M19 (astronomia)

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M19
Ammasso globulare
L'ammasso globulare Messier (2MASS-Katalog)
Scoperta
ScopritoreCharles Messier
Data1764
Dati osservativi
(epoca J2000)
CostellazioneOfiuco
Ascensione retta17h 02m 37.69s[1]
Declinazione-26° 16′ 04.6″[1]
Distanza28000 a.l.
(8584 pc)
Magnitudine apparente (V)6,8[1]
Dimensione apparente (V)17,0'
Caratteristiche fisiche
TipoAmmasso globulare
ClasseVIII
Dimensioni140 a.l.
(43 pc)
Altre designazioni
NGC 6273, GCl 52[1]
Mappa di localizzazione
M19
Categoria di ammassi globulari

Coordinate: Carta celeste 17h 02m 37.69s, -26° 16′ 04.6″

M 19 (noto anche come NGC 6273) è un ammasso globulare visibile nella parte meridionale nella costellazione dell'Ofiuco.

Osservazione[modifica | modifica wikitesto]

Mappa per individuare M19.

M19 si individua facilmente, a metà via sulla linea che congiunge le due stelle Antares e θ Ophiuchi; può essere osservato sotto un cielo nitido e buio con un semplice binocolo di media potenza, come un 10x50, in cui si mostra come un piccolo alone chiaro e nebuloso. Un telescopio di 80-120mm di apertura lo mostra come un oggetto allungato più in senso nord-sud, sebbene non consenta di iniziare la risoluzione in stelle e l'ammasso resta di aspetto indefinito; uno strumento da 250mm è in grado di rivelare alcune stelle di tredicesima magnitudine, specialmente ad est e a sud del nucleo; a 150x appare quasi completamente risolto.[2]

M19 può essere osservato con discreta facilità dalla massima parte delle aree popolate della Terra, grazie al fatto che è situato a una declinazione non eccessivamente australe: in alcune aree del Nord Europa e del Canada, nei pressi del circolo polare artico, non è mai osservabile; dall'emisfero sud, al contrario, M19 è ben visibile e alto nelle notti dell'inverno australe.[3] Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra maggio e agosto.

Storia delle osservazioni[modifica | modifica wikitesto]

M19 è stato scoperto nel 1764 da Charles Messier, che lo inserì nel suo celebre catalogo; lo descrisse come "una nebulosa tra Scorpio ed il piede destro di Ophiucus, sullo stesso parallelo di Antares". William Herschel lo riosservò pochi anni dopo e fu in grado di risolverlo completamente; Heinrich Louis d'Arrest non lasciò stranamente alcuna descrizione di M19, mentre una dettagliata descrizione è fornita dall'ammiraglio Smyth.[2]

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

M19 è situato alla distanza di circa 28.000 anni luce dal sistema solare ed è caratterizzato dalla sua forma particolarmente ellittica, uno degli ammassi globulari più ovaleggianti che si conoscano: la sua ellitticità sarebbe E4; si tratta anche uno degli ammassi globulari più vicini al nucleo galattico,[2] da cui disterebbe solo 5.200 anni luce.

Le sue stelle più brillanti sono di quattordicesima magnitudine; il diametro maggiore sarebbe di circa 140 anni luce.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d M 19, su SIMBAD Astronomical Database. URL consultato il 17 luglio 2017.
  2. ^ a b c d Federico Manzini, Nuovo Orione - Il Catalogo di Messier, 2000.
  3. ^ Una declinazione di 26°S equivale ad una distanza angolare dal polo sud celeste di 64°; il che equivale a dire che a sud del 64°S l'oggetto si presenta circumpolare, mentre a nord del 64°N l'oggetto non sorge mai.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Libri[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Stephen James O'Meara, Deep Sky Companions: The Messier Objects, Cambridge University Press, 1998, ISBN 0-521-55332-6.

Carte celesti[modifica | modifica wikitesto]

  • Toshimi Taki, Taki's 8.5 Magnitude Star Atlas, su geocities.jp, 2005. URL consultato il 7 novembre 2010 (archiviato dall'url originale il 5 novembre 2018). - Atlante celeste liberamente scaricabile in formato PDF.
  • Tirion, Rappaport, Lovi, Uranometria 2000.0 - Volume II - The Southern Hemisphere to +6°, Richmond, Virginia, USA, Willmann-Bell, inc., 1987, ISBN 0-943396-15-8.
  • Tirion, Sinnott, Sky Atlas 2000.0 - Second Edition, Cambridge, USA, Cambridge University Press, 1998, ISBN 0-933346-90-5.
  • Tirion, The Cambridge Star Atlas 2000.0, 3ª ed., Cambridge, USA, Cambridge University Press, 2001, ISBN 0-521-80084-6.

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