Storia di Lucca

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Stemma ufficiale
Voce principale: Lucca.

Le origini di Lucca: l'epoca preromana[modifica | modifica wikitesto]

La ricostruzione delle origini di Lucca è ancora oggi oggetto di controversie storiche. L'origine del nome secondo Silvio Pieri è incerta[1]. Da studi toponomastici comunque più recenti e concreti, come spiega Riccardo Ambrosini[2], il nome Lucca ha riferimenti che portano a "bosco sacro" (latino lucus), "tagliare" (latino lucare) e "spazio luminoso" (leuk, termine in uso nelle prime popolazioni europee e da cui derivano altri nomi di città, come Vienna). L'ipotesi iniziale, oggi sempre meno considerata veritiera, era quella di una radice celto-ligure luk, "luogo paludoso"[3]. Invece l'origine a quanto pare riporta a una area boschiva deforestata per fare spazio alla luce o ad una radura posta su un'isola fluviale di detriti del Serchio, in mezzo ad aree boschive.
I primi insediamenti quasi certamente si hanno quindi già con le prime popolazioni europee, quindi con i Celto-liguri e successivamente con gli Etruschi.

Già verso l'anno 1000 a.C. si hanno prove di estrazione e lavorazione del ferro, a prova della presenza di popoli insediatosi nella piana occidentale del Serchio.

Monete "lucchesi" contrassegnate da Λ (L greca) o da CC sono state rinvenute e sono databili fin dal IV secolo a.C..

Epoca romana[modifica | modifica wikitesto]

Tabula Peutingeriana: Pars IV - Segmentum IV
Rappresentazione delle zone Apuane:
sono indicate le colonie di Pisa, Lucca, Luni e il nome "Sengauni"

Il console romano Sempronio Longo, inseguito da Annibale durante la seconda guerra punica dopo la sconfitta del Trebbia (218 a.C.), si rifugiò a Lucca, probabilmente già fortificata.[4]

Nel 179 a.C., dopo un decennio di battaglie con risultati alterni, i romani, guidati da Quinto Fulvio Flacco e Aulo Postumio Albino, vinsero gli Apuani-Liguri. L'anno seguente, il 180 a.C., a valle dei loro territori e proprio per fermarli, fondarono una nuova colonia latina, Luca, in un territorio soggetto a Pisa, città già alleata con Roma, con conseguente deduzione di legionari veterani, similmente a quanto documentato per Luni e successiva immediata centuriazione della pianura lucchese.[5] Nel 180 a.C. Lucca diventa colonia romana di diritto latino.

Fu a Lucca che nel 56 a.C. Cesare, Pompeo e Crasso si incontrarono e rinnovarono il patto di governo chiamato primo triumvirato, precedentemente stipulato nel 60 a.C.

Con la promulgazione della lex Iulia de civitate, Lucca, nell'89 a.C., fu elevata al rango di Municipium. Sulle vicende storiche di questa prima fase del Municipium lucchese si conosce poco, a causa dei pochissimi documenti arrivati integri fino ai giorni nostri.

Tra i pochi documenti troviamo una lettera che Cicerone scrive a Bruto, nella quale viene citato il nome di Lucca: Lucius Castronius Paetus longe princeps municipii lucensis. (Cicerone, Epistula Ad Familiares, 13 13).

Quello che invece sembra confermarsi sempre più è l'importanza strategica di Lucca, in qualità di città-fortezza sia nel primo confine della Repubblica romana che durante l'Impero, in caso di attacchi "barbarici" da Nord.
Da notare che Lucca si trova proprio sul "confine dell'olivo" della penisola italica, quindi sul confine del clima mediterraneo che ha fatto trionfare la civiltà romana, perciò Lucca risultava per i romani la città-fortezza che doveva proteggere il cuore dell'impero dalle ostilità del continente.

L'importanza strategica di Lucca è stata provata anche dal ritrovamento di blocchi di pietra di enormi dimensioni, frammenti quindi di mura difensive di dimensioni senza eguali (rispetto ad altre città, nella tavola peutingeriana, Lucca è infatti indicata in modo stilizzato da una fortificazione).
Questa importanza strategica e militare di Lucca darà modo alla città di mantenere un alto grado di importanza nei successivi sviluppi storici medievali.

Carta con la "città-fortezza" di Lucca al tempo del primo triumvirato

Periodo longobardo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ducato di Tuscia e Marca di Tuscia.

L'occupazione longobarda della Tuscia (574-680)[modifica | modifica wikitesto]

Dopo essere stata conquistata dagli Ostrogoti (493) e poi dai Bizantini (552), tra il 568 e il 584 i Longobardi giunsero a Lucca e ne fecerono una loro capitale toscana. In quell'epoca era vescovo di Lucca San Frediano (566-588), che nel 575 fece aprire una nuova via al fiume Serchio attraverso la gola di Ripafratta, eliminando in parte i gravi problemi che dalla fondazione il fiume causava alla Città[6].

Ebbero inizio saccheggi e devastazioni, dovute alla guerra con i Bizantini che presidiavano ancora alcune aree. Progressivamente si ebbe un avvicinamento tra i nuovi conquistatori e la popolazione autoctona, grazie alla profonda religiosità mostrata dai Longobardi e alla concessione ai lucchesi di una condizione giuridica nella nuova organizzazione politica decretata dai re longobardi. Venne così fondato il Ducato di Tuscia con capitale Lucca, archetipo della moderna Toscana, comprendente anche Firenze (all'epoca una città molto piccola e senza vie di comunicazione). Successivamente Autari, re d'Italia dal 584, riorganizzò la Toscana costituendo tre ducati: il Ducato di Lucca, il Ducato di Firenze e il Ducato di Pisa.

