Carlo Spatocco

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Carlo Spatocco
NascitaChieti, 31 maggio 1883
MorteKuźnica Żelichowska, 28 gennaio 1945
Cause della morteomicidio
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Forza armataRegio Esercito
GradoGenerale di corpo d'armata
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
CampagneInvasione italiana dell'Egitto
BattaglieBattaglia di Zanzur
Comandante diIV Corpo d'armata
Decorazionivedi qui
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Carlo Spatocco (Chieti, 31 maggio 1883Kuźnica Żelichowska, 28 gennaio 1945) è stato un generale italiano, che durante la seconda guerra mondiale fu comandante della 63ª Divisione fanteria "Cirene", e poi del XXI e del IV Corpo d'armata. Preso prigioniero in Albania dopo la proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre 1943 fu deportato in Polonia e rinchiuso nell'Offizierlager 64/Z di Schokken. Nel gennaio del 1945 venne evacuato da Shokken insieme a numerosi alti ufficiali italiani in seguito all'avanzata dell'Armata Rossa sulla Vistola, e fu trucidato a Kuźnica Żelichowska il 28 gennaio 1945 da un milite delle SS.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Chieti il 31 maggio 1883, figlio di Francesco, si arruolò nel Regio Esercito prendendo parte alla guerra italo-turca con il grado di tenente. Partecipò alla battaglia di Zanzur avvenuta l'8 giugno 1912, venendo decorato con una Medaglia di bronzo al valor militare. Combatte durante la prima guerra mondiale, distinguendosi nell'ottobre 1916 sul Veliki Kribak, venendo nuovamente decorato con Medaglia di bronzo al valor militare. Nel dopoguerra comandò, con il grado di colonnello, il 17º Reggimento fanteria "Acqui".

Promosso generale di brigata il 16 giugno 1936, assunse il comando della Brigata fanteria "Sila". L'anno successivo venne assegnato per breve tempo, come Direttore Amministrativo, presso l'Ufficio del personale del Ministero della guerra a Roma. Promosso generale di divisione il 1 settembre 1937, assunse il comando della 63ª Divisione fanteria "Cirene",[1] di stanza in Africa settentrionale,[N 1] mantenendolo fino al 19 settembre 1940, sostituito dal generale Alessandro de Guidi, quando assunse per un breve periodo quello dell'XXI Corpo d'armata.[1] Nel 1941 assunse il comando della Piazzaforte di Tripoli,[2] e il 1 luglio dello stesso anno venne promosso generale di corpo d'armata. Il 29 novembre successivo assunse il comando del IV Corpo d'armata di stanza in Albania, succedendo al generale Camillo Mercalli.[3]

Alla data dell'armistizio dell'8 settembre 1943[N 2] il corpo d'armata al suo comando, operante in seno alla 9ª Armata del generale Renzo Dalmazzo,[4] era schierato in Albania, con Quartier generale a Durazzo, ed era composto da: divisione fanteria "Perugia" (generale Ernesto Chiminello), divisione fanteria "Parma" (generale Enrico Lugli) e divisione motorizzata "Brennero" (generale Aldo Princivalle) e varie unità minori.[5]

Il 21 settembre fu preso prigioniero dai tedeschi e trasferito dapprima in Germania e poi presso il Campo di concentramento 64Z di Shokken (oggi Skoki) in Polonia.[N 3][6] Durante le fasi dell'avanzata dell'Armata Rossa sulla Vistola[7] all'inizio del 1945 l'Alto Comando della Wehrmacht decise di evacuare i campi di concentramento dai prigionieri di guerra italiani, trasferendoli a tappe forzate a Luckenwalde, una località a sud di Berlino.[8] Stremato da una lunga marcia,[8] fu ucciso da un milite delle SS il 28 gennaio 1945.[N 4]

Decorato con una Medaglia d'argento al valor militare alla memoria, gli è stata intitolata una via di Chieti.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 28 agosto 1936
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Durante una faticosa marcia, effettuata in condizioni disastrose per difficoltà di rifornimenti e inclemenza di stagione, disposta dal comando tedesco per sottrarlo con altri generali italiani all'avanzata russa per quanto debilitato da oltre un anno di dura prigionia ed estenuato dalle fatiche, riusciva a fuggire. In paese ostile riconosciuto dalla popolazione veniva catturato e riconsegnato alle SS. Ripresa la marcia e caduto per spossatezza lungo il percorso veniva barbaramente trucidato. Shelkiov, 28 gennaio 1945.»
— Regio Decreto 9 maggio 1946[9]
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di compagnia seppe condurla con abilità, slancio ed ardimento, tanto al fuoco quanto allo assalto delle trincee nemiche, dando prova di calma, serenità d'animo e coraggio personale. Zanzur, 8 giugno 1912.»
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Quale ufficiale addetto al comando di una divisione, avuto l'incarico di riprendere contatto coi reparti molto avanzati, disimpegnò il compito affidatogli con perizia e sprezzo del pericolo. Veliki Kribak, 10-11 ottobre 1916.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ La divisione "Cirene" era inquadrata nel XXI Corpo d'armata del generale Lorenzo Dalmazzo, operante in seno alla 10ª Armata del generale Mario Berti.
  2. ^ In quel giorno si trovava ad Argirocastro presso il comando della 151ª Divisione fanteria "Perugia" per concordare l'inizio di un'operazione antipartigiana con il comandante della divisione, generale Chiminello. Apprese dell'armistizio dalla radio solo al suo ritorno a Durazzo.
  3. ^ Nello zweiglager (sottocampo) di Altburgund nella XXI Regione militare a fine 1944 risulteranno rinchiusi in tale campo duecentosessantasei militari italiani, di cui centosettantasette generali.
  4. ^ Dopo di lui furono uccisi i generali di brigata Emanuele Balbo Bertone, Alberto Trionfi, Alessandro Vaccaneo, Giuseppe Andreoli e Ugo Ferrero.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Pettibone 2010, p. 122.
  2. ^ Pettibone 2010, p. 89.
  3. ^ Pettibone 2010, p. 79.
  4. ^ Becherelli, Carteny, Giardini 2013, p. 223.
  5. ^ Becherelli, Carteny, Giardini 2013, p. 224.
  6. ^ Frigerio 2008, p. 288.
  7. ^ Frigerio 2008, p. 246.
  8. ^ a b Frigerio 2008, p. 247.
  9. ^ Registrato alla Corte dei Conti il 9 giugno 1946, guerra, registro 8, foglio 228.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alberto Becherelli e Andrea Carteny, Fabrizio Giardini, L’Albania indipendente e le relazioni italo-albanesi (1912-2012), Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2013, ISBN 88-6812-135-2.
  • Angelo Del Boca, Gli Italiani in Libia. Tripoli bel suol d'amore. 1860-1922, Bari, Laterza, 1986.
  • Luca Frigerio, Noi nei lager: testimonianze di militari italiani internati nei campi nazisti (1943-1945), Milano, Paoline Editoriale Libri, 2008, ISBN 88-315-3355-X.
  • (EN) Charles D. Pettibone, The Organization and Order of Battle of Militaries in World War II Volume VI Italy and France Including the Neutral Countries of San Marino, Vatican City (Holy See), Andorra, and Monaco, Trafford Publishing, 2010, ISBN 1-4269-4633-3.
  • (DE) Gerhard Schreiber, Die italienischen Militärinternierten im deutschen Machtbereich (1943-1945), Munchen, R.Oldenbourg Verlag Gmbh, 1990, ISBN 3-486-59560-1.
  • Mario Torsiello, Le Operazioni delle Unità Italiane nel settembre-ottobre 1943, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito, 1975.

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