Il camorrista: differenze tra le versioni

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Disambiguazione – Se stai cercando l'omonimo romanzo, vedi Il camorrista (romanzo).
{{{titolo italiano}}}
Il Professore di Vesuviano
Paese di produzioneItalia
Durata168 min
Generedrammatico
RegiaGiuseppe Tornatore
SoggettoGiuseppe Tornatore, Massimo De Rita
SceneggiaturaGiuseppe Tornatore, Massimo De Rita
MontaggioMario Morra
MusicheNicola Piovani
ScenografiaAntonio Visone
CostumiLuciana Marinucci
Interpreti e personaggi

«'O Malacarn' è 'nu guapp' 'e carton'...Un guappo di cartone!»

«Chill che a vit' ta po' da e ta po' pure leva!!!»

Il camorrista è un film del 1986 diretto da Giuseppe Tornatore, all'esordio nella regia, liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Giuseppe Marrazzo.

Prodotto da Reteitalia (Fininvest) e Titanus al costo di 4 miliardi di lire (con un'edizione TV di 5 ore che non andò mai in onda[senza fonte]). Ritirato nel 1986 dopo 2 mesi di distribuzione, querelato e messo in onda su Rete 4 nel marzo 1994.


Trama

Un camorrista fa visita ad alcuni contadini e prende con sé un bambino (che corrisponde, nella realtà, al boss Raffaele Cutolo), al quale mette una pistola nei pantaloni. I due vanno ad una festa di paese, dove, nonostante la presenza della polizia, il bambino passa senza problemi. Superati i controlli, l'uomo prende la pistola ed uccide una persona, per poi riporre la pistola da dove l'aveva presa. Il bambino poi torna a casa.

Anni dopo, quel bambino, ormai adulto, in macchina con un amico e la sorella, si ferma per un problema davanti ad un bar. Un ragazzo tocca il sedere alla sorella del protagonista, il quale, arrabbiato, lo uccide sbattendogli la testa sul cofano dell'automobile. Il "professore di Vesuviano",[1] come verrà chiamato dai compagni di cella, viene arrestato.

In prigione l'uomo fa subito amicizia con i carcerati, e ritrova un vecchio amico, Alfredo Canale. Decide di diventare capo dei carcerati a causa dell'arroganza di Don Antonio Malacarne, boss del carcere. Fa amicizia anche con un esponente della 'Ndrangheta, la mafia calabrese, però poi scopre come egli sia, in realtà, un traditore al soldo di Malacarne. Il professore sfida a duello Malacarne, ma nello stesso giorno a Don Antonio viene data la grazia, e quindi non si presenta. Comunque il professore dal carcere dà ad Alfredo Canale, che nel frattempo è uscito anch'egli di galera, l'ordine di ucciderlo in un attentato. Viene ucciso anche il boss calabrese, nel cortile del carcere, mentre tutti i carcerati si voltano per non vedere l'omicidio (questa scena fa chiaro riferimento alla cosiddetta "cultura dell'omertà"). Il professore ottiene la piena fedeltà dei carcerati, per i quali diviene un capo da seguire.

Intanto c'è una rivolta in carcere, che la polizia e il direttore non riescono a sedare. Questi chiedono l'aiuto del professore, che accetta e seda la rivolta, ottenendo in cambio una notte in libertà, durante la quale egli va a trovare la sorella e gli amici. Intanto, riesce ad organizzare i commercianti ed i criminali della città sotto un unico tetto, la "Nuova Camorra Riformata" (corrispondente alla reale Nuova Camorra Organizzata).

Ottenuta l'infermità mentale, si trasferisce nel manicomio criminale di Aversa, dal quale però evade. La sua latitanza dura circa un anno, durante il quale gestisce al meglio la sua organizzazione, ottenendo persino contatti con la mafia d'oltreoceano, che diventerà grande alleata. Quando tutto sembra andare per il meglio, comincia la caduta: alcuni clan, non d'accordo con la politica della Nuova Camorra Riformata, si ribellano, inoltre un commissario è sulle tracce del professore. Una sera, durante la quale il professore si intrattiene a cena con alcuni politici, alcuni scissionisti decidono di ucciderlo. Tuttavia, Alfredo Canale se ne accorge e decide di fermare l'attacco, ma, arrestato dalla polizia, decide di far arrestare il boss per non causarne la morte. Tuttavia, questa decisione gli sarà fatale: arrestato anche lui, verrà ucciso da alcuni alleati del professore in carcere. Durante il processo che vede protagonista il boss, questi, con molta superbia, non fa che prendersi gioco della giuria e del giudice, arriva addirittura a paragonarsi a Gesù Cristo.