Quello di Lucca divenne sede abituale del re e importante nodo viario lungo la via Francigena.

Il Ducato di Tuscia nel Regno longobardo (680-774)[modifica | modifica wikitesto]

Nell'ultimo periodo dell'occupazione longobarda diviene per lungo tempo capitale della Tuscia.

Inizia nel VIII secolo il periodo dei vescovi longobardi: Balsari, Telesperiano, Walprand (737-754) - figlio di Walpert, duca di Lucca - che seguì re Astolfo nella sua spedizione contro Roma.

Risulta accertato che intorno all'VIII secolo, mentre si convertono al cattolicesimo, re, duca, nobili e commercianti longobardi danno luogo ad elargizioni cospicue alla chiesa lucchese, accrescendone il patrimonio. Fioriscono così i monasteri, come il monastero di San Pietro nel Vico Asulari (San Pietro a Vico), quello di San Salvatore di Sesto, di San Pietro di Camaiore e di San Giustina di Lucca, edificato per merito di Allone, duca di Lucca, sotto il cui dominio avvenne la "terribile carestia" del 775.[7] E vengono fondate chiese, tra cui: San Micheletto nel 721 da Pertuald, facoltoso aristocratico collegato con la corte pavese e amico di Liutprando; Santa Maria in Via nel 774 da Anspald figlio di Teutpald; San Dalmazio nel 771 dal negoziante Fridulo. Nel 720, sotto il vescovo Telesperiano, venne costruito fuori porta San Pietro, lo xenodochio di San Silvestro, per opera di dodici ricchi longobardi.[8] La chiesa e il monastero di San Gregorio nel 783 sono edificati da Tuedipert e Anpert, nel 790 un convento di monache viene eretto con la Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo grazie al Diacono Iacopo, futuro vescovo.

Peredeo, figlio di Pertuald e Sundruda, successe a Walprand come vescovo di Lucca dal 754 alla morte nel 779. Nonostante un breve periodo di prigionia in Francia ad opera dei Franchi, che invasero Lucca nel 774, Peredeo è ricordato per l'oculata amministrazione delle rendite e del patrimonio ecclesiastico, grazie al quale il territorio episcopale lucchese arrivò a comprendere la diocesi di Pescia, di Massa, di San Miniato, i territori della Val d'Elsa e della stessa Maremma toscana.[8]

Il periodo franco[modifica | modifica wikitesto]

L'età carolingia (774-843)[modifica | modifica wikitesto]

Nel 774 il dominio longobardo cade e Lucca passa sotto quello dei Franchi. Con l'avvento del Sacro Romano Impero, Firenze diviene la nuova capitale del Marchesato o Marca di Tuscia. Al duca Allone succede nel 797 il conte Wicheramo. Alla morte del vescovo Peredeo (779) succedono Giovanni I, Jacopo I, fratello di Giovanni I, fondatore della biblioteca del Capitolo di Lucca, e poi Pietro I. Solo con il vescovo Berengario (837-843) arriva un vescovo non più longobardo, ma franco.

Dopo Wicheramo, nell'812, inizia la dinastia bavarese dei Bonifaci con Bonifacio I di Lucca detto il Bavaro, padre di Bonifacio II di Toscana, che governò da Lucca la marca di Tuscia dall'823 all'839 e liberò con altri feudati toscani la Corsica e la costa tirrenica dalle incursioni dei Saraceni (838). Nelle lotte tra Ludovico il Pio e Lotario I, il marchese Bonifacio rimase fedele al primo, liberando la moglie di Ludovico, Giuditta di Baviera ,imprigionata a Tortona. Con la sconfitta di Ludovico e la conseguente elezione a re d'Italia di Lotario venne privato della marca e cadde in disgrazia. Trascorse gli ultimi anni della sua vita in esilio in Francia.

Nella prima metà del IX secolo continuano ancora le donazioni e le fondazioni di luoghi di culto ad opera di longobardi. Nell'805 viene edificata da un certo Natale, muratore (casarius)[9], una chiesa in onore di San Pietro, con l'obbigo di far da mensa per gli indigenti ogni venerdì, e nell'822 viene fondato da Prandulo e Tudipert il monastero dei Santi Benedetto e Scolastica, che offre un pasto peri poveri una volta a settimana.

L'età post-carolingia (843-1001)[modifica | modifica wikitesto]

Al vescovo Berengario segue Ambrogio (843-852), anch'esso franco: con entrambi molti dei beni ecclesiastici furono concessi ai laici eminenti della diocesi. Allo spogliamento del patrimonio cominciarono a porvi rimedio i vescovi Geremia Aldobrandeschi (852-867) e Gherardo I (869-895). Geremia, che era fratello del primo comes delle contee toscane meridionali, Ildebrando, riuscì nell'852 ad avere da Ludovico II il Giovane[10] un provvedimento imperiale di annullamento[11] di tutti i livelli in corso che potevano impoverire la diocesi lucchese, "ordinando che tutti i detentori di beni ecclesiastici a qualunque titolo dovessero lasciarli liberi".[12] L'Impero da tempo era preoccupato dell'eccessivo accrescimento dei patrimoni dei nobili, che rischiava di ribaltare gli equilibri del potere in essere.

