Melampyrum nemorosum

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Spigarola violacea
Melampyrum nemorosum
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Eudicotiledoni
(clade) Eudicotiledoni centrali
(clade) Asteridi
(clade) Euasteridi I
Ordine Lamiales
Famiglia Orobanchaceae
Tribù Rhinantheae
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Sottoregno Tracheobionta
Superdivisione Spermatophyta
Divisione Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Sottoclasse Asteridae
Ordine Scrophulariales
Famiglia Scrophulariaceae
Genere Melampyrum
Specie M. nemorosum
Nomenclatura binomiale
Melampyrum nemorosum
L., 1753
Nomi comuni

Melampiro dei boschi

La spigarola violaceae (nome scientifico Melampyrum nemorosum L., 1753) è una piccola pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Orobanchaceae dalle brattee variamente colorate.[1]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome generico (melampyrum) deriva da due parole greche: "mélas" (= nero) e "pyrós" (= grano), un nome usato da Teofrasto (371 a.C. – Atene, 287 a.C.), un filosofo e botanico greco antico, discepolo di Aristotele, autore di due ampi trattati botanici, per una pianta infestante delle colture di grano.[2] L'epiteto specifico (nemorosum) deriva dal latino e significa "del bosco" e fa riferimento all'habitat tipico per questa pianta.[3][4]

Il binomio scientifico della pianta di questa voce è stato proposto da Carl von Linné (1707 – 1778) biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione Species Plantarum - 2: 605[5] del 1753.[6]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Fiore
Habitat e habitus

Queste piante possono arrivare fino ad una altezza di 10 – 50 cm. La forma biologica è terofita scaposa (T scap), ossia in generale sono piante erbacee che differiscono dalle altre forme biologiche poiché, essendo annuali, superano la stagione avversa sotto forma di seme e sono munite di asse fiorale eretto e spesso privo di foglie.[7] Sono piante “emiparassite” : possono vivere sulle radici di altre piante per prelevare acqua e sali minerali, mentre sono capaci di svolgere la funzione clorofilliana (al contrario delle piante “parassite assolute”). Queste piante non anneriscono durante la disseccazione. Il colore è verde nella parte basale, mentre è violaceo presso l'infiorescenza dal quale risalta il giallo della parte apicale delle corolle dei fiori.[8][9][10][11][12]

Radici[modifica | modifica wikitesto]

Le radici sono tipo fittone.

Fusto[modifica | modifica wikitesto]

La parte aerea del fusto è eretto, più o meno ramoso; la parte apicale è screziata di blu-violetto.

Foglie[modifica | modifica wikitesto]

Le foglie

Le foglie sono patenti e sessili; la forma è da lineare-lanceolata a lanceolata con base ottusa. Le foglie inferiori e medie sono intere; quelle superiori generalmente hanno 1 - 2 denti basali patenti. Le brattee sono intere (lunghezza 10 – 15 mm), quelle superiori hanno 1 - 3 denti basali patenti lunghi 1 – 3 mm. Dimensione delle foglie: larghezza 8 – 13 mm; lunghezza 40 – 60 mm.

Infiorescenza[modifica | modifica wikitesto]

Le brattee dell'infiorescenza

L'infiorescenza è una spiga conica non troppo densa interrotta alla base con i fiori disposti tutti dallo stesso lato e con brattee simili a foglie, più o meno violacee.

Fiore[modifica | modifica wikitesto]

I fiori

I fiori sono ermafroditi, zigomorfi e tetraciclici (con i quattro verticilli fondamentali delle Angiosperme: calicecorollaandroceogineceo). Lunghezza del fiore: 15 – 20 mm.

  • Formula fiorale: per questa pianta viene indicata la seguente formula fiorale:
X, K (4), [C (2+3), A 2+2], G (2), (supero), capsula[8]
  • Calice: il calice (gamosepalo) è un tubo di 8 – 10 mm terminante con 4 denti uguali, diritti, filiformi e irsuti per peli patenti, formati da 5 - 10 cellule e lunghi più o meno 0,5 mm. I denti sono lunghi il doppio del tubo.
  • Corolla: la corolla bilabiata (gamopetala) è un tubo lungo 18 – 22 mm. Il colore è giallo all'apice, mentre le fauci sono aperte.
  • Androceo: gli stami dell'androceo sono quattro didinami; sono inseriti nel tubo corollino, in particolare ascendono sotto il labbro superiore della corolla. Le antere sono conniventi ed hanno una loggia portante un cornetto allungato. Le sacche polliniche hanno l'estremità inferiore a forma di freccia[11],
  • Gineceo: i carpelli del gineceo sono due e formano un ovario supero biloculare (derivato dai due carpelli iniziali). Lo stilo è unico lievemente più lungo degli stami ed è inserito all'apice dell'ovario; lo stimma è bifido.
  • Fioritura: da giugno a agosto (settembre).

