Utente:FabiorWikiTIM/Debunker

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Immagine descrivente il debunking di una presunta impronta di uno Yeti.

Un debunker in italiano: demistificatore o ingannatore è un individuo che mette in dubbio o smaschera ciarlatanerie, bufale, affermazioni false, esagerate, antiscientifiche, dubbie o pretenziose.

Debunking[modifica | modifica wikitesto]

La pratica di mettere in dubbio o smentire, basandosi su metodologie scientifiche, affermazioni false, esagerate, antiscientifiche è l'attività di un debunker[1]. Un debunker (in italiano: demistificatore o disingannatore) è un individuo che smaschera ciarlatanerie, bufale, affermazioni false, esagerate, anti-scientifiche, dubbie o pretenziose[2]. La tradizionale area tematica di intervento del debunker concerneva inizialmente fenomeni ufologici, teorie del complotto, affermazioni sul paranormale, religione, eventi miracolistici o presunti tali, ricerche compiute al di fuori del metodo scientifico. Data la crescente diffusione del fenomeno "Fake News" (disinformazione, complottismo, misinformazione, bufale) o nella terminologia adoperata da Claire Wardle[3] "ecosistema della disinformazione", la figura odierna del debunker si occupa principalmente di verificare l'attendibilità delle fonti mettendone in dubbio la veridicità del contenuto.

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il termine debunking è costituito da un prefisso de- , che significa rimuovere, e la parola bunk[4] che vuol dire fandonia. Fu Felix Walker, rappresentante del Distretto in Nord Carolina durante il 16esimo Congresso degli Stati Uniti d'America (1819-1821), a pronunciare un discorso volto a convincere la sua circoscrizione che stava facendo la differenza a Washington, sostenendo di non parlare al Congresso ma “a Buncombe”( Contea che era compresa nel Distretto del Nord Carolina). Questo termine modificato in bunkum e dopo abbreviato in bunk[4] , è diventato sinonimo di claptrap (imbonimento). Sarà solo nel 1923 con il romanziere statunitense William E.Woodward, che il termine sopradescritto acquisirà un’accezione moderna con la nascita del neologismo debunk tratto da un suo romanzo bestseller intitolato Bunk[5]. Il debunking si diffonde quindi con la seguente denotazione take the bunks out of things (togliere le fandonie dalle cose).

Debunk[modifica | modifica wikitesto]

Il debunker è colui che smentisce e verifica l'attendibilità delle fonti. L'attività di quest'ultimo si focalizza sul processo comunicativo: ne ripercorre le varie fasi, partendo dal prodotto finito (notizia), analizzandone il contenuto, il contesto, le fonti, per individuare dunque le motivazioni all'origine della notizia ed eventualmente smascherarle. Di conseguenza, il lavoro del debunker consiste non tanto nel discriminare il vero dal falso, quanto piuttosto il vero dal verosimile. Egli utilizza determinati strumenti che la tecnologia offre e che si rivelano efficaci per stabilire la veridicità o meno di una notizia.

Strumenti[modifica | modifica wikitesto]

Attualmente numerose testate giornalistiche hanno istituito una sezione che si occupa di debunking, soprattutto per quanto riguarda situazioni di emergenza e catastrofi nucleari: a tal proposito il progetto internazionale Verification Handbook[6] ha stilato un vademecum nel 2014, destinato ai giornalisti il cui obbiettivo era quello di imparare a distinguere una notizia potenzialmente falsa da una vera perfezionando l'arte del debunking. Nella guida specifici strumenti vengono indicati come utili ai fini dell'attività:

  • Google Image Search, su images.google.com. o TinEye, su tineye.com. per la verifica e la ricerca delle immagini;
  • FotoForensics, su fotoforensics.com. , FindExif, su findexif.com. o Flickr, su flickr.com. per risalire ai dati dello scatto ed al tipo di fotocamera usata (metadati Exif);
  • Google Traduttore per verificare contenuti in lingua straniera;
  • Uso di siti video-sharing quali YouTube, su youtube.com. , Vimeo, su vimeo.com. Youku, su youku.com. per effettuare una ricerca basata sui tags interessati.

