Zerai Deres: differenze tra le versioni

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|Attività2 = patriota
|Attività2 = patriota
|Nazionalità = eritreo
|Nazionalità = eritreo
|PostNazionalità = considerato nella sua patria e in [[Etiopia]]<ref name="Ethiopia Observer">{{cita news|titolo=Februray 1, 1956|pubblicazione=Ethiopia Observer|anno=1956|url=https://books.google.it/books?id=H_rRAAAAMAAJ&q=%22zerai+deres%22&dq=%22zerai+deres%22&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwj-_4G-j9XVAhVIvhQKHSCcD4E4FBDoAQg3MAc}}</ref> un eroe nazionale<ref>{{cita web|titolo=The Global Security Architecture, Human Rights Violations and the UN in the 21st Century Part I|sito=Ministero dell'informazione dell'Eritrea|data=2015-10-07|url=http://www.shabait.com/articles/nation-building/20580-the-global-security-architecture-human-rights-violations-and-the-un-in-the-21st-century-part-i}}</ref> dell'[[anticolonialismo]]<ref name=Triulzi/> e dell'[[antifascismo]].<ref>{{cita libro|autore=[[Alberto Sbacchi]]|titolo=Ethiopia under Mussolini: Fascism and the Colonial Experience|città=Londra|anno=1985|p=138|lingua=en}}, citato in {{cita libro|autore=Lionel Cliffe|autore2=Basil Davidson|titolo=The Long Struggle of Eritrea for Independence and Constructive Peace|lingua=en|p=71|url=https://books.google.it/books?id=vjZhFR3vTvgC&pg=PA71&lpg=PA71}}</ref>
|PostNazionalità = considerato nella sua patria e in [[Etiopia]]<ref name="Ethiopia Observer">{{cita news|titolo=Februray 1, 1956|pubblicazione=Ethiopia Observer|anno=1956|url=https://books.google.it/books?id=H_rRAAAAMAAJ&q=%22zerai+deres%22&dq=%22zerai+deres%22&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwj-_4G-j9XVAhVIvhQKHSCcD4E4FBDoAQg3MAc}}</ref> un eroe nazionale<ref>{{cita web|titolo=The Global Security Architecture, Human Rights Violations and the UN in the 21st Century Part I|sito=Ministero dell'informazione dell'Eritrea|data=7 ottobre 2015|url=http://www.shabait.com/articles/nation-building/20580-the-global-security-architecture-human-rights-violations-and-the-un-in-the-21st-century-part-i}}</ref> dell'[[anticolonialismo]]<ref name=Triulzi/> e dell'[[antifascismo]].<ref>{{cita libro|autore=[[Alberto Sbacchi]]|titolo=Ethiopia under Mussolini: Fascism and the Colonial Experience|città=Londra|anno=1985|p=138|lingua=en}}, citato in {{cita libro|autore=Lionel Cliffe|autore2=Basil Davidson|titolo=The Long Struggle of Eritrea for Independence and Constructive Peace|lingua=en|p=71|url=https://books.google.it/books?id=vjZhFR3vTvgC&pg=PA71&lpg=PA71}}</ref>
|Immagine = Zerai Deres.jpg
|Immagine = Zerai Deres.jpg
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[[File:I primi fratini cappuccini eritrei con i loro superiori a Segheneiti (Eritrea).jpg|miniatura|destra|I primi fratini cappuccini eritrei con i loro superiori a Saganèiti il 6 novembre 1934: Zerai Deres (quarto da sinistra in alto e contraddistinto con il numero 3) prese il nome di Francesco da Adiyeheys]]
[[File:I primi fratini cappuccini eritrei con i loro superiori a Segheneiti (Eritrea).jpg|miniatura|destra|I primi fratini cappuccini eritrei con i loro superiori a Saganèiti il 6 novembre 1934: Zerai Deres (quarto da sinistra in alto e contraddistinto con il numero 3) prese il nome di Francesco da Adiyeheys]]


Zerai Deres, di etnia [[Tigrè (popolo)|tigrè]], nacque nel ''[[kebele]]'' di Adiyeheys, nella provincia di Serae, nel 1914 (il 1908 secondo il [[calendario etiopico]]). All'età di due anni rimase orfano di padre, cosicché la famiglia si trasferì ad [[Hazega]], villaggio di origine della madre.<ref>{{cite web|autore=Deqi-Arawit|titolo=Rare picture of Zerai Deres|data=2013-01-05|lingua=en|url=http://mereja.com/forum/viewtopic.php?f=2&t=46873}}</ref>
Zerai Deres, di etnia [[Tigrè (popolo)|tigrè]], nacque nel ''[[kebele]]'' di Adiyeheys, nella provincia di Serae, nel 1914 (il 1908 secondo il [[calendario etiopico]]). All'età di due anni rimase orfano di padre, cosicché la famiglia si trasferì ad [[Hazega]], villaggio di origine della madre.<ref>{{Cita web|autore=Deqi-Arawit|titolo=Rare picture of Zerai Deres|data=5 gennaio 2013|lingua=en|url=http://mereja.com/forum/viewtopic.php?f=2&t=46873}}</ref>
Convertitosi alla fede cattolica, sudiò presso le scuole italiane della colonia, dove imparò la lingua italiana.<ref name=Triulzi/>
Convertitosi alla fede cattolica, sudiò presso le scuole italiane della colonia, dove imparò la lingua italiana.<ref name=Triulzi/>


Il 6 novembre 1934 entrò, insieme ad altri tredici giovani eritrei, nel primo seminario serafico dei [[frati cappuccini]] di [[Saganèiti]],<ref>{{cita pubblicazione|titolo=I nostri morti: è tornato alla casa del Padre il primo frate africano|pubblicazione=Fra noi|editore=Frati cappuccini di Lombardia|numero=127|mese=marzo|anno=2009|p=7|url=http://www.fraticappuccini.it/new_site/pubblicazioni/Notiziari/MI-FraNoi_127_marzo2009.pdf}}</ref><ref name=zaratbebat>{{cita web|autore=T. Mekonnen|titolo=ታሪኽ-ዘርኣይ-ደረስ|sito=zaratbebat.com|data=2014-11-11|lingua=en|url=http://www.zaratbebat.com/ታሪኽ-ዘርኣይ-ደረስ/}}</ref> fondato da padre Prospero da Milano. Abbandonò quindi gli studi per trovare impiego come interprete.<ref name=zaratbebat/>
Il 6 novembre 1934 entrò, insieme ad altri tredici giovani eritrei, nel primo seminario serafico dei [[frati cappuccini]] di [[Saganèiti]],<ref>{{cita pubblicazione|titolo=I nostri morti: è tornato alla casa del Padre il primo frate africano|pubblicazione=Fra noi|editore=Frati cappuccini di Lombardia|numero=127|mese=marzo|anno=2009|p=7|url=http://www.fraticappuccini.it/new_site/pubblicazioni/Notiziari/MI-FraNoi_127_marzo2009.pdf}}</ref><ref name=zaratbebat>{{cita web|autore=T. Mekonnen|titolo=ታሪኽ-ዘርኣይ-ደረስ|sito=zaratbebat.com|data=11 novembre 2014|lingua=en|url=http://www.zaratbebat.com/ታሪኽ-ዘርኣይ-ደረስ/}}</ref> fondato da padre Prospero da Milano. Abbandonò quindi gli studi per trovare impiego come interprete.<ref name=zaratbebat/>


Il 6 ottobre 1936 Deres inviò una lettera al Corriere dell'Impero<ref name=Berhane/><ref name=Bureau/><ref name=Triulzi/>, il cui editore aveva chiesto l'abolizione di qualunque forma di promiscuità con i "nativi". Zerai, firmandosi come ''Un nativo'', ricordò all'editorialista di Asmara, che tanto disgustava la presenza di "nativi", che essi erano spesso orgogliosi di essere sudditi italiani, tanto è vero che in Libia, Somalia e nelle recenti guerre contro la propria madrepatria, loro li avevano spesso protetti con i propri corpi, a volte pagando con la propria vita.<ref name=Berhane/><ref name=Triulzi/> Secondo Zerai, non era dunque un'esagerazione dire che i nativi avevano fornito agli italiani i mezzi necessari per il loro sopraggiungere.<ref name=Berhane/><ref name=Triulzi/> Il fraintendimento di così tanti meriti e atti di eroismo compiuti a favore dell'Italia poteva essere indicativo solo di un governo straniero e imperialistico.<ref name=Berhane/><ref name=Triulzi/>
Il 6 ottobre 1936 Deres inviò una lettera al Corriere dell'Impero<ref name=Berhane/><ref name=Bureau/><ref name=Triulzi/>, il cui editore aveva chiesto l'abolizione di qualunque forma di promiscuità con i "nativi". Zerai, firmandosi come ''Un nativo'', ricordò all'editorialista di Asmara, che tanto disgustava la presenza di "nativi", che essi erano spesso orgogliosi di essere sudditi italiani, tanto è vero che in Libia, Somalia e nelle recenti guerre contro la propria madrepatria, loro li avevano spesso protetti con i propri corpi, a volte pagando con la propria vita.<ref name=Berhane/><ref name=Triulzi/> Secondo Zerai, non era dunque un'esagerazione dire che i nativi avevano fornito agli italiani i mezzi necessari per il loro sopraggiungere.<ref name=Berhane/><ref name=Triulzi/> Il fraintendimento di così tanti meriti e atti di eroismo compiuti a favore dell'Italia poteva essere indicativo solo di un governo straniero e imperialistico.<ref name=Berhane/><ref name=Triulzi/>
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===Arrivo a Roma===
===Arrivo a Roma===
[[File:Leone di Giuda presso l'obelisco ai Caduti di Dogali a Roma.jpg|miniatura|destra|Il ''[[Leone di Giuda]]'' presso il [[monumento ai Caduti di Dogali]] a Roma, prima della restituzione]]
[[File:Leone di Giuda presso l'obelisco ai Caduti di Dogali a Roma.jpg|miniatura|destra|Il ''[[Leone di Giuda]]'' presso il [[monumento ai Caduti di Dogali]] a Roma, prima della restituzione]]
In seguito al fallito attentato a [[Rodolfo Graziani]] (all'epoca vicerè dell'[[Africa Orientale Italiana]] e governatore generale della [[Scioa]]) avvenuto il 19 febbraio 1937 ad opera di due eritrei, venne effettuata la [[Strage di Addis Abeba|sanguinosa rappresaglia di Addis Abeba]] (conosciuta in Etiopia come ''[[Yekatit 12]]''), che comportò l'uccisione di migliaia di persone e l'arresto di molti nobili aristocratici [[Amhara (popolo)|amhara]], 400 dei quali circa furono in seguito deportati a Roma, [[Longobucco]], [[Mercogliano]], [[Ponza]], [[Tivoli]] e all'[[Asinara]].<ref>{{cita pubblicazione|autore=Giulia Barrera|titolo=Mussolini's colonial race laws and state-settler relations in Africa Orientale Italiana (1935-41)|pubblicazione=Journal of Modern Italian Studies|anno=2013|volume=8|numero=3|p=425-443|lingua=en|DOI=10.1080/09585170320000113770|ISSN=1354-571X}}</ref><ref>{{cita pubblicazione|curatore=Paolo Borruso|titolo=L'Africa al confino: la deportazione etiopica in Italia, 1937-39|pubblicazione=Strumenti e fonti|volume=27|città=Manduria-Bari-Roma|editore=Piero Lacaita|anno=2003|ISBN=88-88546-26-X}}</ref><ref name="Triulzi"/><ref>{{cita libro|autore=Marco Lenci|titolo=All'inferno e ritorno: storie di deportati tra Italia ed Eritrea in epoca coloniale|editore=BFS|città=Pisa|anno=2004|pp=45-76|ISBN=9788886389952}}</ref>
In seguito al fallito attentato a [[Rodolfo Graziani]] (all'epoca vicerè dell'[[Africa Orientale Italiana]] e governatore generale della [[Scioa]]) avvenuto il 19 febbraio 1937 ad opera di due eritrei, venne effettuata la [[Strage di Addis Abeba|sanguinosa rappresaglia di Addis Abeba]] (conosciuta in Etiopia come ''[[Yekatit 12]]''), che comportò l'uccisione di migliaia di persone e l'arresto di molti nobili aristocratici [[Amhara (popolo)|amhara]], 400 dei quali circa furono in seguito deportati a Roma, [[Longobucco]], [[Mercogliano]], [[Ponza]], [[Tivoli]] e all'[[Asinara]].<ref>{{cita pubblicazione|autore=Giulia Barrera|titolo=Mussolini's colonial race laws and state-settler relations in Africa Orientale Italiana (1935-41)|pubblicazione=Journal of Modern Italian Studies|anno=2013|volume=8|numero=3|p=425-443|lingua=en|DOI=10.1080/09585170320000113770|ISSN=1354-571X}}</ref><ref>{{cita pubblicazione|curatore=Paolo Borruso|titolo=L'Africa al confino: la deportazione etiopica in Italia, 1937-39|pubblicazione=Strumenti e fonti|volume=27|città=Manduria-Bari-Roma|editore=Piero Lacaita|anno=2003|ISBN=88-88546-26-X}}</ref><ref name="Triulzi"/><ref>{{cita libro|autore=Marco Lenci|titolo=All'inferno e ritorno: storie di deportati tra Italia ed Eritrea in epoca coloniale|editore=BFS|città=Pisa|anno=2004|pp=45-76|ISBN=978-88-86389-95-2}}</ref>


