Fatti di Carbonare: differenze tra le versioni

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I '''Fatti di Carbonare''' accaddero il 28 aprile [[1945]] nel territorio comunale di [[Folgaria]].
I '''Fatti di Carbonare''' accaddero il 28 aprile [[1945]] nel territorio comunale di [[Folgaria]].



Versione delle 00:13, 16 mag 2022

I Fatti di Carbonare accaddero il 28 aprile 1945 nel territorio comunale di Folgaria.

Sequenza degli eventi

Si era verso la fine della guerra in Italia e prossima la caduta del terzo Reich. Le truppe tedesche si stavano ritirando dopo essere state colpite e decimate dagli alleati in avanzata verso nord. Avendo sbarrate le altre vie di ritirata le varie divisioni tedesche cercarono un varco ancora aperto tramite la Valdastico e la Valsugana. Si trattava presumibilmente del 1. corpo paracadutisti (Fallschirmjaeger), prima e quarta divisione come si può anche desumere dalle Situation Maps conservate presso l'archivio di stato tedesco di Berlino. Vi erano state delle avvisaglie di attacchi e sparatorie sul territorio di Folgaria nei giorni precedenti con anche alcune vittime. Tanto che il curato del paese aveva raccomandato alla popolazione caldamente di essere prudenti e di non innescare inutili rappresaglie. Verso le ore 13 di quel giorno una colonna tedesca in ritirata diretta verso Trento fu bersaglio di alcuni spari in località Carbonare (frazione di Folgaria). I tedeschi risposero al fuoco e poi diedero inizio al rastrellamento, strappando gli abitanti dalle loro case ed ammassandoli contro il muro della chiesa. Convinti dopo varie traversie, saccheggi e violenze che gli sparatori non erano dei residenti e che la popolazione non era complice, i tedeschi rilasciarono dapprima donne e bambini e quindi - verso le 20 - anche gli uomini; poi ripresero la ritirata. Ci furono 4 vittime, tre civili ed un militare tedesco sorpreso e riconosciuto dai commilitoni in abiti civili e che fu barbaramente fucilato sul posto. I tedeschi si abbandonarono anche a saccheggi e danneggiamenti delle case del paese e della canonica anche nei giorni successivi.

Rimane coperto dal un certo riserbo o mistero invece chi fu a sparare dalle case del paese verso i tedeschi, scatenandone la rabbiosa e crudele reazione

I protagonisti: due versioni alternative di come andarono alla fine i fatti.

Vi sono 2 documenti discordanti su come andarono i fatti, sulla persona a cui attribuire l'eventuale merito della liberazione degli ostaggi. Molto probabilmente si può ipotizzare che la fine meno cruenta (vi furono 4 morti uccisi brutalmente) della minaccia di strage è da attribuire ad una autonoma decisione del comando tedesco. Decisivo in questo senso potrebbe essere stato il cambio di comando da parte tedesca, con la partenza repentina del comandante verso Trento o Vigolo Vattaro, richiamato dal suo comando in altro luogo. Il comandante subentrato, appartenente sembra alla Wehrmacht e di origini austriache, lasciò libera la popolazione verso sera. Infatti in altre circostanze proprio in quei giorni i tedeschi si macchiavano di atti di inaudita violenza verso persone innocenti senza che alcuna preghiera o supplica avesse minimamente scalfitto la loro determinata brutalità e tutto lascia pensare che se avessero voluto sarebbe finita nello stesso modo anche a Carbonare.

Si riportano di seguito le due versioni dei fatti come emergono dal Registro dei Morti della parrocchia e dalla richiesta, non testimonianza, presentata alla Commissione Patrioti dal Carbonari di avere riconosciuto il suo presunto ruolo negli eventi e di conseguenza avere accesso a dei benefici economici. E' appunto una richiesta e non una testimonianza, supportata dalla firma di alcuni testimoni,probabilmente quattro, ma chiaramente motivata dal voler dimostrare il proprio ruolo ed averne un beneficio. Questo risulta dalla documentazione custodita dall'archivio gestito dal Museo Storico di Trento. Molti riportano erroneamente che la richiesta del Carbonari sia stata una testimonianza richiesta dalla commissione, quando in realtà la Commissione non chiedeva mai alcuna testimonianza, ma rispondeva alle richieste che riceveva. La risposta in questo caso fu un secco respingimento, senza una motivazione esplicita.