Critiche[modifica | modifica wikitesto]

Le critiche dei debunker a volte possono offendere coloro che credono in determinate teorie considerate pseudoscientifiche. Come dimostra lo studio "Debunking in a world of tribes"[7], condotto sulla rivista scientifica PLOS ONE, che analizza l'andamento delle discussioni su Facebook tra debunker e complottisti, se l’operazione di debunking viene effettuata con toni aggressivi, il rischio è che possa essere poco efficace e controproducente. Ciò avviene perché si finisce per rafforzare il sistema di credenze di chi crede fortemente in teorie di complotto, allontanandolo dalla verità scientifica. Nel caso in cui il debunker non presti attenzione, la comunicazione potrebbe causare un effetto boomerang, ad esempio accrescendo la credenza dell'audience dei miti. Questi effetti possono presentarsi se un messaggio trascorre troppo tempo su un caso negativo, se è troppo complesso o minaccioso. Una strategia costante di debunking può portare all'editorializzazione dei contenuti, delegando ad un solo ente l'attività di verifica degli stessi. Questo porta a non utilizzare il pensiero in modo critico.[8] Alcuni studiosi, come Marcello Truzzi[9], sostengono che alcuni scettici vanno troppo oltre, facendo anche asserzioni negative. Secondo Truzzi, che definisce tale atteggiamento "pseudoscettico"[10], i veri scettici sono neutrali o agnostici, spesso critici verso affermazioni straordinarie e mai portati a fare critiche negative a priori. Piuttosto lo scettico, di fronte a tali affermazioni, deve richiedere prove fuori dal comune[11]. Questo assunto è spesso reso con la frase: "affermazioni straordinarie (fuori dal comune) richiedono prove straordinarie".

Esempi recenti di debunking[modifica | modifica wikitesto]

Il Caso Pizza-Gate[modifica | modifica wikitesto]

L’elezioni presidenziali americane dell’autunno 2016 offrono un perfetto esempio di debunking, in merito al caso pizzagate: con tale espressione si indica il caso che vide accusati esponenti del partito democratico (e dunque la stessa Hilary Clinton): le mail-capo d’accusa, poi diffuse da Wikileaks, avrebbero “portato alla luce” una raccolta fondi destinata al traffico di bambini, legata ad un cospicuo numero di ristoranti statunitensi, utilizzati come copertura (da cui il nome stesso del caso). Molteplici organizzazioni parteciparono al processo di debunkig: in primis il distretto di polizia di New York, ma anche testate come il New York Times, il Los Angeles Times ed il The Washington Post. Proprio il New York Times pubblicò nel Dicembre del 2016 un articolo New York Times Pizzagate, su nytimes.com. , analizzando minuziosamente i punti-chiave del caso.

Il Caso Bin Laden[modifica | modifica wikitesto]

Successivamente alla morte di Bin Laden, le tv pachistane mostrarono l'immagine del cadavere dilaniato del leader di Al-Quaeda. Questa venne ripresa da più mezzi d'informazione, tra cui internet e i vari forum che smentirono l'autenticità della foto, nonostante fosse stata utilizzata in più siti web. Ancora oggi l'episodio è visto da molti come tentativo di occultare il fallimento dell'uccisione di Bin Laden.[12]

Il Caso Blue Whale[modifica | modifica wikitesto]

Il maggio del 2016, vede scoppiare in Russia un fenomeno, conosciuto poi internazionalmente, come “Blue Whale”. Con tale espressione si delineerebbe quel complesso di attività (o meglio sfide) che, presumibilmente, avrebbe portato molteplici adolescenti al suicidio, tramite il superamento di diverse prove. Il fenomeno ha progressivamente riscosso curiosità, grazie anche all’imponente copertura da parte dei media (anche italiani) che paventavano il possibile dilagare di tale pratica al di fuori dalla Russia. In Italia, uno degli studi che ha tentato di fare luce sull’argomento è sicuramente quello di Davide Bennato, docente di Sociologia dei media digitali all’Università di Catania : in un articolo su Agenda Digitale[13], egli compendia le proprie ricerche sulla questione, mostrando come l’attività dei media abbia ingigantito “ un fenomeno controverso” trasformandolo “ in una realtà fattuale giocando sulla paure delle persone” . Il Professore, difatti, conclude affermando: “Non è una bufala, non è vera, ma non è neanche falsa: benvenuti nell’era della post-verità”.