Per far fronte alla gestione, Zerai Deres venne assunto dal [[Ministero delle Colonie]] come traduttore per i nobili etiopi deportati in Italia. All'età di 23 anni, Zerai arrivò così a Roma nell'estate del 1937, poco dopo l'arrivo dei primi deportati etiopi.<ref name=Bureau>{{cita libro|autore=Jacques Bureau|titolo=Naissance d'un héros|opera=Ethiopie. Un drame impérial et rouge|città=Parigi|editore=Ramsay|anno=1987|pp=21–32|lingua=fr|url=http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k33347298/f29.image}}</ref><ref name=Berhane>{{cita libro|autore=Hedat Berhane|titolo=Zeray Deres, 1914–1945|opera=IVth Year Essay|editore=Department of History, Haile Selassie University|città=Asmara|anno=1976}}</ref><ref name=Triulzi>{{cita libro|autore=[[Alessandro Triulzi]]|curatore=Paolo Bertella Farnetti|curatore2=Cecilia Dau Novelli|titolo=Across the Mediterranean. Acknowledging Voices and Silences of (Post)Colonial Italy|opera=Colonialism and National Identity|editore=Cambridge Scholars Publishing|anno=2015|pp=161-176|lingua=en|url=https://www.academia.edu/17452956}}</ref>
Per far fronte alla gestione, Zerai Deres venne assunto dal [[Ministero delle Colonie]] come traduttore per i nobili etiopi deportati in Italia. All'età di 23 anni, Zerai arrivò così a Roma nell'estate del 1937, poco dopo l'arrivo dei primi deportati etiopi.<ref name=Bureau>{{cita libro|autore=Jacques Bureau|titolo=Naissance d'un héros|collana=Ethiopie. Un drame impérial et rouge|città=Parigi|editore=Ramsay|anno=1987|pp=21–32|lingua=fr|url=http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k33347298/f29.image}}</ref><ref name=Berhane>{{cita libro|autore=Hedat Berhane|titolo=Zeray Deres, 1914–1945|collana=IVth Year Essay|editore=Department of History, Haile Selassie University|città=Asmara|anno=1976}}</ref><ref name=Triulzi>{{cita libro|autore=[[Alessandro Triulzi]]|curatore=Paolo Bertella Farnetti|curatore2=Cecilia Dau Novelli|titolo=Across the Mediterranean. Acknowledging Voices and Silences of (Post)Colonial Italy|collana=Colonialism and National Identity|editore=Cambridge Scholars Publishing|anno=2015|pp=161-176|lingua=en|url=https://www.academia.edu/17452956}}</ref>


Durante il soggiorno a Roma, Zerai Deres seguì attentamente gli avvenimenti della guerra coloniale e con un crescente sentimento di rabbia e impotenza di fronte alle notizie che giungevano dall'Etiopia,<ref name=Triulzi/> traducendo per i ''[[ras (titolo)|ras]]'' abissini le notizie riportate dalla stampa italiana.<ref>{{cita news|autore=Addisalem Mulat|titolo=Ethiopia: The Surviving Nobleman - Prince Mengesha Seyoum|pubblicazione=The Ethiopian Herald|data=2016-09-19|lingua=en|url=http://allafrica.com/stories/201609191190.html}}</ref>
Durante il soggiorno a Roma, Zerai Deres seguì attentamente gli avvenimenti della guerra coloniale e con un crescente sentimento di rabbia e impotenza di fronte alle notizie che giungevano dall'Etiopia,<ref name=Triulzi/> traducendo per i ''[[ras (titolo)|ras]]'' abissini le notizie riportate dalla stampa italiana.<ref>{{cita news|autore=Addisalem Mulat|titolo=Ethiopia: The Surviving Nobleman - Prince Mengesha Seyoum|pubblicazione=The Ethiopian Herald|data=19 settembre 2016|lingua=en|url=http://allafrica.com/stories/201609191190.html}}</ref>


===L'incidente al memoriale dei caduti di Dogali===
===L'incidente al memoriale dei caduti di Dogali===
[[File:Tre persone ferite da un eritreo impazzito.jpg|miniatura|upright=0.8|sinistra|La notizia pubblicata da ''[[Il Messaggero]]'' (17 giugno 1938)]]
[[File:Tre persone ferite da un eritreo impazzito.jpg|miniatura|upright=0.8|sinistra|La notizia pubblicata da ''[[Il Messaggero]]'' (17 giugno 1938)]]
Il 15 giugno 1938,<ref name=Messaggero>{{cita news|titolo=Tre persone ferite da un eritreo impazzito|pubblicazione=[[Il Messaggero]]|data=1938-06-17|p=4|url=http://digitale.bnc.roma.sbn.it/tecadigitale/giornale/BVE0664750/1938/n.143%7C}}</ref><ref name=Chicago>{{cita news|titolo=Ethiopian runs amok in Rome; hacks four persons with sword|pubblicazione=Chicago Daily Tribune|data=1938-06-16|lingua=en|url=http://archives.chicagotribune.com/1938/06/16/page/7/article/ethiopian-runs-amok-in-rome-hacks-four-persons-with-sword}}</ref><ref name="The Times">{{cita news|titolo=Abyssinian shot in Rome: An interrupted prayer|pubblicazione=The Times|data=1938-06-16|p=16|lingua=en|url= http://callisto.ggsrv.com/imgsrv/Fetch?recordID=0FFO-1938-JUN16-016-F&contentSet=UDVIN&digest=636d9c5df6cc4d12b4c1ce2a782356e1&scale=0.33&crop=928+1651+225+347}}</ref><ref name="The Northern Miner">{{cita news|titolo=Amok with sword: Abyssinian Shot In Rome|pubblicazione=The Northern Miner|data=1938-06-17|lingua=en|url=http://trove.nla.gov.au/newspaper/article/81469092}}</ref><ref name=Singapore>{{cita news|titolo=Abyssinian Chieftain Runs Amok In Rome|pubblicazione=The Singapore Free Press and Mercantile Advertiser|data=1938-06-16|lingua=en|url=http://eresources.nlb.gov.sg/newspapers/Digitised/Article/singfreepressb19380616-1.2.8}}</ref><ref name=Ottawa>{{cita news|titolo=Ethiopian Runs Amok in Rome Wounds Five Persons When Ordered Away From Monument|pubblicazione=The Ottawa Journal from Ottawa|data=1938-06-15|p=23|lingua=en|url=https://www.newspapers.com/newspage/48287063/}}</ref><ref name=Brooklyn>{{cita news|titolo=Amok in Rome|pubblicazione=The Brooklyn Daily Eagle|data=1938-06-19|p=26|lingua=en|url=https://www.newspapers.com/newspage/52699275/}}</ref><ref name=Morning>{{cita news|titolo=Abyssinian chieftain amok in Rome|pubblicazione=Morning Tribune|data=1938-06-16|p=1|lingua=en|url=http://eresources.nlb.gov.sg/newspapers/Digitised/Article/morningtribune19380616-1.2.3?ST=1&AT=advanced&K=amok&KA=amok&DF=01%2F06%2F1938&DT=30%2F06%2F1938&NPT=&L=&CTA=&QT=amok&oref=article}}</ref><ref name=Malaya>{{cita news|titolo=Abyssinian amok in Rome|pubblicazione=Malaya Tribune|data=1938-06-16|p=13|lingua=en|url=http://eresources.nlb.gov.sg/newspapers/Digitised/Article/maltribune19380616-1.2.118?ST=1&AT=advanced&K=amok&KA=amok&DF=01%2F06%2F1938&DT=30%2F06%2F1938&NPT=&L=&CTA=&QT=amok&oref=article}}</ref> poco prima del suo previsto rientro in Eritrea, Deres si recò verso l'ora di pranzo in viale Principessa di Piemonte<ref name=Messaggero/> (oggi viale Luigi Einaudi), ove si inginocchiò ai piedi della ''[[Monumento al Leone di Giuda|scultura del Leone di Giuda]]'', simbolo della monarchia etiope e della fedeltà del suo popolo, trafugata come bottino di guerra dagli italiani, portata a Roma<ref name=Triulzi/> e infine collocata sotto al [[monumento ai Caduti di Dogali]] l'8 maggio 1937 in occasione del primo anniversario della proclamazione dell'impero.<ref>{{YouTube|autore=Istituto Luce|id=7x01JfWFBpU|titolo=Il leone di Giuda (Cinegiornale Luce)|data=1937-03-03}}</ref><ref>{{YouTube|autore=Istituto Luce|id=_s_J-U-kqk8|titolo=Scoperto il Leone di Giuda portato da Addis Abeba (Cinegiornale Luce)|data=1937-05-12}}</ref>
Il 15 giugno 1938,<ref name=Messaggero>{{cita news|titolo=Tre persone ferite da un eritreo impazzito|pubblicazione=[[Il Messaggero]]|data=17 giugno 1938|p=4|url=http://digitale.bnc.roma.sbn.it/tecadigitale/giornale/BVE0664750/1938/n.143%7C}}</ref><ref name=Chicago>{{cita news|titolo=Ethiopian runs amok in Rome; hacks four persons with sword|pubblicazione=Chicago Daily Tribune|data=16 giugno 1938|lingua=en|url=http://archives.chicagotribune.com/1938/06/16/page/7/article/ethiopian-runs-amok-in-rome-hacks-four-persons-with-sword}}</ref><ref name="The Times">{{cita news|titolo=Abyssinian shot in Rome: An interrupted prayer|pubblicazione=The Times|data=16 giugno 1938|p=16|lingua=en|url= http://callisto.ggsrv.com/imgsrv/Fetch?recordID=0FFO-1938-JUN16-016-F&contentSet=UDVIN&digest=636d9c5df6cc4d12b4c1ce2a782356e1&scale=0.33&crop=928+1651+225+347}}</ref><ref name="The Northern Miner">{{cita news|titolo=Amok with sword: Abyssinian Shot In Rome|pubblicazione=The Northern Miner|data=17 giugno 1938|lingua=en|url=http://trove.nla.gov.au/newspaper/article/81469092}}</ref><ref name=Singapore>{{cita news|titolo=Abyssinian Chieftain Runs Amok In Rome|pubblicazione=The Singapore Free Press and Mercantile Advertiser|data=16 giugno 1938|lingua=en|url=http://eresources.nlb.gov.sg/newspapers/Digitised/Article/singfreepressb19380616-1.2.8}}</ref><ref name=Ottawa>{{cita news|titolo=Ethiopian Runs Amok in Rome Wounds Five Persons When Ordered Away From Monument|pubblicazione=The Ottawa Journal from Ottawa|data=15 giugno 1938|p=23|lingua=en|url=https://www.newspapers.com/newspage/48287063/}}</ref><ref name=Brooklyn>{{cita news|titolo=Amok in Rome|pubblicazione=The Brooklyn Daily Eagle|data=19 giugno 1938|p=26|lingua=en|url=https://www.newspapers.com/newspage/52699275/}}</ref><ref name=Morning>{{cita news|titolo=Abyssinian chieftain amok in Rome|pubblicazione=Morning Tribune|data=16 giugno 1938|p=1|lingua=en|url=http://eresources.nlb.gov.sg/newspapers/Digitised/Article/morningtribune19380616-1.2.3?ST=1&AT=advanced&K=amok&KA=amok&DF=01%2F06%2F1938&DT=30%2F06%2F1938&NPT=&L=&CTA=&QT=amok&oref=article}}</ref><ref name=Malaya>{{cita news|titolo=Abyssinian amok in Rome|pubblicazione=Malaya Tribune|data=16 giugno 1938|p=13|lingua=en|url=http://eresources.nlb.gov.sg/newspapers/Digitised/Article/maltribune19380616-1.2.118?ST=1&AT=advanced&K=amok&KA=amok&DF=01%2F06%2F1938&DT=30%2F06%2F1938&NPT=&L=&CTA=&QT=amok&oref=article}}</ref> poco prima del suo previsto rientro in Eritrea, Deres si recò verso l'ora di pranzo in viale Principessa di Piemonte<ref name=Messaggero/> (oggi viale Luigi Einaudi), ove si inginocchiò ai piedi della ''[[Monumento al Leone di Giuda|scultura del Leone di Giuda]]'', simbolo della monarchia etiope e della fedeltà del suo popolo, trafugata come bottino di guerra dagli italiani, portata a Roma<ref name=Triulzi/> e infine collocata sotto al [[monumento ai Caduti di Dogali]] l'8 maggio 1937 in occasione del primo anniversario della proclamazione dell'impero.<ref>{{YouTube|autore=Istituto Luce|id=7x01JfWFBpU|titolo=Il leone di Giuda (Cinegiornale Luce)|data=1937-03-03}}</ref><ref>{{YouTube|autore=Istituto Luce|id=_s_J-U-kqk8|titolo=Scoperto il Leone di Giuda portato da Addis Abeba (Cinegiornale Luce)|data=1937-05-12}}</ref>