Mentre Primo Carbonari si attribuisce tutto il merito della liberazione nella sua richiesta, don Randolfo Pinamonti non si attribuisce alcun merito, semplicemente descrive gli eventi e riporta molto chiaramente che Primo Carbonari si fece avanti solo in un momento in cui il pericolo era scongiurato, dopo che i tedeschi avevano decretato la fine della minaccia. Lo fa come responsabile ecclesiastico in un registro dedicato eventualmente ai suoi superiori ed a futura testimonianza, senza alcun conflitto di interesse.

Inspiegabilmente, e risulta al momento senza alcuna verifica documentata, il Comune di Folgaria ha apposto una lapide in onore del maestro Primo Carbonari a quasi 60 anni dall'evento, anche se le evidenze lasciano ampi margini di dubbio, mentre nulla è stato fatto in ricordo ed onore di Don Randolfo Pinamonti che nell'occasione si dimostrò molto coraggioso, fu picchiato dai tedeschi per i suoi tentativi di proteggere la popolazione in almeno due occasioni e che rimase sempre accanto ai suoi parrocchiani come emerge dai racconti raccolti da varie persone.

Don Randolfo Pinamonti (Levico 1891-1985)

Nato a Levico il 30 Giugno 1891 e ivi morto il 23 Novembre 1985

Ordinato Sacerdote il 21 Maggio 1916 a Bressanone

Curato dei Profughi di Levico in Boemia nel 1917-1918

Cooperatore a Roncegno nel 1919

Curato di Carbonare dal 1 Ottobre 1926

Curato di Selva di Levico dal 1.5.1955

Parroco di Selva di Levico dal 1 Agosto 1963 al 1966

Per quasi 30 anni curato del paese, dal 1926 al 1955, fu uno dei protagonisti delle tragiche giornate della ritirata dei tedeschi e dell'attacco dei partigiani.

Trattò con i tedeschi dai quali fu maltrattato e picchiato, rimase per tutto il tempo con la popolazione fino alla liberazione di tutti, operata anche a seguito di un cambio di comando delle truppe tedesche. Da notare, come riportato da Don Pinamonti nella sua scrittura sul Registro Dei Morti della parrocchia, il comportamento della popolazione che, pure messa al muro con la minaccia della fucilazione, non tradì i partigiani presenti e mescolati tra gli abitanti.

L'intervento del maestro Primo Carbonari da molti celebrato come l'artefice della liberazione risulta invece essere stato tardivo ed a cose ormai risolte. Si veda il Registro dei Morti alla pagine 70 conservato negli archivi della parrocchia, ad oggi l'unica testimonianza diretta ritrovata degli eventi:

Trascrizione dal Registro dei Morti della Parrocchia di Carbonare, pag 70:

"Nel tempo che si era in chiesa, a pericolo scongiurato, Carbonari Primo parlamentò con un capitano, portò argomenti in favore della popolazione, facendosi forte della sua posizione di ex ufficiale austriaco. Molti particolari pure interessanti si omettono per carità di patria e del prossimo!"

Il curato, Don Pinamonti, conosceva il tedesco, quindi era in grado di interloquire direttamente con i tedeschi nella loro lingua.

Il Registro dei Morti è conservato presso la parrocchia di Lavarone e ne esistono trascrizioni e copie fotografiche ed è inventariato dall'archivio della Diocesi di Trento con anche una nota esplicita sugli avvenimenti dell'aprile 1945.

In tale registro alle pagine 67-70 viene riportata una cronaca dettagliata degli eventi di quei giorni oltre alla lista dei caduti.

(vedi allegati alla fine della scheda).

  • Maestro Primo Carbonari

Nato a Carbonare il 30 aprile 1875 e ivi morto il 3 settembre 1951.

Quella che segue è a oggi la versione più nota degli eventi.

Maestro a Carbonare conoscitore del tedesco, si impegna in una trattativa a rischio della vita con il comandante delle SS prima e successivamente con il comandante della Wehrmacht. Il comandante, un viennese ascoltato il maestro dopo aver verificato che effettivamente era stato un ufficiale dell'esercito austroungarico, lasciò libere le donne e dichiarò che se entro un'ora non si fossero sentiti spari contro la colonna tedesca avrebbe liberato anche gli uomini altrimenti li avrebbe fucilati.

Alle 17 i tedeschi lasciarono Carbonare diretti verso Trento.

Esiste a supporto di questo contributo la testimonianza controfirmata da due testimoni data dallo stesso maestro Primo Carbonari alla Commissione Patrioti in cui egli si attribuisce il merito di aver salvato il paese dalla strage con il suo intervento. Va ricordato che la testimonianza era volta ad ottenere un riconoscimento formale da parte della Commissione, riconoscimento che risulta non fu attribuito.