A partire dal Trattato di Verdun (843), i gastaldati, la contee e le diocesi della Tuscia caddero sotto il controllo della corte ducale di Lucca. A Bonifacio II, gran feudatario dell'imperatore del sacro romano impero come il padre, successe Adalberto I di Toscana, documentatato dall'846 come marchese di Toscana e tutor della Corsica, con il compito di coordinare la difesa dai Saraceni. Fu inviato nell'855 da Ludovico II a Roma a capo di un'ambascieria, col compito di non ratificare l'elezione di papa Benedetto III e di sostituirgli Anastasio. Le sue truppe invasero il Laterano, arrestarono il papa ma non riuscirono nel loro proposito.[13] La Tuscia fu retta all'incirca dall'889 al 915 da Adalberto II di Toscana, detto il Ricco, figlio di Adalberto I e della seconda moglie Berta di Lotaringia, contessa di Provenza. Grazie a loro la corte di Lucca acquistò l'importanza di un grande centro. Lucca accolse infatti nel 901 l'imperatore Ludovico III, re di Provenza, che in quell'anno venne incoronato a Roma imperatore da Benedetto IV dopo aver sconfitto Berengario I del Friuli, all'epoca re d'italia. Tornato in Italia, Ludovico venne sconfitto da Berengario I nel 902 e poi nel 905, quando fu catturato, accecato a Verona ed infine rimandato in Provenza. Adalberto II è sepolto nella cattedrale di San Martino con la moglie Berta,[14] morta nel 925, un anno prima dell'incoronazione a re di Italia di Ugo di Provenza, il figlio che ebbe dal primo matrimonio con Tebaldo d'Arles.

Nel 932 Ugo sposò con grande scandalo Maronzia, che, esponente di una potente famiglia di origine longobarda di Tuscolo, aveva precedentemente sposato in seconde nozze Guido di Toscana, primogenito di Berta ed Adalberto II. Ugo abdicò in favore di suo figlio Lotario II, avuto in seconde nozze da Alda, e morì ad Arles dove era ritornato all'inizio del 947 con il tesoro del regno d'Italia, dopo essere stato sottomesso da Berengario II. Questi, che già reggeva di fatto il governo del regno, si fece incoronare con il figlio Adalberto a Pavia il 15 dicembre 950, appena dopo la morte prematura di Lotario II.

Nel 929 Lamberto di Toscana, secondogenito di Adalberto II, succedette al fratello Guido, morto senza eredi, come conte e duca di Lucca e margravio di Toscana. Tuttavia, appena due anni più tardi fu esautorato e accecato da Ugo di Provenza, suo fratellastro per parte di madre, che trasferì il marchesato al fratello Bosone. Questi però gli si rivoltò contro e nel 937 venne sostituito nel marchesato di Toscana dal figlio illegittimo di Ugo, Uberto, da cui nascerà il marchese Ugo di Toscana, ricordato da Dante come il "gran barone" nel sedicesimo canto del Paradiso. Uberto, fu sconfitto dall'imperatore Ottone I nel 962 e venne costretto all'esilio. Gli fu però concesso di rientrare in possesso del marchesato di Toscana, che alla sua morte passò al figlio Ugo di Toscana, che spostò la sua residenza (ma non la capitale) da Lucca a Firenze. Durante il regno dell'imperatore Ottone III, Ugo di Toscana fu uno dei consiglieri più influenti per le sue riforme ecclesiastiche. Ugo morì il 21 dicembre 1001 e gli successe alla guida del marchesato Bonifacio III di Toscana,[15] investito ufficialmente in occasione dell'incoronazione a re d'Italia di Enrico II il Santo a Pavia nel 1004.[16]

Ranieri di Toscana, tra i capostipiti dei conti Guidi, che successe al governo del marchesato dopo la morte di Bonifacio III, presumibilmente nel 1014, si scontrò con Corrado II di Franconia proprio a Lucca, tra il 1026 ed il 1027, forse perdendovi oltre al marchesato anche la vita. Corrado II, detto il Salico, potè quindi proseguire, scortato anche dall'allora vescovo di Lucca, Giovanni II, in direzione di Roma, dove venne incoronato imperatore il 26 marzo 1027.

I Canossa[modifica | modifica wikitesto]

Matilde di Canossa

Per volere di Corrado II, Bonifacio di Canossa, noto anche come Bonifacio III di Canossa o Bonifacio IV di Toscana, successe a Ranieri nel 1027. Figlio di Tedaldo di Canossa, che aveva fondato la sua fortuna sulla fedeltà alla famiglia degli Ottoni, Bonifacio fu un personaggio importante per la storia di Lucca. Iniziò la sua ascesa nel 1014, aiutando l'imperatore Enrico II a deporre Arduino, marchese di Ivrea, autoproclamatosi re d'Italia senza che l'imperatore riconoscesse l'investitura. Nel 1027 Bonifacio sostenne la candidatura di Corrado II di Germania per la corona d'Italia e la corona imperiale, il che gli valse la nomina a margravio di Toscana. A distanza di oltre cinquant'anni vengono ricordate le sue "consuetudines ac etiam perversas a tempore Bonifatii marchionis"[17] nel privilegio di Enrico IV di Franconia, diretto ai cittadini lucchesi e datato 23 giugno 1081, con cui, tra l'altro, venne proibita la costruzione di castelli nel raggio di sei miglia dalla città. Successivamente, nella Vita metrica di Anselmo, vescovo di Lucca,[18] a Bonifacio di Canossa vennero imputate distruzioni di mura e torri a Lucca. La notizia della sua morte improvvisa nel 1052, avvenuta per tradimento in una partita di caccia, fu accolta con tutta probabilità "lietamente" in città.[19]