Mentre intorno a Deres si radunava una piccola folla, un militare italiano tentò di interromperlo nella sua devozione. A questo punto l'eritreo, urlando parole oltraggiose per l'Italia e il [[Duce]] e lodi per il [[Negus]],<ref name=Triulzi/> estrasse una [[scimitarra]]<ref name="The Times"/> colpendo il milite ferroviario Vincenzo Veglia, l'impiegato statale Ferdinando Peraldi e il maresciallo capo di fanteria Mario Izzo, che riportarono ferite lievissime<ref>L'articolo 583 del [[codice penale italiano]] (Codice Rocco) definisce "lievissima" la [[lesione personale]] guaribile in meno di venti giorni</ref> guaribili entro 12 giorni.<ref name=Messaggero/> Secondo alcune fonti giornalistiche dell'epoca, intervenne per fermare l'aggressione anche un garzone di una macelleria,<ref name="The Times"/><ref name=Chicago/> che si scagliò con la propria bicicletta contro l'eritreo, riportando anch'egli un taglio.<ref name=Chicago/> Altre fonti riportano il ferimento di diversi passanti.<ref name=Triulzi/><ref>{{Cita libro|titolo=Rethinking Resistance: Revolt and Violence in African History|autore=Gerrit Jan Abbink|autore2=Mirjam De Bruijn|autore3=Klaas Van Walraven|editore=Mondadori|anno=2003|p=106|lingua=en|ISBN=9789004126244|url=https://books.google.it/books?hl=it&id=DJ54bFqJtV8C&q=zerai+derres#v=snippet&q=zerai%20derres&f=false}}</ref>
Mentre intorno a Deres si radunava una piccola folla, un militare italiano tentò di interromperlo nella sua devozione. A questo punto l'eritreo, urlando parole oltraggiose per l'Italia e il [[Duce]] e lodi per il [[Negus]],<ref name=Triulzi/> estrasse una [[scimitarra]]<ref name="The Times"/> colpendo il milite ferroviario Vincenzo Veglia, l'impiegato statale Ferdinando Peraldi e il maresciallo capo di fanteria Mario Izzo, che riportarono ferite lievissime<ref>L'articolo 583 del [[codice penale italiano]] (Codice Rocco) definisce "lievissima" la [[lesione personale]] guaribile in meno di venti giorni</ref> guaribili entro 12 giorni.<ref name=Messaggero/> Secondo alcune fonti giornalistiche dell'epoca, intervenne per fermare l'aggressione anche un garzone di una macelleria,<ref name="The Times"/><ref name=Chicago/> che si scagliò con la propria bicicletta contro l'eritreo, riportando anch'egli un taglio.<ref name=Chicago/> Altre fonti riportano il ferimento di diversi passanti.<ref name=Triulzi/><ref>{{Cita libro|titolo=Rethinking Resistance: Revolt and Violence in African History|autore=Gerrit Jan Abbink|autore2=Mirjam De Bruijn|autore3=Klaas Van Walraven|editore=Mondadori|anno=2003|p=106|lingua=en|ISBN=978-90-04-12624-4|url=https://books.google.it/books?hl=it&id=DJ54bFqJtV8C&q=zerai+derres#v=snippet&q=zerai%20derres&f=false}}</ref>


Infine, giunsero due soldati che misero fine all'aggressione, esplodendo quattro colpi di pistola in direzione di Zerai Deres<ref name="The Northern Miner"/>, che venne colpito alla coscia in maniera non grave.<ref name=Messaggero/>
Infine, giunsero due soldati che misero fine all'aggressione, esplodendo quattro colpi di pistola in direzione di Zerai Deres<ref name="The Northern Miner"/>, che venne colpito alla coscia in maniera non grave.<ref name=Messaggero/>
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Nel luglio 1939 Tesfazien riuscì finalmente a raggiungere il fratello nel carcere siciliano<ref name=Bureau/>, ma non potè far nulla per liberarlo.
Nel luglio 1939 Tesfazien riuscì finalmente a raggiungere il fratello nel carcere siciliano<ref name=Bureau/>, ma non potè far nulla per liberarlo.


Dopo la morte di Zerai, il fratello lottò duramente per rimpatriare in Eritrea le spoglie,<ref>{{cita libro|autore=Nicholas Lucchetti|titolo=Dallo scandalo Livraghi ai fratelli Deres. Saggi sul colonialismo italiano|città=Tricase|anno=2013|editore=Youcanprint|ISBN=978-88-911-1701-4|}}</ref><ref name=Ambaye/> che furono tumulate all'interno della chiesa di Santa Maria ad [[Hazega]], di fronte alla quale è collocato un monumento che ritrae il patriota insieme a due leoni<ref>{{cita news|titolo=ታሪኽ ዘርአይ ደረስ ፡ ፍርቁ ጽንጽዋይ|pubblicazione=Tesfanews|lingua=am|data=2014-12-27|url=https://www.tesfanews.net/the-half-fairy-tale-history-of-zeray-deres/}}</ref>.<ref>{{cita web|titolo=Commenti all'articolo "ታሪኽ ዘርአይ ደረስ ፡ ፍርቁ ጽንጽዋይ"|lingua=en|url=https://disqus.com/home/discussion/tesfanews/a0ceae843506429fbe7b3b0f512cc5cc/}}</ref>
Dopo la morte di Zerai, il fratello lottò duramente per rimpatriare in Eritrea le spoglie,<ref>{{cita libro|autore=Nicholas Lucchetti|titolo=Dallo scandalo Livraghi ai fratelli Deres. Saggi sul colonialismo italiano|città=Tricase|anno=2013|editore=Youcanprint|ISBN=978-88-911-1701-4|}}</ref><ref name=Ambaye/> che furono tumulate all'interno della chiesa di Santa Maria ad [[Hazega]], di fronte alla quale è collocato un monumento che ritrae il patriota insieme a due leoni<ref>{{cita news|titolo=ታሪኽ ዘርአይ ደረስ ፡ ፍርቁ ጽንጽዋይ|pubblicazione=Tesfanews|lingua=am|data=27 dicembre 2014|url=https://www.tesfanews.net/the-half-fairy-tale-history-of-zeray-deres/}}</ref>.<ref>{{cita web|titolo=Commenti all'articolo "ታሪኽ ዘርአይ ደረስ ፡ ፍርቁ ጽንጽዋይ"|lingua=en|url=https://disqus.com/home/discussion/tesfanews/a0ceae843506429fbe7b3b0f512cc5cc/}}</ref>


== Reazioni all'incidente del memoriale di Dogali ==
== Reazioni all'incidente del memoriale di Dogali ==
[[File:RAS Abissini Pd-italy-005.jpg|miniatura|sinistra|''[[Ras (titolo)|Ras]]'' abissini ricevuti a Roma da Mussolini nel 1936]]
[[File:RAS Abissini Pd-italy-005.jpg|miniatura|sinistra|''[[Ras (titolo)|Ras]]'' abissini ricevuti a Roma da Mussolini nel 1936]]


In un periodo di tensioni in cui per motivi politici Mussolini stava programmando il rimpatrio in Etiopia di aristocratici abissini sgraditi a Roma<ref>Vedi il telegramma del 24 maggio 1938 inviato dal capo di gabinetto Mergazzi del Ministero dell'Africa Italiano ad Attilio Teruzzi: {{citazione|S.E. il Capo del Governo ha deciso che entro breve termine confinati etiopici Regno siano fatti rientrare in [[Africa Orientale Italiana|AOI]]. Quelli che non presentano pericolosità potranno essere liberati e restituiti paese origine dove dovranno essere sottoposti opportuna vigilanza.}} Citato in {{Cita|Lenci|p. 68}}</ref> (nel luglio del 1939 ne rimarranno a Roma solo una novantina), quel piano venne improvvisamente accelerato quando nel giugno lo stesso Mussolini apprese che Deres, che faceva da interprete per i ''[[ras (titolo)|ras]]'' confinati a Roma, aveva gridato invettive contro l'Italia e lodi a favore di Selassié di fronte al monumento ai Caduti di Dogali.<ref name="boca">{{Cita libro|autore=[[Angelo Del Boca]]|titolo=Gli italiani in Africa Orientale - 3. La caduta dell'Impero|editore=Mondadori||anno=2014|p=273|ISBN=9788852054969|url=https://books.google.it/books?id=T1vCBAAAQBAJ&pg=PT273&lpg=PT273}}</ref>
In un periodo di tensioni in cui per motivi politici Mussolini stava programmando il rimpatrio in Etiopia di aristocratici abissini sgraditi a Roma<ref>Vedi il telegramma del 24 maggio 1938 inviato dal capo di gabinetto Mergazzi del Ministero dell'Africa Italiano ad Attilio Teruzzi: {{citazione|S.E. il Capo del Governo ha deciso che entro breve termine confinati etiopici Regno siano fatti rientrare in [[Africa Orientale Italiana|AOI]]. Quelli che non presentano pericolosità potranno essere liberati e restituiti paese origine dove dovranno essere sottoposti opportuna vigilanza.}} Citato in {{Cita|Lenci|p. 68}}</ref> (nel luglio del 1939 ne rimarranno a Roma solo una novantina), quel piano venne improvvisamente accelerato quando nel giugno lo stesso Mussolini apprese che Deres, che faceva da interprete per i ''[[ras (titolo)|ras]]'' confinati a Roma, aveva gridato invettive contro l'Italia e lodi a favore di Selassié di fronte al monumento ai Caduti di Dogali.<ref name="boca">{{Cita libro|autore=[[Angelo Del Boca]]|titolo=Gli italiani in Africa Orientale - 3. La caduta dell'Impero|editore=Mondadori||anno=2014|p=273|ISBN=978-88-520-5496-9|url=https://books.google.it/books?id=T1vCBAAAQBAJ&pg=PT273&lpg=PT273}}</ref>


Informato inoltre che alcune persone erano rimaste gravemente ferite nel tentativo di mettere a tacere Deres, Mussolini andò su tutte le furie e ordinò il rimpatrio totale di tutti i nobili etiopi; tuttavia il rimpatrio proseguì a rilento, a causa del fatto che ogni caso andava giudicato con attenzione e che a Roma risiedevano alcuni dignitari etiopi, tra cui i ''ras'' [[Sejum Mangascià]], Ghetacciù Abaté e Kebbedé Guebret e il ''degiac'' [[Asrate Mulughietà]], sospettati di avere ispirato la protesta di Zerai Deres;<ref>{{cita pubblicazione|autore=Alberto Sbacchi|titolo=Italy and the Treatment of the Ethiopian Aristocracy, 1937-1940|pubblicazione=The International Journal of African Historical Studies|volume=10|numero=2|anno=1977|editore=Boston University African Studies Center|pp=220-221|lingua=en|url=https://www.scribd.com/mobile/document/40399331/Italy-and-the-Treatment-of-the-Ethiopian-Aristocracy-1937-1940}}</ref> per questo motivo [[Attilio Teruzzi]], sottosegretario al [[Ministero delle Colonie|ministero dell'Africa Italiana]], avrebbe preferito esiliare questi ultimi in [[Libia]] o nel [[Dodecaneso]].<ref name="boca"/>
Informato inoltre che alcune persone erano rimaste gravemente ferite nel tentativo di mettere a tacere Deres, Mussolini andò su tutte le furie e ordinò il rimpatrio totale di tutti i nobili etiopi; tuttavia il rimpatrio proseguì a rilento, a causa del fatto che ogni caso andava giudicato con attenzione e che a Roma risiedevano alcuni dignitari etiopi, tra cui i ''ras'' [[Sejum Mangascià]], Ghetacciù Abaté e Kebbedé Guebret e il ''degiac'' [[Asrate Mulughietà]], sospettati di avere ispirato la protesta di Zerai Deres;<ref>{{cita pubblicazione|autore=Alberto Sbacchi|titolo=Italy and the Treatment of the Ethiopian Aristocracy, 1937-1940|pubblicazione=The International Journal of African Historical Studies|volume=10|numero=2|anno=1977|editore=Boston University African Studies Center|pp=220-221|lingua=en|url=https://www.scribd.com/mobile/document/40399331/Italy-and-the-Treatment-of-the-Ethiopian-Aristocracy-1937-1940}}</ref> per questo motivo [[Attilio Teruzzi]], sottosegretario al [[Ministero delle Colonie|ministero dell'Africa Italiana]], avrebbe preferito esiliare questi ultimi in [[Libia]] o nel [[Dodecaneso]].<ref name="boca"/>
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[[File:Zerai Deres lionized.jpg|miniatura|destra|La vicenda di Zerai Deres venne [[mito|mitizzata]] nel dopoguerra, fino a farlo divenire un eroe nazionale]]
[[File:Zerai Deres lionized.jpg|miniatura|destra|La vicenda di Zerai Deres venne [[mito|mitizzata]] nel dopoguerra, fino a farlo divenire un eroe nazionale]]


Al termine della seconda guerra mondiale la vicenda di Zerai Deres fu riscritta, [[Mito|mitizzata]], drammatizzata e cantata in Etiopia per celebrare questo eroe della resistenza anticolonialista<ref>Si veda ad esempio {{cita libro|autore=Wolde Giyorgis Wolde Yohannes|titolo=Tarik yallew aymotim (Coloro che hanno fatto la storia non muoiono)|anno=1939 a.M. (1947 a.D.)|lingua=am}} Citato in {{cita pubblicazione|autore=Reidulf K. Molvaer from "Black Lions"|titolo=The father of Ethiopian jounalism|editore=The Red Sea Press|data=2004-02-11|url=http://www.addiszemen.com/|urlarchivio=https://archive.li/bts5O|dataarchivio=2014-10-20|urlmorto=si}}</ref>, soprattutto da parte dei filo-etiopi contrari alla separazione dell'Eritrea dall'Etiopia.<ref name="Cahiers d'Etudes africaines"/>
Al termine della seconda guerra mondiale la vicenda di Zerai Deres fu riscritta, [[Mito|mitizzata]], drammatizzata e cantata in Etiopia per celebrare questo eroe della resistenza anticolonialista<ref>Si veda ad esempio {{cita libro|autore=Wolde Giyorgis Wolde Yohannes|titolo=Tarik yallew aymotim (Coloro che hanno fatto la storia non muoiono)|anno=1939 a.M. (1947 a.D.)|lingua=am}} Citato in {{cita pubblicazione|autore=Reidulf K. Molvaer from "Black Lions"|titolo=The father of Ethiopian jounalism|editore=The Red Sea Press|data=11 febbraio 2004|url=http://www.addiszemen.com/|urlarchivio=https://archive.li/bts5O|dataarchivio=20 ottobre 2014|urlmorto=si}}</ref>, soprattutto da parte dei filo-etiopi contrari alla separazione dell'Eritrea dall'Etiopia.<ref name="Cahiers d'Etudes africaines"/>


