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Principali mostre[modifica | modifica wikitesto]

L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940. Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche, a cura di Lea Vergine, Palazzo Reale, Milano, 16 febbraio - 13 aprile (prorogata fino al 18 maggio) 1980[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940

La mostra L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940. Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche inaugurò il 16 febbraio 1980 a Palazzo Reale di Milano. Organizzata dal Comune di Milano e curata da Lea Vergine, la mostra indagava il lavoro delle artiste all’interno del panorama artistico delle avanguardie di inizio ‘900 ed è riconosciuta come una pietra miliare rispetto agli studi relativi a storia dell’arte e questioni di genere.

Arte programmata e cinetica 1953-1963. L’ultima Avanguardia, a cura di Lea Vergine, Palazzo Reale, Milano, 4 novembre 1983 - 27 febbraio 1984[modifica | modifica wikitesto]

Lea Vergine si era avvicinata all’ambiente dell’arte cinetica grazie alla frequentazione con Giulio Carlo Argan e al compagno Enzo Mari. Aveva delineato una prima lettura critica degli esiti dell’arte programmata e cinetica nella rivista Lineastruttura[1], in seguito sviluppata nella conferenza dell’11 marzo 1973, nell’ambito del ciclo delle attività didattiche della Galleria Nazionale d’Arte Moderna (1972-1973). [2]

Nel 1983 curò la mostra collettiva Arte programmata e cinetica 1953/1963, L’ultima Avanguardia a Palazzo Reale di Milano. Le sue ricerche si focalizzarono sugli anni delle prime formulazioni teoriche del movimento, che riteneva i più significativi. Secondo Vergine «fu l’ultima volta che un gruppo internazionale di artisti propose un programma e un modello di cultura e di pratica del far arte alternativo»[3], considerando il movimento molto più che un’esaltazione della scienza e della tecnologia, dal momento che rifondava il rapporto tra individuo e società.

La mostra dedicava una sezione introduttiva a Futuristi, Astrattisti, Costruttivisti[4]. Il nucleo centrale accoglieva le opere degli artisti principali del movimento cinetico, tra cui quelle del Gruppo T[5], del Gruppo N[6], che analizzavano  con sistematicità i fenomeni della percezione. Si concludeva con i lavori di artisti come Enrico Castellani, Dadamaino, Jean Tinguely, che, pur conducendo ricerche affini agli esponenti dell’arte programmata, si differenziavano nei procedimenti e nelle finalità artistiche[7].

Carol Rama, a cura di Lea Vergine, Sagrato del Duomo, Milano, 29 maggio - 28 luglio 1985[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1985, Vergine curò la prima retrospettiva di Carol Rama, organizzata dal Comune di Milano e allestita dall’architetto Achille Castiglioni nel mezzanino della metropolitana sotto il Sagrato del Duomo. Vergine aveva già inserito l’artista tra le protagoniste de L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940. Con questa mostra a presentò una parte cospicua della produzione dell’artista lungo l’intero arco della sua attività, insieme a documenti e oggetti provenienti dalla sua casa studio di Torino.[8] L’operazione contribuì in maniera significativa a diffondere il lavoro di Rama, la cui prima mostra personale, allestita nel 1945 presso l’Opera pia Cucina malati poveri di Torino[8], venne chiusa dai nazisti per oltraggio al pudore.[9]

Il catalogo della mostra[10], raccoglie i contributi di Lea Vergine, dello scrittore Giorgio Manganelli, del musicologo Massimo Mila, del poeta Edoardo Sanguineti, un’antologia critica raccolta da Corrado Levi e un inedito “omaggio a Carol Rama” del compositore Luciano Berio.