Documenti rintracciati e libri che parlano dell'evento (elenco non esaustivo)

1) il "Registro dei Morti" della Parrocchia di Carbonare, 5 pagine scritte a mano probabilmente dal curato Don Pinamonti nell'immediatezza dei fatti.

Da questo registro si possono desumere diversi elementi sull'evento ed una frase esplicita a pagina 70 sul ruolo del maestro Primo Carbonari il cui intervento viene detto sia avvenuto a pericolo ormai passato, quando i tedeschi avevano liberato tutti.

2) nella tradizione comune e nella versione ufficiale si descrive il ruolo del maestro come decisivo e fatto a proprio rischio. Il maestro è oggi ricordato da una targa posta sulla chiesa, targa apposta a distanza di molto tempo dai fatti, nel 2014, e che affianca un'altra targa, più sobria, che ricorda semplicemente la tragedia e le vittime.

3) esiste una richiesta dello stesso Carbonari in cui si attribuisce i meriti della liberazione della popolazione e di aver salvato diversi partigiani coprendo la loro identità (merito invece che nella registrazione del parroco o del curato viene attribuito a tutta la popolazione ed al curato stesso implicitamente), richiesta scritta, sottoposta alla "Commissione Patrioti", organismo gestito dalle organizzazioni partigiane alla fine della guerra per valutare le richieste di riconoscimento del ruolo avuto nella resistenza e deliberare un eventuale riconoscimento in denaro. La richiesta fu fatta qualche mese dopo gli accadimenti (settembre 1945) e supportata da quattro cofirmatari. Questa richiesta è per un riconoscimento anche economico per i presunti meriti acquisiti in tale circostanza dal Carbonari. La richiesta fu respinta.

4) il libro di Enno Donà, capo partigiano, presente in quella circostanza a Carbonare, descrive gli eventi di Carbonare e conferma la versione del Carbonari, attribuendogli i meriti della liberazione. Il testo fu scritto nel 1996, 41 anni dai fatti di cui qui si parla, ed è intitolato "Tra il Pasubio e gli altipiani, Ricordi della Resistenza".

5) Esiste un testo scritto recentemente da F. Larcher e dedicato alla Storia di Carbonare. Il testo ricostruisce in un passaggio gli eventi del 28 aprile 1945 con molti dettagli sulla dinamica e sui protagonisti degli accadimenti: sulle uccisioni, sui luoghi da dove partirono gli spari e molti altri dettagli interessanti. Cita in diversi passaggi anche la narrazione contenuta nel Registro dei Morti della Parrocchia. Riporta quasi interamente la descrizione ivi contenuta, omette invece il passaggio esplicito al maestro Carbonari, passaggio dove si afferma che l'intervento del maestro sia avvenuto a pericolo ormai scongiurato. Da questo racconto emerge come il curato, Don Pinamonti, si sia comportato in maniera coraggiosa, intervenendo a più riprese per cercare di calmare il comandante tedesco, di aver ricevuto maltrattamenti anche fisici compresi schiaffi e calci e di essere sempre rimasto con la popolazione. Questo anche quando gli era stato offerto dai tedeschi di potersi allontanare, offerta da lui rifiutata.

6) Richiesta di Primo Carbonari di veder riconosciuto il proprio ruolo nell'evento per avere accesso a un beneficio economico, con il responso di respingimento della Commissione Patrioti.

Le vittime

Nel corso dell'episodio furono uccisi dai tedeschi:

- Frida Pergher e Carlo Carbonari (residenti) nel corso del rastrellamento;

- Mentore Dalprà (residente) che aveva tentato la fuga;

- Hubert Habels, di nazionalità tedesca, identificato nel corso del rastrellamento e fucilato sul posto perché trovato in abiti civili.

Riconoscimenti

In ricordo di questi eventi la piazza di fianco alla chiesa di Carbonare è stata denominata "Piazza 28 aprile" e vi è stato posto un monumento commemorativo. Una targa simile affianca la prima lapide in onore di Primo Carbonari.

Documenti rilevanti

Pag 66-70 del Registro dei Morti e loro trascrizione (1), testimonianze di Primo Carbonari alla Commissione Patrioti (2)

Registro Dei Morti della Parrocchia di Carbonare, pag 66-70

Trascrizione del testo del Registro dei Morti Della Parrocchia di Carbonare delle pagine 66-70

pag 66

Ricordo dei morti:

Dalprà Mentore fu Beniamino residente a Beseno qui sfollato fu ammazzato da 2 tedeschi sotto gli occhi della gente messa al muro davanti alle mitraglie; un istante prima domandava e riceveva dal sacerdote l’assoluzione in extremis.