In particolare, grazie alla prevalenza della tradizione orale, si andarono ad aggiungere numerosi e anche contrastanti dettagli che esaltarono il personaggio, fino a farlo divenire, tutt'oggi in Etiopia ed Eritrea, un eroe nazionale che lottò e morì per l'unità del paese.<ref>{{cita libro|autore=Yehwalashet Girma|titolo=The Rape of a Nation|editore=Minerva|anno=1996|p=191|ISBN=9781858638485|lingua=en|url=https://books.google.it/books?hl=it&id=ghQOAQAAMAAJ&focus=searchwithinvolume&q=zerai+deres}}</ref>
In particolare, grazie alla prevalenza della tradizione orale, si andarono ad aggiungere numerosi e anche contrastanti dettagli che esaltarono il personaggio, fino a farlo divenire, tutt'oggi in Etiopia ed Eritrea, un eroe nazionale che lottò e morì per l'unità del paese.<ref>{{cita libro|autore=Yehwalashet Girma|titolo=The Rape of a Nation|editore=Minerva|anno=1996|p=191|ISBN=978-1-85863-848-5|lingua=en|url=https://books.google.it/books?hl=it&id=ghQOAQAAMAAJ&focus=searchwithinvolume&q=zerai+deres}}</ref>


Le diverse ricostruzioni collocano l'incidente del Leone di Giuda in date differenti e nell'ambito di una manifestazione celebrativa, relativa all'anniversario dell'annuncio dell'impero italiano<ref>{{cita libro|autore=Jeff Pearce|titolo=Prevail: The Inspiring Story of Ethiopia's Victory over Mussolini's Invasion, 1935 1941|editore=Skyhorse Publishing|anno=2014|p=581|ISBN=9781632200969|lingua=en|url=https://books.google.it/books?id=KvXpBAAAQBAJ&pg=PT581}}</ref> (la notizia diffusa in seguito all'incidente dall'agenzia di stampa britannica [[Reuters]] riportava peraltro che Zerai Deres era giunto a Roma quale membro della delegazione etiope scelta per partecipare alla cerimonia dell'anniversario della conquista dell'Etiopia,<ref name=Singapore/><ref name=Brooklyn/><ref name=Morning/><ref name=Malaya/> che si svolse in realtà all'inizio del mese precedente) oppure al primo anniversario<ref>In Realtà Zerai Deres arrivò a Roma solo nell'estate 1937</ref> dell'ingresso degli italiani ad Addis Abeba. Il giovane eritreo era stato comunque scelto per partecipare ad una parata militare, indossando il costume tradizionale<ref>{{cita libro|autore=Bereket H. Selassie|titolo=The crown and the pen: the memoirs of a lawyer turned rebel|editore=The Red Sea Press|anno=2007|p=111|lingua=en|url=https://books.google.it/books?hl=it&id=5kicAAAAMAAJ&focus=searchwithinvolume&q=zerai+deres}}</ref> e recando una spada cerimoniale con la quale avrebbe dovuto salutare [[Vittorio Emanuele III di Savoia]], Mussolini e [[Adolf Hitler]] (sebbene, come attestato dalle cronache del tempo, nessuno dei tre si trovasse a Roma in quei giorni). Giunto in piazzale dei Cinquecento<ref>In realtà, dal 1925 l'obelisco dei caduti di Dogali era stato spostato dal piazzale dei Cinquecento antistante alla [[stazione di Roma Termini]] al vicino viale Principessa di Piemonte</ref>, Deres sarebbe stato colpito da un improvviso ''[[amok (psicologia)|amok]]'' dopo aver scorto la scultura dorata del Leone di Giuda, simbolo della monarchia cui propri antenati avevano giurato fedeltà<ref>In realtà la scultura del Leone di Giuda era un bronzo recente per l'epoca, essendo stato fusa nel 1930 dallo scultore francese [[Georges Gardet]] (1863-1939)</ref>; in un impeto di patriottismo anticoloniale, avrebbe deciso di interrompere il passo, inginocchiandosi e pregando verso il monumento; interrotto da un poliziotto, l'avrebbe colpito e avrebbe poi ferito con la spada cerimoniale vari soldati italiani al grido di «Il Leone di Giuda è vendicato!», prima di essere ucciso sul colpo o arrestato.<ref>{{cita web|titolo=The Lion of Judah, Aslan and the Pride of Abyssinia|sito=The Disease Detective|lingua=en|url=http://www.thediseasedetective.org/?m=201603}}</ref>
Le diverse ricostruzioni collocano l'incidente del Leone di Giuda in date differenti e nell'ambito di una manifestazione celebrativa, relativa all'anniversario dell'annuncio dell'impero italiano<ref>{{cita libro|autore=Jeff Pearce|titolo=Prevail: The Inspiring Story of Ethiopia's Victory over Mussolini's Invasion, 1935 1941|editore=Skyhorse Publishing|anno=2014|p=581|ISBN=978-1-63220-096-9|lingua=en|url=https://books.google.it/books?id=KvXpBAAAQBAJ&pg=PT581}}</ref> (la notizia diffusa in seguito all'incidente dall'agenzia di stampa britannica [[Reuters]] riportava peraltro che Zerai Deres era giunto a Roma quale membro della delegazione etiope scelta per partecipare alla cerimonia dell'anniversario della conquista dell'Etiopia,<ref name=Singapore/><ref name=Brooklyn/><ref name=Morning/><ref name=Malaya/> che si svolse in realtà all'inizio del mese precedente) oppure al primo anniversario<ref>In Realtà Zerai Deres arrivò a Roma solo nell'estate 1937</ref> dell'ingresso degli italiani ad Addis Abeba. Il giovane eritreo era stato comunque scelto per partecipare ad una parata militare, indossando il costume tradizionale<ref>{{cita libro|autore=Bereket H. Selassie|titolo=The crown and the pen: the memoirs of a lawyer turned rebel|editore=The Red Sea Press|anno=2007|p=111|lingua=en|url=https://books.google.it/books?hl=it&id=5kicAAAAMAAJ&focus=searchwithinvolume&q=zerai+deres}}</ref> e recando una spada cerimoniale con la quale avrebbe dovuto salutare [[Vittorio Emanuele III di Savoia]], Mussolini e [[Adolf Hitler]] (sebbene, come attestato dalle cronache del tempo, nessuno dei tre si trovasse a Roma in quei giorni). Giunto in piazzale dei Cinquecento<ref>In realtà, dal 1925 l'obelisco dei caduti di Dogali era stato spostato dal piazzale dei Cinquecento antistante alla [[stazione di Roma Termini]] al vicino viale Principessa di Piemonte</ref>, Deres sarebbe stato colpito da un improvviso ''[[amok (psicologia)|amok]]'' dopo aver scorto la scultura dorata del Leone di Giuda, simbolo della monarchia cui propri antenati avevano giurato fedeltà<ref>In realtà la scultura del Leone di Giuda era un bronzo recente per l'epoca, essendo stato fusa nel 1930 dallo scultore francese [[Georges Gardet]] (1863-1939)</ref>; in un impeto di patriottismo anticoloniale, avrebbe deciso di interrompere il passo, inginocchiandosi e pregando verso il monumento; interrotto da un poliziotto, l'avrebbe colpito e avrebbe poi ferito con la spada cerimoniale vari soldati italiani al grido di «Il Leone di Giuda è vendicato!», prima di essere ucciso sul colpo o arrestato.<ref>{{cita web|titolo=The Lion of Judah, Aslan and the Pride of Abyssinia|sito=The Disease Detective|lingua=en|url=http://www.thediseasedetective.org/?m=201603}}</ref>


Altre versioni indicano invece che nel corso della parata Deres, alla vista della statua, con improvviso sentimento di rabbia avrebbe colpito con la spada il primo soldato italiano trovato sul proprio percorso e poi ne avrebbe feriti e uccisi numerosi altri,<ref>{{cita web|titolo=Lion of Judah Monument|sito=Afrotourism|url=http://afrotourism.com/attraction/lion-of-judah-monument/|lingua=en}}</ref> forse cinque o più,<ref name="Eritrea">{{cita libro|autore=Roy Pateman|titolo=Eritrea: even the stones are burning|editore=The Red Sea Press|anno=1998|p=59|lingua=en|url=https://books.google.it/books?id=NGiDTqf5YYAC&pg=PA59&dq=zerai+derres+lion&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjqm4XT5NfVAhVLWRoKHWCJA_QQ6AEINjAC#v=onepage&q=zerai%20deres&f=false}}</ref> prima di essere arrestato o ucciso sul posto dai fascisti.<ref name="Imperial Monuments of Ethiopia">{{cita web|titolo=Imperial Monuments of Ethiopia (part 3)|accesso=15 agosto 2017|lingua=en|url=http://www.haileselassie.net/imperial-monuments-of-ethiopia-part-3/}}</ref>
Altre versioni indicano invece che nel corso della parata Deres, alla vista della statua, con improvviso sentimento di rabbia avrebbe colpito con la spada il primo soldato italiano trovato sul proprio percorso e poi ne avrebbe feriti e uccisi numerosi altri,<ref>{{cita web|titolo=Lion of Judah Monument|sito=Afrotourism|url=http://afrotourism.com/attraction/lion-of-judah-monument/|lingua=en}}</ref> forse cinque o più,<ref name="Eritrea">{{cita libro|autore=Roy Pateman|titolo=Eritrea: even the stones are burning|editore=The Red Sea Press|anno=1998|p=59|lingua=en|url=https://books.google.it/books?id=NGiDTqf5YYAC&pg=PA59&dq=zerai+derres+lion&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjqm4XT5NfVAhVLWRoKHWCJA_QQ6AEINjAC#v=onepage&q=zerai%20deres&f=false}}</ref> prima di essere arrestato o ucciso sul posto dai fascisti.<ref name="Imperial Monuments of Ethiopia">{{cita web|titolo=Imperial Monuments of Ethiopia (part 3)|accesso=15 agosto 2017|lingua=en|url=http://www.haileselassie.net/imperial-monuments-of-ethiopia-part-3/}}</ref>


