Antonio Scuero

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Antonio Scuero
NascitaCarrù, 29 novembre 1885
MorteMontechiaro d'Asti, 25 luglio 1960
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
CorpoAlpini
Regio corpo truppe coloniali d'Eritrea
Regio corpo truppe coloniali della Libia
GradoGenerale di corpo d'armata
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
Guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
CampagneCampagna di Grecia
BattaglieBattaglia delle Alpi Occidentali
Comandante diV Corpo d'armata
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Modena
Dati tratti da I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Gli Ordini Militari di Savoia e d'Italia[1]
voci di militari presenti su Wikipedia

Antonio Scuero (Carrù, 29 novembre 1885Montechiaro d'Asti, 25 luglio 1960) è stato un generale e politico italiano, che nel corso della seconda guerra mondiale ricoprì l'incarico di Intendente generale delle Forze Armate durante la Campagna di Grecia (ottobre 1940-maggio 1941), e di comandante del V Corpo d'armata di stanza in Croazia fino alla data dell'Armistizio di Cassibile. Fu Sottosegretario al Ministero della guerra (24 maggio 1941-13 febbraio 1943) con ministro Mussolini.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Carrù, provincia di Cuneo, il 29 novembre 1885,[2] e dopo aver frequentato la Regia Accademia Militare di Modena, da cui uscì il 5 settembre 1907 con il grado di sottotenente, partecipò alla guerra italo-turca nel 1911-1912.

Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, il 24 maggio 1915, fu assegnato al corpo degli Alpini e combatte sul fronte dell'Isonzo, passando quindi a ricoprire incarichi come ufficiale di Stato maggiore presso comandi di Divisione. Promosso maggiore nel 1917, al termine del conflitto risultava decorato una Medaglia di bronzo, una Croce di guerra al valor militare e il titolo di Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia.[2]

Nel 1921 fu mandato in Eritrea, assegnato al 10º Battaglione del locale Regio corpo truppe coloniali, trasferito quindi a quello della Libia, dove partecipò alla operazioni di controguerriglia e fu insignito di una Medaglia d'argento al valor militare nel 1924 e promosso tenente colonnello nel 1926.[2]

Tra l'agosto 1928 e l'ottobre 1931, quando viene promosso colonnello,[2] ricopre l'incarico di capo di stato maggiore della Divisione territoriale di Novara, assumendo poi il comando del 12º Reggimento fanteria che mantenne fino al 1934 quando fu nominato Capo di stato maggiore del Corpo d'armata di Bologna. Allo scoppio della guerra d'Etiopia prende parte alle operazioni belliche in qualità di Capo di stato maggiore del Corpo d'armata eritreo, venendo insignito della Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia per il suo contributo all'andamento delle operazioni belliche.[2]

Promosso generale di brigata il 1 luglio 1937,[2] presta servizio presso la Brigata "Monviso" che aveva Quartier generale a Cuneo. Dopo aver ricoperto l'incarico di intendente presso il comando della 4ª Armata nel 1938, nel marzo 1940 assunse il comando della 59ª Divisione fanteria "Cagliari".[2] Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, il 10 giugno 1940, partecipa alle operazioni belliche contro la Francia.[2] Insignito del titolo di Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia al termine della breve campagna viene promosso Generale di divisione nel mese di luglio, a partire dal mese di dicembre ricoprì l'incarico di Intendente superiore delle Forze Armate in Albania[3] prendendo parte alla campagna di Grecia e all'invasione della Jugoslavia.[2]

Ricoprì l'incarico di Sottosegretario al Ministero della guerra[4] dal 24 maggio 1941 al 13 febbraio 1943[4] e consigliere nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni[5] venendo promosso generale di corpo d'armata il 4 ottobre 1942.

Lasciato l'incarico al Ministero, il 13 maggio 1943 assume il comando del V Corpo d'armata in Croazia,[6] con Quartier generale a Cirquenizza.[6] All'atto dell'armistizio dell'8 settembre intavola negoziati con i capi partigiani Jovo Lončarević e Ivan Barbačić-Ivić al fine di organizzare il ritiro delle forze italiane. Ricevuto l'ultimatum di unirsi ai partigiani e combattere i tedeschi o arrendersi e consegnare le armi e ritirarsi, nella notte tra il 9 e il 10 lascia Cirquenizza e con il personale dello Stato maggiore del V Corpo d'armata si trasferisce a Fiume provocando il caos tra le rimanenti forze italiane rimaste in città, per venire poi catturato dalle truppe tedesche ed internato in Germania.[7]

