Savoia-Marchetti S.M.88

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Savoia-Marchetti S.M.88
Savoia-Marchetti S.M.88
Descrizione
TipoAereo da caccia
Equipaggio2
CostruttoreBandiera dell'Italia Savoia-Marchetti
Data primo volo11 marzo 1943
Data entrata in serviziomai
Esemplari1 (trasformato in S.M.91)
Altre variantiSavoia-Marchetti S.M.92
Dimensioni e pesi
Lunghezza12,10 m
Apertura alare14,50 m
Altezza3,50 m
Superficie alare32,50
Carico alare215 kg/mq
Peso a vuoto5 000 kg
Peso max al decollo7 000 kg
Capacità combustibile1 250 litri di benzina
Propulsione
Motoredue Daimler-Benz DB 605A-1
Potenza1 290 CV
Prestazioni
Velocità max620 km/h (richieste)
Velocità di crociera513 km/h
Autonomia1 600 km
Tangenza8 700 m
Armamento
Mitragliatrici3 × Breda-SAFAT da 12,7 mm, due nelle ali e una brandeggiabile posteriormente
Bombefino a 600 kg

dati tratti da Un bimotore per l'esportazione il Savoia Marchetti SM.88[1]

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L'S.M.88 fu un prototipo di aereo, costruito dalla Savoia-Marchetti nel 1939, triposto da bombardamento leggero e combattimento. Esso era un bimotore monoplano con ala media a sbalzo e doppia fusoliera, costruito in legno e acciaio.

Storia del progetto[modifica | modifica wikitesto]

Vista laterale dell' S.M.88

Nel 1938 la ditta di costruzioni aeronautiche Savoia-Marchetti avviò lo sviluppo di un nuovo aereo da bombardamento leggero, ricognizione strategica e combattimento, caratterizzato dall'adozione di una doppia fusoliera,[2] e destinato al mercato dell'esportazione presso aviazioni dalla limitata disponibilità economica. Il 28 giugno 1939[3] l'azienda inviò una lettera al Ministero dell'Aeronautica (Superaereo) richiedendo l'autorizzazione ad avviare trattative di carattere commerciale e il nulla osta per la vendita all'estero del nuovo modello.[3]

Il 3 agosto[2] successivo, la Direzione Generale Costruzioni Aeronautiche autorizzò la Savoia-Marchetti a costruire un simulacro in legno del tipo 88, e ad avviare eventuali trattative con clienti esteri interessati all'acquisto.[2] Unica riserva riguardava i motori Daimler Benz DB 601[2] di cui era appena stata acquistata la licenza di produzione in Germania e, a causa del precipitare della situazione internazionale, era stata interdetta l'esportazione. L'entrata in guerra dell'Italia, avvenuta il 10 giugno 1940,[4] mise fine ad ogni tentativo di esportazione, ma il 7 gennaio 1942[4] Superaereo richiese la modifica del modello in bombardiere veloce,[4] con capacità di trasportare 500 kg di bombe a 750 km di distanza, e ricognitore strategico con una autonomia di 2 000 km grazie all'adozione di un grosso serbatoio ausiliario al posto del carico di caduta.[5]

Il 7 luglio il Ministero dell'Aeronautica richiese la produzione di un prototipo sperimentale, ma il 15 dello stesso mese[6] il medesimo ente richiese la modifica del modello in aereo da combattimento e caccia a grande autonomia, adatto al volo notturno, con l'adozione dei nuovi motori Daimler-Benz DB 605A da 1 475 cavalli,[N 1] la riduzione dell'equipaggio da tre a due persone,[7] e dell'armamento di caduta trasportabile all'interno della fusoliera.

La Regia Aeronautica richiedeva una velocità non inferiore a 620 km/h a 6 000 metri di quota, con un'autonomia di 1 600 km.[6] L'armamento passava a 4 mitragliatrici pesanti Mauser MG 151/15 o cannoni Mauser MG 151/20 ai lati della carlinga più due nelle ali, con la possibilità di sganciare bombe poste esteriormente sotto le ali e sotto la fusoliera, agganciate ad appositi travetti portabombe.[6] Veniva richiesta anche una adeguata corazzatura del velivolo con lastre di acciaio di spessore variabile da 6 a 10 mm, più blindo-vetro da 50 mm.[7]

Tecnica[modifica | modifica wikitesto]