=== Nella cultura di massa ===
=== Nella cultura di massa ===
Il 22 ottobre 1945 il quotidiano governativo in lingua inglese ''The Ethiopian Herald'' pubblicò il [[necrologio]] di Zerai Deres intitolato ''La morte chiama a se uno dei più grandi patrioti etiopi''.<ref>{{cita pubblicazione|titolo=Death claims one of Ethiopian oustanding Patriot|pubblicazione=The Ethiopian Herald|data=1945-10-22|lingua=en|citazione=Zerai, by the Lion of Judah statue, bowed down to pray. Naturally, all the spectators were detracted from the main purpose of this display and the humble Ethiopian became the pivot of their attention. A Fascist officer went over to him and asked him to get up and end his prayer. Not wishing to be disturbed, Zerai continued his bowing posture. Rougher measures were applied by the officer.<br/>In religious anger his sword was unsheathed and in a rage somewhat similar to the divine fury induced by the priestess Apollo, he fell on the would-be mockers of his country's national symbol and killed them, uttering these words: “The Lion of Judah is avenged”. Animated by this passion and burning with enthusiasm to protect the emblem of his country, he gave no quarter until he was run down by a motor-cycle and arrest.}} Citato in {{cita pubblicazione|autore=Richard Pankhurst|titolo=Ethiopia and the loot of the italian invasion: 1935-1936|pubblicazione=Présence Africaine, Nouvelle série|numero=72|mese=4e trimestre|anno=1969|p=93|lingua=en|url=https://www.jstor.org/stable/pdf/24348772.pdf|cid=Richard Pankhurst}}</ref> Nel 1948 la vicenda venne ulteriormente drammatizzata da Alazar Tesfa Michael nell'articolo sugli ''Eroi eritrei'' pubblicato sul settimanale ''New Times and Ethiopia News''.<ref>{{cita news|autore=Alazar Tesfa Michael|titolo=Eritrean Heroes|pubblicazione=New Times and
Il 22 ottobre 1945 il quotidiano governativo in lingua inglese ''The Ethiopian Herald'' pubblicò il [[necrologio]] di Zerai Deres intitolato ''La morte chiama a se uno dei più grandi patrioti etiopi''.<ref>{{cita pubblicazione|titolo=Death claims one of Ethiopian oustanding Patriot|pubblicazione=The Ethiopian Herald|data=22 ottobre 1945|lingua=en|citazione=Zerai, by the Lion of Judah statue, bowed down to pray. Naturally, all the spectators were detracted from the main purpose of this display and the humble Ethiopian became the pivot of their attention. A Fascist officer went over to him and asked him to get up and end his prayer. Not wishing to be disturbed, Zerai continued his bowing posture. Rougher measures were applied by the officer.<br/>In religious anger his sword was unsheathed and in a rage somewhat similar to the divine fury induced by the priestess Apollo, he fell on the would-be mockers of his country's national symbol and killed them, uttering these words: “The Lion of Judah is avenged”. Animated by this passion and burning with enthusiasm to protect the emblem of his country, he gave no quarter until he was run down by a motor-cycle and arrest.}} Citato in {{cita pubblicazione|autore=Richard Pankhurst|titolo=Ethiopia and the loot of the italian invasion: 1935-1936|pubblicazione=Présence Africaine, Nouvelle série|numero=72|mese=4e trimestre|anno=1969|p=93|lingua=en|url=https://www.jstor.org/stable/pdf/24348772.pdf|cid=Richard Pankhurst}}</ref> Nel 1948 la vicenda venne ulteriormente drammatizzata da Alazar Tesfa Michael nell'articolo sugli ''Eroi eritrei'' pubblicato sul settimanale ''New Times and Ethiopia News''.<ref>{{cita news|autore=Alazar Tesfa Michael|titolo=Eritrean Heroes|pubblicazione=New Times and
Ethiopia News|data=1948-07-02|lingua=en|citazione=When Zerai saw the national symbol of his country displayed as a trophy of the conqueror, he sank down in grief, tears streaming down from his eyes. Then he rose up, hastened to the [[Museo africano|Museo Coloniale]], possessed himself of a sword which was on show there. Returning to the statue of the Lion he prostrated himself before it.<br/>Leaping to his feet as he unsheathed the sword, he then dashed into the midst of the thousands of Fascists who had assembled for the celebration. He took his stand by the monument erected to commemorate the Italians who were killed at Dogali... Wielding the sword he killed five Italians and wounded many more before they dare lay hands on him. Then he paused and shouted out, in Italian: “Long live [[Hailé Selassié|Tafari]]! Long live the Lion of Judah! Down with Italy! Raise up and exalt Ethiopia! Down with the King of Italy! Down with Mussolini!” Zerai was shot by two railway station police in the Piazza Esedra, and fell nearthe Conquering Lion of the Tribe of Judah, still holding his sword. He was retained in prison till after the Italian defeat, and died there during the Allied occupation of Italy, in July 1945, at 29 years of age.}} Citato in {{cita|Richard Pankhurst|pp. 93-94}}</ref>
Ethiopia News|data=2 luglio 1948|lingua=en|citazione=When Zerai saw the national symbol of his country displayed as a trophy of the conqueror, he sank down in grief, tears streaming down from his eyes. Then he rose up, hastened to the [[Museo africano|Museo Coloniale]], possessed himself of a sword which was on show there. Returning to the statue of the Lion he prostrated himself before it.<br/>Leaping to his feet as he unsheathed the sword, he then dashed into the midst of the thousands of Fascists who had assembled for the celebration. He took his stand by the monument erected to commemorate the Italians who were killed at Dogali... Wielding the sword he killed five Italians and wounded many more before they dare lay hands on him. Then he paused and shouted out, in Italian: “Long live [[Hailé Selassié|Tafari]]! Long live the Lion of Judah! Down with Italy! Raise up and exalt Ethiopia! Down with the King of Italy! Down with Mussolini!” Zerai was shot by two railway station police in the Piazza Esedra, and fell nearthe Conquering Lion of the Tribe of Judah, still holding his sword. He was retained in prison till after the Italian defeat, and died there during the Allied occupation of Italy, in July 1945, at 29 years of age.}} Citato in {{cita|Richard Pankhurst|pp. 93-94}}</ref>


In occasione del giubileo d'argento dell'incoronazione dell'imperatore d'Etiopia (avvenuto nell'anno 1948 del [[calendario etiopico]], corrispondente al 1955-1956) vennero pubblicate un gran numero di opere in lingua amarica:<ref>{{cita pubblicazione|autore=P. Comba|titolo=Une année de publications en langue amharique|pubblicazione=Annales d'Ethiopie|anno=1957|volume=2|numero=1|pp=253-264|lingua=fr|url=http://www.persee.fr/doc/ethio_0066-2127_1957_num_2_1_1280}}</ref> fra queste diversi drammi teatrali a tema storico aventi come soggetto l'invasione italiana, compresa la ''Storia di un patriota eritreo: Zerai Deres'' (ታሪክ በቲያትር መልክ: ዘርዓይ ደረስ, ''Tārik ba-tiyāter malk: Zarʻāy Daras'') scritta da Antanah Alamù.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Antanah Alamù|titolo=Tārik ba-tiyāter malk. Zarʻāy Daras|editore=Artistic Press|anno=1957|lingua=am|url=http://digital.soas.ac.uk/LOAA003472/00001/1x}}</ref><ref>{{cita libro|autore=Jane Plastow|capitolo=The Italian occupation and after|opera=African Theatre and Politics: The Evolution of Theatre in Ethiopia, Tanzania and Zimbabwe. A Comparative Study|editore=Rodopi|città=Amsterdam-Atlanta|anno=1996|p=58|ISBN=9789042000384|lingua=en|url=https://books.google.it/books?id=4W3n6VQTNd0C&pg=PA58}}</ref>
In occasione del giubileo d'argento dell'incoronazione dell'imperatore d'Etiopia (avvenuto nell'anno 1948 del [[calendario etiopico]], corrispondente al 1955-1956) vennero pubblicate un gran numero di opere in lingua amarica:<ref>{{cita pubblicazione|autore=P. Comba|titolo=Une année de publications en langue amharique|pubblicazione=Annales d'Ethiopie|anno=1957|volume=2|numero=1|pp=253-264|lingua=fr|url=http://www.persee.fr/doc/ethio_0066-2127_1957_num_2_1_1280}}</ref> fra queste diversi drammi teatrali a tema storico aventi come soggetto l'invasione italiana, compresa la ''Storia di un patriota eritreo: Zerai Deres'' (ታሪክ በቲያትር መልክ: ዘርዓይ ደረስ, ''Tārik ba-tiyāter malk: Zarʻāy Daras'') scritta da Antanah Alamù.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Antanah Alamù|titolo=Tārik ba-tiyāter malk. Zarʻāy Daras|editore=Artistic Press|anno=1957|lingua=am|url=http://digital.soas.ac.uk/LOAA003472/00001/1x}}</ref><ref>{{cita libro|autore=Jane Plastow|capitolo=The Italian occupation and after|collana=African Theatre and Politics: The Evolution of Theatre in Ethiopia, Tanzania and Zimbabwe. A Comparative Study|editore=Rodopi|città=Amsterdam-Atlanta|anno=1996|p=58|ISBN=978-90-420-0038-4|lingua=en|url=https://books.google.it/books?id=4W3n6VQTNd0C&pg=PA58}}</ref>


Negli anni 1970 la vicenda del patriota eritreo venne narrata nell'opera teatrale ''Gamoraw: Zerai Deres'', scritta dalla commediografa etiope Yelma Manaye<ref>{{cita libro|autore=Yilma Manaye|titolo=Zeraye Derese|editore=St. George Publishers|anno=1971|p=222|url=https://books.google.it/books/about/Zeraye_Derese.html?id=ynOktwAACAAJ}}</ref> ed interpretata da [[Wegayehu Nigatu]] (1944-1990), all'epoca noto attore presso il [[Teatro nazionale etiope]] di Addis Abeba.<ref>{{cita web|titolo=Wegayehu Negatu - The late senior performer: Biography in Brief|sito=Wegayehu Negatu Art Center|città=Washington|url=http://blengrafix.com/wegayehu/bio.htm|lingua=en|accesso=2017-08-18|urlarchivio=http://archive.is/e51y3|dataarchivio=2017-08-18|urlmorto=no}}</ref> Quando la rappresentazione giunse in Eritrea per essere messa in scena al [[teatro Asmara]], l'interpretazione di Zerai Deres da parte di Wegayehu Nigatu fu accolta con successo dal pubblico e fu così convincente che Tesfazion Deres volle ospitare l'attore per due settimane al fine di poter conversare con il sosia del proprio fratello morto.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Brook Abdu|titolo=The legacy of Wegayehu Nigatu - The making of a legend|pubblicazione=Blen Skunderism Magazine|anno=2005|lingua=en|url=http://www.blengrafix.com/blenmagazine/wegayehu.htm|urlarchivio=http://archive.is/6973A|dataarchivio=2013-01-18|urlmorto=no}}</ref>
Negli anni 1970 la vicenda del patriota eritreo venne narrata nell'opera teatrale ''Gamoraw: Zerai Deres'', scritta dalla commediografa etiope Yelma Manaye<ref>{{cita libro|autore=Yilma Manaye|titolo=Zeraye Derese|editore=St. George Publishers|anno=1971|p=222|url=https://books.google.it/books/about/Zeraye_Derese.html?id=ynOktwAACAAJ}}</ref> ed interpretata da [[Wegayehu Nigatu]] (1944-1990), all'epoca noto attore presso il [[Teatro nazionale etiope]] di Addis Abeba.<ref>{{cita web|titolo=Wegayehu Negatu - The late senior performer: Biography in Brief|sito=Wegayehu Negatu Art Center|città=Washington|url=http://blengrafix.com/wegayehu/bio.htm|lingua=en|accesso=18 agosto 2017|urlarchivio=http://archive.is/e51y3|dataarchivio=18 agosto 2017|urlmorto=no}}</ref> Quando la rappresentazione giunse in Eritrea per essere messa in scena al [[teatro Asmara]], l'interpretazione di Zerai Deres da parte di Wegayehu Nigatu fu accolta con successo dal pubblico e fu così convincente che Tesfazion Deres volle ospitare l'attore per due settimane al fine di poter conversare con il sosia del proprio fratello morto.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Brook Abdu|titolo=The legacy of Wegayehu Nigatu - The making of a legend|pubblicazione=Blen Skunderism Magazine|anno=2005|lingua=en|url=http://www.blengrafix.com/blenmagazine/wegayehu.htm|urlarchivio=http://archive.is/6973A|dataarchivio=18 gennaio 2013|urlmorto=no}}</ref>


Il [[poeta laureato]] etiope [[Sagaye Gabra Madhen]] ha composto negli anni 1980 un'opera teatrale storica basata sulla vicenda di Zerai.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Negussay Ayele|titolo=Poet laureate Tsegaye Gabre-Medhin of Ethiopia: A Short Walk Through His Literary Park|anno=2012|url=https://ethiopianarchive.files.wordpress.com/2012/05/poet-laureate-tsegaye-by-professor-negussay-ayele.pdf|lingua=en}}</ref>
Il [[poeta laureato]] etiope [[Sagaye Gabra Madhen]] ha composto negli anni 1980 un'opera teatrale storica basata sulla vicenda di Zerai.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Negussay Ayele|titolo=Poet laureate Tsegaye Gabre-Medhin of Ethiopia: A Short Walk Through His Literary Park|anno=2012|url=https://ethiopianarchive.files.wordpress.com/2012/05/poet-laureate-tsegaye-by-professor-negussay-ayele.pdf|lingua=en}}</ref>


Nelle [[arti visive]], il patriota è stato il soggetto di sculture, tra cui quella di [[Tadesse Mamecha]] del 1971.<ref>{{cita web|titolo=A Chronology of 20th Century Ethiopian Art|sito=Ethiopian Art|url=http://www.ethiopianart.org/chronology/chronology.php?greater=1970&less=1979|accesso=2017-08-21}}</ref>
Nelle [[arti visive]], il patriota è stato il soggetto di sculture, tra cui quella di [[Tadesse Mamecha]] del 1971.<ref>{{cita web|titolo=A Chronology of 20th Century Ethiopian Art|sito=Ethiopian Art|url=http://www.ethiopianart.org/chronology/chronology.php?greater=1970&less=1979|accesso=21 agosto 2017}}</ref>


La Zerai Deres Band è stata un gruppo musicale eritreo attivo dagli anni 1970 e specializzato nella musica jazz e folk.<ref>{{cita libro|autore=|titolo= Community Music Today|curatore=Kari K. Veblen,David J. Elliott,Stephen J. Messenger,Marissa Silverman|editore=Rowman & Littlefield|anno=2013|p=67|url= https://books.google.it/books?id=lfYplTewtr8C&pg=PA67}}</ref>
La Zerai Deres Band è stata un gruppo musicale eritreo attivo dagli anni 1970 e specializzato nella musica jazz e folk.<ref>{{cita libro|autore=|titolo= Community Music Today|curatore=Kari K. Veblen,David J. Elliott,Stephen J. Messenger,Marissa Silverman|editore=Rowman & Littlefield|anno=2013|p=67|url= https://books.google.it/books?id=lfYplTewtr8C&pg=PA67}}</ref>
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Nel 1966, quando la statua del Leone di Giuda venne restituita all'Etiopia, durante la cerimonia della sua nuova erezione ad [[Addis Abeba]], l'imperatore [[Hailé Selassié]] ricordò il gesto patriottico di Zerai Deres.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Maurício Waldman|titolo=A história de Zerai Deres: heroísmo africano & memória de África|pubblicazione=Brasil Angola Magazine|numero=11|anno=2013|lingua=pt|url=http://mw.pro.br/mw/hist_zerai_deresBAngola.pdf}}</ref>
Nel 1966, quando la statua del Leone di Giuda venne restituita all'Etiopia, durante la cerimonia della sua nuova erezione ad [[Addis Abeba]], l'imperatore [[Hailé Selassié]] ricordò il gesto patriottico di Zerai Deres.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Maurício Waldman|titolo=A história de Zerai Deres: heroísmo africano & memória de África|pubblicazione=Brasil Angola Magazine|numero=11|anno=2013|lingua=pt|url=http://mw.pro.br/mw/hist_zerai_deresBAngola.pdf}}</ref>