Beatrice di Lotaringia o di Lorena, che Bonifacio aveva sposato in seconde nozze nel 1037, divenne reggente per conto del figlio minorenne, Federico, che tuttavia morì dopo pochi mesi; Beatrice divenne quindi reggente per conto dell'unica figlia ancora in vita, Matilde, anche lei minorenne. Nel 1054 si risposò, senza chiedere l'approvazione dell'imperatore Enrico III, con il cugino Goffredo detto il Barbuto, anch'egli vedovo, per non suddividere il patrimonio famigliare, come era costume del tempo. Quando, nel 1055, Enrico III, che aveva disapprovato le nozze, discese in Italia, partecipò al Concilio di Firenze tenutosi dal 4 al 14 giugno, convocato da papa Vittore II; erano presenti anche il vescovo di Lucca Giovanni II e la marchesa Beatrice con la figlia di dieci anni: il concilio stabilì gravi pene per le alienazione dei beni ecclesiastici, la simonia ed il concubinato dei preti.[20] Enrico III ne approfittò per vendicarsi delll'affronto subito per le nozze e condusse con sé in Germania Beatrice e la figlia Matilde, mentre il marito, Goffredo, riuscì a fuggire attraversando le Alpi, lasciando il marchesato senza comando. Nell'anno seguente, il 5 ottobre 1056, Enrico III morì e la sua vedova, Agnese di Poitou, che rimase reggente per il figlio Enrico IV di appena sei anni, trovò presto un'intesa con Goffredo e Beatrice, anche su consiglio di papa Vittore II, tutore del piccolo re. Beatrice venne riconosciuta erede della marca della Tuscia e spostò da Lucca a Firenze la capitale del Marchesato. Nel 1057 Goffredo riuscì a far eleggere suo fratello Federico al soglio pontificio, come papa Stefano IX, che morì l'anno dopo. Nonostante ciò, Goffredo rivestì in quel periodo un ruolo fondamentale nella politica del nord e centro Italia. Nel gennaio 1059, aiutato dal converso Leone di Benedetto, entrò in Roma e, impossessatosi di Trastevere dopo aver assaltato il Laterano, riuscì ad espellere l'antipapa Benedetto X il 24 gennaio e far eleggere papa il vescovo di Firenze, Gerardo, con nome di Niccolò II. Pur essendo Matilde già maggiorenne e dal dicembre del 1069 sposata con Goffredo il Gobbo, figlio di Goffredo il Barbuto, Beatrice, rimasta nuovamente vedova il 24 dicembre 1069 a Verdun, continuò ad esercitare il governo in suo nome fino alla morte nel 1076; in questo periodo assieme alla figlia e ad Agnese si schierò per aiutare il papato, adoperandosi per Enrico IV, che desiderava essere incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero. Beatrice muore a Pisa il 18 aprile 1076 dopo aver assistito al fallimento dei suoi sforzi: Goffredo il Gobbo, figlio del suo defunto consorte, che lei aveva maritato a sua figlia Matilde, partecipò al Concilio svoltosi a Worms del gennaio 1076 , decidendo con gli altri nobili tedeschi la deposizione di papa Gregorio VII[21], innescandone la pronta scomunica del seguente febbraio, che doveva condurre Re Enrico alla famosa umiliazione di Canossa del 1077. Con l'abate Ugo di Cluny Matilde avviò una mediazione sulle cui basi il Re si decise di recarsi a Canossa il 25 gennaio a camminare scalzo per tre giorni intorno al suo castello.

Lo scisma di Lucca[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Scisma di Lucca.
San Michele in Foro

Nel 1073 Anselmo II da Baggio venne eletto vescovo di Lucca per volere del morente zio e papa Alessandro II e dal popolo lucchese. Il 10 agosto del 1073 papa Gregorio VII, nato Ildebrando di Soana, successe ad Alessandro II ed iniziò una decisa politica anti-imperiale a sostegno della autonomia della Chiesa, nota come riforma gregoriana. La lotta alla simonia e al nicolaismo costituirono i cardini del rinnovamento morale proposto dal nuovo papa. I canonici di San Martino, in gran parte ammogliati con prole, si opposero fieramente, trovando sponda in quella parte dell'oligarchia lucchese che guardava al nuovo re Enrico IV con simpatia.

Diploma di Enrico IV emanato a Roma il 23 giugno 1081 ( tratto dal sito web MGH)

Anselmo II trovò appoggio nella contessa Matilde di Canossa, che aveva ereditato le grandi antipatie nella società lucchese dal padre Bonifacio. Il suo intervento sui canonici, in cui li allettava con la promessa di ricchezze ed onori per loro e per le loro famiglie, non sortì alcun effetto e i canonici continuarono con le loro usanze.

Anche l'intervento di papa Gregorio VII, che in due epistole nel 1075 e poi nel 1077 esortava i clerici al rispetto dei nuovi principi della riforma, non ebbe successo. I canonici furono invitati ad un concilio a Roma, che si tenne nel novembre del 1078, ma non si presentarono; si presentarono invece al concilio romano VI, dove ribadirono fermamente le loro posizioni. Vennero condannati e consegnati alla giustizia secolare di Matilde. L'anno seguente su richiesta di Anselmo II, venne convocato un nuovo concilio in un luogo nei pressi di Lucca, ovvero a San Ginese, che molti storici individuano in San Ginese di Compito, mentre altri in San Genesio di Vico Wallari. La nuova condanna con scomunica non sortì nessun pentimento, anzi innescò un movimento di rivolta contro il papato, il vescovo e la contessa, che portò alla cacciata di Anselmo II nel 1081 ed alla elezione di Pietro, capo dei canonici ribelli, a vescovo di Lucca. Non mancò l'appoggio di Enrico IV, che esautorò Matide con il Diploma del 23 giugno 1081 [22] ancora quando si trovava in Roma. Anselmo II morì a Mantova nel 1086.