Partitions/Opere multimedia 1984-85, a cura di Lea Vergine, Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, 29 novembre 1985 – 13 gennaio 1986[modifica | modifica wikitesto]

Partitions/Opere multimedia 1984-85 è la mostra personale dell’artista francese Gina Pane curata da Lea Vergine, che inaugurò nel 1985 al Padiglione d’arte contemporanea di Milano (PAC). L’esposizione fu organizzata in collaborazione con il Centre National des Arts Plastiques (FIACRE) del Ministero della Cultura francese e con il Centre Culturel Français di Milano. L’allestimento fu curato da Marco Albini e Franca Helg.[11] Vergine considerava l’artista “una protagonista di primissimo piano, se non la protagonista in assoluto della body art”.[12] Al PAC Vergine prese in esame la produzione recente dell’artista[13] selezionando opere successive al 1981, anno che segnò la conclusione del ciclo delle sue performance e l’inizio delle «partizioni», un termine di cui spiegò il significato nel catalogo: «Partizioni come l’atto del dividere, del ripartire, del mélanger forme, materiali, colori, talvolta sonorizzazioni o suoni; ma partizione anche come partitura musicale che include la lettura e l’interpretazione dell’opera da parte di chi guarda».[14]

Nella balconata superiore del PAC furono esposte undici opere di grande formato composte da materiali eterogenei come disegni, oggetti trovati, fotografie di azioni, bicchieri e giocattoli. In questi assemblaggi il corpo dell’artista era sparito, «c’è l’evocazione del corpo. Gina Pane si è tolta dalla scena e il suo corpo si è diffuso».[14] Nel catalogo della mostra [11] sono pubblicati il saggio della curatrice dal titolo “Il corpo diffuso”, il testo “Couleur-blessure” di Giorgio Manganelli, un’intervista con l’artista e un’antologia critica.

Geometrie dionisiache: in Italia oggi l’arte giovane, a cura di Lea Vergine, Rotonda della Besana, Milano, maggio - settembre 1988[modifica | modifica wikitesto]

La mostra Geometrie dionisiache: in Italia oggi l’arte giovane si tenne da maggio a settembre 1988 presso la Rotonda della Besana di Milano. La rassegna, curata da Lea Vergine e allestita da Achille Castiglioni, si focalizzò su ventitré giovani artisti, nati tra il 1955 e il 1960 circa, che durante la metà degli anni Ottanta operavano utilizzando un vocabolario di forme astratte o geometriche. Vergine spiegò nel catalogo che il titolo della mostra derivava dall'ampio uso di geometria, «geometria bizzarra e disobbediente però, anomala, litigiosa, esaltata spesso da una componente dionisiaca».[15] Ciascuno degli artisti invitati aveva un punto di vista differente rispetto al tema trattato. La novità di queste ricerche risiedeva nel non puntare a ripristinare l’astratto o l’informale, ma nell’intenzione di rielaborarli in base alla propria pratica, facendo emergere nuovi stili eterogenei.

Artisti: Massimo Antonaci, Stefano Arienti, Angelo Barone, Luigi Carboni, Manlio Caropreso, Lucilla Catania, Antonio Catelani, Fabrizio Corneli, Alex Corno, Daniela De Lorenzo, Antonio Di Palma, Aldo Ferrara, Carlo Guaita, Eduard Habicher, Marco Lodola, Marco Mazzucconi, Silvio Merlino, Nunzio, Claudio Palmieri, Luca Quartana, Maurizio Turchet, Antonio Violetta, Alfredo Zelli.[15]

Trash. Quando i rifiuti diventano arte, a cura di Lea Vergine, Palazzo delle Albere, Trento, Archivio del ‘900, Rovereto, 11 settembre 1997 - 11 gennaio 1998[modifica | modifica wikitesto]