Frutti[modifica | modifica wikitesto]

Il frutto è del tipo a capsula deiscente a quattro semi; la forma è obovato-compressa bivalve.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

  • Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama).
  • Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
  • Dispersione: i semi cadendo a terra sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria). Le formiche sono attratte da un piccolo corpo di olio inglobato nel seme stesso. Inoltre nella parte inferiore delle brattee sono presenti delle ghiandole nettarifere che attirano i bombi e altri insetti pronubi.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Queste piante sono emiparassite, ossia in parte producono clorofilla e sono capaci di assorbire in modo autonomo i minerali dal terreno, ma hanno anche la capacità di utilizzare le sostanze prodotte dalle piante a loro vicine (funzione parassitaria). I meccanismo con il quale assorbono le sostanze di altre piante è basato su piccoli austori posti al livello radicale. La pianta ospite può accettare di buon grado questo insediamento (come la specie Festuca ovina) oppure può opporsi con secrezioni di sostanze tossiche. Se l'infestazione nelle colture di cereali supera un certo livello, la farina prodotta è più scura, con un particolare odore e dal sapore più acre e disgustoso dovuto al glucoside velenoso "rinantina".[10]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Distribuzione della pianta
(Distribuzione regionale[13] – Distribuzione alpina[14])

Fitosociologia[modifica | modifica wikitesto]

Dal punto di vista fitosociologico Melampyrum nemorosum appartiene alla seguente comunità vegetale:[14]

Formazione: delle comunità delle macro- e megaforbie terrestri
Classe: Trifolio-Geranietea sanguinei
Ordine: Origanetalia vulgaris

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia di appartenenza della specie (Orobanchaceae) comprende soprattutto piante erbacee perenni e annuali semiparassite (ossia contengono ancora clorofilla a parte qualche genere completamente parassita) con uno o più austori connessi alle radici ospiti. È una famiglia abbastanza numerosa con circa 60 - 90 generi e oltre 1700 - 2000 specie (il numero dei generi e delle specie dipende dai vari metodi di classificazione[15][16]) distribuiti in tutti i continenti. Il genere Melampyrum è distribuito in Europa, India, Giappone e Nord America; le sue specie preferiscono climi per lo più temperati delle regioni extratropicali. Comprende circa 30 - 40 specie di cui una dozzina sono presenti nella flora spontanea italiana.[10]

Filogenesi[modifica | modifica wikitesto]

La classificazione tassonomica del Melampyrum nemorosum è in via di definizione in quanto fino a poco tempo fa il suo genere apparteneva alla famiglia delle Scrophulariaceae (secondo la classificazione ormai classica di Cronquist), mentre ora con i nuovi sistemi di classificazione filogenetica (classificazione APG) è stata assegnata alla famiglia delle Orobanchaceae e tribù Rhinantheae.[17].

Il Melampyrum nemorosum è a capo del gruppo M. nemorosum circoscritto dai seguenti caratteri:[12]

  • le brattee superiori dell'infiorescenza all'antesi sono generalmente colorate di violetto;
  • i fiori dell'infiorescenza sono rivolti tutti nella stessa direzione;

A questo gruppo appartengono sei specie (relativamente alla flora spontanea italiana):

sottogruppo con il tubo calicino ricoperto di peli patenti o ripiegati verso il basso;
  • Melampyrum nemorosum L. - Spigarola violacea: i peli del tubo sono solamente di tipo patente formati da 5 - 10 cellule e lunghi più o meno 0,5 mm.
  • Melampyrum vaudense (Ronn.) Soò: i peli del tubo sono solamente di tipo patente formati da 2 - 3 cellule e lunghi meno di 0,2 mm (forse presente in Piemonte).
  • Melampyrum catalaunicum Freyn. - Spigarola di Catalogna: i peli del tubo inferiore sono rivolti verso il basso, quelli del tubo superiore sono eretti o patenti e sono formati da 5 - 8 cellule e sono lunghi più o meno 0,5 mm.
  • Melampyrum italicum (Beauverd) Soò - Spigarola d'Italia: i peli del tubo inferiore sono rivolti verso il basso, quelli del tubo superiore sono eretti o patenti e sono formati da 2 cellule e sono lunghi più o meno 0,1 mm.
sottogruppo con il tubo calicino ricoperto di peli eretti;

Il numero cromosomico per questa specie è: 2n = 18.[18]