Carbonari Carlo furono Giosuè e Carbonari Giuditta di anni 48 (n. 3.3.1897), assassinato in casa e poi trascinato sulla scala d’entrata.

Pergher Frida moglie di Agostino figlia di Carbonari Basilio e Carbonari Leonilla n. 29.4.1918 volendo entrare in casa per raccogliere i 3 bambini (da 5 ai 1 e mezzo anni) fu trucidata sulla via.

Habels Hubert di Huber da Dùsseldorf celibe appartenente al distaccamento tedesco di Lavarone colto qui in abito borghese fu fucilato qui sulla piazza della chiesa; essendo cattolico fu accomunato all’esequie religiose, benché il colonnello che lo condannò avesse lasciato l’ordine di seppellirlo come un cane!

pag. 67.

L’armata tedesca in Italia sconfitta già nella linea Ravenna – Bologna passò in minima parte il Po’ e l’Adige sempre martellata inesorabilmente.

A guisa la via Verona, quella del Garda e del Tonale, per la presa tempestiva di Verona, Riva e Brescia, unica via di scampo restò la Val d’Astico.

Il giorno 28 ((era sabato)) ad ore 13 entrava in Carbonare dall’Elbele una forte colonna (1/2 divisione) di paracadutisti in formazione di battaglia; si dice che qualche colpo di arma da fuoco fosse stato diretto contro di loro. Il fatto è che dalla piazza incominciarono una sparatoria infernale con un canoncino da mm48 e con mitraglie pesanti, sparatoria che durò almeno 1 ora; la gente terrorizzata si era rifugiata negli avvolti; cessata la sparatoria dei soldati inferociti peggio delle belve si precipitarono nelle case dei Zobeli e Girardi e costrinsero la gente in piazza davanti alle mitragliatrici e circondati da forte cordone di soldati – pianto di innocenti di madri, terrore di tutti; si recitò l’atto di dolore si dette l’assoluzione a singoli gruppi a singole persone.

Carlo Carbonari fu ammazzato in casa; Pergher Frida di anni 27 domandò la grazia di entrare in casa a prendere i 3 bambini e la risposta furono 2 colpi di fucile.

Alle 3 e mezzo circa le donne furono rilasciate, gli uomini chiusi in chiesa fino alle 7 e tre quarti con la continua minaccia:

al primo attentato contro di noi sarete tutti fucilati!

minaccia che fu ripetuta giornalmente fino a giovedì ((3 maggio)) a mezzogiorno. La popolazione fuggì ancora la sera ricoverandosi parti ai Cueli parti ai Virti. Passarono circa 30000 soldati saccheggiando e rovinando le case non ben custodite.

Solo sabato 5–V si poté fare i funerali delle vittime con la partecipazione devota del popolo anche dei luoghi vicini.

Pag.68.

Il sacerdote del paese assieme a don Giacinto Carbonari mentre volevano uscire di canonica affinché il pianto del popolo dei Girardi che veniva spinto in piazza furono a calci e schiaffi spinti al muro; fracassando porte e mobili rovistarono tutta la casa. Quando il sacerdote verso le 8 poté rientrare in canonica trovò che s’era fatto scempio di tutto. Raccolse atti e registri nell’armadio e seguì il gruppo più terrorizzato al maso Cueli. Il giorno seguente, 29, a mezzogiorno ritornò a prendere i vasi sacri le reliquie; il lunedì 30 accompagnato da alcuni devoti consumò le sacre specie e mise in salvo l’ostensorio e la pisside rimasta.

La canonica veniva sistematicamente saccheggiata; con la generosa prestazione di due ragazze dei Cueli, la sorella del curato poté mettere in salvo un po’ di indumenti personali.

Oggetti di qualche valore, coperte lenzuola, cuscini, materassi, scorte di viveri, vino, tutto asportato. Utensili, attrezzi di cucina, servizio di mensa, dalle tovaglie alle posate… il curato per diversi giorni fu ospite alla mensa dei meno spogliati.