Trash. Quando i rifiuti diventano arte, inaugurata l’11 settembre 1997 nelle due sedi museali del MART di Trento e Rovereto, venne presentata dalla curatrice Lea Vergine come una “sfilata, uno sbandamento di apparizioni, di metafore e di epifanie memoriali”[16] che partiva dall’inizio del Novecento fino alle ricerche degli anni Novanta. La mostra presentava un tono,“eccentrico, necrofilo, ironico, drammatico, [...] giocoso e segnato da leggerezza e garbo”, come scrive Gabriella Belli nel catalogo.[17] Punto d’incontro nelle ricerche degli artisti invitati era l'impiego del rifiuto, tradotto con il termine inglese “trash”, nell’ambito di architettura, arte, cinema, danza e musica. La tematica dell’oggetto di recupero era già stata affrontata durante l’inizio del XX secolo, come nel Merzbau (1923-1948) di Kurt Schwitters o nell’Orinatoio (1917) di Marcel Duchamp, con lo scopo di rendere ‘arte’ anche materiali meno eleganti. Durante il Novecento furono diverse le motivazioni che spinsero gli artisti verso i materiali di scarto, dalla denuncia sociale fino alla semplice ironia, e che portarono alla nascita di una cultura di ciò che è solitamente considerato brutto o inutile.

Il percorso della mostra proponeva una serie di oggetti che, estratti dal loro contesto originario e trasformati in opere d’arte, raccontavano una storia. L’artista quindi aveva il compito di mostrare come, in uno spazio predefinito, l’oggetto e il materiale di scarto acquisiscono un altro valore. Tra le opere si vennero a creare delle relazioni tra il grottesco e il sacro, tra il romantico e l’ironico, “l’immondizia può essere illuminante”, afferma Vergine nel catalogo.[18]

Artisti: Eileen Agar, Agullo, Arman, Roberto Marcello Baldessari, Giacomo Balla, Lewis Baltz, Gianfranco Baruchello, Bizhan Bassiri, Gabriella Benedini, Joseph Beuys, Umberto Boccioni, Christian Boltanski, Giovanna Borgese, Enrica Borghi, Louise Borgeois, Giannetto Bravi, George Brecht, Stuart Brisley, Alberto Burri, Carlo Carrà, Enrico Cattaneo, Maurizio Cattelan, Alik Cavaliere, Carla Cerati, César, Ettore Colla, Isabella Colonnello, Primo Conti, Joseph Cornell, Claudio Costa, Tony Cragg, Mario Cresci, Walter Dahn, Sergio Dangelo, Fortunato Depero, Fabio De Poli, Niki De Saint-Phalle, Gérard Deschamp, Giuseppe Desiato, Erik Dietman, Gerardo Di Fiore, Vladimir Vladimirovič Dimitriev, Mark Dion, Willie Doherty, Gerardo Dottori, Marcel Duchamp, Robert Filliou, Peter Fischli & David Weiss, Lucio Fontana, Raffaella Formenti, Hannes Forster, Cesare Fullone, Mario Giacomelli, Robert Gober, Ferdinando Greco, Raymond Hains, David Hammons, Al Hansen, Mona Hatoum, Anthony Hernandez, Tom Egil Jensen, Mimmo Jodice, Paul Joostens, Tadeusz Kantor, Allan Kaprow, Kcho, Imre Kinsky, Alison Knowles, Jiri Kolár, Jannis Kounellis, Dmitri Kozaris, Annette Lemieux, Giorgio Lotti, Uliano Lucas, George Maciunas, Jackson Mac Low, Man Ray, Piero Manzoni, Giuseppe Maraniello, Marca-Relli, Filippo Tommaso Marinetti, Eva Marisaldi, Eliseo Mattiacci, Fabio Mauri, Paul Mc Carthy, Mario Merz, Joachim Ogarra, Charlotte Moorman, Otto Mühl, Ugo Mulas, Hidetoshi Nagasawa, Louise Nevelson, Giulia Niccolai, Cady Nolan, Gastone Novelli, Ron O’Donnel, Catherine Opie, Meret Oppenheim, Orlan, Gabriel Orozco, Nam June Paik, Claudio Parmiggiani, Pino Pascali, Luca Maria Patella, Jacques Pavlovsky, Michel Paysant, Nicola Pellegrini, Irving Penn, Lorenzo Pepe, Tullio Pericoli, Francis Picabia, Pablo Picasso, Michelangelo Pistoletto, Ivan Pougny, Enrico Prampolini, Louie Psihoyos, Carol Rama, Robert Rauschenberg, Raffael Rheinsberg, Rosanna Rossi, Mimmo Rotella, Nancy Rubins, Sabrina Sabato, Tom Sachs, Salvatore Scarpitta, Christian Schad, Carolee Schneemann, Herbert Schürmann, Kurt Schwitters, Andres Serrano, Gino Severini, Cindy Sherman, Ardengo Soffici, Daniel Spoerri, Fausta Squatriti, Jana Sterbak, Erika Stocker, Varvara Stepanova, Antoni Tàpies, Wolfgang Tillmans, Jean Tinguely, Rirkrit Tiravanija, Matilde Trapassi, Richard Tuttle, Franco Vaccari, Nanni Valentini, Ben Vautier, Vedova-Mazzei, Jacques Villeglé, Volt (Vincenzo Fani Ciotti), Else Von Freytag-Loringhoven, Wolf Vostell, Barbara Watson, Robert Watts, Walter Weer, Richard Wentworth, Franz West, Mike Yamashita, Rougena Zátková, Gilberto Zorio.