Dopo la [[Guerra civile in Etiopia|rivoluzione etiope del 1974]], il regime [[Derg]] aveva deciso di rimuovere la statua in quanto simbolo monarchico. Tuttavia, gli anziani membri dell'associazione di veterani di guerra fecero appello al Derg di considerare la memoria di Zerai Deres e del suo sacrificio anfifascista ispirato da questo stesso simbolo; questa richiesta riuscì a salvare la statua, che così ancora oggi si trova nella piazza della [[Stazione di Addis Abeba|stazione ferroviaria di Addis Abeba]].<ref>{{cita libro|autore=Richard Deiss|titolo=Der Lebkuchenbahnhof am Ende der Welt: Kleine Geschichten zu 222 Bahnhöfen in Afrika, Asien und Ozeanien|editore=BoD|anno=2013|lingua=de|p=9|ISBN=9783732228270|url=https://books.google.it/books?id=ac4dAQAAQBAJ&pg=PA9}}</ref><ref name="Imperial Monuments of Ethiopia"/>
Dopo la [[Guerra civile in Etiopia|rivoluzione etiope del 1974]], il regime [[Derg]] aveva deciso di rimuovere la statua in quanto simbolo monarchico. Tuttavia, gli anziani membri dell'associazione di veterani di guerra fecero appello al Derg di considerare la memoria di Zerai Deres e del suo sacrificio anfifascista ispirato da questo stesso simbolo; questa richiesta riuscì a salvare la statua, che così ancora oggi si trova nella piazza della [[Stazione di Addis Abeba|stazione ferroviaria di Addis Abeba]].<ref>{{cita libro|autore=Richard Deiss|titolo=Der Lebkuchenbahnhof am Ende der Welt: Kleine Geschichten zu 222 Bahnhöfen in Afrika, Asien und Ozeanien|editore=BoD|anno=2013|lingua=de|p=9|ISBN=978-3-7322-2827-0|url=https://books.google.it/books?id=ac4dAQAAQBAJ&pg=PA9}}</ref><ref name="Imperial Monuments of Ethiopia"/>


La prima nave della [[marina militare etiope]], donata dalla [[United States Navy]] nel 1956, fu intitolata a Zerai Deres.<ref name="Ethiopia Observer"/><ref>{{cita news|autore=Addisalem Mulat|titolo=Ethiopia's Navy Founder|pubblicazione=The Ethiopian Herald|data=2016-12-11|lingua=en|url=http://allafrica.com/stories/201612120566.html}} citato in Allafrica.com</ref> In seguito, venne dedicata al patriota eritreo anche una [[Zerai Deres 1616|corvetta di fabbricazione sovietica]]<ref>{{cita web|titolo=Ship FF 1616 Zerai Deres|sito=World Warship|lingua=en|url=http://www.worldwarships.com/class/petya-project-159a/zerai-deres}}</ref> varata nel 1968 e affondata nel febbraio nel 1991 nei pressi dell'isola di [[Nocra]].<ref>{{cita web|titolo= Guard Ships Project 159|sito=Russianship.info|lingua=en|url=http://russianships.info/eng/warships/project_159.htm}}</ref>
La prima nave della [[marina militare etiope]], donata dalla [[United States Navy]] nel 1956, fu intitolata a Zerai Deres.<ref name="Ethiopia Observer"/><ref>{{cita news|autore=Addisalem Mulat|titolo=Ethiopia's Navy Founder|pubblicazione=The Ethiopian Herald|data=11 dicembre 2016|lingua=en|url=http://allafrica.com/stories/201612120566.html}} citato in Allafrica.com</ref> In seguito, venne dedicata al patriota eritreo anche una [[Zerai Deres 1616|corvetta di fabbricazione sovietica]]<ref>{{cita web|titolo=Ship FF 1616 Zerai Deres|sito=World Warship|lingua=en|url=http://www.worldwarships.com/class/petya-project-159a/zerai-deres}}</ref> varata nel 1968 e affondata nel febbraio nel 1991 nei pressi dell'isola di [[Nocra]].<ref>{{cita web|titolo= Guard Ships Project 159|sito=Russianship.info|lingua=en|url=http://russianships.info/eng/warships/project_159.htm}}</ref>


La piazza principale di [[Asmara]], in cui hanno sede la [[Banca d'Eritrea|Banca nazionale d'Eritrea]] (ex palazzo della Banca d'Italia), il palazzo centrale delle poste e altri uffici governativi, in epoca coloniale era chiamata piazza Roma, ma dopo l'indipendenza del paese venne ridenominata e intitolata alla memoria del patriota Zerai Deres.<ref>{{cita web|titolo=Public buildings in Asmara|sito=asmera.nl|lingua=en|url=http://www.asmera.nl/asmara-government.htm}}</ref> Inoltre, sono a lui dedicate anche strade, scuole, alberghi e ristoranti.
La piazza principale di [[Asmara]], in cui hanno sede la [[Banca d'Eritrea|Banca nazionale d'Eritrea]] (ex palazzo della Banca d'Italia), il palazzo centrale delle poste e altri uffici governativi, in epoca coloniale era chiamata piazza Roma, ma dopo l'indipendenza del paese venne ridenominata e intitolata alla memoria del patriota Zerai Deres.<ref>{{cita web|titolo=Public buildings in Asmara|sito=asmera.nl|lingua=en|url=http://www.asmera.nl/asmara-government.htm}}</ref> Inoltre, sono a lui dedicate anche strade, scuole, alberghi e ristoranti.
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== Bibliografia ==
== Bibliografia ==
*{{cita libro|autore=Ateneh Alemu|titolo=Zerai Deress|città=Addis Abeba|editore=Berhanena Selam Printing Enterprise|anno=1955-1956}}
*{{cita libro|autore=Ateneh Alemu|titolo=Zerai Deress|città=Addis Abeba|editore=Berhanena Selam Printing Enterprise|anno=1955-1956}}
*{{cita libro|autore=Hedat Berhane|titolo=Zeray Deres, 1914–1945|opera=IVth Year Essay|editore=Department of History, Haile Selassie University|città=Asmara|anno=1976}}
*{{cita libro|autore=Hedat Berhane|titolo=Zeray Deres, 1914–1945|collana=IVth Year Essay|editore=Department of History, Haile Selassie University|città=Asmara|anno=1976}}
*{{cita libro|autore=Jacques Bureau|titolo=Naissance d'un héros|opera=Ethiopie. Un drame impérial et rouge|città=Parigi|editore=Ramsay|anno=1987|pp=21–32|lingua=fr|url=http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k33347298/f29.image}}
*{{cita libro|autore=Jacques Bureau|titolo=Naissance d'un héros|collana=Ethiopie. Un drame impérial et rouge|città=Parigi|editore=Ramsay|anno=1987|pp=21–32|lingua=fr|url=http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k33347298/f29.image}}
*{{Cita libro|autore=[[Angelo Del Boca]]|titolo=Gli italiani in Africa Orientale - 3. La caduta dell'Impero|editore=Mondadori||anno=2014|ISBN=9788852054969|url=https://books.google.it/books?id=T1vCBAAAQBA}}
*{{Cita libro|autore=[[Angelo Del Boca]]|titolo=Gli italiani in Africa Orientale - 3. La caduta dell'Impero|editore=Mondadori||anno=2014|ISBN=978-88-520-5496-9|url=https://books.google.it/books?id=T1vCBAAAQBA}}
*{{cita libro|autore=Nicholas Lucchetti|titolo=Dallo scandalo Livraghi ai fratelli Derres. Saggi sul colonialismo italiano|città=Tricase|anno=2013|editore=Youcanprint|ISBN=978-88-911-1701-4|pp=98}}
*{{cita libro|autore=Nicholas Lucchetti|titolo=Dallo scandalo Livraghi ai fratelli Derres. Saggi sul colonialismo italiano|città=Tricase|anno=2013|editore=Youcanprint|ISBN=978-88-911-1701-4|pp=98}}
*{{cita libro|autore=Yelmā Mānāyé|titolo=Gamorāw: Zarʻāy Daras|città=Etiopia|anno=1971|lingua=am}}
*{{cita libro|autore=Yelmā Mānāyé|titolo=Gamorāw: Zarʻāy Daras|città=Etiopia|anno=1971|lingua=am}}
*{{cita libro|autore=[[Alessandro Triulzi]]|curatore=Paolo Bertella Farnetti|curatore2=Cecilia Dau Novelli|titolo=Across the Mediterranean. Acknowledging Voices and Silences of (Post)Colonial Italy|opera=Colonialism and National Identity|editore=Cambridge Scholars Publishing|anno=2015|pp=161-176|lingua=en|url=https://www.academia.edu/17452956}}
*{{cita libro|autore=[[Alessandro Triulzi]]|curatore=Paolo Bertella Farnetti|curatore2=Cecilia Dau Novelli|titolo=Across the Mediterranean. Acknowledging Voices and Silences of (Post)Colonial Italy|collana=Colonialism and National Identity|editore=Cambridge Scholars Publishing|anno=2015|pp=161-176|lingua=en|url=https://www.academia.edu/17452956}}


== Voci correlate ==
== Voci correlate ==

Versione delle 16:21, 2 set 2017

Zerai Deres

Zerai Deres (in amarico: ዘርኣይ ደረስ, Zärə ayə Däräs, a volte traslitterato Zeray o Zer'ai e Derres o Deress; Hazega, 1914Barcellona Pozzo di Gotto, 6 luglio 1945) è stato un traduttore e patriota eritreo considerato nella sua patria e in Etiopia[1] un eroe nazionale[2] dell'anticolonialismo[3] e dell'antifascismo.[4].

Nel 1938 Deres fu protagonista a Roma di un episodio di protesta contro il colonialismo italiano,[5] in seguito al quale fu internato in un manicomio fino alla morte avvenuta dopo sette anni. Il gesto, mitizzato nel dopoguerra,[6] è considerato dalla storiografia eritrea ed etiope un evento collegato alla resistenza etiopica contro l'occupazione italiana.

Negli anni 1970 venne insignito postumo del titolo onorifico di degiasmacc.[7]

Biografia

Primi anni

I primi fratini cappuccini eritrei con i loro superiori a Saganèiti il 6 novembre 1934: Zerai Deres (quarto da sinistra in alto e contraddistinto con il numero 3) prese il nome di Francesco da Adiyeheys

Zerai Deres, di etnia tigrè, nacque nel kebele di Adiyeheys, nella provincia di Serae, nel 1914 (il 1908 secondo il calendario etiopico). All'età di due anni rimase orfano di padre, cosicché la famiglia si trasferì ad Hazega, villaggio di origine della madre.[8] Convertitosi alla fede cattolica, sudiò presso le scuole italiane della colonia, dove imparò la lingua italiana.[3]

Il 6 novembre 1934 entrò, insieme ad altri tredici giovani eritrei, nel primo seminario serafico dei frati cappuccini di Saganèiti,[9][10] fondato da padre Prospero da Milano. Abbandonò quindi gli studi per trovare impiego come interprete.[10]

Il 6 ottobre 1936 Deres inviò una lettera al Corriere dell'Impero[11][7][3], il cui editore aveva chiesto l'abolizione di qualunque forma di promiscuità con i "nativi". Zerai, firmandosi come Un nativo, ricordò all'editorialista di Asmara, che tanto disgustava la presenza di "nativi", che essi erano spesso orgogliosi di essere sudditi italiani, tanto è vero che in Libia, Somalia e nelle recenti guerre contro la propria madrepatria, loro li avevano spesso protetti con i propri corpi, a volte pagando con la propria vita.[11][3] Secondo Zerai, non era dunque un'esagerazione dire che i nativi avevano fornito agli italiani i mezzi necessari per il loro sopraggiungere.[11][3] Il fraintendimento di così tanti meriti e atti di eroismo compiuti a favore dell'Italia poteva essere indicativo solo di un governo straniero e imperialistico.[11][3]

Poco prima di partire per l'Italia, nell'aprile 1937 Zerai si sposò[7] con una ragazza chiamata Alemash, conosciuta a Saganèiti.[10]

Arrivo a Roma

Il Leone di Giuda presso il monumento ai Caduti di Dogali a Roma, prima della restituzione

In seguito al fallito attentato a Rodolfo Graziani (all'epoca vicerè dell'Africa Orientale Italiana e governatore generale della Scioa) avvenuto il 19 febbraio 1937 ad opera di due eritrei, venne effettuata la sanguinosa rappresaglia di Addis Abeba (conosciuta in Etiopia come Yekatit 12), che comportò l'uccisione di migliaia di persone e l'arresto di molti nobili aristocratici amhara, 400 dei quali circa furono in seguito deportati a Roma, Longobucco, Mercogliano, Ponza, Tivoli e all'Asinara.[12][13][3][14]

Per far fronte alla gestione, Zerai Deres venne assunto dal Ministero delle Colonie come traduttore per i nobili etiopi deportati in Italia. All'età di 23 anni, Zerai arrivò così a Roma nell'estate del 1937, poco dopo l'arrivo dei primi deportati etiopi.[7][11][3]