Esempi di debunker[modifica | modifica wikitesto]

  • Martin Gardner è stato un matematico e divulgatore scientifico che si è occupato di debunking nell’ambito della parapsicologia nei suoi articoli di giornali e libri.
  • Walter Quattrociocchi, informatico, esperto di disinformazione online[14]
  • Penn & Teller sono un gruppo di intrattenimento che spesso smaschera trucchi magici e illusioni[15]. Hanno inoltre fatto opere di debunking di molti altri aspetti delle credenze popolari nel loro show, Penn & Teller: Bullshit!
  • Basava Premanand è stato uno scettico e razionalista indiano, presidente dell’Indian Skeptic, l’associazione indiana per lo studio di fenomeni paranormali[16]
  • James Randi è un razionalista, scettico, nonché un oppositore delle pseudoscienze. È una figura di spicco del CSI, l’associazione americana analoga al CICAP[17]
  • Carl Sagan è stato un famoso astronomo che si è occupato di debunking. Lo si ricorda inoltre come grande divulgatore scientifico, come scrittore di fantascienza e come epistemologo in qualità di uno dei maggiori esponenti dello scetticismo scientifico.[18]

Debunker in Italia[modifica | modifica wikitesto]

  • Massimo Polidoro divulgatore scientifico, giornalista e scrittore italiano, è autore di vari libri; in particolare "Rivelazioni" Massimo Polidoro, Rivelazioni, 2014, Piemme., che funge da guida tecnica per lo smascheramento delle fake news.
  • Paolo Attivissimo è un giornalista e consulente informatico, traduttore tecnico, divulgatore scientifico, cacciatore di bufale, studioso della disinformazione nei media.[19]
  • Piero Angela è un giornalista, scrittore e divulgatore scientifico. È il primo, in Italia, ad aver affrontato l’argomento del “paranormale” da un punto di vista critico. È presidente onorario e tra i fondatori del CICAP.[20]
  • Michelangelo Coltelli è il fondatore del blog Bufale un tanto al chilo.[21]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ garzantilinguistica.it, Garzanti Linguistica, https://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=debunking.
  2. ^ «To expose or ridicule the falseness, sham, or exaggerated claims of». Estratto da Debunker - American Heritage Dictionary of the English Language. The Free Dictionary.
  3. ^ shorensteincenter.org, Studio Wardle, https://shorensteincenter.org/wp-content/uploads/2017/10/Information-Disorder-Toward-an-interdisciplinary-framework.pdf?x78124.
  4. ^ a b bunk, su etymonline.com.
  5. ^ William E. Woodward, Bunk, 1976, ISBN 9780306708466.
  6. ^ Fonte Verification Handbook [1]
  7. ^ Studio "Debunking in a world of tribes" su PLOS One [2]
  8. ^ Information Disorder [3]
  9. ^ professore di sociologia alla Eastern Michigan University, che si definisce scettico
  10. ^ (EN) On Pseudo-Skepticism: A Commentary by Marcello Truzzi from Zetetic Scholar, #12-13, 1987
  11. ^ (EN) Marcello Truzzi: "And when such claims are extraordinary, that is, revolutionary in their implications for established scientific generalizations already accumulated and verified, we must demand extraordinary proof." Editorial in The Zetetic (Vol. 1, No.1, Fall/Winter 1976, p 4).
  12. ^
  13. ^ Blue Whale, il ruolo perverso di media e social, su agendadigitale.eu.
  14. ^ Ten Outstanding Skeptics of the Century, su http: (archiviato dall'url originale il 25 marzo 2008).
  15. ^ Review/Theater; Penn and Teller Offer Several Variations On a Magic Theme, su nytimes.com.
  16. ^ Premanand Basava, su cicap.org.
  17. ^ Ten Outstanding Skeptics of the Century, su http: (archiviato dall'url originale il 25 marzo 2008).
  18. ^ Ten Outstanding Skeptics of the Century, su http: (archiviato dall'url originale il 25 marzo 2008).
  19. ^ Blog Attivissimo, su attivissimo.blogspot.it.
  20. ^ CICAP, su cicap.org.
  21. ^ BUTAC, su butac.it.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

[[Categoria:Epistemologia]] [[Categoria:Illusionismo]] [[Categoria:Pseudoscienza]]