Il periodo di governo della città in mano al vescovo scismatico Pietro durò fino all'insediamento nella sede episcopale di Lucca del vescovo ortodosso Gottifredo (Gottefredus), che sembra non avvenire prima della vittoria della contessa Matilde sulle truppe imperiali nell'ottobre 1092. Matilde di Canossa morì nel 1115 e dopo di lei si fece strada l'idea di un autonomo Comune di Lucca.

Il periodo comunale[modifica | modifica wikitesto]

Prodromi[modifica | modifica wikitesto]

I semi del nuovo ordinamento si possono trovare nel privilegio concesso ai cives lucenses da Enrico IV i semi del successivo fiorire della autonomia comunale, dato che "per la prima volta", come scrive Mauro Ronzani, "il re considerò l’insieme dei cittadini lucchesi come un'entità a sé".[23]

Rangerio nel suo poema sembra decrivere il periodo scismatico successivo come ricco di fermenti e nuove aspirazioni di autonomia, in cui il potere in bilico del vescovo Pietro doveva fare i conti ogni giorno con dibattiti e assemblee dei cttadini,[23] quasi si fossero emancipati dalla mancanza dell'autorità consolidata del marchesato e della curia episcopale, concentrata per la prima volta in una sola figura. Schwarzmaier ha evidenziato che accanto al gruppo di aristocratici, che si arricchiva con i livelli di terre e le decime affidate loro dagli ecclesiastici[24], alla fine del XI secolo si era affermata anche una fiorente e numerosa classe di giusperiti (o "causidici"), giudici e notai, che, libera dal controllo marchionale, avrebbe potuto guidare il processo di autonomia comunale.[25] A tal proposito, Savigni evidenzia un episodio, segnalato da Rangerio nella sua Vita metrica (vv. 5301-16): "catturati alcuni oppositori, Pietro avrebbe poi convocato un'assemblea, alla quale avrebbero partecipato molte persone dei diversi ceti, dai maiores urbis al populus minor", in cui un certo Tado, sostenitore anselmiano, avrebbe chiesto l'intervento dei consoles, "quorum consilio stamus et ausilio".[26] Essi potevano rappresentare personaggi influenti, che però potevano esercitare solo funzioni arbitrali, non ancora di natura pubblica,[27] o al massimo, come ritiene Roberta Amari, una commissione di cittadini chiamata ad individuare la soluzione ad un problema specifico.[28] Lo scisma ha presumibilmente rappresentato un periodo di sperimentazione di alcuni strumenti, che avrebbero poi caratterizzato il periodo comunale.

Il primo documento che menziona i consoli maggiori (consules maiores) è datato 1119, quattro anni dopo la morte di Matilde di Canossa, ma non fa cenno al ruolo che essi svolgessero nella città.[29] Conferma dell'esistenza e del ruolo rappresentativo dei consules viene data da Corrado, marchese di Toscana, il 2 ottobre 1120; nel decreto, che conferma le precedenti concessioni e l'esenzione del ripatico pisano, scrive: "venientibus ad nos Henrico causidico et Fulcerio atque Inghifredo lucanis Consulibus cum alii bonis viris de civitate Luca postulantibis nos...".[30] Il marchese Corrado tratta con loro e non con il vescovo.[31] Sotto il potere del marchese era nato il potere di rappresentanza del Comune, che si mantenne pro-imperiale fino a Barbarossa.[32]

Nuovo ordinamento[modifica | modifica wikitesto]

Il neonato comune di Lucca assume un nuovo ordinamento, e la città viene divisa nei cinque parti che prendono nome dalle Porte cui fanno capo: Santi Gervasio e Protasio, San Donato, San Paolino, Santa Maria e Porta di Borgo. La città era retta da due consoli e da un Consiglio Generale che era solito riunirsi nel "Parlascio" (l'ex-anfiteatro).

Basilica di San Frediano a Lucca

In questi secoli Lucca era una delle principali città in Italia in termini di produzione e commercio della seta. La prosperità della città si arricchiva grazie anche ai continui pellegrinaggi da tutta Europa: Lucca era una delle mete principali della Via Francigena, grazie soprattutto al Volto Santo e alle reliquie di importanti santi, quali San Frediano, San Regolo e San Cesario diacono e martire di Terracina[33], il santo tutelare degli imperatori romani (traslate dal monastero di San Cesario sul Palatino di Roma al tempo di papa Alessandro II, vescovo di Lucca, e deposte nell'antico monastero di S. Ponziano; attualmente sono conservate nella Basilica di San Frediano).

