Michelangelo La Barbera

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Michelangelo La Barbera detto Angelo o Angelino (Palermo, 10 settembre 1943) è un mafioso italiano, membro della "Commissione provinciale" di Cosa nostra.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Affiliato alla cosca di Boccadifalco, era inizialmente alleato dei boss Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo, ma si schierò con i corleonesi nella seconda guerra di mafia insieme al cugino Salvatore Buscemi uccidendo con le modalità della lupara bianca Calogero Di Maggio e Santo Inzerillo (rispettivamente zio e fratello del boss Salvatore)[1]. Nel 1983 ha partecipato al triplice omicidio del capitano dei carabinieri Mario D'Aleo e degli appuntati Giuseppe Bommarito e Pietro Morici[2].

Dopo la condanna del cugino, La Barbera divenne capo del mandamento di Passo di Rigano-Boccadifalco e membro della Commissione provinciale che tra settembre 1991 e gennaio 1992 decise l'omicidio di Salvo Lima e gli stragi dei giudici Falcone e Borsellino. Nel 1993, per fermare la caccia dello Stato come conseguenza delle stragi di Falcone e Borsellino, La Barbera insieme a Bernardo Provenzano, Raffaele Ganci, Salvatore Cancemi, Pietro Aglieri e Benedetto Spera sono contrari alla continuazione delle stragi nell'Italia continentale invece Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, i fratelli Graviano e Matteo Messina Denaro volevano le stragi.[senza fonte]

Detenzione e sentenze[modifica | modifica wikitesto]

La Barbera fu arrestato il 4 dicembre 1994 dagli uomini del questore Arnaldo La Barbera[3] dopo 8 mesi di latitanza. Nello stesso anno, il collaboratore di giustizia Antonio Mancini lo riconobbe come "Angiolino il biondo", misterioso killer venuto dalla Sicilia in appoggio al terrorista nero Massimo Carminati per uccidere il giornalista Carmine Pecorelli nel 1979, testimonianza che però non venne ritenuta attendibile alla fine del processo[4].

È stato condannato a 6 ergastoli, che sta scontando in regime di carcere duro in base all'articolo 41 bis per i seguenti reati delittuosi:

Assoluzioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Nel 2002, venne assolto dall'accusa di essere uno dei due esecutori materiali dell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli.[11]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ergastolo per un omicidio Torna in cella lo zio di Brusca - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 6 ottobre 2002. URL consultato il 9 aprile 2023.
  2. ^ a b La Corte di Cassazione conferma solo quindici delle ottantuno condanne per venti anni di delitti nella guerra di mafia Un ergastolo in meno per Provenzano Processo Tempesta, 10 boss si preparano a lasciare il carcere - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 21 aprile 2005. URL consultato l'8 aprile 2023.
  3. ^ ORE 4, IL SUPERBOSS FINISCE IN MANETTE - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 4 dicembre 1994. URL consultato il 9 aprile 2023.
  4. ^ 'DIETRO QUELL'OMICIDIO CLAN, BANDITI E POLITICI' - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 5 dicembre 1994. URL consultato l'8 aprile 2023.
  5. ^ https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/09/27/strage-di-capaci-24-ergastoli.html?ref=search
  6. ^ STRAGE DI CAPACI, 24 ERGASTOLI - La Repubblica.it
  7. ^ Sentenza Strage - CONDANNE ALL'ERGASTOLO Archiviato il 13 giugno 2013 in Internet Archive.
  8. ^ Processo Lima: 18 ergastoli ai padrini di Cosa Nostra Corriere della Sera, 16 luglio 1998
  9. ^ la Repubblica/cronaca: Omicidio Borsellino pioggia di ergastoli, su Repubblica.it, 9 dicembre 1999. URL consultato il 13 maggio 2021.
  10. ^ Mafia, cinque ergastoli per il piccolo Savoca - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 14 giugno 2001. URL consultato il 12 aprile 2023.
  11. ^ La Repubblica/politica: Omicidio Pecorelli Andreotti condannato, su Repubblica.it, 17 novembre 2002. URL consultato il 3 aprile 2016.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di biografie