Sinonimi[modifica | modifica wikitesto]

Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco seguente indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:[1]

  • Melampyrum debreceniense Rapaics
  • Melampyrum moravicum Heinr. Braun
  • Melampyrum nemorosum subsp. debreceniense (Rapaics) Soó
  • Melampyrum nemorosum subsp. delphinense
  • Melampyrum nemorosum subsp. moravicum (Heinr. Braun) Čelak.
  • Melampyrum nemorosum subsp. sislesiacum Ronniger
  • Melampyrum nemorosum subsp. vaudense
  • Melampyrum nemorosum subsp. zingeri Ganesch.
  • Melampyrum nemorosum var. latifolium Neilr.

Specie simili[modifica | modifica wikitesto]

Le specie Melampyrum della flora spontanea italiana si dividono in cinque "gruppi di specie" principali non sempre di facile distinzione:[12]

  • Gruppo A: M. cristatum
  • Gruppo B: M. arvense, M. barbatum, M. fimbriatum e M. variegatum
  • Gruppo C: M. nemorosum, M. catalaunicum, M. italicum e M. velebiticum
  • Gruppo D: M. sylvaticum
  • Gruppo E: M. pratense

Il disegno (sotto) mostra i caratteri del calice e delle brattee di questi cinque gruppi.

Calice e brattee dei cinque gruppi di Melampyrum
(A:M. cristatum - B:M. arvense - C:M. nemorosum - D:M. sylvaticum - E:M. pratense)

Altre notizie[modifica | modifica wikitesto]

Il melampiro dei boschi in altre lingue è chiamato nei seguenti modi:

  • (DE) Hain-Wachtelweizen
  • (FR) Mélampyre des bois
  • (EN) Blue Cow-wheat

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b EURO MED - PlantBase, su ww2.bgbm.org. URL consultato il 7 gennaio 2015.
  2. ^ David Gledhill 2008, pag. 254.
  3. ^ Botanical names, su calflora.net. URL consultato il 7 gennaio 2015.
  4. ^ David Gledhill 2008, pag. 270.
  5. ^ BHL - Biodiversity Heritage Library, su biodiversitylibrary.org. URL consultato il 7 gennaio 2015.
  6. ^ The International Plant Names Index, su ipni.org. URL consultato il 7 gennaio 2015.
  7. ^ Pignatti 1982, Vol. 2 - pag. 575.
  8. ^ a b Tavole di Botanica sistematica, su dipbot.unict.it. URL consultato il 18 ottobre 2014 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).
  9. ^ Judd 2007, pag. 496.
  10. ^ a b c Motta 1960, Vol. 2 - pag. 830.
  11. ^ a b Strasburger 2007, pag. 852.
  12. ^ a b c Pignatti 1982, Vol. 2 - pag. 576.
  13. ^ Conti et al. 2005, pag. 128.
  14. ^ a b c d Aeschimann et al. 2004, Vol. 2 - pag. 240.
  15. ^ Eduard Strasburger, Trattato di Botanica. Vol.2, Roma, Antonio Delfino Editore, 2007, p. 850, ISBN 88-7287-344-4.
  16. ^ Angiosperm Phylogeny Website, su mobot.org. URL consultato il 20 ottobre 2014.
  17. ^ Angiosperm Phylogeny Website, su mobot.org. URL consultato il 21 agosto 2009.
  18. ^ Tropicos Database, su tropicos.org. URL consultato l'8 gennaio 2015.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giacomo Nicolini, Enciclopedia Botanica Motta. Volume secondo, Milano, Federico Motta Editore, 1960, p. 830.
  • Sandro Pignatti, Flora d'Italia. Volume secondo, Bologna, Edagricole, 1982, p. 575, ISBN 88-506-2449-2.
  • AA.VV., Flora Alpina. Volume secondo, Bologna, Zanichelli, 2004, p. 238.
  • 1996 Alfio Musmarra, Dizionario di botanica, Bologna, Edagricole.
  • Eduard Strasburger, Trattato di Botanica. Volume secondo, Roma, Antonio Delfino Editore, 2007, p. 852, ISBN 88-7287-344-4.
  • David Gledhill, The name of plants (PDF), Cambridge, Cambridge University Press, 2008. URL consultato l'8 gennaio 2015 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  • Judd S.W. et al, Botanica Sistematica - Un approccio filogenetico, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007, ISBN 978-88-299-1824-9.
  • Schede tecniche - Euphrasia officinalis L. Archiviato il 24 dicembre 2014 in Internet Archive. Rivista scientifica Natural1, anno II, dicembre 2002, pag. 72

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