Così come nelle altre città Toscane di Firenze e Pistoia, anche Lucca si divise nelle fazioni di guelfi bianchi (più vicini alle ideologie dell'imperatore pur essendo sostenitori del papa) e in guelfi neri (ultraguelfi), in cui confluirono la maggior parte delle famiglie dell'epoca. Nel 1301 i Guelfi bianchi, a seguito dell'uccisione del magistrato Obizzone degli Obizzi, furono costretti all'esilio, e si rifugiarono a Pisa, venendo accusati di essere ghibellini. In questi anni, a capo della fazione popolare emerge il mercante Bonturo Dati, che entra a far parte del governo della città dal 1310 al 1313. Nel 1314 Uguccione della Faggiola, già signore di Pisa, conduce una campagna militare contro i Guelfi toscani e nel giugno entra vittorioso a Lucca sottoponendola a tre giorni di feroce sacco.

Nel 1316 un'insurrezione popolare caccia Uguccione della Faggiuola ed il popolo elegge Castruccio Castracani degli Antelminelli capitano generale e successivamente, duca di Lucca, Pisa, Pistoia, Luni e Volterra. Dopo aver arricchito e rinforzato la città portandola a ricoprire il ruolo di unica antagonista al potere di Firenze, Castruccio sconfigge l'esercito forentino nella battaglia di Altopascio (1325) inseguendo gli sconfitti sino sotto le mura di Firenze, dove il condottiero dà ordine che sia battuta moneta lucchese (il Castruccino) e siano corsi, in segno di spregio, ben tre palii, rispettivamente: per "li ciuchi, li omini a piedi e le meretrici".

Con la morte di Castruccio Castracani (1328) per Lucca inizia un periodo di decadenza che porterà la città a passare di mano a diversi rivali. Nel 1329 la città venne posta sotto assedio e conquistata dalla Compagnia del Ceruglio, comandata da Marco Visconti, che ne diverrà per breve tempo signore, prima di venderla ai genovesi per la cifra di 30.000 fiorini[34].

«[Nel 1330] li lucchesi, vedendosi così assediati, e vedeansi perdere lo contado, deliberarono di non voler essere sotto lo Comune di Firenze; ma di darsi a qualche signore che li aiutasse, e difendesse dai Fiorentini»

Questo signore fu Giovanni I di Boemia. Nel 1342 la città fu conquistata da Pisa, che la occupò fino al 1369.

La liberazione dell'imperatore Carlo IV[modifica | modifica wikitesto]

Lucca convince l'imperatore Carlo IV, dietro pagamento di un tributo di 300.000 fiorini, ad emettere un atto per la liberazione della città. L'imperatore, di passaggio in Italia scende a Lucca e il 6 aprile 1369 (domenica In albis) firma l'atto di liberazione che consente ai cittadini di ricostituire la Repubblica.

Il Governo di Lucca decise che la città fosse da dividere in tre parti, chiamate «terzieri»: San Martino, San Paolino e San Salvatore. I terzieri avevano un duplice scopo: uno politico (servivano infatti a determinare i candidati eleggibili nel Governo cittadino) ed uno difensivo, in quanto i rispettivi abitanti facevano parte della Milizia Urbana che, in caso di allarme, doveva provvedere alla difesa delle Mura. I terzieri erano divisi in «gonfaloni» (quattro per ogni terziere) e i gonfaloni, a loro volta, erano divisi in «pennoni» (quattro per ogni gonfalone). Il terziere più grande era quello di San Martino che occupava la zona est della città e si divideva nei gonfaloni Cavallo, Pappagallo, Rota e Stella. Il secondo in grandezza era quello di San Paolino che occupava la zona ovest e comprendeva i gonfaloni Sirena, Luna, Falcone e Granchio. Il più piccolo era il terziere di San Salvatore che occupava la zona nord ed era diviso nei gonfaloni Corona, Sole, Gallo e Rosa.

L'imperatore Carlo IV concesse inoltre alla città anche la possibilità di dotarsi di uno studium generale', ma una vera e propria università lucchese non entrerà in funzione prima del 1787.

Il periodo Guinigi[modifica | modifica wikitesto]

Torre medievale dei Guinigi, Lucca

Paolo Guinigi venne eletto signore di Lucca il 21 novembre 1400 dopo numerosi scontri e vendette trasversali, tra la casata dei Guinigi (sostenuta dal popolo) e quella dei Forteguerra (appoggiati dai grossi mercanti e dalla loro corte).

Abolì il Consiglio Maggiore e istituì un Consiglio di Stato che aveva il compito di assisterlo politicamente, inoltre si ebbe una spinta propulsiva del commercio della seta e dell'industria bancaria.

Il suo potere aumentò notevolmente grazie ai suoi matrimoni combinati. La più famosa moglie è senz'altro Ilaria del Carretto che sposò nel 1403. Alla sua morte fece costruire intorno al 1406 da Jacopo della Quercia il celebre sarcofago marmoreo, ora conservato nel Duomo.

Oltre che interna si ebbe un periodo di pace esterna grazie alla sua politica estera ambigua. Giurò fedeltà a tutti e tre i papi nominati prima di Martino V e li accolse durante le loro visite in città. Strinse rapporti con l'Imperatore Sigismondo che lo confermò nel 1413 Vicario Imperiale in Lucca legittimando così la sua signoria.

Nel 1418, a seguito della guerra tra Milano e Venezia, ci fu un ribaltamento delle alleanze a livello generale. Firenze indusse Braccio Fortebraccio da Montone ad invadere e saccheggiare la città. Paolo non riuscì a resistere e per scacciare l'invasore dovette pagare una cifra esorbitante. La pace del 1425 tra Firenze, alleata di Venezia, e Milano, lasciò armati i fiorentini che si rivolsero contro Lucca, perché il figlio di Paolo Guinigi, Ladislao Guinigi, aveva aiutato Filippo Maria Visconti. I fiorentini guidati dal condottiero Niccolò Fortebraccio devastarono il contado lucchese e giunsero ad assediare le mura. La città si salvò solamente il 28 febbraio 1429 grazie all'intervento di Francesco Sforza, il quale evitò che Lucca cadesse sotto il dominio fiorentino.