Durante il soggiorno a Roma, Zerai Deres seguì attentamente gli avvenimenti della guerra coloniale e con un crescente sentimento di rabbia e impotenza di fronte alle notizie che giungevano dall'Etiopia,[3] traducendo per i ras abissini le notizie riportate dalla stampa italiana.[15]

L'incidente al memoriale dei caduti di Dogali

La notizia pubblicata da Il Messaggero (17 giugno 1938)

Il 15 giugno 1938,[16][17][18][19][20][21][22][23][24] poco prima del suo previsto rientro in Eritrea, Deres si recò verso l'ora di pranzo in viale Principessa di Piemonte[16] (oggi viale Luigi Einaudi), ove si inginocchiò ai piedi della scultura del Leone di Giuda, simbolo della monarchia etiope e della fedeltà del suo popolo, trafugata come bottino di guerra dagli italiani, portata a Roma[3] e infine collocata sotto al monumento ai Caduti di Dogali l'8 maggio 1937 in occasione del primo anniversario della proclamazione dell'impero.[25][26]

Mentre intorno a Deres si radunava una piccola folla, un militare italiano tentò di interromperlo nella sua devozione. A questo punto l'eritreo, urlando parole oltraggiose per l'Italia e il Duce e lodi per il Negus,[3] estrasse una scimitarra[18] colpendo il milite ferroviario Vincenzo Veglia, l'impiegato statale Ferdinando Peraldi e il maresciallo capo di fanteria Mario Izzo, che riportarono ferite lievissime[27] guaribili entro 12 giorni.[16] Secondo alcune fonti giornalistiche dell'epoca, intervenne per fermare l'aggressione anche un garzone di una macelleria,[18][17] che si scagliò con la propria bicicletta contro l'eritreo, riportando anch'egli un taglio.[17] Altre fonti riportano il ferimento di diversi passanti.[3][28]

Infine, giunsero due soldati che misero fine all'aggressione, esplodendo quattro colpi di pistola in direzione di Zerai Deres[19], che venne colpito alla coscia in maniera non grave.[16]

Internamento e morte

Tesfazion Deres, venuto a conoscenza che il fratello non era morto nel 1938, ma detenuto a Messina, inviò una supplica all'imperatore Selassié affinché fosse riportato a casa

L'episodio venne considerato dalle autorità come un'azione di un malato di mente[16]: Zerai Deres venne quindi arrestato,[7] ricoverato e piantonato presso l'ospedale del Policlinico Umberto I[16][21], quindi deportato in Sicilia nell'ospedale psichiatrico giudiziario[3] "Vittorio Madia" di Barcellona Pozzo di Gotto,[7] in provincia di Messina.[29]

Durante l'internamento, Zerai tentò incessantemente di provare la propria lucidità mentale, ma non fu mai creduto dai medici italiani.[3] Zerai scrisse anche diverse lettere alla famiglia, tra cui una datata 3 dicembre 1938,[11] nella quale affermava di trovarsi in buona salute e chiedeva al fratello Tesfazion di restituire il titolo onorifico ricevuto dal governo italiano.[3]

Zerai Deres morì presso il manicomio criminale di Barcellona Pozzo di Gotto all'età di 31 anni, nel luglio 1945.[3]

Rimpatrio della salma

Tesfazion Deres, già fondatore del Partito Eritrea Indipendente, riteneva che Zerai fosse vivo e stesse bene in una prigione in Italia.[29] Insieme ad altri eritrei interessò il ministro degli affari esteri etiope Ambaye Wolde Mariam al fine di presentare il suo caso alla Corte Imperiale dell'Etiopia;[29] per questo, Tesfazion scrisse una lettera di supplica indirizzata all'imperatore d'Etiopia Hailé Selassié per chiedere la messa a disposizione di un aereo per raggiungere l'Italia e riportare a casa suo fratello.[29] La richiesta, tuttavia, non ebbe inizialmente riscontro da parte dell'imperatore.[29]

Nel luglio 1939 Tesfazien riuscì finalmente a raggiungere il fratello nel carcere siciliano[7], ma non potè far nulla per liberarlo.

Dopo la morte di Zerai, il fratello lottò duramente per rimpatriare in Eritrea le spoglie,[30][29] che furono tumulate all'interno della chiesa di Santa Maria ad Hazega, di fronte alla quale è collocato un monumento che ritrae il patriota insieme a due leoni[31].[32]

Reazioni all'incidente del memoriale di Dogali

Ras abissini ricevuti a Roma da Mussolini nel 1936

In un periodo di tensioni in cui per motivi politici Mussolini stava programmando il rimpatrio in Etiopia di aristocratici abissini sgraditi a Roma[33] (nel luglio del 1939 ne rimarranno a Roma solo una novantina), quel piano venne improvvisamente accelerato quando nel giugno lo stesso Mussolini apprese che Deres, che faceva da interprete per i ras confinati a Roma, aveva gridato invettive contro l'Italia e lodi a favore di Selassié di fronte al monumento ai Caduti di Dogali.[34]

Informato inoltre che alcune persone erano rimaste gravemente ferite nel tentativo di mettere a tacere Deres, Mussolini andò su tutte le furie e ordinò il rimpatrio totale di tutti i nobili etiopi; tuttavia il rimpatrio proseguì a rilento, a causa del fatto che ogni caso andava giudicato con attenzione e che a Roma risiedevano alcuni dignitari etiopi, tra cui i ras Sejum Mangascià, Ghetacciù Abaté e Kebbedé Guebret e il degiac Asrate Mulughietà, sospettati di avere ispirato la protesta di Zerai Deres;[35] per questo motivo Attilio Teruzzi, sottosegretario al ministero dell'Africa Italiana, avrebbe preferito esiliare questi ultimi in Libia o nel Dodecaneso.[34]

Il giorno stesso dell'incidente all'obelisco di Dogali, infatti, il ministero dell'Africa italiana inviò un telegramma contenente la disposizione di rimpatriare immediatamente tutti di gli interpreti indigeni, con un ordine perentorio:

«Il Duce più volte [ha] ripetuto che non vuole più neri in Italia.[36][37][38][39]»

Mitizzazione

La vicenda di Zerai Deres venne mitizzata nel dopoguerra, fino a farlo divenire un eroe nazionale

Al termine della seconda guerra mondiale la vicenda di Zerai Deres fu riscritta, mitizzata, drammatizzata e cantata in Etiopia per celebrare questo eroe della resistenza anticolonialista[40], soprattutto da parte dei filo-etiopi contrari alla separazione dell'Eritrea dall'Etiopia.[6]

In particolare, grazie alla prevalenza della tradizione orale, si andarono ad aggiungere numerosi e anche contrastanti dettagli che esaltarono il personaggio, fino a farlo divenire, tutt'oggi in Etiopia ed Eritrea, un eroe nazionale che lottò e morì per l'unità del paese.[41]

Le diverse ricostruzioni collocano l'incidente del Leone di Giuda in date differenti e nell'ambito di una manifestazione celebrativa, relativa all'anniversario dell'annuncio dell'impero italiano[42] (la notizia diffusa in seguito all'incidente dall'agenzia di stampa britannica Reuters riportava peraltro che Zerai Deres era giunto a Roma quale membro della delegazione etiope scelta per partecipare alla cerimonia dell'anniversario della conquista dell'Etiopia,[20][22][23][24] che si svolse in realtà all'inizio del mese precedente) oppure al primo anniversario[43] dell'ingresso degli italiani ad Addis Abeba. Il giovane eritreo era stato comunque scelto per partecipare ad una parata militare, indossando il costume tradizionale[44] e recando una spada cerimoniale con la quale avrebbe dovuto salutare Vittorio Emanuele III di Savoia, Mussolini e Adolf Hitler (sebbene, come attestato dalle cronache del tempo, nessuno dei tre si trovasse a Roma in quei giorni). Giunto in piazzale dei Cinquecento[45], Deres sarebbe stato colpito da un improvviso amok dopo aver scorto la scultura dorata del Leone di Giuda, simbolo della monarchia cui propri antenati avevano giurato fedeltà[46]; in un impeto di patriottismo anticoloniale, avrebbe deciso di interrompere il passo, inginocchiandosi e pregando verso il monumento; interrotto da un poliziotto, l'avrebbe colpito e avrebbe poi ferito con la spada cerimoniale vari soldati italiani al grido di «Il Leone di Giuda è vendicato!», prima di essere ucciso sul colpo o arrestato.[47]

Altre versioni indicano invece che nel corso della parata Deres, alla vista della statua, con improvviso sentimento di rabbia avrebbe colpito con la spada il primo soldato italiano trovato sul proprio percorso e poi ne avrebbe feriti e uccisi numerosi altri,[48] forse cinque o più,[49] prima di essere arrestato o ucciso sul posto dai fascisti.[50]

Nella cultura di massa

Il 22 ottobre 1945 il quotidiano governativo in lingua inglese The Ethiopian Herald pubblicò il necrologio di Zerai Deres intitolato La morte chiama a se uno dei più grandi patrioti etiopi.[51] Nel 1948 la vicenda venne ulteriormente drammatizzata da Alazar Tesfa Michael nell'articolo sugli Eroi eritrei pubblicato sul settimanale New Times and Ethiopia News.[52]

In occasione del giubileo d'argento dell'incoronazione dell'imperatore d'Etiopia (avvenuto nell'anno 1948 del calendario etiopico, corrispondente al 1955-1956) vennero pubblicate un gran numero di opere in lingua amarica:[53] fra queste diversi drammi teatrali a tema storico aventi come soggetto l'invasione italiana, compresa la Storia di un patriota eritreo: Zerai Deres (ታሪክ በቲያትር መልክ: ዘርዓይ ደረስ, Tārik ba-tiyāter malk: Zarʻāy Daras) scritta da Antanah Alamù.[54][55]

Negli anni 1970 la vicenda del patriota eritreo venne narrata nell'opera teatrale Gamoraw: Zerai Deres, scritta dalla commediografa etiope Yelma Manaye[56] ed interpretata da Wegayehu Nigatu (1944-1990), all'epoca noto attore presso il Teatro nazionale etiope di Addis Abeba.[57] Quando la rappresentazione giunse in Eritrea per essere messa in scena al teatro Asmara, l'interpretazione di Zerai Deres da parte di Wegayehu Nigatu fu accolta con successo dal pubblico e fu così convincente che Tesfazion Deres volle ospitare l'attore per due settimane al fine di poter conversare con il sosia del proprio fratello morto.[58]

Il poeta laureato etiope Sagaye Gabra Madhen ha composto negli anni 1980 un'opera teatrale storica basata sulla vicenda di Zerai.[59]

Nelle arti visive, il patriota è stato il soggetto di sculture, tra cui quella di Tadesse Mamecha del 1971.[60]

La Zerai Deres Band è stata un gruppo musicale eritreo attivo dagli anni 1970 e specializzato nella musica jazz e folk.[61]

Ricordo

Il monumento al Leone di Giuda, dal 1960 nuovamente ad Addis Abeba
La corvetta Zerai Deres della marina militare etiope fu trasferita nel 1959 all'Italia, che la ridenominò Vedetta (F 597)
Piazza Zerai Deres ad Asmara

Nel 1966, quando la statua del Leone di Giuda venne restituita all'Etiopia, durante la cerimonia della sua nuova erezione ad Addis Abeba, l'imperatore Hailé Selassié ricordò il gesto patriottico di Zerai Deres.[62]

Dopo la rivoluzione etiope del 1974, il regime Derg aveva deciso di rimuovere la statua in quanto simbolo monarchico. Tuttavia, gli anziani membri dell'associazione di veterani di guerra fecero appello al Derg di considerare la memoria di Zerai Deres e del suo sacrificio anfifascista ispirato da questo stesso simbolo; questa richiesta riuscì a salvare la statua, che così ancora oggi si trova nella piazza della stazione ferroviaria di Addis Abeba.[63][50]

La prima nave della marina militare etiope, donata dalla United States Navy nel 1956, fu intitolata a Zerai Deres.[1][64] In seguito, venne dedicata al patriota eritreo anche una corvetta di fabbricazione sovietica[65] varata nel 1968 e affondata nel febbraio nel 1991 nei pressi dell'isola di Nocra.[66]

La piazza principale di Asmara, in cui hanno sede la Banca nazionale d'Eritrea (ex palazzo della Banca d'Italia), il palazzo centrale delle poste e altri uffici governativi, in epoca coloniale era chiamata piazza Roma, ma dopo l'indipendenza del paese venne ridenominata e intitolata alla memoria del patriota Zerai Deres.[67] Inoltre, sono a lui dedicate anche strade, scuole, alberghi e ristoranti.