D’Ombra, a cura di Lea Vergine, Palazzo delle Papesse - Centro arte contemporanea, 14 ottobre 2006 - 07 gennaio 2007, MAN Museo d'arte della Provincia di Nuoro, Nuoro, 26 gennaio 2007 - 06 maggio 2007[modifica | modifica wikitesto]

La mostra D’ombra fu concepita da Lea Vergine per il Palazzo delle Papesse di Pisa e il MAN Museo d’arte della Provincia di Nuoro. Vergine raccolse le opere di quaranta artisti che si erano occupati del tema dell’ombra, di esperienze al limite tra mondo fisico e mondo magico, o tali da evidenziare la parte segreta di persone e oggetti. Nel catalogo della mostra descrive così la scelta del tema: «nelle ombre si possono proiettare i miraggi, le visioni, le paure, i desideri, il non detto; persone che non abbiamo mai conosciuto, luoghi dove non siamo mai stati, riverberi di situazioni e di accadimenti magari mai vissuti: in breve, sogni. E un sogno è un sogno, non è un'illusione. Forse troverete il tema un po' singolare. Lo è.»[19]

Artisti: Mario Airò, Doug Aitken, Carlo Alfano, Laurie Anderson, Stefano Arienti, Luciano Bartolini, Carlo Benvenuto, Barbara Bloom, Christian Boltanski, Fabrizio Corneli, Gino De Dominicis, Peter Fischli & David Weiss, Ceal Floyer, Alberto Garutti, Ann Hamilton, Mona Hatoum, Gary Hill, Joan Jonas, Nino Longobardi, Urs Lüthi, Fabio Mauri, Sebastiano Mauri, Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini, Tracey Moffat, Margherita Morgantin, Marvin E. Newman, Cornelia Parker, Claudio Parmiggiani, Gianni Pisani, Markus Raetz, Annie Ratti, Rosanna Rossi, Anri Sala, Susanne Simonson, Jana Sterbak, Fiona Tan, Andy Warhol, William Wegman, Francesca Woodman.

Un altro tempo. Tra Decadentismo e Modern style, a cura di Lea Vergine, MART Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Rovereto, 22 settembre 2012 - 13 gennaio 2013[modifica | modifica wikitesto]

Un altro tempo. Tra Decadentismo e Modern style è la mostra curata da Lea Vergine al MART di Rovereto nel 2013, in collaborazione con la curatrice Francesca Giacomelli. Gli artisti presenti in mostra facevano parte di un gruppo di “grandi eccentrici”[20], come li definisce Vergine, attivi a Londra, nel quartiere di Bloomsbury, nel periodo compreso tra la fine degli anni Dieci e gli anni Trenta del XX secolo. Ciò che accomunava queste figure era l’intento di sovvertire i canoni vittoriani a favore della diffusione di un linguaggio moderno. Le opere esposte celebravano questo mondo eccentrico e non convenzionale, fondato sugli intrecci: «non ci sono capolavori nella mostra, ma c’è una rete di tessuti di scambi, di prese a prestito, di declinazioni nuove».[20] L’allestimento, pensato da Antonio Marras e curato da Paolo Bazzani, aveva come fine quello di trasportare lo spettatore ad immergersi in un’atmosfera retrò attraverso sculture, dipinti, libri, disegni, grafica editoriale, fotografia, arredi; ma anche tessuti e gioielli.