In seguito Firenze pagò lo Sforza per abbandonare Lucca e, nel 1430 Lucca fu assediata ancora una volta. Durante l'assedio i Fiorentini tentarono di arginare il Serchio per allagare Lucca ma per via di alcuni errori dovuti al progettista (Bernini) si allagò l'accampamento fiorentino. Intanto i Lucchesi chiesero di nuovo aiuto a Filippo Maria Visconti che, ancora una volta agì indirettamente (secondo un precedente trattato Milano non poteva intromettersi negli affari di Firenze) chiedendo ai Genovesi di aiutare Lucca. Genova, facendo valere un'antica alleanza con Lucca chiese a Firenze di non disturbare Lucca, al rifiuto di Firenze Genova inviò un esercito di 6.000 uomini guidati da Niccolò Piccinino che attaccò i Fiorentini sul Serchio e, dopo una sanguinosa battaglia svoltasi presso il paese di S.Angelo in Campo, vennero costretti a ritirarsi perché i Lucchesi li avevano presi alle spalle uscendo dalla città con le milizie.

Questi fatti accrebbero il malcontento che sfociò in una congiura, ordita da Pietro Cenami e Lorenzo Buonvisi, che lo depose nella notte tra 15 e 16 agosto 1430, perché si diceva che avesse trattato con i fiorentini. Gli Anziani dettero l'annuncio di una rivolta popolare che aveva travolto il loro Signore. In realtà si trovava in carcere a Pavia, prigioniero del duca di Milano, dove morì due anni dopo. Così veniva restaurata la repubblica aristocratica.

Nel frattempo, andò crescendo l'attività bancaria cittadina che incrementò la sua fama espandendosi su quasi tutti i mercati europei .

Nel 1446 vennero pubblicati nuovi statuti con innovazioni riguardo all'istruzione pubblica e venne deciso di non fondare l'Università degli Studi perché sarebbe costata troppo.

Nella seconda metà del Quattrocento, Lucca sarà coinvolta in numerose guerre di confine e inizia il suo periodo di decadenza. A parte un breve periodo di signoria come quella di Paolo Guinigi, Lucca rimase una repubblica indipendente fino al 1799, anno della sua definitiva caduta a opera dei francesi.

Tratto delle Mura cinquecentesche di Lucca

Le mura del Cinquecento[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Mura di Lucca.

Dal XVI secolo partì l'opera di realizzazione della nuova cerchia muraria adatta all'avvento dei nuovi mezzi bellici e della polvere da sparo. Grazie alla realizzazione delle Mura di Lucca, per la loro efficienza, e al sistema di avvistamento, la città rimedia una volta per tutto ai continui assalti alla Repubblica. Le principali nemiche di Lucca: Modena e Firenze (ormai dominava il resto della Toscana), evitarono di muovere guerra diretta alla città, viste le elevate difficoltà ad assaltare le nuove mure. La Repubblica di Lucca mantenne così l'autonomia per altri secoli fino al XIX secolo.

Dalla fine della Repubblica al Granducato di Toscana[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Principato di Lucca e Piombino.

Il 23 giugno 1805 su richiesta del senato di Lucca, viene costituito il Principato di Lucca e Piombino, assegnato alla sorella di Napoleone Bonaparte Elisa Bonaparte ed al marito Felice Baciocchi, mantenendo una certa autonomia rispetto alle altre città italiane, sotto dominio diretto di Napoleone.

Congresso di Vienna[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ducato di Lucca.

Nel congresso di Vienna, malgrado l'opinione contraria di popolo e maggiorenti, che avrebbero preferito la restaurazione degli antichi ordinamenti repubblicani[35], venne deciso di creare il ducato di Lucca. Il 10 maggio 1815 subentra, come reggente, Maria Luisa di Borbone-Spagna, alla quale succedette il figlio Carlo Ludovico di Borbone (1824-1847). Nel 1847 la città venne ceduta al granducato di Toscana.

Presente[modifica | modifica wikitesto]