Nel 2016, in occasione del 75º anniversario della liberazione di Addis Abeba dalla dominazione italiana, è stato emesso in Etiopia un gruppo di sei francobolli raffigurante gli eroi nazionali, includendo anche Zerai Deres.[68][69]

Note

  1. ^ a b Februray 1, 1956, in Ethiopia Observer, 1956.
  2. ^ The Global Security Architecture, Human Rights Violations and the UN in the 21st Century Part I, su Ministero dell'informazione dell'Eritrea, 7 ottobre 2015.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p (EN) Alessandro Triulzi, Across the Mediterranean. Acknowledging Voices and Silences of (Post)Colonial Italy, a cura di Paolo Bertella Farnetti e Cecilia Dau Novelli, collana Colonialism and National Identity, Cambridge Scholars Publishing, 2015, pp. 161-176.
  4. ^ (EN) Alberto Sbacchi, Ethiopia under Mussolini: Fascism and the Colonial Experience, Londra, 1985, p. 138., citato in (EN) Lionel Cliffe e Basil Davidson, The Long Struggle of Eritrea for Independence and Constructive Peace, p. 71.
  5. ^ Africa: rivista trimestrale di studi e documentazione, vol. 56, Associazione fra le imprese italiane in Africa, 2001, p. 543.
  6. ^ a b (FR) Éloi Ficquet, La stèle éthiopienne de Rome: Objet d’un conflit de mémoires (PDF), in Cahiers d'Etudes africaines, XLIV, 2004, pp. 375-376.
  7. ^ a b c d e f g (FR) Jacques Bureau, Naissance d'un héros, collana Ethiopie. Un drame impérial et rouge, Parigi, Ramsay, 1987, pp. 21–32.
  8. ^ (EN) Deqi-Arawit, Rare picture of Zerai Deres, su mereja.com, 5 gennaio 2013.
  9. ^ I nostri morti: è tornato alla casa del Padre il primo frate africano (PDF), in Fra noi, n. 127, Frati cappuccini di Lombardia, marzo 2009, p. 7.
  10. ^ a b c (EN) T. Mekonnen, ታሪኽ-ዘርኣይ-ደረስ, su zaratbebat.com, 11 novembre 2014.
  11. ^ a b c d e f Hedat Berhane, Zeray Deres, 1914–1945, collana IVth Year Essay, Asmara, Department of History, Haile Selassie University, 1976.
  12. ^ (EN) Giulia Barrera, Mussolini's colonial race laws and state-settler relations in Africa Orientale Italiana (1935-41), in Journal of Modern Italian Studies, vol. 8, n. 3, 2013, p. 425-443, DOI:10.1080/09585170320000113770, ISSN 1354-571X (WC · ACNP).
  13. ^ Paolo Borruso (a cura di), L'Africa al confino: la deportazione etiopica in Italia, 1937-39, in Strumenti e fonti, vol. 27, Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita, 2003, ISBN 88-88546-26-X.
  14. ^ Marco Lenci, All'inferno e ritorno: storie di deportati tra Italia ed Eritrea in epoca coloniale, Pisa, BFS, 2004, pp. 45-76, ISBN 978-88-86389-95-2.
  15. ^ (EN) Addisalem Mulat, Ethiopia: The Surviving Nobleman - Prince Mengesha Seyoum, in The Ethiopian Herald, 19 settembre 2016.
  16. ^ a b c d e f Tre persone ferite da un eritreo impazzito, in Il Messaggero, 17 giugno 1938, p. 4.
  17. ^ a b c (EN) Ethiopian runs amok in Rome; hacks four persons with sword, in Chicago Daily Tribune, 16 giugno 1938.
  18. ^ a b c (EN) Abyssinian shot in Rome: An interrupted prayer, in The Times, 16 giugno 1938, p. 16.
  19. ^ a b (EN) Amok with sword: Abyssinian Shot In Rome, in The Northern Miner, 17 giugno 1938.
  20. ^ a b (EN) Abyssinian Chieftain Runs Amok In Rome, in The Singapore Free Press and Mercantile Advertiser, 16 giugno 1938.
  21. ^ a b (EN) Ethiopian Runs Amok in Rome Wounds Five Persons When Ordered Away From Monument, in The Ottawa Journal from Ottawa, 15 giugno 1938, p. 23.
  22. ^ a b (EN) Amok in Rome, in The Brooklyn Daily Eagle, 19 giugno 1938, p. 26.
  23. ^ a b (EN) Abyssinian chieftain amok in Rome, in Morning Tribune, 16 giugno 1938, p. 1.
  24. ^ a b (EN) Abyssinian amok in Rome, in Malaya Tribune, 16 giugno 1938, p. 13.
  25. ^ Filmato audio Istituto Luce, Il leone di Giuda (Cinegiornale Luce), su YouTube, 3 marzo 1937.
  26. ^ Filmato audio Istituto Luce, Scoperto il Leone di Giuda portato da Addis Abeba (Cinegiornale Luce), su YouTube, 12 maggio 1937.
  27. ^ L'articolo 583 del codice penale italiano (Codice Rocco) definisce "lievissima" la lesione personale guaribile in meno di venti giorni
  28. ^ (EN) Gerrit Jan Abbink, Mirjam De Bruijn e Klaas Van Walraven, Rethinking Resistance: Revolt and Violence in African History, Mondadori, 2003, p. 106, ISBN 978-90-04-12624-4.
  29. ^ a b c d e f (EN) Facts about Dr. Ambaye Wolde Mariam, su Ambaye Wolde Mariam.
  30. ^ Nicholas Lucchetti, Dallo scandalo Livraghi ai fratelli Deres. Saggi sul colonialismo italiano, Tricase, Youcanprint, 2013, ISBN 978-88-911-1701-4.
  31. ^ (AM) ታሪኽ ዘርአይ ደረስ ፡ ፍርቁ ጽንጽዋይ, in Tesfanews, 27 dicembre 2014.
  32. ^ (EN) Commenti all'articolo "ታሪኽ ዘርአይ ደረስ ፡ ፍርቁ ጽንጽዋይ", su disqus.com.
  33. ^ Vedi il telegramma del 24 maggio 1938 inviato dal capo di gabinetto Mergazzi del Ministero dell'Africa Italiano ad Attilio Teruzzi:

    «S.E. il Capo del Governo ha deciso che entro breve termine confinati etiopici Regno siano fatti rientrare in AOI. Quelli che non presentano pericolosità potranno essere liberati e restituiti paese origine dove dovranno essere sottoposti opportuna vigilanza.»

    Citato in Lenci, p. 68
  34. ^ a b Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale - 3. La caduta dell'Impero, Mondadori, 2014, p. 273, ISBN 978-88-520-5496-9.
  35. ^ (EN) Alberto Sbacchi, Italy and the Treatment of the Ethiopian Aristocracy, 1937-1940, in The International Journal of African Historical Studies, vol. 10, n. 2, Boston University African Studies Center, 1977, pp. 220-221.
  36. ^ Nuova storia contemporanea, vol. 5, 1-3, Luni editrice, 2001, p. 72.
  37. ^ Mauro Valeri, Nero di Roma: storia di Leone Jacovacci: l'invincibile mulatto italico, Palombi, 2008, p. 389.
  38. ^ Lenci, p. 68
  39. ^ Matteo Dominioni, Lo sfascio dell'impero: gli italiani in Etiopia, 1936-1941, Laterza, 2008.
  40. ^ Si veda ad esempio (AM) Wolde Giyorgis Wolde Yohannes, Tarik yallew aymotim (Coloro che hanno fatto la storia non muoiono), 1939 a.M. (1947 a.D.). Citato in Reidulf K. Molvaer from "Black Lions", The father of Ethiopian jounalism, The Red Sea Press, 11 febbraio 2004 (archiviato dall'url originale il 20 ottobre 2014).
  41. ^ (EN) Yehwalashet Girma, The Rape of a Nation, Minerva, 1996, p. 191, ISBN 978-1-85863-848-5.
  42. ^ (EN) Jeff Pearce, Prevail: The Inspiring Story of Ethiopia's Victory over Mussolini's Invasion, 1935 1941, Skyhorse Publishing, 2014, p. 581, ISBN 978-1-63220-096-9.
  43. ^ In Realtà Zerai Deres arrivò a Roma solo nell'estate 1937
  44. ^ (EN) Bereket H. Selassie, The crown and the pen: the memoirs of a lawyer turned rebel, The Red Sea Press, 2007, p. 111.
  45. ^ In realtà, dal 1925 l'obelisco dei caduti di Dogali era stato spostato dal piazzale dei Cinquecento antistante alla stazione di Roma Termini al vicino viale Principessa di Piemonte
  46. ^ In realtà la scultura del Leone di Giuda era un bronzo recente per l'epoca, essendo stato fusa nel 1930 dallo scultore francese Georges Gardet (1863-1939)
  47. ^ (EN) The Lion of Judah, Aslan and the Pride of Abyssinia, su The Disease Detective.
  48. ^ (EN) Lion of Judah Monument, su Afrotourism.
  49. ^ (EN) Roy Pateman, Eritrea: even the stones are burning, The Red Sea Press, 1998, p. 59.
  50. ^ a b (EN) Imperial Monuments of Ethiopia (part 3), su haileselassie.net. URL consultato il 15 agosto 2017.
  51. ^ (EN) Death claims one of Ethiopian oustanding Patriot, in The Ethiopian Herald, 22 ottobre 1945.
    «Zerai, by the Lion of Judah statue, bowed down to pray. Naturally, all the spectators were detracted from the main purpose of this display and the humble Ethiopian became the pivot of their attention. A Fascist officer went over to him and asked him to get up and end his prayer. Not wishing to be disturbed, Zerai continued his bowing posture. Rougher measures were applied by the officer.
    In religious anger his sword was unsheathed and in a rage somewhat similar to the divine fury induced by the priestess Apollo, he fell on the would-be mockers of his country's national symbol and killed them, uttering these words: “The Lion of Judah is avenged”. Animated by this passion and burning with enthusiasm to protect the emblem of his country, he gave no quarter until he was run down by a motor-cycle and arrest.»
    Citato in (EN) Richard Pankhurst, Ethiopia and the loot of the italian invasion: 1935-1936 (PDF), in Présence Africaine, Nouvelle série, n. 72, 4e trimestre 1969, p. 93.
  52. ^ (EN) Alazar Tesfa Michael, Eritrean Heroes, in New Times and Ethiopia News, 2 luglio 1948.
    «When Zerai saw the national symbol of his country displayed as a trophy of the conqueror, he sank down in grief, tears streaming down from his eyes. Then he rose up, hastened to the Museo Coloniale, possessed himself of a sword which was on show there. Returning to the statue of the Lion he prostrated himself before it.
    Leaping to his feet as he unsheathed the sword, he then dashed into the midst of the thousands of Fascists who had assembled for the celebration. He took his stand by the monument erected to commemorate the Italians who were killed at Dogali... Wielding the sword he killed five Italians and wounded many more before they dare lay hands on him. Then he paused and shouted out, in Italian: “Long live Tafari! Long live the Lion of Judah! Down with Italy! Raise up and exalt Ethiopia! Down with the King of Italy! Down with Mussolini!” Zerai was shot by two railway station police in the Piazza Esedra, and fell nearthe Conquering Lion of the Tribe of Judah, still holding his sword. He was retained in prison till after the Italian defeat, and died there during the Allied occupation of Italy, in July 1945, at 29 years of age.»
    Citato in Richard Pankhurst, pp. 93-94
  53. ^ (FR) P. Comba, Une année de publications en langue amharique, in Annales d'Ethiopie, vol. 2, n. 1, 1957, pp. 253-264.
  54. ^ (AM) Antanah Alamù, Tārik ba-tiyāter malk. Zarʻāy Daras, Artistic Press, 1957.
  55. ^ (EN) Jane Plastow, The Italian occupation and after, in collana African Theatre and Politics: The Evolution of Theatre in Ethiopia, Tanzania and Zimbabwe. A Comparative Study, Amsterdam-Atlanta, Rodopi, 1996, p. 58, ISBN 978-90-420-0038-4.
  56. ^ Yilma Manaye, Zeraye Derese, St. George Publishers, 1971, p. 222.
  57. ^ (EN) Wegayehu Negatu - The late senior performer: Biography in Brief, su Wegayehu Negatu Art Center, Washington. URL consultato il 18 agosto 2017 (archiviato il 18 agosto 2017).
  58. ^ (EN) Brook Abdu, The legacy of Wegayehu Nigatu - The making of a legend, in Blen Skunderism Magazine, 2005 (archiviato il 18 gennaio 2013).
  59. ^ (EN) Negussay Ayele, Poet laureate Tsegaye Gabre-Medhin of Ethiopia: A Short Walk Through His Literary Park (PDF), 2012.
  60. ^ A Chronology of 20th Century Ethiopian Art, su Ethiopian Art. URL consultato il 21 agosto 2017.
  61. ^ Kari K. Veblen,David J. Elliott,Stephen J. Messenger,Marissa Silverman (a cura di), Community Music Today, Rowman & Littlefield, 2013, p. 67.
  62. ^ (PT) Maurício Waldman, A história de Zerai Deres: heroísmo africano & memória de África (PDF), in Brasil Angola Magazine, n. 11, 2013.
  63. ^ (DE) Richard Deiss, Der Lebkuchenbahnhof am Ende der Welt: Kleine Geschichten zu 222 Bahnhöfen in Afrika, Asien und Ozeanien, BoD, 2013, p. 9, ISBN 978-3-7322-2827-0.
  64. ^ (EN) Addisalem Mulat, Ethiopia's Navy Founder, in The Ethiopian Herald, 11 dicembre 2016. citato in Allafrica.com
  65. ^ (EN) Ship FF 1616 Zerai Deres, su World Warship.
  66. ^ (EN) Guard Ships Project 159, su Russianship.info.
  67. ^ (EN) Public buildings in Asmara, su asmera.nl.
  68. ^ Yohanes Jemaneh, Ethiopian Patriots 75th Diamond Jubilee celebrations wrapped up colorfully, in The Ethiopian Herald, 10 luglio 2016.
  69. ^ 75th Anniversary of Ethiopian Patriots Victory, su Universal Post Union.

Bibliografia

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