In occasione della mostra fu pubblicato il volume "Un altro tempo. Tra Decadentismo e Modern Style”, contenente un testo della curatrice e le schede bio-bibliografiche degli autori e gruppi esposti: Hilda Doolittle, Ezra Pound, John Maynard Keynes, Lytton Strachey, Roger Eliot Fry, Omega Workshop, Vanessa Bell, Duncan Grant, Henri Gaudier-Brzeska, Vorticismo, i Sitwell, Cecil Beaton, e William Walton.[21]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Rivista trimestrale di architettura, design, arti visive.
  2. ^ Nello stesso anno pubblicò il testo L’arte cinetica in Italia, trascrizione del discorso che tenne alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
  3. ^ Lea Vergine, Arte programmata e cinetica 1953/1963, L’ultima avanguardia, Milano, Mazzotta Editore, 1983, p. 12.
  4. ^ Tra cui: Giacomo Balla, Marcel Duchamp, Bruno Munari, Katarzyna Kobro, Josef Albers.
  5. ^ Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gabriele De Vecchi, Grazia Varisco.
  6. ^ Alberto Biasi, Toni Costa, Ennio Chiggio, Edoardo Landi, Manfredo Massironi.
  7. ^ Nella mostra erano anche presenti artisti come: Mario Ballocco, Andreas Christen, Mary Vieira, Antonio Asis, Pol Bury, Narciso Debourg.
  8. ^ a b Archivio Carol Rama, su archiviocarolrama.org. URL consultato il 12 febbraio 2022.
  9. ^ Antonio Armano, CAROL RAMA Un poco comune sesso del pudore, in il Giornale, 11 gennaio 2017. URL consultato il 12 febbraio 2022.
  10. ^ Lea Vergine (a cura di), Carol Rama, Milano, Mazzotta Editore, 1985.
  11. ^ a b Lea Vergine (a cura di), Gina Pane, Partitions/Opere multimedia 1984-85, Milano, Mazzotta Editore, 1985.
  12. ^ Lea Vergine, Per l’azione «mezzogiorno ad Alimena» di Gina Pane, in Parole sull'arte 1965-2007, Milano, Il Saggiatore, 2008, p. 65.
  13. ^ Gina Pane “PARTITIONS”/OPERE MULTIMEDIA 1984-85, su PAC Padiglione d'arte contemporanea. URL consultato il 12 febbraio 2022.
  14. ^ a b Lea Vergine, Il corpo diffuso, in Parole sull'arte 1965-2007, Milano, Il Saggiatore, 2008, p. 69-70.
  15. ^ a b Lea Vergine (a cura di), Geometrie dionisiache: in Italia oggi l’arte giovane, Milano, Fabbri Editori.
  16. ^ Mirella Bandini, Lea Vergine e i rifiuti, in Domus, 20 dicembre 2006. URL consultato il 12 febbraio 2022.
  17. ^ Lea Vergine (a cura di), Trash. Quando i rifiuti diventano arte, Milano, Electa, 1997, p. 16.
  18. ^ Lea Vergine (a cura di), Trash. Quando i rifiuti diventano arte, Milano, Electa, 1997, p. 24.
  19. ^ Lea Vergine, fatti d'ombra, in Lea Vergine (a cura di), D'ombra, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2006, p. 15.
  20. ^ a b Lea Vergine intervistata da Valentina Tosoni per SoulFood Radio Capital, MOSTRA Un altro tempo. Tra Decadentismo e Modern Style MART ROVERETO intv a Lea Vergine, su youtube.com, 5 ottobre 2012. URL consultato il 3 febbraio 2022.
  21. ^ Lea Vergine, Un altro tempo. Tra Decadentismo e Modern Style, Milano, Il Saggiatore, 2012.