Il 24 novembre 2006 ha ospitato il vertice bilaterale Italia-Francia alla presenza del Presidente del Consiglio Prodi e del Presidente della Repubblica Francese Chirac.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Silvio Pieri, Toponomastica delle valli del Serchio e della Lima, 1936, p. 209.
  2. ^ Lucca e il suo territorio - Toponomastica, dialettologia, critica linguistica.
  3. ^ Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Roma, Istituto per l'Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, 1929–1937, XXI, p. 560.
  4. ^ Tito Livio, Liber XXI, in Ab urbe condita.
  5. ^ Tito Livio Ab Urbe condita Liber XIL, 13
  6. ^ Fanucchi, Vita di San Frediano, Lucca, 1870
  7. ^ Augusto Mancini, III, in Storia di Lucca, G.C Sansoni, 1950, p.36
  8. ^ a b Augusto Mancini, III, in Storia di Lucca, G.C Sansoni, 1950, pp. 27 e segg.
  9. ^ Augusto Mancini, Storia di Lucca, III capitolo, G.C Sansoni, 1950, pp.31
  10. ^ Ludovico II il Giovane, MGH, Diplomata Karolinorum, IV, Ludovici II Diplomata, München, 1994, DD Lu. II 5-6, pag. 77 (non consultato), in Monumenta Germaniae Historica.
  11. ^ Jacopo Fulgeri relatore Antonino Mastruzzo, Le scritture dei canonici lucchesi nei secoli X-XI, p. 6.
  12. ^ Augusto Mancini, Storia di Lucca, cap. III, G.C Sansoni, 1950, p.38
  13. ^ Gina Fasoli, Adalberto di Toscana, in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960). URL consultato il 12 marzo 2024.
  14. ^ Augusto Mancini, III, in Storia di Lucca, G.C Sansoni, 1950, pp.37
  15. ^ Augusto Mancini, III, in Storia di Lucca, G.C Sansoni, 1950, p.43
  16. ^ Edoardo Manarini, I due volti del potere. Una parentela atipica di ufficiali e signori nel regno italico, Ledizioni, Milano 2016 (Studi storici, 12), 395 pp., p. 105. URL consultato l'11 marzo 2024.
  17. ^ Imperatore Enrico IV di Franconia, DIPLOMATA VI, n. 334, in MGH DD H IV.2, Diplomata, 23 giugno 1081, pp. 437-438. " le abitudini anche malvagie dal tempo del Marchese Bonifacio"
  18. ^ Rangerius Lucensis ,Vita metrica Anselmi Lucensis episcopi. Edizione : E. SACKUR, G. SCHWARTZ, B. SCHEIDLER, in Monumenta Germaniae Historica, SS 30,2, Hannoverae1834, pp. 1152- 1307, vv. 1891-1894 Non reminiscimini veterum fortasse malorum, Cum pater istius omnia vestra tulit? Semirutae turres et menia dilapidata In longum vobis haec mala scire dabunt
  19. ^ Augusto Mancini, III, in Storia di Lucca, G.C Sansoni, 1950, p.45
  20. ^ Augusto Mancini, La storia di Lucca, Lucca, G.C.Sansoni, 1950, p. 48.
  21. ^ Augusto Mancini, III, in Storia di Lucca, G.C Sansoni, 1950, p.45
  22. ^ Imperatore Enrico IV di Franconia, DIPLOMATA VI, n. 334, in MGH DD H IV.2, Diplomata, 23 giugno 1081, pp. 437-438.https://www.dmgh.de/mgh_dd_h_iv_2/index.htm#page/438/mode/1up
  23. ^ a b Ronzani, Lucca dall’arrivo dei Longobardi al Comune, p. 11.
  24. ^ Chris Wickham, Ecomonia e società rurale nel territorio lucchese durante la seconda metà del secolo XI: inquadramenti aristocratici e strutture signorili, in Atti del convegno "Sant'Anselmo vescovo di Lucca (1073-1086)...a cura di Cinzio Violante, Roma, 1992, p. 399
  25. ^ Raffaele Savigni, LA SIGNORIA VESCOVILE LUCCHESE TRA XI E XII SECOLO: CONSOLIDAMENTO PATRIMONIALE E PRIMI RAPPORTI CON LA CLASSE DIRIGENTE CITTADINA, in Aevum, maggio-agosto 1993, Anno 67, Fasc. 2, Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, p. 335.
  26. ^ " sotto il cui consiglio e la cui difesa stiamo" come traduce Roberta Amari nel suo testo " Rangerio, il poema di Anselmo, vescovo di Lucca" a p.137
  27. ^ Raffaele Savigni, LA SIGNORIA VESCOVILE LUCCHESE TRA XI E XII SECOLO: CONSOLIDAMENTO PATRIMONIALE E PRIMI RAPPORTI CON LA CLASSE DIRIGENTE CITTADINA, in Aevum, maggio-agosto 1993, Anno 67, Fasc. 2, Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, pp.348-349.
  28. ^ Nicoletta Amari, Rangerio Il poema di Anselmo,vescovo di Lucca, Pisa University Press, 2015, nota 203 a p. 137.
  29. ^ Girolamo Tommasi, Sommario della storia di Lucca dall'anno MIV all'anno MDCC, sezione Documenti, II, p.5, Firenze,1847
  30. ^ Girolamo Tommasi, Sommario della storia di Lucca, sezione Documenti, III, p.5-6, contenuto, secondo Tommasi, nell'Archivio di Stato di Lucca
  31. ^ C. Wickham, Economia e società rurale nel territorio lucchese durante la seconda metà del secolo XI, in Atti del Convegno su Sant'Anselmo vescovo di Lucca ( 1073-1086) a cura di C. Violante, p. 401, nota 19.
  32. ^ C. Wickham, Economia e società rurale nel territorio lucchese durante la seconda metà del secolo XI, in Atti del Convegno su Sant'Anselmo vescovo di Lucca ( 1073-1086) a cura di C. Violante, p.420
  33. ^ Franciotti Cesare, Historie delle miracolose imagini, e delle vite de' Santi, i corpi de' quali sono nella città di Lucca, Guidoboni, Lucca, 1613
  34. ^ Mallett Michael, Signori e mercenari - La guerra nell'Italia del Rinascimento, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 36, ISBN 88-15-11407-6.
  35. ^ Michele Rosi, Un plebiscito repubblicano al tempo del Congresso di Vienna, in Rivista d'Italia, VIII, n. 1, Roma, Soc. ed. Dante Alighieri, 1905, pp. 256-281. Pier Giorgio Camaiani, Dallo stato cittadino alla città bianca : la società cristiana lucchese e la rivoluzione toscana, Firenze, La Nuova Italia, 1979, pp. 127-192, ISBN non esistente.

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