertezze circa le informazioni storiche per buona parte del XVIII secolo i rimanenti membri della famiglia risultano tutti come trasferitisi nella campagna riminese nella seconda metà del secolo. La famiglia si stabilisce in larga parte presso i feudi della nobile famiglia di marchesi parigini dei Des Vergers[8], nel periodo in cui Adolphe Noël Des Vergers[9] è a capo della casata, dove si unisce in matrimonio con esponenti della piccola borghesia locale risultando nell’unico ramo ancora esistente dei Corbelli detti “Cagnola”, dopo la morte, nel 1817, a Mirano, di Marcantonio, ultimo esponente veneziano della famiglia.[1][10].

Personaggi illustri[modifica | modifica wikitesto]

Arma[modifica | modifica wikitesto]

Troncato: nel 1º di azzurro al corvo passante di nero con il becco e le zampe di rosso; nel 2º di argento a tre bande di rosso; fascia d'oro sulla troncatura. Motto: Pedes ac rostrum Gallorum sanguine tinxi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Vittorio Spreti, Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana. Famiglie nobili e titolate viventi riconosciute da Regio Governo d'Italia, Volume II, Bologna, Forni, 1935.
  • Giovan Battista di Crollalanza, Dizionario storico blasonico delle famiglie nobili o notabili italiane estinte e fiorenti, Volume III, Pisa, 1886.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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