Il professore di Vesuviano intanto continua le sue attività dal carcere: pubblica un libro di poesia, fa uccidere tutti i suoi nemici in carcere durante il terremoto dell'80 e si sposa; inoltre, su pressione di alcuni personaggi politici, contatta le Brigate Rosse, che avevano rapito l'assessore Mimmo Mesillo (nella realtà Ciro Cirillo), ottenendone la liberazione. Tuttavia, a causa di alcuni pentiti, la situazione del professore peggiora velocemente, e viene trasferito in un carcere di massima sicurezza in Sardegna, dove impazzisce.

Confronto con la realtà

  • Nel film l'assessore Mimmo Mesillo viene rapito in un agguato in mezzo alla strada ma nella realtà l'assessore Ciro Cirillo fu rapito in un'imboscata in un garage a Torre del Greco.
  • La figura del Commissario Iervolino è probabilmente legata al capo della squadra mobile Antonio Ammaturo.
  • Nel film Iervolino venne tamponato e ferito in un agguato insieme al suo agente di scorta, ma nella realtà Ammaturo rimase ucciso in un agguato sotto casa.
  • La figura di Frank Titas è legata a quella di Francis Turatello, boss della mala milanese.
  • La figura di Gaetano Zarra corrisponde a Pasquale Barra, detto 'o Animale, per la sua ferocia nel commettere omicidi. Ciò lo si denota nella scena in cui Zarra uccide Titas in una cella del carcere strappandogli il cuore e mangiandone alcuni pezzi. Nella realtà corrisponde all'omicidio di Francis Turatello eseguito da Barra con la stessa modalità ed efferatezza.
  • Il braccio destro di Cutolo nel film si chiama Ciro Parrella, nella realtà il personaggio è Vincenzo Casillo.
  • Nel film Ciro Parrella muore in un'autobomba da solo, invece nella realtà era in compagnia di un amico che rimase ferito. Inoltre l'omicidio avvenne nel quartiere Trionfale, mentre nel film l'esplosione avviene di fronte al Colosseo.
  • Nel film non vi è traccia dell'omicidio del capo del carcere Giuseppe Salvia, che avvenne in un agguato sulla Tangenziale.
  • Nel film Cutolo uccide l'"ammiratore" di sua sorella facendolo sbattere con la testa contro il cofano della macchina, ma invece nella realtà lo uccise sparandogli 2 colpi di pistola.
  • Nel film non vi è traccia di Roberto Cutolo, figlio di Raffaele Cutolo ucciso nel 1990 a Tradate, in provincia di Varese.
  • Nel film non vi è traccia dell'omicidio del criminologo Aldo Semerari, decapitato nel 1982 a Ottaviano.
  • La figura di Antonio 'o Malacarne corrisponde al boss Antonio Spavone detto 'o Malommo. In base al libro "I boss della camorra" di Brune De Stefano, Spavone fu realmente sfidato da Cutolo a duello con "la molletta" durante il primo periodo di detenzione di quest'ultimo, inoltre la grazia ricevuta dal presidente Saragat, fu concessa a Spavone nel 1967 in occasione dell' alluvione di Firenze in cui salvò la vita alla figlia del direttore del carcere, quindi molti anni prima dell'ascesa criminale di Raffaele Cutolo.
  • All'inizio il boss calabrese Domenico Spina dovrebbe rappresentare nella realtà don Mico Tripodo.
  • In realtà il boss Antonio Spavone non venne ucciso nell'agguato ordinato da Cutolo, ma morì nel 1993 a causa di un cancro.

Note

  1. ^ Vesuviano è il paese di provenienza del protagonista, e sta per Ottaviano.

Collegamenti esterni

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