Nel gennaio 1944 viene deferito al tribunale speciale della RSI e condannato a pena detentiva[8] ma rientra in Italia nel 1945. Dopo la fine della guerra lascia il servizio attivo ritirandosi a vita privata[9] a Montechiaro d'Asti dove si spense nel 1960.[7]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
«Capo di Stato Maggiore del Corpo d’Armata Eritreo, ha concorso validamente prima della costituzione della Grande Unità e poscia ha cooperato brillantemente al buon successo di tutte le operazioni della vittoriosa campagna che si sintetizzano nei nomi di: Amba Augher – 5 ottobre 1935; M. Gundì – 5 novembre; Macallè – 8 novembre; Amba Tezellerè – 22 dicembre; 1ª battaglia del Tembien – 20-24 gennaio 1936; 2ª battaglia del Tembien – 27 febbraio, 3 marzo 1936; Lago Ascianghi – 31 marzo-4 aprile 1936; Dessiè – 15 aprile 1936.»
— R.D. n.180 del 24 agosto 1936.[1]
Ufficiale dell'Ordine Militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di una Divisione di Fanteria di prima schiera, nella battaglia del fronte alpino occidentale, in quattro giornate di lotta accanita, fra difficoltà di ogni genere opposte dall’avversario, dal terreno, dall’inclemenza del tempo, guidava personalmente le colonne d’attacco in una geniale manovra di avvolgimento per l’alto, trascinando le truppe con l’esempio e imprimendo costantemente all’azione l’impronta della sua forte personalità di animatore e di Capo. Assicurava così il successo delle nostre Armi e l’occupazione di una vasta zona di territorio nemico. Piccolo Moncenisio-Le Planey-Bramaus, 21-25 giugno 1940.»
— R.D. n.243 del 6 gennaio 1941.[2]
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di battaglione si slanciava con tenace impulso e magnifico ardire, alla testa dei suoi reparti, all'assalto delle posizioni avversarie. Sventando in una possibile minaccia di aggiramento, con travolgente impeto cooperava con la sua fulminea azione alla schiacciante vittoria. Due giorni dopo col proprio battaglione di avanguardia batté nuovamente i ribelli provocando la fuga disordinata dell'avversario. Già distintosi in precedenti combattimenti per slancio, ardire e perizia.»
— Belhiusc Berat, 17-19 aprile 1924.
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«In giornata di furiosi e sanguinosi combattimenti per la conquista di forti posizioni nemiche, dette prova di esemplare sprezzo del pericolo, percorrendo zone intensamente battute dal fuoco avversario, per portare ordini e controllare situazioni fra le nostre truppe di prima linea.»
— Monte Forno, 10-19 giugno 1917
Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
— Decreto Luogotenenziale 20 agosto 1916[10]
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Bianchi 2012, p. 239.
  2. ^ a b c d e f g h i j Bianchi 2012, p. 240.
  3. ^ All'arrivo in Albania del generale Ugo Cavallero, Capo di stato maggiore generale, il 4 dicembre Scuero gli presentò un promemoria sullo stato disastroso in cui versavano i magazzini dell'intendenza.
  4. ^ a b Pettibone 2010, p. 21.
  5. ^ Storia Camera
  6. ^ a b Pettibone 2010, p. 80.
  7. ^ a b Bianchi 2012, p. 241.
  8. ^ Galligani 2012, p. 211.
  9. ^ Faceva volontariato con i bambini della Parrocchia di San Bartolomeo a Montichiaro d'Asti.
  10. ^ Bollettino Ufficiale 21 agosto 1916, disp.70ª.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Andrea Bianchi, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Gli Ordini Militari di Savoia e d'Italia, Associazione Nazionale Alpini, 2012, ISBN 978-8-89021-533-9.
  • (EN) John Carr, The Defence and Fall of Greece 1940-1941, Barnsley, Pen & Sword Books Ltd., 2013, ISBN 1-78159-181-4.
  • Alberto Cavaciocchi, Andrea Ungari, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.
  • Angelo Del Boca, Gli Italiani in Libia. Tripoli bel suol d'amore. 1860-1922, Bari, Laterza, 1986.
  • Clemente Galligani, L'Europa e il mondo nella tormenta: guerra, nazifascismo, collaborazionismo, resistenza, Roma, Armando Editore, 2012.
  • (EN) Philip S. Jowett, Stephen Andrew, The Italian Army Vol.1, Botley, Osprey Publishing Company., 2000, ISBN 1-78159-181-4.
  • (EN) Charles D. Pettibone, The Organization and Order of Battle of Militaries in World War II Volume VI Italy and France Including the Neutral Countries of San Marino, Vatican City (Holy See), Andorra, and Monaco, Trafford Publishing, 2010, ISBN 1-4269-4633-3.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]