Il Savoia-Marchetti S.M.88 era un aereo militare multiruolo, adatto a ricoprire missioni di bombardamento leggero, ricognizione strategica e combattimento,[2] caratterizzato dall'adozione di una doppia fusoliera.[8] Le due fusoliere erano costruite in legno migliorato e compensati tipo lamiera,[8] così come i due impennaggi verticali di coda uniti tra di loro da un piano orizzontale incastrato alle estremità e da due piani verticali a sbalzo sulle rispettive fusoliere;[5] si incastravano nell'ala a livello delle gondole motori laterali.[8] L'ala a sbalzo era di costruzione completamente lignea, con rivestimento in compensato speciale tipo lamiera.[2] Gli ipersostentatori[8] erano composti da alette di curvatura e alette a fessura sul bordo di attacco, collegate tra loro e azionate automaticamente.[7]

La cabina di pilotaggio era posizionata in un corpo centrale situato tra le due fusoliere,[N 2] ed ospitava i due piloti, posti in tandem.[5] In caso di azione di bombardamento il primo pilota spostava il sedile all'indietro e si sdraiava nella cabina assumendo la posizione di puntatore, mentre il secondo pilota assumeva il controllo del velivolo.[5] Il puntamento era effettuato grazie ad una ampia finestratura a prua.[5]

Il carrello d'atterraggio, a comando idraulico,[N 3] era quadriciclo posteriore retrattile, con le gambe principali che rientravano nelle gondole motori, mentre i due ruotini di coda, sterzabili, si posizionavano all'interno della parte posteriore delle fusoliere.[5] Gli ammortizzatori erano del tipo Savoia-Marchetti oleo-pneumatici.[7]

La propulsione era affidata a due motori Daimler-Benz DB 601[2], 12 cilindri a V rovesciata raffreddati a liquido eroganti la potenza di 1 000 CV, installati sul bordo d'attacco delle ali ai lati della cabina di pilotaggio, ed azionanti eliche tripala metalliche a passo variabile in volo.[2] Il carburante era contenuto in dieci serbatoi posizionati all'interno dell'ala.[2]

L'armamento prevedeva due mitragliatrici Breda-SAFAT da 12,7 mm in caccia, dotate di riarmo pneumatico automatico, e da una dello stesso calibro brandeggiabile[N 4] posteriormente;[2] era previsto che potesse portare fino a 6 bombe[2] da 100 kg ciascuna.[N 5]

Impiego operativo[modifica | modifica wikitesto]

Vista posteriore dell' S.M.88

Ben presto fu chiaro che con l'adozione delle modifiche richieste il velivolo diventava una copia dell'S.M.91;[7] le differenze infatti erano minime e si riferivano alle dimensioni del velivolo.[7] Pertanto venne richiesta alla Savoia-Marchetti, in data 4 dicembre 1942, la trasformazione ed adeguamento del prototipo dell' S.M.88, che risultava finito, nel secondo prototipo dell' S.M.91.[7] In una successiva lettera del 15 dello stesso mese, la D.G.C.A. comunicava al costruttore la decisione definitiva di chiudere il programma S.M.88.[7]

Nella sua formula originale con i motori ad eliche traenti montati sulle due fusoliere assomigliava al Fokker G.I Jachtkruiser a lui coevo oltre che al "fratello" S.M.91.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ La stessa lettera richiedeva la predisposizione all'installazione di motori Isotta Fraschini Zeta RC.24/60, o altri motori più potenti come i Reggiane e gli Alfa Romeo allora in fase di sviluppo.
  2. ^ L'intera parte superiore della fusoliera era sganciabile al fine di agevolare i membri dell'equipaggio in caso di lancio con il paracadute.
  3. ^ Era disponibile un dispositivo di emergenza a comando manuale.
  4. ^ L'arma poteva sparare al di sotto degli impennaggi di coda.
  5. ^ Il carico di caduta poteva essere rappresentato anche da una bomba da 500 kg o due da 250 kg.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Garello 1980, pp. 112-114.
  2. ^ a b c d e f g h i j k Garello 1980, p. 110.
  3. ^ a b c Garello 1980, p. 109.
  4. ^ a b c Garello 1980, p. 111.
  5. ^ a b c d e f Lembo 2000, p. 11.
  6. ^ a b c Lembo 2000, p.12.
  7. ^ a b c d e f g h Garello 1980, p. 112.
  8. ^ a b c d Lembo 2000, p. 10.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Emilio Brotzu, Michele Caso e Gherardo Cosolo, Dimensione Cielo. Caccia Assalto 3, Roma, Edizioni Bizzarri, 1972.

Periodici[modifica | modifica wikitesto]

  • Giancarlo Garello, Un bimotore per l'esportazione il Savoia Marchetti SM.88, in Aerofan, n. 3, Milano, Giorgio Apostolo Editore, luglio-settembre 1980, pp. 110–116.
  • Daniele Lembo, I caccia bifusoliera della Regia 1ª Parte, in Aerei nella Storia, n. 311, Parma, West Ward Edizioni, aprile-maggio 2000, pp. 8–16.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]