Per venir incontro ai bisogni più impellenti il decano e don Luigi Moreno curato di Serrada fecero una colletta che fruttò circa 700 kg di viveri vestiario usato ma usufruibile e 13.000 £; il comitato di liberazione diede £ 15.000; 13.000 £ la popolazione di Lavarone unitamente ad indumenti usati. La magnifica comunità di Folgaria mise a disposizione gli stracci raccolti per esser macinati e destinati a indumenti militari.

La sezione alimentare della provincia assegnò, a pagamento, dietro insistente preghiera del curato 12 q di farina gialla, 1 q di lardo, 2 q di marmellata.

Dolorosa la spilorcia grettezza del comune che pure sperpera i milioni!

Pag. 69.

Precedenti:

Radiocomunicazioni da Londra invitavano presso le formazioni partigiane di far esercitare attività impediente ai tedeschi, di fare opera di distruzione o di saccheggio, ma di non ostacolare la ritirata. Ciò nonostante già la notte del 23-4 fu danneggiata con mine la strada della Fricca da parte di gruppi p. provenienti da Valdastico (…) La polizia tedesca costrinse gli uomini validi di qui a lavorare alla riparazione. Il 27 mattina una mina danneggiò lievemente il primo ponte e frantumò i vetri dell’abitato (la canonica ebbe 4 /5 vetri spezzati). Nel pomeriggio del 27 s’aggiravano qui elementi improvvisati partigiani per preparare un colpo onde impadronirsi dei carri officina che dovevano transitare.

A Folgaria ci fu il tentato saccheggio della caserma di polizia con 2 vittime (Cabia N. avvocato di Rovereto e Leitempergher Ettore). Un gruppo di partigiani chiamo all’albergo centrale 3 tedeschi fermatisi per la rottura del carro con carico di motori. Il curato dalla canonica udì che si voleva uccidere i 3 prigionieri, discese in piazza, ricordò il diritto inviolabile alla vita dei prigionieri arresisi, fu ascoltato, i catturati furono inviati senza scorta per la Fricca; naturalmente appena fuori di vista fecero ritorno a Lavarone dove avvisarono la polizia. Verso le 8 sera una autoblinda che ritornava da Trento fu fatto segno di alcuni tiri da parte di irresponsabili presso il maso Carbonare – Alla reazione violenta i partigiani ( ) poterono salvarsi.

Ai primi spari di reazione un capo cap. “Pigalotta” (forse Pigafetta) si rifugiò in canonica febbricitante, chiedendo e avendo un conforto e un’aspirina. Lo si vide il giorno seguente all’inizio della tragedia. Da notarsi che fra il popolo messo al muro v’erano pure estranei, ma nessuno fiatò benché bastasse 1 sola denunzia per aver salva la vita e gli averi.

La popolazione deplora aspramente la grave imprudenza di ostacolare la ritirata in mezzo all’abitato, tanto più che correvano voci non infondate che lo scopo era il saccheggio… e il prezzo ne fu il sangue dell'innocenti!

La sera del 27 in previsione di un pericolo il curato esortò la sorella ad allontanarsi dal luogo – non volle.

Pag. 70.

In piazza davanti alle mitragliatrici, si aspettava, quasi si desiderava il segnale del fuoco, tutti in preghiera; un capitano chiama da parte il curato e lo rimprovera: Come a voi preme la vita così a noi.

Il curato osserva che conoscendo bene il popolo di Carbonare può assicurare e se ne rende garante con la sua vita, che se la ritirata fu ostacolata in Carbonare non lo fu da parte di gente del luogo, ma di estranei, ai quali ben armati non poteva opporsi una popolazione inerme! Allora indicateli questi estranei! Da ieri sera non se visto più nessuno! Valse la conferma di un soldato tedesco di posto in Lavarone, e forse il rapporto della gendarmeria che per quasi 2 anni aveva notato la quiete del luogo, e fu sospesa la sentenza.

Cadeva la neve con pioggia e il curato chiese e ottenne che gli uomini potessero entrare in chiesa; alle donne e ai due sacerdoti fu data licenza di rientrare nelle case. Il curato restò volontariamente fra gli ostaggi in chiesa.

Finalmente verso le 8 le sentinelle che stavano alla porta portavano l’ordine del capitano che si esca liberi!

Nel tempo che si era in chiesa, a pericolo scongiurato, Carbonari Primo parlamentò con un capitano, portò argomenti in favore della popolazione, facendosi forte della sua posizione di ex ufficiale austriaco.

Molti particolari pure interessanti si omettono per carità di patria e del prossimo!

La Richiesta di Primo Carbonari alla Commissione Patrioti è conservata presso l'archivio gestito dal Museo Storico Trentino.

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